Nuovi autismi 7 – La vera età delle persone

di Giacomo Sartori

  agli amici TQ

Una delle tante cose che non ho mai capito è come mai si dia così poca importanza alla vera età delle persone. Si dà per scontato che l’età della gente cambi continuamente, e nella fattispecie aumenti mano a mano che passano gli anni, cosa che contraddice in  modo sfacciato i più gettonati assiomi della fisica delle particelle e della genetica molecolare. E più semplicemente va contro l’esperienza di tutti i giorni: non è difficile constatare che ognuno ha la sua età ben definita, fissa e immutabile, e se la porta appresso come può nel corso degli anni. C’è chi è un bamboccio di undici anni, e lo sarà sempre, chi è sempre stato fin dalla nascita un ostinato vegliardo, chi una testosteronica ragazzona di venticinque. I denti che spuntano e cascano, i capelli che si infoltiscono e si diradano, gli stili vestimentari e le consuetudini che contrassegnano le cosiddette stagioni della vita, sono mascherine che coprono a malapena la parte superiore della faccia, patetici travestimenti sotto i quali non è difficile riconoscere l’autentica atemporale identità. Basta riandare con la memoria ai compagni di scuola, per rendersi conto che il tipetto del banco dietro era già il ragioniere flaccido e calvo incontrato per strada trent’anni dopo, la spilungona della prima fila non aveva nove anni, come sosteneva, ma cinquantasette, la professoressa che si sforzava in tutti i modi di darsi un tono da adulta aveva in realtà otto anni. La vera natura di ciascuno, che niente aveva a che vedere con il tempo che trascorre, ammesso che il tempo trascorra davvero, non mentiva. Già allora non mentiva.

Per non parlare dei familiari e degli amici di lunga data, che ci tormentano per tutta l’esistenza con la loro immutabile età mentale e psicologica scolpita nei loro cocciutissimi geni. Mio fratello ha sempre avuto dodici anni, anche quando ne aveva a stento quattro, e io uno, per quanto mi ricordi mia sorella ne ha sempre avuti dieci, a dispetto delle arie di signora anzianotta che cerca di darsi adesso, mio padre ormai defunto diciannove, mia madre cinque. Uno auspicherebbe tanto che le persone che gli stanno attorno evolvessero un minimo, e invece restano uguali a se stesse, esattamente come i fossili nelle rocce.

Un mio caro amico funambolo microelettronico ha sempre avuto quarantatre anni, come del resto non pochi altri artisti. Forse l’età ideale per un artista è proprio quarantatre anni, si potrebbero fare moltissimi esempi. Parlo naturalmente della mia generazione e di quella immediatamente precedente: in un futuro anche prossimo potranno esserci variazioni. E certo i poeti sono un discorso a parte.

Una volta andavano molto di moda i vecchi, e quindi chi ne aveva uno per le mani se lo coccolava e lo mostrava in giro con fierezza. Ogni famiglia ne teneva uno in cucina o in salotto, e stava lì a contemplarselo, come adesso si fa con i telefoni portatili e i computer. Ogni frase pronunciata da un qualsiasi cascame umano, anche se molto rimbambito, e anche quando si vedeva benissimo che era in realtà restato un bambino, veniva ascoltata e meditata. E quindi anche i cosiddetti giovani e le cosiddette persone di mezza età (parlo sempre dell’apparenza) si sforzavano di sembrare anch’essi anziani. Adesso invece sono molto apprezzate le sembianze giovanili, più si appare acerbi, indipendentemente dalla vera età, più si è valutati. Il meglio di tutto è esprimersi per vagiti e farsela addosso: un paio di fanatici crocerossini bramosi di accudirti e educarti sono assicurati. O comunque si addice apparire perfettamente lisci, avere un seno che sfida con baldanza la forza di gravità, una silhouette snella e resiliente, una dentizione candida e luccicante. Gli sforzi compiuti dall’umanità in questo senso sono davvero ragguardevoli, spesso eroici. Adesso i cosiddetti vecchi si considerano essi stessi degli scandali semoventi (ammesso che possano ancora deambulare), passano la metà del loro tempo a fare ginnastica e a spianarsi le rughe con il ferro da stiro. Tutta fatica inutile: che io sappia nessun anziano viene mai adottato da una coppia giovane.

Naturalmente uno che costituzionalmente è un vecchione nelle fasi iniziali dell’esistenza si sente un po’ a disagio. È impaziente di saltare le tappe, senza rendersene bene conto aspira a essere un minimo in accordo con se stesso. Enuncia sentenze che suonano stonate, mette lì massime intrise di saggezza destinate a galleggiare inerti nell’aria. Nei momenti di maggiore incomodo tossicchia con espettorazioni da anziano, sospira rumorosamente. Poi però finalmente incanutisce, e si sente bene. Se invece uno è intrinsecamente giovane, i primi anni se la passa da dio, senza nemmeno rendersi conto che è così, ma poi le cose non fanno che peggiorare. Non di rado la sua esistenza prende la piega di un vero calvario. Tutto ciò nella più assoluta inconsapevolezza: la maggior parte delle persone non sanno che età hanno e non sono interessate a saperlo, credono solo alla carta d’identità e alla messa inscena dei compleanni. Bisognerebbe forse organizzare dei corsi per aiutarli a capire quanti anni hanno davvero, distribuire dei manualetti per l’autodiagnosi.

Certo l’apparenza qualche volta inganna, non sarò io a sostenere il contrario. Qualche volta un granchio lo prendono tutti. Uno dava per scontato che la data persona fosse di mezza età, pensava di averne un milione di prove, e dopo anni scopre con raccapriccio che era solo molto abile a scombinare le carte: in realtà era un nonnetto appassionato di poker. Pur di ingannarti certi soggetti riescono a applicare alla loro intimità più profonda le prodezze più miracolose della chirurgia estetica. O viceversa ci si accorge che quella che si era sempre creduta una decrepita vecchina è in realtà una balda ragazzetta, a dispetto delle alpinistiche orogenesi della cute. La vita è la vita, le certezze matematiche non esistono mai. E tanto meno esistono nei rapporti telematici, che si prestano per definizione a ogni sorta di truffa.

Gli unici che non si ostinano a cambiare sempre d’età sono i morti, e mi sembra che meritino per questo un sentito rispetto. Se per esempio uno decede a cinquantun anni l’anno dopo non pretende di essere morto a cinquantadue, non si fa in quattro per mostrarne cinquantacinque, o magari quarantacinque. Certo, anche loro si aggrappano all’età nominale incisa sulla tomba, e non alla vera età, ma almeno non fingono di invecchiare, è già qualcosa. Per questo aspetto ti lasciano tranquilli.

[l’immagine: Jaber al Mahjoub, acrilico su tela, 18×24 cm, 1983]

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17 Commenti

  1. “Herbert Kitchener fu nominato console generale britannico in Egitto all’inizio del secolo scorso, ma non rimase particolarmente colpito dall’arte di quell’antico paese. “Non ho una grande opinione di un popolo che ha disegnato i gatti nello stesso modo per quattromila anni”. Esiste un equivalente di questa mancanza di evoluzione nella tua vita? Tra le tue attività, ce n’è qualcuna che nel corso del tempo non ha fatto nessun progresso? Questo è il momento ideale per individuare quel nodo di eccessiva stabilità e cominciare a scioglierlo.”

    Così recita Rob Brezsny per la mia settimana,mentre cura l’oroscopo.Personalmente mi sono sempre curato di non dimostrare la mia età per esempio evitando di costituirmi dal barbiere per un bel taglio classico,sapendo che non poteva bastare.E pure il fatto che fuori dal web la maggior parte delle persone(parlando in particolare del mio genere)a uno sguardo attento non sembra dimostrare più di 15 anni come profondità di pensiero,non aiuta a risolversi nella strada della perfetta illuminazione.E sarà sempre così fino a quando non dedicherò il tempo giusto per ogni cosa(salomonicamente parlando),cosa che del resto potremme non accadere mai

    http://katebush.galactic.to/x3gh95uv3xga4/K/Kraftwerk%20-%20Spacelab.mp3

  2. faccio presente che si tratta (solo) di un raccontino; e anche se i racconti aumentano un po’ la confusione, poverelli, mica muore nessuno, no? anzi, magari qualcuno ne trae un minimo sollazzo, o qualche altra forma di giovamento, non si puoi mai dire

  3. il mio commeno era rivolto a detec, naturalmente (nel frattempo se n’è inframezzato un altro)

  4. Delizioso e magico, dice scoprendole, molte verità, con spirito profetico più che surreale, e ne azzecca il focus: della personale intima età e dello scorrere apparente,non dotato di logica del tempo di noi, che mente e corpo siamo. L’ultimo capoverso sui morti è di grande finezza. da meditare ora che in questi giorni assurgono a santi..
    Maria Pia Quintavalla

  5. senti, io sono ragioniere ed ora anche un po’ calvo, flaccido no, a parte un paio di tarallucci ma sono dell’amore e si fanno perdonare. però, dico, non sta bene trattare così la gente, ed anche la spilungona del primo banco c’è rimasta maluccio nel constatare che, in effetti, neppure quindici anni di costosissima terapia analitica hanno svelato simili verità

  6. Io lo trovo decisamente adatto al nostro momento. Applicabile a varia umanità che abbiamo intorno.
    Buona giornata,
    Liz

  7. Molto bello, e vero. Ognuno dovrebbe conoscere la propria vera età, per non sciuparla. Per non vederla passare inosservata. Per braccarla.
    Complimenti per il raccontino!

  8. gianni, non hai letto bene la lettera di intenti presentata da berlusconi: 67 anni per le persone normali, e 97 per gli scrittori (96 per i giallisti, quindi ti conviene accollarti l’etichetta che di solito ti sta stretta) e i bibliotecari

  9. Sartori, oggi Lei mi ha fatto sorridere (con la risposta a Gianni). Gianni, per cortesia, prima o poi mi presenterai il Signor Sartori?
    un saluto
    Liz

  10. Certo non saranno i numeri, le età e neanche le sigle (capisci Tq) a cambiare le carte in tavola o peggio le regole del gioco. Sono solo i punti, i punti fermi che possono farlo.
    Sarà Tq un punto? Me lo auguro.

  11. per Chiappanuvoli

    non vorrei che ci fossero malintesi: io vedo di buonissimo occhio e sono molto favorevole all’iniziativa TQ; credo che se c’è una cosa di cui l’Italia ha bisogno in questo momento, e che è mancata drammaticamente in questi anni, è proprio questa forma di aggregazione democratica dal basso indipendente dai partiti di sinistra e dalle altre forme costituite (che palesamente sono sono all’altezza della situazione); non mi sembra poi così importante che le persone si aggreghino per età, per colore dei capelli, o per condominio in cui abitano (parlo per assurdo), l’importante è che nascano finalmente dei sani nuclei di resistenza e di reazione al disastro del berlusconismo;
    quindi la dedica non era polemica, ma davvero amichevole;
    poi certo, la politica è una cosa, e la narrativa un’altra: quest’ultima pesca molto più profondo

  12. beh, grazie
    a dire la verità certe volte ho l’impressione che le cose che funzionano sgorgano quasi da sole (quindi il concetto di autore ne risulterebbe un po’ ammaccato), ma insomma fa pur sempre piacere;
    anche perchè i racconti esigono un apprezzamento (o una bocciatura) subito, non hanno la pazienza e l’imperturbabilità dei romanzi, vogliono subito dei lettori (anche se pochi, non è una questione di numeri); o così mi sembra;

    (e adesso sappiamo che diamonds è un cancro)

  13. Forse questa parte è quella che mi è piaciuta di più:”Una volta andavano molto di moda i vecchi, e quindi chi ne aveva uno per le mani se lo coccolava e lo mostrava in giro con fierezza. Ogni famiglia ne teneva uno in cucina o in salotto, e stava lì a contemplarselo, come adesso si fa con i telefoni portatili e i computer. “. Mi ha ricordato lo stile di J.K.Jerome. Bravo!

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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