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‘Ndrangheta: viaggio nelle terre radioattive

radioattivodi Biagio Simonetta

AIELLO CALABRO (COSENZA) – Avvelenare le terre è un business. Ci guadagnano i clan, le grandi industrie del Nord est, le imprese. Un giro di danaro difficile da quantificare. «Non basta una finanziaria per spiegare i soldi che ci sono dietro questi traffici. Un traffico che è più remunerativo anche della droga» ha svelato ad ottobre un ex boss della ’ndrangheta.
Miliardi di euro che puzzano di morte. Nei luoghi sporcati ci si ammala di cancro con frequenze allarmanti, dicono le statistiche. I colossi industriali smaltiscono radioattività attraverso i camion della Santa, la ’ndrangheta. Il costo di mercato per smaltire legalmente i rifiuti tossici va dai 21 ai 62 centesimi al chilo. I clan, come accertato da recenti inchieste, forniscono lo stesso servizio a 9 o 10 centesimi. Un risparmio abissale. ’Ndrangheta e Camorra avvelenano i loro posti. Insabbiano. Le particelle radioattive fanno il resto: alterano l’aria, intossicano le falde acquifere. Ammalarsi è maledettamente facile. La gola graffia, si arrossa, non passa. Poi, calabresi e campani si fanno compagnia nei grandi ospedali del Nord, la terra che ha prodotto il loro male e che adesso è speranza, chemioterapie, letti d’ospedale, morti lontane. Aiello Calabro è una bomboniera arrampicata sulle rocce. Un borgo di 2000 anime vessato da un calo demografico inevitabile. Un tempo, qui, l’artigianato era passione e cultura. Sta sparendo anche quello.
Scendendo verso il mare la Provinciale 153 costeggia il fiume Olivo. D’inverno, quando le piogge dissetano questo posto, la piena trascina con sé ogni granello di vita. Adesso, estate torrida, l’Olivo è un piccolo canale che si muove a stento. Pigro.
Percorrendo la 153, a pochi chilometri dalla costa, il fiume attraversa un falsopiano dagli orizzonti che brillano. C’è una galleria che sa di nuovo. Con una bomboletta di vernice, qualcuno ha dichiarato il suo amore: “Ho voglia di te”.
Le rocce si inerpicano quasi per incanto. Grossi massi osservano minacciosi la vita che scorre di fianco al fiume. Sulla montagna il cimitero di Serra d’Aiello pare vegliare con eterna quiete. Aiello Calabro è dall’altra parte, più a nord. E’ il fiume a delimitare i territori comunali, come spesso accade in Calabria.
Questo posto lo chiamano “Valle del Signore”. Un nome beffardo per una terra ammalata di radioattività. E’ qui che vent’anni fa, secondo le indagini condotte dalla Procura di Paola, sarebbero stati seppelliti i fusti radioattivi della Jolly Rosso. La motonave arenò sulla costa tirrenica a qualche chilometro di distanza. Poi, qualcuno avrebbe trasportato i grandi barili di metallo sul greto dell’Olivo nascondendoli per sempre. Nel 1990 la provinciale 153 non c’era. Da Aiello si poteva scendere al mare da Lago o da una vecchia strada sterrata che passa vicino al fiume. In pochi la percorrevano. Una decina d’auto al giorno. Il posto era pressoché deserto. Abbandonare fusti radioattivi non doveva essere poi così difficile.
Passeggiando di fianco all’Olivo l’aria diventa quasi rarefatta. Il caldo del primo giorno di settembre è soffocante, il sole alto di mezzogiorno stordisce e confonde i colori. Il sudore bagna le tempie e finisce al suolo. Terra secca.
Le analisi condotte a più riprese dagli esperti hanno confermato che la superficie intorno diffonde un tasso radioattivo fuori dal normale. C’è il Cesio 137, un isotopo mortale. Lo ha stabilito una spettrometria portata a termine dall’Arpacal. Il Cesio è prodotto dalla detonazione di armi o centrali nucleari. L’esplosione di Chernobyl ne produsse un’enorme quantità. Ma Chernobyl è a migliaia di chilometri da qui, e la Calabria non conosce il nucleare. Come quest’isotopo sia finito nella “Valle del Signore” è tutto da stabilire. Ma c’è.
Per adesso, pare certa l’incidenza di mortalità per patologie oncologiche superiore al normale. Lo ha confermato il procuratore di Paola, Bruno Giordano, che sta cercando di fare chiarezza sul mistero del torrente. E proprio da una perizia prodotta dalla procura «si conferma l’esistenza di un pericolo attuale per la popolazione residente nei comuni di Amantea, Serra d’Aiello e San Pietro in Amantea, circostante al letto del fiume Oliva a sud della località Foresta (centri di Campora San Giovanni, Coreca e case sparse comprese tra il mare e la località Foresta) dovuto alla presenza di contaminanti ambientali capaci di indurre patologie tumorali e non».
Il sindaco di Aiello Calabro si chiama Franco Iacucci. La prima volta che venne eletto la nazionale azzurra era allenata da Bearzot. Fa l’amministratore con passione. Ha un attimo per tutti. Sorrisi e pacche sulle spalle. Ci aspetta in Comune di buon mattino. Con le sue Hogan blu va da una stanza all’altra senza soste. Il telefono squilla in continuazione dalla sera prima: «Il servizio del Tg1 ha alimentato molte preoccupazioni. Mi stanno chiamato tanti aiellesi emigrati al nord, vogliono capire cos’è successo».
Già, cos’è successo. Iacucci vorrebbe saperlo anche lui. «Questa storia della radioattività è preoccupante. Non so rispondere ai miei cittadini che mi chiedono cosa c’è di vero. Adesso chiederò un incontro al Procuratore Giordano perché sono convinto che il raccordo istituzionale, in questi casi, sia fondamentale. Qui nessuno vuole nascondere niente. Va ricercata la verità e vanno prese le misure del caso. Se quel posto è radioattivo deve essere chiarito per iniziare un’importante opera di bonifica».
Intanto la vita scorre lenta nelle partite a carte, al tavolo del bar. Fra rassegnazione e paura nessuno sa qual è la verità. La valle avvelenata che porta al mare dorme quasi intontita dagli ultimi caldi. Le auto sfrecciano sulla provinciale, anabbaglianti e radio accese. Mentre gli atomi di Cesio danzano sul fiume invisibili e mortali. Vita quotidiana che ha un solo urgente bisogno: verità.

[pubblicato sul Quotidiano della Calabria del 2/9/2009]

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25 Commenti

  1. quanti torrenti Oliva ci saranno in Italia, quanti atomi di cesio vaganti, quanti sindaci che nessuno ha informato, guardandosene bene, anzi!

    L’inquinamento radioattivo è peggio del terremoto, non lo si elimina facilmente, non si guarisce, dura negli anni, una vera certezza! Intanto si investe sulle future centrali nucleari sicure. Sicuro, sicure!

  2. Inutile complimentarsi con l’autore per la qualità della scrittura e per l’impegno nello scoperchiare i “vasi di pandora” disseminati in questo Sud “maledetto…

  3. Ci sono due cose che non capisco, qual’è il rapporto tra la Jolly Rosso e il nord est e quali sono le grandi industrie del nord est che producono scorie radioattive.

  4. @jan,

    quello lo so anch’io, ma il rapporto con la Jolly Rosso, qual è (:-)) ? La Jolly Rosso veniva da Malta, mi pare

    e anche con la grande industria del Nord Est, che è territorio di piccola e media industria, salvo il polo industriale di Marghera che è sempre più piccolo e non sapevo producesse rifiuti di questo genere non lo vedo, perciò non ho capito qualcosa, evidentemente.

  5. perché elisione? non capisco, sono due cose diverse di natura diversa, il troncamento crea una forma autonoma, l’elisione una forma condizionata dalla vocale iniziale della parola che segue, io per rimbecillimento notturno ho fatto un’elisione invece di un troncamento.

    scusateci per l’OT

  6. cara alcor,
    hai superato ‘brillantemente’ la mini-interrogazione

    troncamento (o apocope) ed elisione:differenze ed usi

    non dimenticarmi,
    con immutata stima, Qual è

    :-)))

  7. Non mi pare ci sia scritto che la Jolly Rosso venga dal Nord Est… sul fatto che poi le fabbriche venete (specie gli ospedali) producano rifiuti tossici e che per lo smaltimento si affidino a ndrangheta e camorra è provato da alcune inchieste… avevo già letto il pezzo sul cartaceo. Peccato che la stampa locale isoli chi fa inchiesta.
    Rino
    cs

  8. Sono sensibile all’articolo, perché è importante che il male nascosto sia rivelato. Pensare che è sempre la stessa strategia: cercare un luogo isolato e di una bellezza selvatica per smaltire i rifiuti tossici, ammazzare senza fare rumore.
    Mi ha fatto una scossa nel cuore, quando leggo:
    “calabresi e campani si fanno compagnia nei grandi ospedali del nord, la terra che prodotto il loro male,e che adesso è speranza, chemioterapie, letti di ospedale, morti lontane.”

  9. @ rino cosenza

    sono le grandi industrie del Nord Est che mi lasciano perplessa, perché sono annunciate all’inizio dell’articolo e poi spariscono, mi piacerebbe saperne di più.

    @qual è

    non escludere che ci sia un altra notte in cui mi dimentico di te:-)

  10. bruttissima storia quella della jolly rosso, molto venne a galla anche grazie al pm francesco neri di reggio calabria, che a quanto so ancora vive segregato sotto protezione dopo aver fatto impacchettare mezza messina e reggio per mafia qualche anno fa.
    grazie per questo articolo Biagio, anche se di fronte al candore dei sindaci arrossisco.
    spiace che la metà dei commenti siano andati via per un apostrofo maldestramente battuto dalla signora alcor!

  11. sulle scorie radioattive del nord e non solo c’è ampia documentazione, come sulla storia della jolly rosso, non ho memoria ferrea per citare senza pezze d’appoggio e neanche il tempo adesso per andare a scartabellare….

  12. salve, volevo dare un contributo alla risoluzione dei dubbi emersi:

    1. industrie italiane che potrebbero produrre scorie radioattive, le prime che mi vengono in mente: quelle che hanno come scarti ceneri, soprattutto di origine mineraria (da carbone, per esempio); quelle che trattano materiali di scavo o legno; siderurgiche, quali fonderie, rottamai; Sogin, ma questa la possiamo tranquillamente tenere fuori.

    2. delle succitate, le sole industrie che possono produrre rifiuti contenenti Cs-137, che, come scritto nell’articolo, deriva da attività nucleari civili o militari, sono quelle siderurgiche, mentre le altre quasi esclusivamente radionuclidi naturali.

    3. scarterei gli ospedali, perché fra gli isotopi usati in medicina non c’è il Cs-137.
    tranquillizzerei inoltre rispetto ai rischi derivanti da questa attività umana: attivamente, perché le procedure radioprotezionistiche negli ospedali italiani sono di norma ben seguite, sapeste per esempio che razza d’impianti sofisticati e costosi s’installano per smaltire la pipì radioattiva dei pazienti di medicina nucleare; passivamente, perché si fanno i controlli sia alla fonte sia alla foce (discariche e termovalorizzatori sono dotati di appositi monitori) e perché gli isotopi medicali sono a emivita medio-breve. si usa soprattutto Tc-99m, che in circa 3 giorni scompare; meno frequente lo I-131, che però pone problemi maggiori poiché dura 3 mesi (ma niente a che vedere coi 300 anni dell Cs-137 ).

    4. un’opinione personale: penserei che queste industrie potrebbero al più produrre rifiuti radioattivi in quantità tale da contaminare piccole porzioni di terreno, in quanto il loro eventuale impatto radiologico è contingente e accidentale, non continuo; se poi è dimostrato che i fusti della Jolly Rosso erano radioattivi e sono stati sepolti lì, mi sembrerebbe giusto iniziare – o terminare – a indagare da qui.

    riguardo all’articolo, volevo dire 2 cose: la frase «C’è il Cesio 137, un isotopo mortale» suggerisce una cosa inesatta, perché sembrerebbe che sia letale in qualsiasi quantità venga ingerito, inalato o se ne venga irraggiati, mentre non è così; che Chernobyl non c’entra lo lascierei decidere all’Arpa, sulla base delle loro misure, e non con uno sbrigativo «Chernobyl è a migliaia di chilometri da qui».

  13. Che Chernobyl non centri pare sia chiaro. Lo stesso giornale ha pubblicato in questi giorni altre notizie che riguardano lo smaltimento di rifiuti tossici sulla costa. Sempre lo stesso gioco delle “navi a perdere”. C’è un pentito (un ex boss della ndrangheta) che ha confessato in tv (rai tre) che in quella zona sarebbero state fatte affondare circa 20 navi con rifiuti radioattivi. La Jolly rosso venne trasportata a riva dalla corrente e quindi dovettero spostare i fusti… Per questo penso che chernobyl non centri. Intanto il registro tumori… fa paura…

  14. “calabresi e campani si fanno compagnia nei grandi ospedali del nord, la terra che prodotto il loro male,e che adesso è speranza, chemioterapie, letti di ospedale, morti lontane.”
    Un Paese alla deriva

  15. Nessuno ci deve più imbrogliare!
    BASTA VELENI
    DA AMANTEA UNA SOLE VOCE:
    “Riprendiamoci la Vita, Vogliamo una Calabria Pulita

    Si raccolgono le adesioni alla MANIFESTAZIONE NAZIONALE che si terrà ad Amantea (CS) il 24 OTTOBRE 2009. Se sarete presenti con le Vs associazioni, movimenti, sindacati, o come semplici cittadini scrivete a manifestazione@comitatodegrazia.org o mandare fax al 0982/424788

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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