Gentilissimo Sindaco Giuliano Pisapia

di Gianni Biondillo

Gentilissimo Sindaco Giuliano Pisapia,
Le città cambiano. Mutano, si trasformano, sostituiscono parti obsolete, scrivono sul proprio corpo i segni delle epoche, incidono sulla pelle, sul tessuto urbano, i grafemi, le locuzioni, i concetti complessi della contemporaneità, i segni, i sogni di un’epoca, che diventa storia, memoria, monito. Se così non fosse ci voteremmo alla decadenza, alla morte per inanità. Le città vivono nel loro continuo mutare e nella capacità di assorbire il passato, rivitalizzandolo. Così, nella dialettica fra Storia e Contemporaneità, si definisce l’identità di un luogo e il suo destino.
Quindi, signor Sindaco, non sono mai stato e non sarò mai, un propugnatore della museificazione delle città. Il “nuovo” – antica tradizione della nostra città – mi affascina ed entusiasma. Dunque questa mia lettera sconsolata, scritta di getto nel cuore della notte, come se fosse una angosciosa impellenza alla quale non posso sottrarmi, non è la lettera di un passatista nostalgico.
Sento l’esigenza di parlarne a qualcuno. A lei, Signor Sindaco.
Esattamente di fronte ad uno dei nostri monumenti più insigni, il Cimitero Monumentale, presente in molte guide straniere come sito irrinunciabile per ogni visita alla nostra città, ai margini di uno dei quartieri dove il palinsesto urbano ha lasciato più e più segni negli ultimi due secoli, un quartiere di una complessità e qualità innegabili, un progetto di riedificazione dell’area, dopo un lungo iter burocratico iniziato sotto l’amministrazione che l’ha preceduto, in questi giorni ha avuto da parte di questa giunta comunale, – quella che io ho votato e per la quale mi sono speso durante le elezioni dello scorso anno – il placet alla sua realizzazione. L’ho scoperto ieri, per caso, leggendo l’appello accorato di un gruppo di residenti della zona.
Quel progetto è semplicemente scandaloso.
Il lotto attualmente occupato dall’edificio storico dell’Enel, che ha una qualità e una evidenza storico-architettonica lampante, verrà raso al suolo per essere sostituito da un volume edilizio che ne rioccupa lo stesso sedime, ma che, con la sua esasperante e sorda volumetria, parodizza la memoria storica, annichilendola. Quello che deprime di questo progetto è la totale mancanza di coraggio. Non è semplicemente un brutto edificio, è la sublimazione della mediocrità. L’esaltazione della rendita fondiaria fatta mattoni, intonaci, balconi, serramenti. Tutta una edilizia che ha impestato in questi ultimi decenni dapprima la profonda provincia, la Brianza velenosa, la Pastrufazio gaddiana, e che poi è tracimata con tutta la sua volgarità, fatta di particolari costruttivi obsoleti e soluzioni insediative deliranti, dapprima nelle nostre periferie (a confronto inizio ad avere nostalgia per l’architettura sociale tanto vituperata degli anni ’60) e infine, piano piano, fino nel cuore storico della città.

Avere a disposizione un volume sul fronte urbano come quello occupato ora dallo storico edificio dell’Enel e non concepirlo come l’occasione per una progettazione ardita, che sappia conservare il patrimonio della memoria e al contempo riconvertirlo alle esigenze della modernità è la dimostrazione di una totale mancanza di coraggio da parte dei proprietari dell’area. Ma molto peggio è aver accettato supini, da parte della amministrazione comunale, tale operazione, per poter, probabilmente, battere cassa.
Signor Sindaco, lo sappiamo da soli, le casse del Comune sono vuote. Per come la vedo decidere di aumentare il costo del biglietto dei mezzi pubblici è fare politica. È una decisione dolorosa, che coinvolge tutti, ma che ha delle ripercussioni minime e che – laddove si risolva diversamente – può essere capovolta. Qualunque sia la giunta che la succederà ha, dalla sua, la reversibilità della opzione in campo. Invece lasciar intaccare in modo così radicale il centro abitato, lasciare che il mercato autoreferenziale ponga le mani sul tessuto urbano con ludibrio, violentando la città a questo modo, non è politica, è connivenza. Ciò che si sta perpetrando ai danni del nostro territorio è irreversibile, prendiamone atto. Appena verrà innalzata la staccionata del cantiere la ferità non sarà più rimarginabile.
Io, non da suo elettore ma da cittadino, non voglio, non posso essere connivente di questo scempio.
Esattamente affianco a tale operazione fondiaria accade ancora di peggio. Demolito il recinto murario e tutti i corpi di fabbrica compresi che definiscono il lotto fra via Niccolini e via Bramante, il piano immobiliare prevede l’edificazione di un albergo di nove piani fuori terra, arretrato rispetto il fronte stradale, lasciando una zona di rispetto (la giusta distanza di legge nei confronti del Cimitero, suppongo) che dovrebbe essere trasformata in una piazza.
Ebbene: non ci vuole un urbanista raffinato, né uno storico delle città, per capire che questo segno nel tessuto è di una violenza senza pari. I due elementi, l’albergo e la piazza, sono – dai rendering che ho avuto modo di consultare – di una piattezza creativa senza pari. Se proprio devo incidere il corpo urbano che almeno il risarcimento sia proficuo! Vedere innalzarsi di fronte al Cimitero Monumentale un volume che ha la stessa grazia di un oscuro ministero della Corea del Nord, la stessa polverosa prevedibilità, la stessa noiosa monumentalità d’accatto è disarmante. Neppure in una esercitazione del primo anno alla facoltà di architettura del nostro Politecnico si potrebbe presentare un progetto di tale fattura, senza rischiare lo sbeffeggio.

Più ancora del parcheggio di 240 posti, sotto la piazza, con un illogico ingresso dall’imbuto di via Fioravanti, più che le evidenti ragioni di interesse privato che neppure voglio discutere (c’è davvero bisogno di un altro albergo in una zona già abbondantemente servita?), ciò che davvero lascia attoniti, è la totale mancanza di visione progettuale. Ciò che disarma, per capirci, è la mediocrità fatta sistema. La mediocrità del progetto e la mediocrità di un’impresa edilizia e finanziaria (neppure so chi sia, neppure conosco gli addentellati politici che la sorreggono) che ancora oggi, all’alba del 2012, agisce sul territorio con una totale incapacità di lungimiranza: possibile che non c’era modo di affidare un segno di tali dimensioni nelle mani di un progettista con uno spessore intellettuale e progettuale più solido? Possibile non comprendere che sulla qualità dell’edificato si gioca anche la fortuna economica e finanziaria di una operazione di queste dimensioni?
Ma su tutto: cosa ci guadagna la città?
Volete farmi credere, signor Sindaco, signori della giunta comunale, che quello spiazzo insulso, deprimente, quel vuoto che non riuscirà mai a diventare piazza vivibile, luogo condiviso dalla cittadinanza, sia un risarcimento degno per noi cittadini? Gia mi figuro lo spaccio di sostanze stupefacenti in quel nulla urbano, già mi vedo le lastre della pavimentazione divelte, le panchine scardinate, gli alberi scorticati. Quella che vedo sulla carta, signor Sindaco, non sarà mai una piazza, ma solo un luogo di desolazione, di abbrutimento. Ne vale la pena?
Certo, potrebbe dirmi, non c’è solo questo. C’è il recupero dei capannoni di via Bramante che verranno trasformate nella sede espositiva dell’ADI. Ma mi chiedo: può una carezza risarcire uno stupro?
Il progettista di tutto ciò ha un nome e un cognome, non nascondiamoci dietro il non detto, non ho interesse ad essere bene educato: Giancarlo Perotta. La sua biografia parla per lui. Non voglio neppure entrare nelle vicende giudiziarie che l’hanno coinvolto negli anni di Tangentopoli, non faccio gossip. Mi voglio soffermare sulla sua carriera di professionista. Perotta è l’autore della peggiore architettura milanese degli ultimi 30 anni. I due grattacieli di fronte alla stazione Garibaldi, per dire, erano concettualmente già vecchi mentre venivano edificati negli anni rampanti della Milano da bere. Talmente inadeguati che non hanno retto il volgere di neppure due decenni, subendo, in questi ultimi anni, un (fortunatamente) inevitabile restyling radicale. E, a cascata: la Stazione Bovisa, l’Ospedale San Paolo, la villa urbana in via Legnone, il complesso residenziale in via Sesia, etc. etc… una pletora infinita di segni raffazzonati, una male orecchiata idea di tipologia, di modernità, di progettazione urbana, una concezione stereometrica dell’edificato ai limiti dell’autistico. Un’idea di architettura che è una continua emulazione fallita di modelli incompresi e irraggiungibili. “Trash” per definizione filosofica. Perotta è il campione indiscusso della mediocrità progettuale meneghina. È questa la cosa che lascia senza fiato: Milano, che si picca di essere una metropoli internazionale, dove vivono e operano più architetti che a Parigi, che ha indicato la rotta all’intera Nazione, nello scorso secolo, grazie all’opera di progettisti di levatura internazionale, oggi accetta supina che la sua identità, che il suo volto, che la sua forma, sia definita da imprenditori fondiari pavidi e progettisti mediocri. Più che di una metropoli, sembriamo abitanti di una soffocante e retriva provincia.

Sia ben chiaro, signor Sindaco, ho la fortuna di poter scrivere queste cose scevro da dietrologie insulse. Non sono un abitante del quartiere, non sono un indignato nimby, non ho mire economiche su quell’area, non ho la più lontana possibilità che io possa intervenire come progettista. Scrivo queste righe notturne, ora, non da architetto, né da intellettuale o scrittore. Le scrivo da cittadino.
Abbiamo chiesto durante le elezioni amministrative, a gran voce, un segno concreto di discontinuità dal passato. Se lei ora è il nostro sindaco lo è perché abbiamo creduto fosse capace di interpretare questa idea profondamente etica di comunità.
La logica degli oneri di urbanizzazione a scomputo che ha retto il mercato immobiliare di questi ultimi decenni, è stata una iattura per l’intera Nazione. È ora di cambiare filosofia, di cambiare politica. Anzi, di fare politica per davvero. Mettere l’interesse pubblico di fronte a quello privato, innanzitutto. Stimolare le iniziative di riordino fondiario senza subirle passivamente, prevedere, anche su aree private, l’obbligo di un concorso ad inviti per lotti di tali dimensioni, rendere partecipi gli abitanti della zona.
Io scrivo libri, signor Sindaco. Anche se fossi il peggior narratore d’Italia, e anche se trovassi un grande editore che non ostante ciò, per pura inerzia, continuasse imperterrito a pubblicarmi, i miei concittadini avrebbero in ogni caso la libertà di non leggermi. Ma noi tutti, l’intera comunità meneghina, non ha alcuna voce in capitolo se qualcuno deturpa la forma della città dove si è deciso di vivere, lavorare, sognare.
Fare politica urbana significa ragionare a lunga gittata, essere consapevoli di ciò che si eredita e di ciò che si vuole lasciare in eredità. Vogliamo farci ricordare dai nostri figli come i costruttori di questa città senza nerbo, signor Sindaco?
Lo chiedo a lei e non solo.
Lo chiedo al mio assessore alla cultura, sempre così esuberante in questi pochi mesi di giunta: non reputa, architetto Boeri, che questa sia una battaglia da combattere per davvero nel nome della cultura cittadina, piuttosto che perdersi nel decidere dove esporre il Quarto Stato?
Lo chiedo ai docenti del Politecnico: è questa l’idea di architettura che vogliamo insegnare ai nostri studenti? Non dovreste, a questo punto, annullare i vostri corsi, dichiarare il default cognitivo?
Lo chiedo ai designer, ai creativi, ai soci dell’ADI: nel nome di una nuova sede espositiva siete pronti ad accettare un tale scempio urbano? Cosa farete quando andrete a godere dei vostri autoreferenziali oggetti da museo? Chiuderete gli occhi, colpevoli, quando passerete in quel vuoto urbano che fronteggia l’albergo?
Lo chiedo alle imprese che vogliono costruire nel nostro territorio: non avete ancora capito che è solo con la qualità progettuale che diverrete davvero competitivi? Siete consapevoli che le logiche che hanno retto le vostre fortune sono ormai alle spalle? Che siete destinati a soccombere se non renderete etico il vostro agire?
Lo chiedo al FAI, a Italia Nostra, alle associazioni locali, alla cittadinanza. Pasolini si domandava: non sarebbe davvero rivoluzionario un popolo che si ribella nel nome della bellezza?
Lo chiedo alla politica, tutta, di destra e di sinistra: cosa muove, per davvero, le vostre scelte? Siete consapevoli del bene e del male che avete fatto e continuate a fare al corpo sfinito di una metropoli che da troppo tempo sogna di rialzarsi ma che subisce di continuo la zavorra del vostro scarso coraggio?
Cui prodest?

Edit: Questa è l’area interessata dall’intervento, tra le vie procaccini, Niccolini e Bramante a Milano:

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[questo appello è pubblicato anche su Doppiozero nella versione dimezzata che è apparsa sulle pagine milanesi del Corriere della sera il 3 gennaio]

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31 Commenti

  1. L’albergo è davvero un baraccone ignobile. Stessa cosa per quella specie di virgolone all’incrocio tra via Procaccini e Niccolini. Non si progetta più, si edifica, si tirano su dei volumi, a Bologna accade più o meno la stessa cosa. Oggi anche se un progettista ha delle idee, difficilmente può realizzarle. La committenza gli taglia le ali. Quando col mio lavoro comunale ricevo certi giovani tecnici (non solo architetti e ingegneri, anche geometri) che studiano, che ci credono, mi si apre il cuore, e penso che devono combattere, per restare vivi, per non ridursi come quei maneggioni che tirano a campare, che non gliene frega un accidente di nulla a parte le loro fatture, e hanno tutto il potere.

  2. Premessa: non sono per niente d’accordo sul fatto che un aumento del biglietto urbano dell’atm (e delle multe connesse) del 50% sia “una ripercussione minima” sui cittadini e un’opzione reversibile, perché se l’avesse fatto la Moratti ci saremmo tutti (giustamente) indignati, noi di sinistra (e non solo), perché un conto è passare da 1 euro a 1 euro e 10 o e 20, un altro conto è passare da 1 euro a 1 euro e mezzo; ed è un’ipotesi del tutto irrealistica pensare che in futuro una giunta abbassi il prezzo del biglietto.

    Detto questo, Gianni fai bene a parlare da cittadino ma io aggiungo anche da architetto, perché no? Essere architetto ti qualifica come persona con sensibilità estetica ed architettonica nonché con competenze nel campo superiori alla norma, e perciò rende la tua presa di posizione molto autorevole. E chi se ne frega di chi vuol sempre ipotizzare immaginari tornaconti personali: chi ha questa attitudine di fatto si autoaccusa. E anche il parlare da cittadino che ha votato Pisapia è motivo in più per rendere credibile e autorevole la tua critica.

    Qui purtroppo siamo sempre di fronte alla solita storia, dai governi nazionali a quelli locali troviamo il centrosinistra che avalla piani progettati dal centrodestra e che, in più, si trova a dover chiedere soldi, in modo ben poco di sinistra, alla cittadinanza per la gestione “allegra” o “creativa” del bilancio pubblico ad opera del centrodestra. Ebbasta!

    Ciò che tu dici sulla Milano piena di architetti di fama e che si vanta di essere metropoli europea ma che negli ultimi anni è stata dominata da costruzioni trash all’insegna del più retrivo provincialismo, mi fa dire questo (da provinciale milanese-brianzolo d.o.c., di “puro sangue” lombardo come pochi (e che se ne frega del tutto di esser tale)): Milano è una delle metropoli europee più care quanto e prezzi ed è la più frenetica quanto a vita quotidiana e lavorativa, qui si vive insomma all’insegna del “cur, paga e laura”, e a differenza della maggior parte delle altre metropoli Milano non vanta molte aree esteticamente affascinanti o anche solo turistiche (non che sia brutta, però non è tra le più belle, proprio no). E quindi la cura bellezza della città dev’essere una priorità, non si può essere europei solo quanto a carovita e limitazione del traffico !(Con limitazione del traffico mi riferisco alla prossima limitazione che avverrà in centro città, mentre la limitazione del traffico per le polvere sottili che è stata fatta finora è stata del tutto insufficiente, pensata in modo deficiente, e così continuiamo ad ammalarci).
    Se il Cimitero Monumentale è uno dei monumenti più insigni della città per parere universalmente riconosciuto (io non lo sapevo, mi sembrava un’opera ragguardevole soggettivamente ma non pensavo avesse questa reputazione), allora questo comune di centrosinistra sta davvero compiendo un crimine!

    E allora hai ragione Gianni a citare Pasoli, per Milano ci vuole proprio una rivoluzione all’insegna della bellezza (o una riduzione del carovita, si scelga!).

    L’unica cosa che mi chiedo è se Pisapia (da Boeri non mi aspetto nulla di buono) risponderà, e se lo farà, cosa dirà; infatti, se questo piano è già stato approvato, cosa possiamo aspettarci? Il solito garbato, gentilissimo (non gentile: gentilissimo) eloquio di Pisapia che con un’altra “carezza”, Gianni, ci farà subire l’ennesimo “stupro”.

  3. Grazie a Gianni Biondillo per il suo intervento articolatissimo ed appassionato; non vivo a Milano, ma l’elezione di Giuliano Pisapia aveva entusiasmato anche me come tanti altri Italiani; malgrado tutto voglio ostinarmi a credere ancora che Pisapia abbia aperto una nuova fase nella politica del nostro Paese e gli chiedo anch’io, dal mio piccolo, di ascoltare l’appello di Biondillo che rivendica allo spazio urbano quello che esso dovrebbe essere, ponendo in primo piano le ragioni della cultura, della bellezza, della trasmissione del sapere, della convivenza, dell’incontro. Ripensare Milano sotto questa prospettiva sarebbe davvero un salutare capovolgimento culturale e non solo.

  4. Grazie Gianni Biondillo per questo testo di amore per Milano, per la bellezza, per la città.

    Condivido tutto. In particolare gli accenni alla visione di città che necessariamente deve avere una amministrazione.

  5. Mi unisco all’indignazionedì di gianni. So che dolore provoca vedere tanta sciatteria professionale avanzare inarrestabile. O forse si può arrestare, quanto meno intralciare, se si parla un linguaggio chiaro e coraggioso come questo. Forza.

  6. Sono veramente anch’io indignato. Qualcuno di voi assessori e’ mai stato a Berlino ? Quella schifezza immonda che spero non sara’ mai costruita rappresenta e incarna quella rivoluzione delle idee e dei valori che hanno spinto Pisapia fino allo scranno di sindaco di Milano ? Neanche in Corea del Nord…Possibile che nessuno abbia mai viaggiato per le capitali europee, quelle vere?

  7. Questi disegni architettonici sanno del torpore, dell’egoismo che hanno alimentato il malcostume in politica e il lassez-faire, permesso alla delinquenza organizzata di radicarsi in tutto il continente, della piccineria che ha scavato gli autodromi sociali per la lega e chi peggio di quella potrebbe aggiungersi sulla scena del declino italiano.
    Bravo Biondillo, questi interventi ci restituiscono il respiro assolutamente necessario a scrivere e lavorare insieme agli altri, a sentire che esiste anche chi non scava nel cristallo e nel veleno ma anche chi tiene bene i prati e non solo quelli della sua villetta.

  8. Leggendo l’articolo di Biondillo, con cui concordo pienamente, mi viene in mente ciò che è accaduto nei mesi scorsi a Torino. Stava per partire la costruzione di un condominio a L di 7 piani (pare circa 7 appartamenti, con piscina condominiale e altri servizi) che disponeva di tutti i permessi, Sovraintendenza inclusa. Esteticamente era anche discreto. Peccato che la costruzione fosse prevista lungo la deliziosa via acciottolata posta dietro la Mole Antonelliana. La rivolta e le resistenze dei residenti hanno fatto desistere l’impresa.
    Spero otteniate qualcosa anche a Milano.

  9. Alzando la testa e guardando fuori, mi accorgo solo adesso che – delle tredici gru che mi han tenuto compagnia per cinque anni – ne è rimasta solo una.
    Non so perchè ma a me le gru fanno allegria. E’ un riflesso condizionato. E’ che le associo al movimento, alla leggerezza. Oggi mi mancano. A me i cantieri piacciono, hanno un che di futuro. Perdonate la debolezza. Sarà anche che, finchè ci sono le gru, vedi quelle e non capisci bene il dopo. Quando restano dei cosi, come qui nell’area ex sieroterapico, o brutti o sbagliati o tutt’e due.
    Immagino che anche nella mia zona ci siano stati degli antefatti, ci sia stato un PRIMA in cui sarebbe stato doveroso opporsi mentre DOPO è tardi, come neanche troppo garbatamente (sono tempi duri ed è finita la campagna elettorale e ce ne siamo accorti) ci fanno notare oggi sul Corriere.
    Bisogna chiederlo e continuare a chiederlo a brutto muso: dove eravate, dove eravamo, tutti?
    Io, cittadinanza, stavo sul pero – come diceva mia nonna. Stavo al quarto piano a guardarmi le tredici gru. Ad aspettare che qualche domanda mi tirasse giù. Ma, una volta scesa in strada, vediamo di incontrarci. Perchè c’è così tanto silenzio qui a Milano che basta un bell’articolo di GB che ci pare già di stare meglio.

  10. Gentile Biondillo,
    sono una “collega” scrittrice. Ho adorato i suoi libri e invidiato quello sulle tangenziali… vorrei riuscire a raccontare come lei le sensazioni che questa città continua a darmi. A volte, pugni in faccia, però. Non sono archietta… ma abito in via Fioravanti… sì proprio lì e concordo con lei e Bepoliti per l’obbrobrio in costruzione. Mi ritenga a sua completa disposizione – per quanto posso, magari sul Corriere – di cui sopra.
    Cosa possiamo fare?
    Cordata di scrittori indignati?
    Bisogna fermare il progetto: come sentirmi utile per riuscire a parlare col Sindaco e fargli comprendere che è un errore gravissimo?
    C’è già un albergo, Hermitage (sic), frutto dei Mondiali 90: basta e avanza, e non è a regime con i clienti, dunque non si sente la necessità di altri hotel. Piuttosto abbattere il vecchio centro sociale (irrecuperabile) e fare giardini e mantenere l’estetica del palazzo di fronte.
    La mia mail è paolacal@yahoo.com

  11. Ma come si fa, ma come si fa, ma come si fa!?! Tutte le volte che torno a Milano mi domando come si apossibile che un popolo che nasce e cresce a stretto contatto con una eredità artistica come quella italiana, riesca dopo XX secoli a partorire simili schifezze. Speravo vivamente con con i nuovi interventi (la Pelli, Mioanofiori, Citylife, et al), Milano fosse uscita dal tunnel della bruttura che (purtroppo) caratterizza ampissime aree della città, e avesse finalmente deciso di puntare filosoficamente sul future…e sul bello!, sul verde, su ambienti pubblici e privati che abbelliscano la cittadinanza, invece di contribuire al suo progressivo ed inesorabile imbruttimento.
    Spero riusciate a fermare questa ennesima porcheria; i milanesi, ma direi tutto il mondo ha bisogno di una Milano capitale nel design e nella innovazione a tutto tondo, e non solo di poter respirare quella realtà in pochi angoli della città.

    PS: spero che in futuro Mlano vorrà eliminare altre cose che la mortificano senza motivo: cartelli ridicoli e inutili che trasformano ogni incrocio in una foresta di pali di ferro; viali e controviali disegnati in modo apparentement schizofrenico, fatti quasi per rendere impossibile la circolazione a persone che vengano da qualsiasi altra città europea; arterie centrali senza corsie delineate per nascondere il fatto che in realtà 2 macchine che non siano delle 500 del ’62 non ci stanno lato a lato; un sistema di semafori idiota che obbliga ad avere 12 semafori (li ho contati) ad ogni incrocio, invece dei 4 comodamente utilizzabili, semplicemente spostando il palo del semaforo a h-4m dall’altra parte della strada, in modo che sia visibile sia dalla persona in prima fila che da quelle dietro (come avviene per esempio negli USA, o devo pensare che gli americani siano più intelligenti degli italiani o migliori guidatori?!)

  12. Paola,
    oggi sul Corriere Perotta ventila querele nei miei confronti.
    (così imparo a non starmene zitto! Domani, comunque, replico)
    Aderisci alla pagina facebook. Stiamo pensando ad una raccolta di firme. Abbiamo bisogno di idee e entusiasmo.

  13. Forse il progettista di tale opera è parente del socio del archi. Epifanio Licalzi ? Se non ricordate cercatelo in rete.
    Caro Biondillo come dice lei per fare l’architetto devi essere parente di architetto famoso
    Grazie per la visita guidata alla comasina dell’anno scorso.

  14. Cosa sono quelle tre torrette postate qui da Biondillo, degli sturacessi? E quelle meschine villette a schiera, da periferia in culo al mondo, coi tetti inspiegabilmente spioventi (il tutto nella stessa squallida foto), sono forse dei pisciatoi? E quelle macchinine giocattolo della Fiat? Boh!

  15. Non ci ho capito niente. Tranne che l’autore non ha votato Pisapia, il progetto è della precedente giunta autorizzato dalla nuova, il progettista fa parte dei professionisti che hanno contribuito all’edificazione della Milano da bere. Preferivo: “Al posto di questo – disegno del progetto attuale – io vedrei meglio quest’altro” (con anche solo lo schizzo della proposta alternativa). Oppure anche senza schizzo ma solo con parole: “Al posto di questo, io vedrei meglio una stalla con delle mucche oppure un terreno coltivato con alberi di frutta dove poter andare i milanesi coi bambini”. Così magari capivo.

  16. Ciao caro Gianni. Cuore impavido oltre la rete! Ti leggo, oggi più che mai, volentieri. Pronto a sostenerti difronte a qualsiasi querela, commento i commenti al tuo commento. Destra, sinistra, amministrazione precedente, amministrazione attuale …per partito preso, tutti sono idioti. Che senso ha, nell’Italia di adesso, iniziare un pensiero da una categoria politica? Il senso del bello, del giusto, la lealtà, l’amore sono obbigatoriamente da arrogarsi ad una ideologia, viceversa l’encefalogramma è piatto? Allora facciamo così: io sono di destra (non capisco ma mi adeguo) disposto ad ascoltare chi dice “qualcosa di sinistro” purchè non siano “vuote parole”. Adottiamo il “paradigma Monti”: non devo essere rieletto, quindi faccio il giusto. E chiudiamola qui.
    Ma cos’è giusto? E’giusto demolire una parte di “storia milanese” per sostituirla con qualcosa di scarsamente significativo? Riflettiamo: siamo di fronte al Cimitero Monumentale (non “Maggiore”, non “di periferia” ma “Monumentale”), a fianco della Carminati & Toselli (oggi fabbrica del vapore – e vedete come l’hanno snaturata) ad un passo da altre notevoli architetture (C.so Sempione 32 è li dietro e le case operaie dei BBPR poco distanti) e la soluzione è demolire tutto per fare una bella spianata di cemento, con un bell palazzone “soviet” sul fondo e magari con un bel punto di fuga “a cannocchiale”? Bho! ma questa è sterile critica estetica del “mi piace – non mi piace”. Parliamo piuttosto di cose concrete. Quali sono le regole? Quali sono i limiti energetici? Quali sono le tecnologie a km zero impiegate? A quale livello di risparmio energetico si arriva? Quali fonti rinnovabili vengono impiegate? Qual’è l’incidenza sul consumo di co2? Ma, soprattutto, che beneficio ne hanno i cittadini? Sono questi i limiti che una amministrazione comunale (Boatti in testa) devono chiedere ad un progettista OGGI! La città di Bolzano lo fa. E non è “in europa” è – fino a prova contraria – in Italia! Esempi? uno tra i tanti: Cino Zucchi. A Bolzano (Salewa headquarter); a Milano (ed. U15, milanofiori; via Tiziano 32); a Torino (Lavazza); nel mondo …e sono solo i suoi lavori “commerciali” ottenuti arrivando primo al relativo concorso, ad inviti o per idee che sia. Non certo perchè, come dice eurostat, appartiene a quei “2 italiani su 3 che cercano lavoro per mezzo di conoscenze o parenti”. Allora fermi tutti. Non è che “questo matrimonio non sa da fare”. Facciamolo! Ma facciamolo bene. Con un concorso di idee. Con un libero concorso di menti dove chiunque, architetto junior o senior, archistar o archi-e-basta, eco.compatibile o eco.sostenibile, a fronte di regole precise, possa offrire la sua visione per una Milano (quindi per una Italia) del 2020 (poichè il 2012 se lo sono già accaparrati gli Atzechi e il 2015, l’expo, dunque a pirlate siamo a posto!)
    Nota a margine: rivedere il film “Le mani sulla città”.

  17. l’ennesimo contributo di milano allo sviluppo di questo paese sub-padano? che la cialtroneria etico-estetica vada ben al di là del becero leghismo e del bordello berlusconiano? ai posteri…

  18. In effetti, Lorenzo Pozzati, non hai capito niente. Io Pisapia l’ho votato. Sarà che non so scrivere… ;-)

  19. Rispondendo al Sindaco Pisapia, in merito al suo scritto del giorno 6 che leggo solo ora.
    Sebbene sia vero che una Amministrazione Comunale ha le mani legate da leggi sulla cui effettiva utilità a lungo si potrebbe discutere e che l’iter di tale progetto si sia svolto secondo le regole e alla luce del sole, se un discordante scritto solleva tale bailame, forse la ferita è tuttora infetta. Possiamo dunque ignorare la questione per decorsi termini di legge? Forse non diverrà spinosa come l’arcinota epoea dei parcheggi sotterranei, ma può essere ignorata?
    Non potendo, il Comune, giudicare l’estetica piuttostochè bandire un concorso di idee, può almeno imporre – sempre che non l’abbia, a tempo opportuno, già fatto – il rispetto di vincoli ambientali compatibili, se non con il protocollo di Kioto, almeno con il nostrano standard CasaClima (Bolzano docet)?

  20. Se vedo la peggiore cittadina di provincia, la più anonima, e le ultime costruzioni di Milano, noto che non c’è nessuna differenza. Edilizia così come viene. L’Italia questo è: periferie (e non solo) raffazzonate, seconde-case-a-tutti-i-costi in montagna e al mare. Ma stiamo attenti a rivalutare l’edilizia economica e popolare degli anni 60, anche quella ha devastato il volto di Milano e del suo Hinterland. poi ci sarebbe da aprire il capitolo dell’architettura pianificata degli anni 70. Ma lasciamo perdere Guardate questa foto e ruttate: http://www.sikania.it/sitosikania/immagini/articoli/03_06_2_pic1.jpg

  21. Ringrazio Gianni Biondillo per la sua lettera coraggiosa a Pisapia e spero si riesca ad evitare questo ennesimo scempio.
    Qual è il riferimento della pagina Facebook cui aderire?
    Grazie ancora e saluti.

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Mi affascinava la vecchiaia, per antonomasia considerata il tramonto della vita, un tempo governato da reminiscenze, nostalgie e rimorsi. E se invece diventasse un momento di riscatto?
gianni biondillo
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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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