di Andrea Accardi “Autenticità”, non c’è parola più ambigua e scivolosa di questa, e quindi fate bene a porre il problema. Per il senso comune, una letteratura e una poesia autentica sarebbe grossomodo quella che mette in mostra una trasparenza del soggetto, che fa esercizio di confessionalismo, e questo non è né falso né vero.
di Andrea Inglese Diversi sono i poeti italiani, in cui è possibile rintracciare un’influenza puntuale o un’affinità più generale rispetto all’opera di Samuel Beckett. Ma per nessuno di questi autori si può parlare, come avviene nel caso di Gabriele Frasca e di Giuliano Mesa, di un rapporto frontale e consapevole con l’intera esperienza letteraria beckettiana.
di Daniele Ventre
1
Eppure nella caverna si nascondeva un tesoro
fra il sogno d’una ragione e il senso d’una misura,
l’eco di un canto di fate, la fiaba d’una natura
dischiusa all’ordine antico d’una leggenda inverata:
la pietra filosofale che piombo ti muta d’oro.
Ma questa tua lanterna di luce raggelata
(eco di tubi al neon nei corridoi di plastica),
questa tua religione che sensi non ne mastica
ma li rimpiange torpida d’ironie di straforo,
non rivela poi molto,...
di Daniele Ventre
in quest'età di squali e mare stanco
il candidato a mansioni di schiavo
soffre non poco la competizione
così va in sovraccarico e in tensione
lui strumento vocale postmoderno
e si gioca l'augusta selezione
tu candidato al nobile servaggio
ascolta il Sorvegliante Costruttore
delle Carriere ed evita l'errore
di presentarti in abito e infradito
come se fossi tornato dal mare
uno schiavo sereno non ci serve
di invitare il severo inquisitore
padronale al rinfresco del baretto
uno schiavo gentile non ci...
di Daniele Ventre
1.
A volte la misura non ricorda
sé stessa nel ritorno dei rintocchi,
nell'eco della forma in coda agli occhi
o nel vibrare incerto d'una corda.
E questa voce roca che si accorda
al dissono tinnio dei miei balocchi
o al ruvido dissolversi dei fiocchi
non sente più ragione o se ne scorda.
In questo tempo futile di vetri
spezzati a una follia di sassaiole
non sento più che un'iride riflessa.
E tu che forse a questo gioco arretri
non...
di Daniele Ventre
Sull’orizzonte non c’è che un bagliore rosso di sangue
a ricordare la guerra che è stata e gli incendi lontani
e le città rovesciate e le grida: il sogno di pochi
sulle macerie di troppi. I corvi hanno ricco banchetto:
certo perfino gli dèi sono sazi fino a morire,
delle volute di fumo dai roghi. Ogni tanto c’è un rogo:
fuochi per lutto o magari per vittime, che i sacerdoti
sgozzano lungo la riva...
di Daniele Ventre
1.
Il ricordo che forse frugavi nella caverna del mondodavanti all’ombra, a un fantasma di cera che cola,il ricordo che ancora cerchi ti segna, feriscenel bagliore che filtra dal giorno fra gli scuri appena accostatisugli occhi cerchiati di polvere. E forse vorrestiscrutare di nuovo il buio, sondare ancora i veggentio il volto dei sogni che ti spieghino il senso dell’irache dentro ti cova nel tempo, che sempre ti...
di Daniele Ventre
credimi certo è facile segnare il passo quando ti ricordi che
qualcuno ha sempre qualcosa da dire da scrivere da ben fantasticare
da commentare o demenziare -o da mal masticare malmostoso
per suo carattere ingiurioso -orlando curioso
i trini e i merletti del senso che per verba non dispenso
-e inhumanar significar per verba non mi verria
perciò càntatela da solo la tua epica moritura e (ri)nascitura
-rivoluzione prossima ventura
restaurazione minima futura
(domineddio dominemarx)
denuncia rinuncia...
di Antonio Maggio Incipit Non soltanto parole che, perdute,ritrovano nel tempo un’altra formaraccolgo tra le foglie qui cadute già prima che l’idea si faccia normae scavi nella mente come lucesoffusa che il demiurgo plasma e informa. Ma immagini racconto a chi m’inducea cercare nell’anima del mondouna traccia d’argento che riluce nascosta dentro al cuore, nel profondo. 1. Forse a poche inquietudini avvicinole labbra circonfuse di bugieda mani che si avvolgono in maniecon te che appoggi il...
di Daniele Ventre
1.
Ritornano involute le tue formetrasparenti da un velo di memoriecovando sotto cenere le storiesommate lungo il caso ormai difforme.Vuoto l'abbaccio si richiude, dormel'onda del tempo nel caos delle scorie:la paglia lungo le orbite aleatoriefluida per note di abbandono informe.Non sa il gioco redimerci dall'urnané salvarci l'incontro dalle spiredel vortice dischiuso oltre le porte:così riguardo alla metà notturnadove già i sogni sembrano arrossiresu retrograde vie di stelle morte. 2. Aperte...
di Daniele Ventre
1.
Non so se il giorno si compia nel tramonto che posa
sopra le case stanche un rosso manto d’ore,
o se la luce trovi qualche senso più nuovo
nella memoria dell’iride che animava la pioggia,
o nella memoria del vento che fugava le nuvole
rapide all’orizzonte.
Ma questo scorrere lento di giorni senza colore
non lascia memorie nelle fughe del vento
oltre il vieto sipario
dei tramonti, calato (un tremito di foschia
sulla farsa del mondo) al...
di Daniele Ventre
1.
Non vedi? La traccia dei segni è ancora inquinata
di tracce falsate. Qualcuno è passato a ritroso:
ha invertito il senso di marcia. Allora dovresti
davvero conoscerla, questa verde vita di ninfe,
offesa tra queste cortecce di rami spezzati
e tronchi abbattuti: le maschere t’hanno distolto.
Allora vedresti che a riporre senso nel nulla,
non hai più che nulla: il tuo pugno pieno di forza
si abbatte alla scorza riottosa degli esseri, cade
ogni tua pretesa...
di Daniele Ventre
1.
Liberaci, signore, dalle astuzie
di tecnici grifagni e sofi idioti
lesti a insegnare fra genie d’iloti
che in principio era solo la balbuzie.
Libera nos dall’approssimazione
di questa insulsa fiera campionaria,
dai pensieri avvitati al vuoto d’aria
degli argomenti in decomposizione.
Liberaci una volta da gerarchi
di prebende e geronti nauseosi,
da tutti i padri ignobili seriosi
larghi d’angosce e di futuro parchi.
Liberaci dal critico mortuario,
poesia in forma di prosa da chirurghi,
perché la morta fantasia si spurghi
da sue...