di Giacomo Sartori Che senso ha far correre come forsennate una parte delle terre, le velociste, nascondendosi i costi energetici e ambientali, per lasciare che le terre meno dotate, le quali potrebbero dare il loro contributo, vadano al diavolo, assieme ai loro paesaggi, e alle persone che ci vivono sopra e hanno bisogno di cibarsi?
di Giacomo Sartori Ma allora, mentre sono in corso questi sommovimenti di portata in realtà epocale, il comune mortale può fare qualcosa, può in qualche modo influire? Certo, può fare moltissimo.
di Giacomo Sartori A un dato momento la mia esistenza è diventata troppo difficile, e questo andirivieni tra la letteratura e la terra non era più sufficiente a permettermi di andare avanti. Solo nell’assenza di pensiero, nell’eliminazione delle parole, ritrovavo la pace. Avevo bisogno di ritemprarmi ogni giorno nel silenzio. Ancora adesso non posso farne a meno. Dentro di me il silenzio si è affiancato alla terra e alle parole, mi ha permesso di riprendere l’annosa spola.
di Giacomo Sartori Noi inconsciamente pensiamo che nella terra ci siano soli i morti e le marcescenze e le rovine dei passati polverosi, pensiamo che nella terra si soffochi. E invece la sua pancia è un colabrodo di pori, canalicoli e cavità: un sistema di aerazione più o meno efficiente che ossigena il formicolare di attività e di vita.
di Giacomo Sartori Le buche che cercano pateticamente di parare alla nostra ignoranza dei suoli, così vicini a noi, così esiziali, diventano quindi una metafora dell’impossibilità di sapere tutto del mondo vivente al quale apparteniamo.
di Giacomo Sartori Per molti anni ho avuto la fortuna di occuparmi quasi solo di terre di boschi e alte praterie schiacciate da cieli scostanti e nervosi. Terre di altitudine, percorse da animali selvatici e da rari uomini amanti degli alberi e del silenzio. Terre linde e profumate, mai completamente asseccate, leggere e fresche anche nel pieno dell’estate.
di Giacomo Sartori Fino a tempi molto recenti i suoli venivano rispettati senza conoscere la loro diabolica complessità. Per buon senso, visto che davano il cibo agli uomini e ai loro animali. Per intuito.
di Giacomo Sartori Per carpire meglio i segreti della terra si infilano armi e bagagli nelle buche che fanno o fanno fare, annegando fino alle spalle o anche più, e adempiono i loro seriosi rilievi senza timore di sporcarsi, come fanno anche i bambini che giocano. In genere sono affabili e alla mano, e forse anche un po’ ingenui, quindi il paragone non è del tutto casuale.
di Giacomo Sartori Ci siamo plasmati un’idea di natura oleografica, maestosa e incontaminata, bucolica o selvaggia, sempre invitante, sempre remota, molto utile nei fatti per poter devastare a cuor leggero tutto quello che non rientra nelle sue varie declinazioni ammantate di fascino e purezza. Che è molto, moltissimo, e spesso è vicino a dove viviamo.
di Giacomo Sartori Abituato da tempo alle terre alpine con i loro odori di resine e muschi di punto in bianco mi sono ritrovato a avere a che fare con i suoli di una valle con schiere disciplinate di meleti che occupavano ogni tassello delle ondulazioni, anche i fazzoletti più erti, a perdita d’occhio. Era evidente che i coltivatori non sopportavano la minima asperità o avvallamento: prima di irregimentare le file di piantine nanizzate piallavano i versanti con grandi macchine, rendendoli perfettamente piatti.
di Giacomo Sartori Sotto la scorza della lettiera o dei muschi la terra ha vivissimi colori pastello, da giallo intenso fino a arancio molto carico. In superficie non appare nulla, quasi nessuno sa che cammina su un’opera di Rothko. Bastano però alcuni forti colpi con il tacco dello scarpone, o anche semplicemente uno sbrego recente al lato del sentiero, per vedere il tesoro nascosto.
di Giacomo Sartori A partire dall’undicesimo secolo c’è stato un grosso salto in avanti, nel filone tecnologico della merda. Per non perdere nemmeno un grammo di deiezioni si costipavano gli animali in appositi locali e recinti, le stalle, nutrendoli con il fieno. E inoltre le loro deiezioni venivano usate mescolandole con paglia o fogliami, vale a dire sotto forma di letame.
di Giacomo Sartori Quando i campi sono tenuti male, come di norma succede nei tempi attuali, nei quali si mira solo agli introiti immediati, invece di infiltrarsi nella terra l’acqua scorre in superficie, asportando gli strati superiori più fertili, e andando a ingrossare in modo improvviso i corsi d’acqua. Basta una pendenza da niente, nemmeno visibile, non bisogna immaginarsi erte impegnative.
di Giacomo Sartori Io adesso ero però a mio agio, ero in sintonia con la terra. Ora la sentivo respirare, percepivo che stava solo attendendo, sotto la sua apparenza tramortita. Sapeva che alla lunga l’avrebbe vinta lei, la tracotanza degli uomini li avrebbe portati alla sconfitta. Non lo sapevo, ma ormai la terra mi aveva preso, non mi avrebbe più lasciato.
di Giacomo Sartori Se quindi si facessero i calcoli, quasi nessuno li fa, si vedrebbe che per avere le chilocalorie contenute in un chilo di pomodori ci vogliono le chilocalorie contenute in un chilo e mezzo o due chili di pomodori: la resa energetica è negativa. Detto altrimenti si trasforma il petrolio, sempre lui, in oro rosso, in pomodori.
di Giacomo Sartori L’aspettativa di vita dei suoli coltivati in pendenza anche minima si è ridotta quindi più frequentemente all’ordine di grandezza di quella di un essere umano. Nei casi migliori il doppio, spesso e volentieri meno: grazie al nostro intervento i tempi geologici e dei cicli climatici, quelli della terra, si conformano a quelli umani.
di Giacomo Sartori Per i nostri gusti la vita della terra è troppo umida e buia, sa troppo di decomposizione e marcescenze, di morte. Gli spazi delle nostre esistenze sono sempre più asettici e areati, la terra ci appare viepiù sporco che rimane attaccato alle scarpe, fango fastidioso, possibile contaminazione.
di Giacomo Sartori La nostra attuale alimentazione, ma anche quella del futuro, dipendono allora da questa esigua pellicina che dove il clima è clemente ricopre le terre emerse, come una glassa di gran qualità.
di Giacomo Sartori [dall'archivio di NI: pezzo pubblicato il 13 giugno 2012] I buchi che faccio per lavoro si dividono in due tipi, quelli piccoli e quelli grandi.
di Giacomo Sartori
Oggi è la giornata mondiale del suolo. Il suolo è quella sostanza sporca che chiamiamo comunemente terra, nello stesso modo cioè della Terra, il globo terrestre, che invece i suoi quarti di nobiltà li ha. La terra, il suolo, è quella pellicolina fangosa che riveste le parti emerse della Terra. Un velino da niente dal quale dipende tutto il nostro avvenire, perché solo su di esso cresce...
di Giacomo Sartori
Non avrei mai pensato che sarei finito a cincischiare con i vermi. E a dir la verità non è stata nemmeno una scelta tanto amletica: a un dato momento ho dovuto prendere atto che i vermi erano lì nella mia vita, ben presenti, e mi accompagnavano qualunque cosa facessi. Si potrebbe dire (certo sarebbe subdolamente inesatto, come tutte le cose che si dicono o scrivono) che i...
di Giacomo Sartori
Io per mestiere studio la terra. La terra sono le zolle lasciate dagli aratri e i campi desolati l’inverno, la mota sotto le scarpe da lavoro, le pianure, le colline, i vigneti in pendenza, i fianchi delle montagne, i boschi, le torbiere d’altitudine, gli orti e i giardini: tutto quello che non è stato irrimediabilmente cancellato o abraso dall’uomo. È la terra che fa crescere le piante...