Nuovo cinema paraculo: Barbarossa

Barbarossa15

di Alessandro Bertante

L’occasione è di quelle da non farsi sfuggire. Due biglietti per la faraonica anteprima di Barbarossa, il kolossal padano che narra l’epico scontro fra i comuni lombardi, capitanati da Alberto da Giussano, e l’imperatore tedesco Federico I Hohenstaufen. Tanto più che negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare di questo film, fortemente voluto da Umberto Bossi – che grazie alla mitologia di Pontida ha costruito parte della sua fortuna politica – coprodotto da Rai Fiction e Rai Cinema, girato da Renzo Martinelli e costato circa 30 milioni di dollari, una cifra enorme per una produzione italiana.
La sede scelta per l’anteprima è niente meno che il Castello Sforzesco di Milano, addobbato a festa come un panettone medievale. C’è polizia ovunque perché si vocifera che si presenti anche il premier. Con il mio amico scrittore che mi accompagna in questa escursione “lumbard”, noialtri si arriva nello stesso momento di Bobo Maroni. Seguiamo ordinati il codazzo del ministro, passando il ponte levatoio per imbatterci subito nel garrulo Borghezio che intona una marcetta padana, accompagnato da una banda di cornamuse bergamasche. L’inizio sembra molto promettente. Ci mettiamo in un angolo ad osservare questo strano popolo formato da quadri leghisti locali e nazionali, qualche esponente PDL, un buon numero di quella che un tempo era la borghesia milanese colta e che adesso è solo la borghesia milanese stanca, più qualche giornalista di costume. Non intravedo nessun uomo di cinema e neanche una starlet o velina (tira un brutta aria). Andiamo avanti. La sala della proiezione è nello splendido Cortile della Rocchetta e mentre mi compiaccio della magnificenza del posto penso a quanto possa essere costato questo scherzetto al Comune: la cifra come minimo si aggira sulle centinaia di migliaia di euro.
Ma vabbè siamo qui a veder un film e questo dobbiamo fare. Prendiamo posto con un certo anticipo per apprezzare dopo pochi minuti la nostra lungimiranza: infatti rimangono in piedi almeno duecento invitati, come in qualsiasi overbooking di un compagnia low cost. Intanto cominciano a arrivare i pezzi grossi: La Russa, Calderoli, Formigoni, Tremonti, l’applauditissimo Bossi – “grande Umberto” urla il mio vicino di sedia – e perfino Berlusconi con il suo codazzo di guardie del corpo. Passa mezzoretta e il regista sale sul palco. Martinelli è un tipo franco e dall’aria volitiva. Di norma i suoi film non mi piacciono (penso a Vajont, il Mercante di pietre o a Carnera) ma sono venuto al castello per dargli un’altra possibilità. Lui, in modo sbrigativo, ringrazia tutti – compresi gli assenti Rutger Hauer (il Barbarossa) e Cecilia Cassel (l’imperatrice), deliziosa attrice francese impegnata politicamente che dopo aver scoperto in che combriccola si era ficcata si è data alla macchia – per poi chiamare sul palco il sindaco di Milano. E Letizia ci sorprende con il suo entusiasmo: “Milano lotta per la libertà”, urla alla folla che risponde con un applauso mentre lei galvanizzata continua, “Oggi come allora, la libertà è preziosa e dobbiamo donarla ai nostri figli”. Esaurito il secondo applauso, il regista la liquida senza troppe manfrine e comincia i ringraziamenti di rito: la Rai, Rai Cinema, il Ministero dei Beni Culturali, l’assessore Zanello e poi Berlusconi. Curiosamente il pubblico risponde fin troppo tiepido al nome del premier, mentre esulta come allo stadio a quello di Umberto Bossi.
Molto bene, si può cominciare. Ma basta poco: dopo i primi tre minuti di film siamo già convinti di stare sprecando il nostro tempo e i vostri soldi. Barbarossa è un lavoro di una bruttezza imbarazzante. E non solo per le numerose castronate storiche – tipo Alberto da Giussano dodicenne che salva la vita dell’imperatore durante una battuta di caccia – o per la retorica bolsa e ripetitiva, non per il cast raccogliticcio e svogliato o per la sceneggiatura desolante e nemmeno per la mancanza di qualsiasi afflato epico. No, il film è brutto perché il regista non sa girare.
Hanno speso trenta milioni di dollari per un cosiddetto kolossal che sembra una docufiction storica in costume girata per i programmi di Alberto Angela. Dopo due ore di riprese sono convinto di aver vissuto un’esperienza disarmante che la dice lunga sulla strategia culturale della nuova destra italiana.
Se uno dei pericoli di questi anni bui era di assistere alla fine dell’egemonia culturale di sinistra, stiamo tranquilli ancora per un po’ di tempo. Questi rimangono dei perfetti incompetenti.
E non sono il solo a pensarlo. L’applauso finale è debole e stentato, certo obbligato dato il parterre, e mentre ci avviamo al generoso buffet – avanti coi soldi pubblici – le facce sono davvero deluse.
Vedo Maroni rifiutarsi di rispondere alla comprensibile domanda di un giornalista sulla qualità dell’opera. È nervoso. Hanno puntato molto su questo film e lui conosce il suo elettorato. Sa che alla base leghista, che al Nord conta su una massiccia presenza operaia, lo spreco di denaro in periodo di crisi è visto parecchio male. Come racconteranno ai cassintegrati padani che la Lega Nord ha buttato 30 milioni di dollari per una porcheria che nelle sale ci starà neanche un finesettimana? Mentre addento un pezzo di salame, mi sale una dolce euforia.
Non vorrei essere nei loro panni.

[pubblicato su L’Altro del 4 ottobre 2009]

Print Friendly, PDF & Email

85 Commenti

  1. “Se uno dei pericoli di questi anni bui era di assistere alla fine dell’egemonia culturale di sinistra, stiamo tranquilli ancora per un po’ di tempo.”

    Allora è zero a zero, a giudicare anche da questa prevedibile stroncatura-compitino. Aspettiamo ancora un minimo di senso storico da una sinistra che sa essere solo post-comunista e giocare di rimessa.

  2. La dea Brigit è molto curiosa di vedere questo film, era ora che la Lega proponesse un cinema di impegno civile. Ma per quanto riguarda i soldi pubblici, non temete: lo stato italiano ne spreca infinitamente di più per l’accoglienza agli extracomunitari…

  3. Altro esempio di fascismo estetico (se ne parlava a proposito di un post di inglese qui); il cinema è un grande strumento di propaganda, agisce sugli occhi, se fatto male non fa ragionare, illude e stordisce. Tra l’altro l’estetizzazione della politica non è iniziata con i media. Già era stata avviata dal nazismo. Appunto.

    Scusate l’ot (ma mica tanto, visto che i tg televisivi sono potentissimi e portano voti più delle cine-merde di renzo martinelli).
    Studio aperto (scusate) di oggi:
    servizio sull’ affaire (sic!) canalis-clooney
    servizio sulle tette e le patonze che si vedono in tv
    il ciuffo di presley
    un’attrice ingiustamente accusata di traffico di droga, riceve dopo tanti anni un limitato risarcimento. Come commenta la pseudo giornalista?
    Un risarcimento ridicolo, altro che i 750 milioni che l’editore De Benedetti s’è guadagnato.

  4. Concordo con Franz. Quello è l’aspetto più tragico, la mancanza di una visione di grandezza. Agli anonimi non rispondo. Chi manca di indentità non ha il coraggio delle proprie idee. E non esiste.

    • castronate storiche, retorica bolsa, cast svogliato, sceneggiatura desolante, niente afflato epico, bruttezza didascalica

      Alessandro, con tutti i difetti che hai citato, il film potrebbe essere lo stesso (o per questo) un gran successo a condizione che il messaggio leghista, la retorica padana vi siano chiaramente riconoscibili.

  5. castronate storiche, cast raccogliticcio e svogliato, sceneggiatura desolante, nessun afflato epico, docufiction in costume alla Alberto Angela.

    Ma il messaggio leghista com’è? Se passano chiari la mitologia padana, i valori leghisti, potrebbe essere un successo a dispetto della bruttezza didascalica che dici, Alessandro.

  6. “No, il film è brutto perché il regista non sa girare.”

    scusa Alessandro ma questa tua affermazione tanto” sintetica” quanto decisiva, per il tuo articolo va spiegata. Che significa, non sa girare? Ieri, per esempio ho rivisto Adele H di Truffaut e lo giudico un capolavoro nonostante sia girato malissimo.

    e ultimo appunto, se mi permetti, sul ruolo del pubblico. La prima parte dell’articolo tende mi pare a declassare gli spettatori, borghesia meno borghesia, politici meno politici, e cornamuse e quant’altro. Dopodik lo accrediti sul finale quando ci dici che il pubblico non ha apprezzato. Ora, se il pubblico (quel pubblico) che io (tu) non apprezzi, non giudica bene il film (’applauso finale è debole e stentato) allora deve essere un gran film , no?
    effeffe

    • Anche a me piacerebbe conoscere meglio da Alessandro cos’è il non saper girare del regista. Magari con degli esempi semplici, didascalici, giusto per capire. E’ divertente la parte di costume della recensione (gli invitati, Maroni terreo che non commenta alla fine), ma mi sembra che il non saper girare di Martinelli sia il punto centrale e che il resto (attori raccolti per strada, sceneggiatura grama etc) sia tutto sommato sopportabile. O no?

  7. Pecoraro, cosa ti fa tanto ridere?
    Io agli anonimi non rispondo. Non sono interlocutori.
    E non aggiungo altro.

    • Alessandro, forse hai sbagliato posto o postura. In genere, ma non è obbligatorio naturalmente, qui in Nazione Indiana si risponde agli argomenti interessanti e si lasciano cadere le cazzate chiunque li porti avanti. Per cui dopo avere apprezzato il tuo resoconto di costume dell’anteprima, mi piacerebbe capire cos’è che fa così cagare del film. Immagina di doverlo raccontare in un piccolo paese montano in provincia di Bergamo, monocolore leghista e lista civica unica alle recenti comunali, davanti a persone simpatiche e degnissime: che gli diresti?

  8. Mi par di sottintendere che l’autore non sia propriamente affezionato alla Lega, ma più idealista nei confronti della cinematografia di Moretti…

  9. e i celti? che fine hanno fatto?

    le mitologie leghiste sono così instabili e polimorfe che devo essermi persa un pezzo, suggerisco un film sul galata morente

  10. La cosa interessante di questo film è la simmetria che presenta; un personaggio storicamente inesistente che è stato eletto rappresentante di una terra mai esistita.
    Qualcuno spieghi al direttore del casting che Raz Degan non assomiglia proprio a un lombardo di quel periodo storico…

  11. come l’arte viene prestata al potere:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Olympia_(film)

    Propaganda?
    La natura propagandistica del documentario traspare dal film? Il nodo è definire se questo sia un film voluto dal Terzo Reich per esaltare il regime, come da molti viene considerato il film precedente di Leni Riefenstahl, Il trionfo della volontà.

    In realtà, i Giochi olimpici del 1936 sono stati definiti le “Olimpiadi di Hitler”, e senza dubbio il regime nazista sfruttò la manifestazione per magnificare il Terzo Reich, e da questo punto di vista qualsiasi film che documentasse accuratamente l’evento potrebbe essere considerato propagandistico, una tesi questa sostenuta dalla maggioranza dei critici cinematografici.

    Ma i difensori della Riefenstahl puntano sul primo piano dedicato all’espressione di disappunto mostrata da Hitler quando l’afroamericano Jesse Owens vinse una delle sue quattro medaglie d’oro, quella nel salto in lungo. Un’inquadratura nella quale alcuni leggono un tacito dissenso sulle dottrine naziste sulla supremazia razziale. Nel film, del resto, tutti i vincitori non-“Ariani” vengono ugualmente ripresi. Per valutare la pellicola c’è da aggiungere il ben documentato legame della Riefenstahl con Hitler e con altre figure di alto rango del regime. Ma per la bellezza di riprese e montaggio e per le tecniche innovative utilizzate Olympia è considerato ugualmente uno dei più bei film del secolo.

  12. Si spense lo schermo.

    Si illuminò la sala.

    Stracolma di celtopadani in festa e dèe birgit con unicorni alati al seguito. Tutti in libera uscita permanente da se stessi, in esilio volontario dall’intelligenza. Vecchia patria dimenticata per sempre, o mai conosciuta.

    Praticamente, non c’era nessuno.

    Nemmeno un cane. Che potesse magari spiegare a “leghista si bertante no” la differenza tra un’opera cinematografica e una colata di merda.

    O, molto più alla sua portata, quella tra un avverbio e un pronome.

    Questione di accento, in fondo. Un problemino facilmente risolvibile da tutti, anche dagli esuli.

  13. caro jan reister
    il film non ha ne capo ne coda
    questo intendo con “non saper girare”
    è un lavoro quasi dilletantesco
    i dialoghi sono stanchi e prevedibili
    gli attori mal scelti e visibilmnete fuori forma
    la trama banale ma talvolta nella sua povertà contenutistica riesce perfino ad essere bislacca
    e poi, soprattutto, il regista vaga con la cinepresa per la pianura rumena senza nemmeno un idea che qualifichi il suo operare come cinematografico
    non c’è linguaggio, tutto è approsimato e stanco
    nelle scene topiche, come il giuramento i della “Compagnia della morte”, il regista crea un’ atomosfera da gita scolastica che è la cosa più lontana dal racconto epico che si possa immaginare
    ma non contento, pensa di risolvere la questione enfatizzando le scene truculente fino a sfiorare lo splatter

    che devo dire ancora?

    • Da bravo, coglioncello scherzoso, prova ad esprimerti in lingua celtica, magari azzecchi due suoni gutturali di senso compiuto.

      E non preoccuparti se non se uno scrottore, tanto meno comunista. A cosa serve, infatti, la scrottura?

      Roba brutta, racazzo, stanne lontano – tutta roba per gente che pensa…

      …Brrrrrrrrrrrrrrrrrr

      • Grande Fortebraccio…

        ma renditi conto che parliamo di gente che non riesce a spicicar parola in italiano – sarà per questo che vogliono tornare al dialetto, in questo senso è una buona cosa, bisogna dare ausilio ai diversamente abili – figurarsi il latino. Non per caso sul manifesto del film, lo ha notato il medievista, o medievalista, Cardini, hanno scritto “Federicus imperator” e non come sarebbe corretto Fridericus imperator.

        Questi stanno alla cultura come il diavolo all’acqua santa.

        Non sono mica come noi che sappiemo “scrovere”!

  14. un film voluto dai pezzenti della lega per un pubblico di pezzenti leghisti realizzato con migliaia di comparse rom

  15. «Qui posso permettermi una troupe di 130 persone, solo 15 gli italiani, i capisquadra. Qui ho a disposizione migliaia di comparse, cavalli e stuntman a bizzeffe. Un macchinista in Italia costa 1500 euro al giorno, qui 300. Da noi dopo nove ore scatta lo straordinario, qui non esistono limiti d’orario. Per la manovalanza si usa lo “zingarume rumeno” a 400, 500 euro la settimana»

  16. già, e che dice di quei 25 milioni di euri per quel capolavoro di “revival di sicilianume nostalgico” quale è baaria ?
    ma
    sopra tutto che dice lintelighientia di sinistra?
    bacio alcor
    la fu

  17. no alfo
    il popolo, i cittadini, i contribuenti italiani hanno fatto una colletta perchè… la cultura, la cultura prima di tutto, e il sogno, e la memoria e i cazzi e i mazzi
    e i frizzi e i lazzi
    ALLEGRIAAAAA!
    :)))))
    baci
    la fu

  18. @funambola

    i 25 milioni per Baària li ha messi la Medusa di Berlusconi, e la regione siciliana ha contribuito con 4 milioni e 500.
    Così almeno risulta a me.

  19. sì alcor, anche a me risulta
    mi risulta anche, per esempio, uno scudo fiscale attraverso il quale per esempio, i miiei eurini in obbligazioni cirio (del monte però nè) evaporati in una nuvola rossa :) con la complicità di giudici, associazioni dei consumatori, avvocati, commercialisti, consulenti vari, forse, forse nè, ritorneranno ripuliti dai paradisi fiscali in italia e ri-finanzieranno, fra le tante cose, banche e progetti culturali e meduse varie.
    perchè la medusa è di proprietà privata ma i soldi a silvio chi glieli ha dati?
    chi?
    però lui ci ha speso DUECENTOMILIONI di euro per consulenti e giudici, pardon, avvocati:).
    fiuuuuuuuuuu, devo considermi fortunata di aver sborsato poche miglia di euro per pagarmi una causa persa.
    io però ho aspetato solo sette anni
    molti baci alcor
    la funambola
    questo discorso apparentemente evanescente, ci entra, eccome se ci entra .)))

  20. PARAGONATI AI MILIARDI SPESI PER LE VARIEGATE PRODUZIONI CINEMATOGRAFICHE ITALICO-TERRONE DOVE NON SI CAPISCE UNA PAROLA D’I-TAGLIA-NO CON ATTORI MEDIOCRI E SUPERCELEBRATI (E SUPERCELEBROLESI) DI REGISTI COMPIACENTI ALLA SINISTROIDE KULTURA DEL BEL PAESE, IL BARBAROSSA E’ UN CAPOLAVORO, CHE “OSA” FINALMENTE RISCOPRIRE LA STORIA E LE ORIGINI DI UNA TERRA E DI UN POPOLO!
    VA DA VIA I CIAPP ASAN!

    • la cosa veramente squallida è che avete realizzato il vostro sogno grazioe agli zingari romeni anzi allo “zingarume rumeno” che vi fa tanto schifo.

      complimenti: allora ringraziate gli zingari. e ringraziate pure i terroni che hanno pagato con i soldi pubblici questa cagata. senza di loro il vostro Barbarossa lo avreste girato in super 8 o con la Handycam privata del povero Martinelli (il cui Vajont peraltro mi era pure piaciuto) e nel cortile di una sfigata sede leghista a Berghem…. vestiti da coglioni.

      non siete capaci di fare un cazzo senza zingari, soldi pubblici e altro….

      io starei zitto e smetterei di ragliare.

    • guarda che non si sa neanche se Alberto da Giussano sia esistito veramente… storia e origini? si che la padania non esiste…

  21. le televisioni di berlusconi guadagnano sulla pubbliscità, la pubbliscità la pagano i consumatori perché i suoi costi sono annidati nel prezzo dei prodotti pubblicizzati, se la medusa è del gruppo fininvest (?) allora i soldi con cui si finanziano i film vengono dalle nostre tasche, come del resto quelli con cui si fanno film e altre merdate della rai, tipo don matteo, padre pio, eccetera.
    è corretto lo schema?

  22. zi zi, corretto tash vai pure oltre la fiction per quanto riguarda la rai (il consumatore è in prima fila:) e poi c’è la stampa (chi paga?)
    grandi i tizi di questo hoax.

  23. chissà, non credo che il denaro si possa spostare da un bilancio societario all’altro, perciò forse lo schema non è corretto, a meno che non si applichi anche agli altri gruppi editoriali che vivono di pubblicità e di finanziamento pubblico e alle altre compagnie, vedi Alitalia, o anche Fiat che dai finanziamenti pubblici e dalle facilitazioni le più variegate hanno tratto vantaggio
    Il supporto dello stato, cioè nostro, alle aziende è multiforme, investimenti a sud incrementati fiscalmente e destinati a ritirarsi dopo aver succhiato quel che devono succhiare, facilitazioni fiscali, bisognerebbe saperne di più, sapere poi come vengono investiti i profitti, qua da noi tutto si intreccia

  24. ieri ho visto una proiezione del barbarossa seguita da un mini cineforum con il regista.ve lo immaginate michele placido nel cinemino del suo paese a raccontare le disavventure capitate sul set?ma quando mai?sapete che per ottenere i $ dalla rai sono stati costretti a barattare un film sul sindacalista di vittorio?inoltre gli errori storici ci sono, così come in ogni altro film!non vedo perchè bisognerebbe accanirsi su queste cose…si va al cinema per emozionarsi, non per imparare una lezione di storia .I primi tre minuti sono quelli della caccia al cinghialetto, non so che cosa ci sia di poco avvincente, ero lì con degli studenti di cinematografia e hanno apprezzato molto tutto.(e non sono certo leghisti!!)la rai, infine, ha sì pagato, ma ci guadagnerà perchè manderà in onda una versione più ampia di quella vista al cinema, sotto forma di miniserie.

  25. Eccoli qui i 60 milioni di critici cinematografici, quelli che qualche giorno fa erano anche giuristi e costituzionalisti e ad ogni partita della Nazionale altrettanti CT! Perdonatemi, ma entrando a pieno titolo nel novero della plebaglia (anzi no, dei pezzenti) che proviene dall’area geografica incriminata e acquista prodotti ad alto contenuto pubblicitario che poi vanno a finanziare attività criminose come la realizzazione di questo film (è corretto lo schema?) mi risulta difficile capire quale sia il vero oggetto del contendere: film brutto in quanto tale o brutto perché girato da Martinelli? Partiamo dal presupposto che non credo che tutti coloro che sono qui intervenuti abbiano visto il film, considerando che buona parte dei commenti riportano la data 8 ottobre o 9 ottobre ad ore antelucane…in altre parole ci sta una buona dose di pregiudizio, corroborato dall’assunto che Martinelli sforni CINE-MERDE (cito L. Tedoldi a quale rivolgo i miei complimenti per il lessico forbito, nemmeno M.me de Stael!) e che quindi un film come Porzûs (non citato nella cinematografia martinelliana dal nostro Bertante, che forse essendo vagamente a conoscenza del soggetto ha preferito glissare) sia passato sotto silenzio per un bel po’ perché malfatto, e non perché parli di una bella affilata di coltelli del GAP sulle ossa dei partigiani bianchi. L’articolo risulta a malapena sopportabile nella parte di costume, soprattutto con quel riferimento alla stanca borghesia milanese (che avremmo senza dubbio visto ringalluzzita davanti ad un biopic di Mario Capanna, non ho dubbi) o con il continuo citare denari pubblici per il finanziamento: a questo proposito faccio presente che lo stesso regista, presente ieri ad una proiezione in quel di Cesano Maderno, ha rivelato di aver dovuto fare i conti con la concorrenza di prodotti come la fiction RAI su Di Vittorio e di essere sceso a compromessi non indifferenti (a partire dal titolo) per ottenere un po’ di ossigeno; alla faccia della libertà di espressione imbavagliata da questo regime…mi risulta che i finanziamenti vengano dati a pioggia, quindi i soldi da me versati in qualsivoglia forma siano finiti anche nelle tasche di Moretti, Placido (ah no, lui prende i soldi da Berlusconi, che grand’uomo: ruba ai ricchi per dare a sé), o della esordiente Nicchiarelli che fa gridare ad una undicenne di essere comunista; nessuno si è premurato di chiedermi quanto fossi d’accordo su tale destinazione, quindi l’argomento “denaro pubblico per il cavernicolo leghista” mi sembra perdere di forza…fermo restando che il lauto stipendio della Cassel, anche questo di tasca nostra, non tornerà nei nostri forzieri nonostante l’attriciucola in veste di imperatrice abbia preso le distanze da un’opera che forse la renderà un po’ più nota oltre i confini della Ville Lumiére per meriti propri, e non perché cognata della Bellucci. Eh sì, perché sempre stando alle dichiarazioni di Martinelli “Barbarossa” è una produzione internazionale con dietro un buon marketing e ampio margine di distribuzione all’estero, a cominciare dalla Russia (mercato non propriamente minuscolo); sarà che da buon pezzente ho una mentalità piccolo-imprenditoriale che mi fa fare i conti con il ritorno sugli investimenti oltre che con la poetica, ma se un film italiano va oltre la bacheca delle meraviglie cinematografiche di casa Bertante non ci vedo un così grave imbarbarimento del nostro livello culturale. Sul livello di bontà della regia lascio un commento personale non essendo un critico a differenza della maggior parte dei frequentatori di questo blog: non sarà Kubrick, ma non è affatto male, soprattutto in un cinema bipolare cone quello italiano odierno ai cui estremi troviamo “Notte prima degli esami” ed epigoni e, per contro, “Il vento fa il suo giro” di Diritti, prodotto speciale e di elevatissima qualità, ma che purtroppo non si presta a farsi conoscere al di là di un certo pubblico ristretto; ci fa così paura avere un cinema “di mezzo” che non stia a guardarsi l’ombelico e che cerchi di cogliere alcuni spunti da un approccio più internazionale. Non illudetevi, i film di cui ci siamo riempiti la bocca in questi anni non ci porteranno gran decoro in sede worldwide, giacché delle vicissitudini di Andreotti o di un quartiere di Palermo non frega nulla a nessuno, per quanto ben raccontate…
    Sistemata la parte cinematografica in senso stretto passiamo a quella ideologica: propaganda leghista sì o propaganda leghista no? Incominciamo sottolineando che il binomio Martinelli-Lega così dato per assodato è stato proposto in occasione de “Il mercante di pietre”, film che di partenza non sarebbe comunque piaciuto a nessun esponente dell’intellighenzia perché dice una cosa che non si può dire: c’è del terrorismo di matrice islamica nel mondo, e quelli che cercano di denunciarlo vengono zittiti tramite l’accusa di razzismo che, si sa, aujourd’hui funziona meglio di manganello e olio di ricino; prima di allora Martinelli ha raccontato storie tutte diverse, da Sarahsarà (guardatevelo finti moralisti!) al succitato Porzûs, a Vajont (credo che a Bertante non sia piaciuto perché non è arrivato prima un cineasta sinistro a sguazzare buonisticamente nella tragedia), per non parlare di Piazza delle Cinque Lune…nessuna direttiva politica, nessuna velina verde a dire cosa fare o non fare, solo voglia di raccontare la Storia in una prospettiva diversa da quella ufficiale! Avete presente quello che si chiama REVISIONISMO nel momento in cui Pansa dice che anche tra i partigiani c’erano persone brutali e violente e che si chiama invece RILETTURA CRITICA quando si dice che i katanghesi avevano in fondo un cuore d’oro e lottavano per la libertà? Ecco, quello! E francamente non capisco nemmeno le critiche alla storia, che dal punto di vista formale è ineccepibile (se avsse vinto l’Hohenstaufen avrei avuto qualcosa da ridire), e che semplicemente si concede qualche licenza funzionale al racconto: ovvio che l’incontro tra Alberto da Giussano in tenera età e il Barbarossa non è mai avvenuto, ma la verità romanzata non vale solo per Marco Bellocchio quando parla di Mussolini…per insegnare la storia ai vostri figli avrete senza dubbio mezzi più accurati, non prendetevela con un film che non ha pretesa di dare lezioni di nessun genere. Se è il cameo di Bossi il nodo gordiano, non vi preoccupate: non si nota neppure! Scritto abbastanza per un plebeo dotato di clava, eh?

    • allora, io non parlerò del film che non ho visto, ma a ciò che gli sta intorno, tuo commento compreso:

      mi pare che per la parte ideologica ti poni una domanda a cui poi non rispondi, se cioè sia un film di propaganda leghista o meno. Io non ho le giuste competenze per definire la lega nord un partito razzista, ma mi pare che ci pensino da soli a ribadirlo in ogni occasione loro concessa, dunque vedi te.

      se posso permettermi poi diventi comico quando affermi che non si può dire che c’è del terrorismo di matrice islamica. dov’è che non si potrebbe dire? Obama stesso ha ribadito l’impegno per combatterlo se non sbaglio. il problema tuo e di Martinelli e di Pansa è che non avete la giusta profondità di pensiero per affrontare questioni storiche e politiche del genere. I partigiani hanno combattuto una guerra di liberazione, che ovviamente richiedeva brutalità e violenza nell’azione stessa, non di partenza. Voler dire oggi che “anche loro erano cattivi”, cosa centra con la rilettura critica?

      Martinelli ha pronunciato “zingarume rumeno”? Indifendibile nel caso, o no?

      • Se posso permettermi articolo la risposta in punti:

        1 – odio citarmi, ma sopra scrivo “…nessuna direttiva politica, nessuna velina verde a dire cosa fare o non fare, solo voglia di raccontare la Storia in una prospettiva diversa da quella ufficiale”, riferendomi ad altri film ma chiaramente estendendolo anche a quello in oggetto e significando così che non si tratta un film di propagando. Può essere vero o meno, è la mia valutazione…tant’è che dopo tu parli di razzismo di matrice leghista che il film non tratta (e io non ho nominato): se è il razzismo la cifra stilistica di un’opera di propaganda leghista, allora “Barbarossa” non lo è.

        2 – lieto di averti divertito, spero di aver fatto meglio del buon Fortebraccio qui sotto…ovviamente la mia era un’iperbole allo scopo di far risaltare un certo buonismo serpeggiante che impedisce di fronteggiare a viso aperto un problema serio perché si preferisce non parlarne. Mi spiego in due parole, sapendo di non poter raggiungere un livello di profondità di pensiero adeguato a quello che tu richiedi: se un film che parla di terrorismo di matrice islamica viene tacciato di razzismo e anti-islamismo a prescindere (ed è accaduto proprio nel caso de “Il mercante di pietre”) è ovvio che il focus della polemica si sposta su questo e non su ciò che il film realmente racconta…ergo, di terrorismo islamico è meglio non parlare, e ti assicuro che piuttosto di fronteggiare il buonismo talebano e becero che si scatena in certi casi chiunque lascerebbe perdere, Mr. President compreso (al netto del Nobel vinto per non aver ricevuto il Dalai Lama aggiungerei…). Concludo facendoti notare che quel superficialone di Pansa non fa riferimento ai partigiani in quanto oppositori dei tedeschi, ma ai partigiani rossi che approfittarono della guerra di liberazione per regolare alcuni conti con i partigiani bianchi cattolici…violenza e brutalità di cui non si poteva fare a meno nell’azione stessa? Ho i miei dubbi, ma non ho la giusta profondità di pensiero per affrontare questioni storiche e politiche del genere.

        3 – Ho letto di questa frase su altri blog, senza tuttavia capire bene quale fosse la fonte: dato il tenore della frase sarebbe il caso di dire esattamente chi la riporta, o non si è credibili (ovviamente non parlo di te, parlo di chi l’ha passata di prima mano). Se il problema non è la frase in sé ma lo scandalo di girare il film a Bucarest, dove la manodopera ha costo inferiore e contratti di lavoro più elastici non ho molte risposte…boicotta il film, ma poi ti prego di essere coerente e di non acquistare Geox, Hogan o Tod’s perché vengono prodotte in Romania per gli stessi motivi, come probabilmente una buona parte dell’abbigliamento che indossi.

        Saluti

        • allora, a parte l’interessante effetto grafico dei commenti sempre più snelli cercherò più o meno di ribattere ciò che non mi convince.

          sul punto 1: una cosa che mi era sfuggita, quando parlavi del binomio Martinelli-Lega già accennato nel film precedente. Se il binomio è vero, Martinelli è sempre più indifendibile, il film in sé non conta più, non è mai contato in effetti. Io ho visto una puntata di cinematografo, programma di raiuno, in cui si mostravano alcuni commenti all’uscita sala. “Tranquilla gente” che al solito diceva bello, brutto eccetera… la Lega è un partito razzista con chiari presupposti attivi, la cifra stilistica di un suo film di propaganda può non essere il razzismo come magari in “barbarossa”, ma il razzismo rimane, la cifra stilistica è per gli intenditori, il film è per il pubblico. La lega va intellettualmente e civicamente e politicamente contrastata. Oppure bisogna dimostrare che mi sbaglio ad attaccarla.

          2: anzitutto metto in chiaro una cosa: non ho una gran cultura, né adeguate conoscenze storiche, né altrettante competenze in materia di Logica, che aiuterebbe per questo punto. una curiosità però c’è quando scrivi “Pansa non fa riferimento ai partigiani in quanto oppositori dei tedeschi”. “I tedeschi”! E gli “Italiani”? ma scusa in quale paese è nato il fascismo? Pansa va ospite da Vespa affianco di Gasparri, che da giovane era fascista o sbaglio?

          3: io non boicotto il film, e comunque non indosso le tre marche che hai citato, i vestiti me li compra ancora mia madre, le scarpe io, le ultime che ho comprato sono levi’s, puma e adidas, prese un paio e più anni fa. Di boicottaggi per ora ne faccio su Coca-cola e Nestlè, ma conto di impegnarmi di più per il futuro. La “coerenza” può essere un colpo basso per discutere. Non è scandaloso girare film dove costa meno, ma i diritti dei lavoratori li devi rispettare comunque e dovunque. La coscienza non ha confini, questo lo saprà Martinelli.

    • Finalmente!

      Sono veramente commosso. Questo commento ha la stessa importanza capitale dell’ “Indovinello Veronese”. Segna l’inizio, in pompa magna, della letteratura padana.

      Sia lode alle dispense settimanali di Storia, Storia del Cinema, Francese e Inglese per tutti, se i risultati sono questi. Chél lumiére!

      Avrei solo un appunto, se posso permettermi. Sostituirei il finale, abbastanza ‘moscio’ per un vero celtico e un po’ contraddittorio (l’imprenditore padano che diventa un “plebeo dotato di clava”: cos’è, la pubblicità occulta, via Fred e Wilma, di un insetticida?), con un più appropriato: “CHI NON SALTA, MAROCCHINO E'”.

      • Premetto che l’indovinello veronese non segna l’inizio della letteratura padana bensì della lingua volgare romanza, ossia quella che parla anche lei…a vanvera, ma la parla! Detto questo, la risposta al suo significativo commento è un ben più pragmatico e anglosassone “So what?”…sempre frutto dell’Inglese per tutti da lei tanto vituperato (gli anni di college a Londra lasciamoli perdere, non hanno particolare presa sugli encefalogrammi piatti), ma adesso mi deve una risposta! Senza usurpare nomi celebri e scimmiottare stili se possibile…entrambe le cose le vengono assai male!

        • “Premetto che l’indovinello veronese non segna l’inizio della letteratura padana bensì della lingua volgare romanza”

          Appunto, signor Lumiére: chi ha mai affermato il contrario?

          Solo uno appena uscito dalla visione druidica del decan e, college o non college, in arretrato con le ultime dispense – Italiano 1 e Lingua francese in primis – può prendere una cantonata del genere.

          Un ripassino, Micky_P? Lo so che la logica non è il suo forte, ma proviamo lo stesso, non si sa mai.

          “Questo commento ha la stessa importanza capitale dell’ “Indovinello Veronese”. Segna l’inizio, in pompa magna, della letteratura padana.”

          Se l’Indovinello Veronese segnasse l’inizio della letteratura padana, come farebbe il “suo” commento a segnare, contemporaneamente, lo stesso inizio, visto che sarebbe, a conti fatti, nient’altro che un seguito, essendosi l’avvenimento primo già palesato e consumato?

          Guardi, lo capirebbe anche il suo amico “leghista si bertante no”, sia pure sorretto da una squadra di esperti padani messa su alla bisogna:

          “Il commento di michimàus ha un’importanza capitale pari a quella dell’Indovinello Veronese. (……) Segna l’inizio della letteratura padana”.

          Ora non mi stia lì a consultare la Treccani, Michelino, le dico io cosa si nasconde dietro quei puntini, e il tutto con una semplice proporzione (spero di non aver esagerato con i termini):

          Ind. Ver. : Lett. Rom. It. = Comm. M_P : Lett. Pad.

          Lasci stare gli encefali degli altri, Lumiére, e pensi al suo: un’altra visione del barbarossa, e non ne avrà più bisogno del tutto.

          • Noto con piacere che perdersi in questi voli pindarici le dà un’immensa soddisfazione, dev’essere una di quelle persone che ama il suono della propria voce e il picchettare delle proprie dita sui tasti più di qualsiasi altra cosa. Se il mio primo commento e una successiva esplicita sollecitazione non hanno sortito altro effetto che proiettare tutti noi nel nulla cosmico dei suoi sproloqui, allora mi vien da pensare che un’idea piccina picciò sull’argomento in questione (il film, nel caso i suoi arzigogolati pensieri le abbiano fatto perdere la trebisonda) non alberghi nemmeno nel più recondito cantuccio del suo cervellino…sarà uscita dalla terza narice di guareschiana memoria insieme a tutto il resto, chi lo sa! Probabilmente non ha idee originali su parecchie cose, si diverte a dire nulla dicendolo molto bene…ora, dato che il giochino prevede che lei mi risponda di nuovo chissà quali ampollosità la lascio fare perché immagino che ami avere l’ultima parola, non importa se adatta al contesto o meno; per me il discorso si chiude qui, è troppo il timore di leggere altri pietosi sillogismi, perlomeno da parte sua.

            Cari saluti

          • Ah, però!

            Qui si vola alto, neh, anni e anni nel college, vuoi mettere, mica noccioline…

            voli pindarici

            esplicita sollecitazione

            nulla cosmico

            picchettare, sortire, arzigogolare

            ampollosità

            sillogismo!!!

            Michelino, ho fatto bene a puntare a occhi chiusi su di te, sei un cavallo vincente…

  26. Ho appena visto il film. L’importante è che passi il messaggio identitario, anche se la ricostruzione storica è abbastanza fantasiosa. In particolare mi aspettavo che nella battaglia di Legnano fosse messo maggiormente in risalto il ruolo della fanteria che, con le sue formazioni a istrice, riuscì a respingere la cavalleria tedesca…

    • A te, ad esempio, la scrottura a dispense ti fa un baffo. Sei la réclame vivente della potenza del cepu.

      • Ok sei spiritoso, io però non mi sono laureato al CEPU, ma nella gloriosa Alma Mater Studiorum di Bologna, la più antica Università del mondo. E’ per questo che mi piace tanto il Medioevo !

        • Non avrei mai immaginato che l’Alma Mater Studiorum di Bologna fosse ridotta tanto male.

          Pensa te: istituire un corso di laurea in “Saghe & Seghe Nordiche”, pur di rivitalizzare il carnet delle iscrizioni.

          La medievistica è un’altra cosa, Brigit, dammi retta: lascia perdere.

          Piuttosto dimmi: è vero che quell’anno c’era l’offerta “prendi due, paghi uno”? E che tu ne hai approfittato subito per portarti a casa anche quella in “Poetologia Applicata”?

          Se tu dunque sei “colui”, quello scrottore che si nasconde dietro la lucina, chiedo umilmente scusa ai pippaioli delle dispense qua sopra: la letteratura padana esiste già, è ben viva (si fa per dire) e lotta insieme a noi.

          Brigit fu il profeta, il libro e chi lo scrisse.

          • L’Università di Bologna è ridotta malissimo, coi tossici dei centri sociali che vomitano in strada. Comunque ho anche fatto il dottorato di ricerca all’Università di Firenze (messa male anche quella, naturalmente…)

          • No, no, candido Brigit, l’Università di Firenze gode ottima salute, come la compagnia delle dame di San Vincenzo, visto che un dottorato là non si nega proprio a nessuno.

            E poi sempre là, per dire, vomitano solo alcuni futuri dottori provenienti dall’Alma Mater Studiorum. Un vomito identitario, chiaramente.

            Tièniti pronto, dunque, lucida le rune e il sacro martello, raduna i nobili guerrieri. Ancora pochi mesi, e l’esercito di tossici, centri sociali, prostitute, omosessuali, musulmani, migranti, atei, comunisti sarà disperso per sempre, ben oltre i sacri confini del suolo patrio.

            CazDeCan non ti ha detto niente all’uscita dal cinema? Operazione Barbarossa, quello è il segnale convenuto. E che il dio PoPò sia con te.

  27. Non ho capito se a Padano93 il film sia piaciuto. Invece per MARCO, che è leghista e ci manda simpaticamente affanculo è un CAPOLAVORO. Per Micky_P è un bel film e ce lo spiega.

    Sono curioso di sapere se il film sia brutto, se la recensione sia tutto sommato corretta e quindi le reazioni dei leghisti qui siano dettate dall’amor di patria (padana), oppure se il film sia tutto sommato divertente e interessante (se non altro come film senza impegno, di svago popolare), nel qual caso la recensione dice cose vere, ma a dei lettori diversi dal pubblico del Barbarossa.

    Nella seconda ipotesi quindi ci troveremmo di fronte al problema di Andrea Inglese in “Videocracy o il fascismo estetico”, se cioé chi scrive e buona parte dei lettori di NI abbiano gli strumenti le capacità e gli strumenti per capire e spiegare a tutti il nostro paese oggi.

    https://www.nazioneindiana.com/2009/09/09/videocracy-o-del-fascismo-estetico/

    https://www.nazioneindiana.com/2009/09/14/videocracy-o-il-fascismo-estico/

  28. senti un po’ plebeo dotato di clava
    io non mi permetterei mai di dare giudizzi personali su di una persona che non conosco
    fai altrettanto
    è questo è un consiglio sincero
    se non conosci con chi stai parlando, prima informati
    tu non mi puoi insegnare cosa sia una rilettura critica, perchè sono dieci anni che non faccio altro
    e se ti piace il lavoro di martinelli questo è un tuo problema, e del tuo senso critico, grossolano come le tue tesi
    e a tutti gli altri leghisti intervenuti,
    dico con franchezza che a prescindere dalle sciocchezze dette, che sono tante
    siete degli uomini miserabili
    ripeto uomini miserabili
    vi nascondete dietro a nomi inventati perchè sapete dei essere dei pusillanimi senza argomenti
    uomini miserabili

    • …nonché grossolano come la tua grammatica: giudiZi, con una zeta. Il tuo firmarti con nome e cognome aumenta forse la tua statura morale? Tesi curiosa…come curioso è il fatto di dare a ME del leghista per una deduzione da due soldi (mai detto di esserlo), e del pusillanime a tutti gli altri leghisti (sempre che ce ne siano, visto che nessun altro si è espresso in tal senso)! Il tutto mantenendo, mi permetto di sottolinearlo, un rigoroso astenersi dal dare giudiZZZZi personali perché, come giustamente fai notare, non ti permetteresti mai di darli su persone che non conosci…una contraddizione grossa come una casa in 18 righe andando spesso a capo, complimenti! Confido sempre nel fatto che una persona così franca e coraggiosa da pubblicare un proprio articolo firmandolo per esteso sia anche altrettanto pronta a ricevere critiche e a rispondere a tono con argomenti robusti, non perdendo le staffe…evidentemente non è il tuo caso, peccato! Auguri per le tue riletture critiche e non, ne avrai bisogno visto che è proprio la critica il tuo problema…

  29. Premetto: non ho visto il film.
    Ma voglio dire: in porzus c’erano dei grandi attori, c’era Gastone Moschin.
    Gabriele Ferzetti, Lino Capolicchio, Gianni Cavina. Insomma a me sembrava un po’ Tex Willer cinematografico ma non era dispiaciuto…

    Ma di Raz Degan non ne vogliamo parlare?

    E’ cosi inespressivo che riesce a far impressionare le foto del suo “nulla”. Quando fa gli sguardi intensi allo spettatore scappa da ridere. Nei primi piani sembra l’ingrandimento dell’etichetta del tonno nostromo dove c’è nostromo e il pesce e lui sembra il pesce.
    Come si fa a giudicare credibile un’opera cinematografica dove c’è Raz Degan, ma per piacere….

    • Sachs, quando scrivi una porcheria come questa, quali che siano le tue intenzioni, credi possa ancora esistere una qualche differenza con tutti i brigit di questo mondo?

      Io penso proprio di no.

      • mi piace la violenza,mi piace trattare come untermensch coloro che trattano i Rom come comparse della storia.

  30. sono favorevole al finanziamento pubblico del cinema, dell’arte, del teatro, compreso il teatro lirico (che odio), eccetera.
    sono contrario all’uso politico del finanziamento pubblico dell’arte.
    l’arte è sempre asservita.
    ma c’è un limite di decenza.
    piuttosto mi domando perché nel cast principale mancano gli italiani, o quasi.
    forse perché fierezza et eroismo non sono nelle corde dei nostri attori?
    ovvio che il fim non lo vedrò mai: per pre-giudizio.
    cioè per giudizio negativo preliminare, lo stesso che non mi ha fatto vedere la fiction su di vittorio eccetera.

  31. dal corriere
    Consulenza respinta
    Barbarossa «bocciato», Cardini contro Martinelli Ma la Lega: sbaglia lui

    ROMA – Il Barbarossa di Renzo Martinelli è «un oppressore tiranno, ridotto a simbolo di Roma ladrona» e il regista del kolossal semplicemente «un maleducato, incapace di rispetto». Franco Cardini finge di dimenticare le sottili arti della diplomazia e sfoga la delusione per il trattamento ricevuto dalla Martinelli Film, con cui nel 2004 lo storico aveva firmato un contratto di consulenza. Ma poi il regista e produttore si è accorto che le tesi di Cardini non erano in linea con quelle del film benedetto da Umberto Bossi – atteso oggi sul set in Romania – e allo storico è stato dato il benservito. Anzi, nemmeno quello. «Sulla mia collaborazione è caduta la mannaia storico-politica. Sarebbe bastata una letterina e non avrei avuto alcuna pretesa…». Invece nessuno lo ha chiamato, nessuno gli ha detto che la pellicola, coprodotta da Rai Fiction e Rai Cinema, avrebbe continuato a girare senza di lui. «Gli italiani sanno sempre distinguersi per mancanza di stile – rimprovera lo storico al regista di Carnera e di Porzus -. Anche quando sostengono di non essere italiani ma padani». Rivalsa? «No, dispiacere per la leggerezza e la mancanza di educazione». E adesso, al disappunto per lo pseudo licenziamento si somma il fastidio per una lettura storica che lo scrittore ha definito, sul Secolo d’ Italia, «operazione becera». Un piccolo caso tra galateo, storiografia e politica, che si intreccia con la polemica sul Barbarossa «leghista». Il regista ha letto le interpretazioni di stampa e respinge offeso l’ «etichetta inopportuna e provocatoria». Eppure l’ ufficio stampa di Rai Fiction non smentisce che si tratti di un film «in quota», tanto che «fu lo stesso Bossi a chiedere di realizzarlo». Tornando a Cardini, lo storico è convinto che il Barbarossa non gli piacerà. Lo ritiene ispirato da «posizioni démodé dell’ 800 risorgimentale» e quel che più lo fa infuriare è l’ identificazione del protagonista con il centralismo nazionale: «È un film a tesi, che travisa la realtà storica. Federico I era un genio, un vero rivoluzionario. Invece è dipinto come un tiranno implacabile, un gioco politico sleale lo riduce a slogan di Roma ladrona». Parole che fanno saltare sulla sedia Angelo Alessandri, il presidente federale della Lega che da vent’ anni raccoglie documentazione sul Carroccio nei secoli. «La storia della Lega non ce la siamo inventata noi – contesta le obiezioni di Cardini l’ esponente leghista -. Il Barbarossa fu un vero e proprio dittatore centralista e soffocatore di popoli. Giocò anche sul divide et impera con i diversi Comuni che si unirono per combattere l’ aggressore». Quindi ha ragione Martinelli? «Assolutamente sì, mentre Cardini è uno storico schierato e per nulla super partes». Quanto al perché Martinelli abbia scelto il più antileghista degli storici, Cardini la spiega così: «Una gaffe, forse non aveva letto i miei lavori…».

    Guerzoni

    • Cardini sarà anche schierato, ma è uno storico.

      Dall’altra parte un regista che pretende di dare lezioni di storia, sostenuto da un’accozzaglia di indecisi che prima giocano a fare i Celti e poi si scoprono cristiani integralisti, prima criticano Roma Ladrona e poi con somma coerenza non solo campano degli stipendi di Roma Ladrona ma gettano via soldi per osservatori sull’expo.

      detto tutto. e mi par che la questione sia bell’e chiusa.

  32. PORZUS. sparatutto turbominchia in costume degli anni novanta, purtroppo lo ricordo. inquadrature di sghimbescio, distorsioni anamorfiche, zoomate a cazzottone. involtolato in una colonna sonora pedante e stentorea, che sembra sgorgare da un brufolo di wagner, alla quale dopo 5 minuti si preferirebbe l’ascolto dei propri acufeni.
    la presenza non redentrice di onesti mestieranti come cavina (moschin fingiamo di scordarlo, che gli si vuol bene), costretti a fare i gigioni criptogay in mezzo a una ciurma di lorenzi con un metro di filo spinato su per il culo (crespi, flaherty..). gli attori di PORZUS, a guardarli, li si direbbe intenti a sgavettarsi con martinelli per aspirare poi a un più congruo e serio approdo della carriera: come un ruolo fisso in Distretto di Polizia 15 (per qualcuno è andata proprio così).
    martinelli restituisce ragioni, milieu e moment della resistenza come franco e ciccio restituiscono l’epopea del far west americano in Due Rrringos nel Texas. Bulli, pupe, pallottole, sberle, dialoghi fecali (però non ci sono franco e ciccio). ecce telefilmetto. cosa fa martinelli per stemperare il gusto di telefilm che promana dalle sue opere? piazza delle inquadrature a cazzo, con angoli acuti, o una plongee dalla torre del mangia, così ti ricordi che è roba da cinema. a un certo punto ti fa vedere una scena con un elicottero, così noti che non è l’ultimo pezzente. poi piazza la mdp sullo stesso elicottero per una ripresa aerea inutile (guardate Piazza delle Cinque Lune, è il suo capolavoro).
    Lo stile. Da Porzus a Vajont, a Carnera, la mano di martinelli è lieve come quella di mia nonna, che purtroppo ha avuto un’ischemia cerebrale di recente. vedi quella scena, e quell’oggetto di scena? regolarmente esplode, in un tripudio di fiamme digitali ottenute col commodore 64. i personaggi non possono estrinsecare un carattere che uno, costretti come sono a berciare e urlare e sbracciarsi anche se sono inquadrati da soli al cesso, come jerry scotti, come se lo spettatore fosse lontanissimo, desse le spalle allo schermo e avesse i tappi nelle orecchie. tale regime espressivo impedisce qualsiasi forma di commozione, di umorismo, di simpatia. si osservano le corse a rotta di collo dei fantaccini eroici di martinelli come una manche di giochi senza frontiere. se astruc ha inventato la camera-stylo, martinelli è il vate della camera-pennello cinghiale.
    quelli che dicono che martinelli non sarà spadafina ma fa del sano cinema d’azione e di genere hanno la mia compassione se non hanno mai visto del cinema di genere. in italia del resto il cinema di genere è morto stecchito da 30 anni, grosso modo dalla comparsa delle tv private e di umberto smaila.

  33. Io sono assolutamente con Cardini che ho avuto modo di apprezzare nella sua professionalità durante trasmissioni su rai tre e principlamente sulla diretta del Cammino di Santiago de Compostela insieme a Odifreddi.
    grandissimo cultore medioevale e tstimone di tradizione scritta e orale di quell’epoca.
    Fanculo Martinelli.

  34. Sarebbe interessante qualche commento sul flop colossale nelle sale, visto che l’operazione con tutti i contorni è costata 40 mln ora chi paga?
    Bossi o la RAI che notizia di questi giorni ha rinunciato a 50 mln che gli versava SKY per trasmettere gli ottimi canali tematici sulla piattaforma satellitare, da un lato si predica l’evasione del canone e nel contempo sempre dalla stessa parte si decide di metterla KO con scelte produttive criminali!

  35. Mi dispiace Micky-p ma non ce la faccio ha leggere il tuo post chilometrico, comunque il fatto che il film, che io non ho visto, sia stato ormai definitivamente un FLOP!! (notare come è stato rimosso dalla memoria collettiva non ne parla più nessuno) la dice luga sulla sua qualità cinematografica, neanche il peggior bifolco leghista è andato a vederlo, non’ostante l’ordine supremo di bossi.

  36. Mah… Baudolino di Eco che salva l’imperatore invece che una castronata storica sarebbe una meravigliosa invenzione letteraria? E dai, suvvia, è cinema ed è letteratura: non si fa bella figura a scandalizzarsi o fare i soloni a “orologeria”, a seconda della firma che c’è in calce al manoscritto o alla sceneggiatura…

  37. Unici commenti degni, quelli di Micky P. Poi leggo un Bertante cui salta la mosca al naso e non piacciono per nulla i miserabili (magari dovrebbe rileggersi la versione Hugo), un ForteBraccio che impietrito di fronte alla rivelazione di come cultura e intelligenza non siano necessariamente custodite dal proprio eloquio, cerca di cavarsela con leziosi loop logico-lessicali… Ma non ce la fa (mi chiedo poi: per quale ragione un fine intellettuale come il nostro non si sceglie per nickname Pico o che ne so, Montesquieu, qualcosa insomma che lo rispecchi, e usurpa invece il nome di un preclaro capitano di ventura? Forse perché ne ammira l’indole mercenaria? Lascia perdere, ForteBraccio, il tuo originale da Montone ti avrebbe tagliato la testa alla terza battutina saccente. E avrebbe fatto bene, lo farei volentieri anch’io per una mera questione di sopravvivenza: si può crepare di noia e di vuoto, sai…). Poi vediamo, che altro: un Sachs cui piace la violenza… Mi piacerebbe vederla all’opera, davvero Cavalier Sachs (parente di Goldman?). Violenza è una parola che esercita il suo fascino anche sugli ignavi e riempie la bocca, ma pochi poi la conoscono e la praticano davvero: di sicuro le i è tra questi. Infine un MmopsusS che dice, finalmente, la sua su Martinelli e opere varie, anche con una discreta e colorita vis oratoria. Avesse la bontà di parlarsi meno addosso e di argomentare con minor livore, sarebbe più credibile (e comprensibile ).

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Non chiamatela Banlieue

di Gianni Biondillo
Innanzitutto: non è una banlieue. Smettiamola di usare parole a sproposito, non aiuta a capire di cosa stiamo parlando. E, a ben vedere, non è neppure più una periferia. Dal Corvetto a Duomo ci vuole un quarto d'ora di metropolitana, siamo ormai nel cuore della metropoli lombarda.

Il venditore di via Broletto

di Romano A. Fiocchi
Sono trascorsi molti anni ma mi ricorderò sempre di quel giorno gelido di fine gennaio in cui lo incontrai. Lavoravo come fotoreporter da circa tre mesi, mi aveva assunto in prova l’agenzia Immaginazione.

Il cuore del mondo

di Luca Alerci
Vincenzo Consolo lo incontrai, viandante, nei miei paesi sui contrafforti dell’Appennino siciliano. Andava alla ricerca della Sicilia fredda, austera e progressista del Gran Lombardo, sulle tracce di quel mito rivoluzionario del Vittorini di "Conversazione in Sicilia".

Apnea

di Alessandro Gorza
Era stata una giornata particolarmente faticosa, il tribunale di Pavia l’aveva chiamata per una consulenza su un brutto caso. Non aveva più voglia di quegli incontri la dottoressa Statuto, psicologa infantile: la bambina abusata coi suoi giochi, i disegni, gli assistenti sociali e il PM, tutti assieme ad aspettare che lei confermasse quello che già si sapeva.

Spatriati

Gianni Biondillo intervista Mario Desiati
Leggevo "Spatriati" e pensavo al dittico di Boccioni: "Quelli che vanno", "Quelli che restano". Il tuo è un romanzo di stati d'animo?

La fuga di Anna

Gianni Biondillo intervista Mattia Corrente
Mi affascinava la vecchiaia, per antonomasia considerata il tramonto della vita, un tempo governato da reminiscenze, nostalgie e rimorsi. E se invece diventasse un momento di riscatto?
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: