Harold Pinter
Un mese fa moriva Harold Pinter, (Londra 10 ottobre 1930 Londra 24 dicembre 2008) premio Nobel per la letteratura 2005.
Mi sembra utile ricordare in questo momento il rigore della sua posizione di intellettuale contro l’imperialismo USA e le guerre in generale. Nel 2005 annunciò di smettere di scrivere commedie per dedicarsi alla politica.
Otto mesi prima della morte, che ha coinciso con l’ultima, la più efferata delle stragi, aveva scritto a proposito del 60° anniversario di Israele:
Non possiamo celebrare la nascita di uno stato fondato sul terrorismo, sui massacri, sull’espropriazione delle terre appartenenti ad un altro popolo. Non possiamo celebrare la nascita di uno stato tutt’ora impegnato in una pulizia etnica che viola la legge internazionale, che infligge una mostruosa punizione collettiva in Medio Oriente
Costante negli anni e costantemente sottaciuta dai mass media la sua denunzia dei crimini degli Stati Uniti d’America, poi elaborata con scarna eloquenza nel discorso di accettazione del premio nobel del 2005. Sulle omertose omissioni e distorsioni della verità da parte degli operatori dell’informazione, nuovamente evidenziate in questi giorni dai resoconti sul massacro israeliano dei palestinesi a Gaza con le più sofisticate armi dell’arsenale USA, si era così espresso nel 1996:
I crimini USA nel mondo intero sono documentati esaurientemente, sistematicamente, costantemente, senza mezzi termini, ma nessuno ne parla. Nessuno lo ha mai fatto. Probabilmente perché il costo sarebbe quello della sopravvivenza di un giornale o di un canale televisivo.. Va anche detto che l’assoluta necessità del controllo economico è la determinante fondamentale di tutto ciò e che l’innocente testimone che alzi la voce va preso a calci in bocca. Il che è molto logico. Il mercato deve trionfare e trionferà.
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caro professore, non so se trionferà, il mercato. Penso che prima o poi le cose cambieranno. Chi lo sa.
Sono contento di questo post. Sì è parlato tantissimo del Pinter entrato da vivo nei classici, del suo straordinario teatro, ma di questa battaglia molto meno. E’ normale in un sistema di comunicazione “normale”, come il nostro, intendiamoci.
“Non possiamo celebrare la nascita di uno stato fondato sul terrorismo, sui massacri, sull’espropriazione delle terre appartenenti ad un altro popolo. Non possiamo celebrare la nascita di uno stato tutt’ora impegnato in una pulizia etnica che viola la legge internazionale, che infligge una mostruosa punizione collettiva in Medio Oriente.”
Riporto anche qui, nei commenti. Ne farei 50 di commenti riportando queste parola di Pinter. Tutti in fila, come in un refrain che ossessivamente si ripete per minuti e minuti. Ma non voglio invadere lo spazio destinato ad altri commenti.
Dunque grazie, Antonio.
Franz ha ragione… il Pinter che di solito arriva sulla scena delle comunicazioni di massa è edulcorato, come ripulito dalle punte di sublime libertà e onestà intellettuale che ne hanno caratterizzato la vita di scrittore, la tagliente ironia, la dissacrante capacità di cogliere i meccanismi con cui gli uomini diventano schiavi pigri e indolenti del potere.
Del resto è difficile pensare ad un tg qualunque che annunciando la morte di un nobel si preoccupi di dedicargli uno spazio… Gianni Morandi al tg (tanto per dire un nome) funzionerà sempre molto meglio di Harold Pinter… per questo il mercato già trionfa
@Sparzani Grazie
Insomma, L’America è il Male e gli altri invece sono buoni. Come ragionamento e dimostrazione di fatti è straordinaria questa semplificazione.
Invita proprio a evitare ogni confronto una posizione che si presenta sin dal suo inizio come (falsa) ideologia critica del mercato.
la critica del mercato di chi nel mercato ha sguazzato è certo un esempio di sano pensiero!
Argomento ad hominem, per di più fatto da una stessa persona sotto le mentite spoglie di giuseppe ed harold.
@Harold.
In pratica è come se i ricchi non dovessero fare beneficienza.
E poi, avendo sguazzato nella miseria solo i poveri, dovrebbero farsela solo tra loro.
No, l’America non è il Male. C’è anche l’America Latina (che la salva).
Il Mahatma Gandhi, interrogato su cosa pensasse della costituzione di uno stato Israeliano in Palestina, espresse la convinzione che si trattasse di un abuso evidente ai danni del popolo che vi abitava, e lo affermò senza timore di ferire i molti amici Ebrei che aveva e coi quali aveva stretto una profonda amicizia, nei tempi della sua gioventù, trascorsa dal 1983 al 1915 in Sudafrica. Fu Stalin il principale sostenitore della opportunità di uno stato di Israele in Palestina, in tempi nei quali gli Ebrei avevano convinzioni politiche radicate a sinistra e avrebbe potuto, trasportando queste convinzioni in quel lato del mondo, ristabilizzare un territorio che sfuggiva al controllo politico Sovietico. Il disastro che ne è conseguito sanguina sotto gli occhi del mondo.