#Oktoberfestung

di Helena Janeczek

oktoberfest

Eccoci qua: la Germania ripristina i controlli, ferma i treni, chiude la frontiera e tutti gli altri seguono a ruota. La domenica che sputtana Schengen è un’altra catastrofe per l’Unione Europea, dopo le fantastiche trattative con la Grecia (oltre che naturalmente per la marea di rifugiati persa e intrappolata in mezzo alle frontiere).
Cos’è successo? È successo che in un paio di giorni Monaco s’è riempita di oltre diecimila profughi. E mentre i cittadini seguivano gli affannosi tweet @PolizeiMünchen che invitava a portare al punto di raccolta di Luisenstrasse, coperte, sacchi a pelo, letti da campeggio e anche biscotti per ca. 800 nuovi arrivati, le autorità bavaresi si sono lamentate con gli altri Länder: non si dimostravano abbastanza collaborativi nell’accollarsi la loro parte del problema, e il grosso della gatta da pelare restava concentrato in Baviera.
Stessa situazione a livello intereuropeo. Francia a parte, era tutto un contrattare a ribasso, con gli altrimenti fedeli scudieri tedescofili dell’Est (mica solo Orban) che di accoglienza profughi non ne vogliono proprio sapere.
E a quel punto si fa più forte quella fazione interna che era già poco contenta dell’apertura pokeristica di Angela Merkel. Lo fa cantando una melodia ben nota: sempre noi, solo noi, ci tocca fare tutto a noi… che siamo i più bravi, che siamo i meglio attrezzati e organizzati, i più corretti e responsabili, e per questo anche i più ricchi e forti. Però uffa però basta però non è accettabile non è giusto che se approfittano tutti quegli altri mezzi cialtroni e pelandroni. Per ora non giochiamo più, ce ne andiamo con la palla.
Non si può neanche dire che abbiano tutti i torti, ma è der Ton, der die Musik macht, il tono che fa la musica: questa è una variante localistica – bachiana o con Blasmusik – del vittimismo dei potenti. In fondo, potremmo dire, abbiamo solo scoperto che la Germania sta all’Europa come la Baviera sta alla Germania.
La Baviera, per chi non lo sapesse, è governata ab origine, ossia dalla nascita della Repubblica federale, dal partito cristiano-democratico CSU che è cattolico, ultraconservatore (leggi: di destra) nonché da sempre socio dell’Unione della CDU di Merkel. Horst Seehofer, l’attuale capo della CSU e primo ministro bavarese, è stato tra i primi a dichiarare che il tappo alla questione profughi non bisognava toglierlo e in giorni recenti ha pensato bene di invitare per una visita ufficiale il premier ungherese Orbán.
È stato sempre Seehofer che ieri ha dichiarato alle agenzie stampa che la decisione del governo tedesco è stata presa all’unanimità. Ma poco prima o poco dopo ha pronunciato un’altra cosa, con la quale rivendicava anche un ruolo in quella decisione unanime. “Prenderemo provvedimenti affinché Monaco non sia il principale punto di sbarco dei profughi durante l’Oktoberfest”, ha detto. Il suo ministro degli Interni ha pensato bene di aggiungervi una chiosa sul perché la bella Monaco andrebbe bypassata in quelle due cruciali settimane. “In particolar modo i richiedenti asilo provenienti da paesi islamici non sono abituati a incontrare nello spazio pubblico persone sotto massiccio influsso di alcolici.” Ha detto proprio così, lo giuro.
Ci sarebbe quasi da ridere se non fosse che l’Oktoberfest è un business gigantesco: da 6.3 Milioni di visitatori, con la Massbier tradizionale, il boccale da un litro, che ha superato il costo minimo di 12 euro. I turisti pronti a ubriacarsi sino al coma etilico sono attesi da tutto il mondo – America, Australia, Giappone – nonché naturalmente dai paesi e dalle località più prossime. Impensabile che i treni, le stazioni, le Autobahn prive di limiti di velocità siano intasate fino all’inverosimile da coloro che hanno pagato l’equivalente di un round-trip Sydney-Munich per farsi portare col gommone da Bodrum a Kos: vivi, se va bene.
#Oktoberfestung hanno twittato ieri i cittadini tedeschi incazzatissimi, magari quelli che avevano portato biscotti e coperte al punto d’accoglienza di Luisenstrasse, dando spunto a qualche giornalista per un titolo graffiante. Ma intanto Schengen è andata a farsi benedire e i profughi non sanno dove andare.
Siamo tutti un po’ bavaresi, noi in Europa, tutti un po’ abitanti della #Fortezzad’Ottobre.
Però almeno abbiamo avuto prova che i cittadini che in questo non si riconoscono sono davvero tanti; un popolo migliore dei suoi rappresentanti e non distribuito con i criteri ben ponderati e mercanteggiati delle quote latte.

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2 Commenti

  1. La foto sembra venire da qui ed essere di EPA/LETA, AFP/LETA.

    I contenuti del pezzo, amari. Però è vero che la risposta delle persone è più importante in questo momento, ed è confortante.

  2. E’ un articolo amaro perché realistico. Il regolamento di Dublino è una bomba a orologeria che farà saltare Schengen e determinerà una serie di ripicche incrociate tra i vari paesi

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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