di Giacomo Sartori I viandanti assetati di bellezza avevano gli occhi freschi e curiosi, guardavano con deferenza i porticcioli e le chiese e le case, ma spesso anche le agavi e le querce e le rupi. Sapevano scovare il fascino anche dove chi ci abitava non lo sospettava, per esempio nell’architrave di castagno di una porta decrepita o nell’acciottolato di un carrugio.
di Andrea Inglese Il mio proposito è quello di avvicinare l’opera di Zanzotto a quella di Francis Ponge, utilizzando quest’ultima come un reagente che sia in grado far risaltare e porre in dialogo aspetti delle poetiche di entrambi gli autori.
di Giacomo Sartori Come fare sì allora che le persone possano orientarsi e pesare, come potrebbero accedere a informazioni affidabili, come possono difendersi dalle teorie interessate e dalla strategia di rendere nebbiose le problematiche (utilizzata con successo per i danni dei neonicotinoidi sulle api, sulla pericolosità del glifosate …)?
di Sara Marinelli
9 settembre 2020
Se non sei a distanza ravvicinata dalle fiamme e non stai pensando a dove fuggire per salvarti la vita in queste giornate di fuoco che sta consumando la costa occidentale degli Stati Uniti, hai un’altra cosa a cui pensare: come tirare fuori da dentro tutto stesso la forza di convivere, o sopravvivere, con un’altra dura prova di esistenza sulla terra nell’anno della pandemia. Quando...
di Matteo Meschiari
«...i testi letterari, per quanto siano le cristallizzazioni di un io in un’epoca data, restano in ogni caso degli etnotesti, dei documenti spontanei che registrano, nella storia individuale e collettiva, i maggiori “fare spazio” dell’uomo, Dasein, Umwelt e Weltanschauung, cioè modi, strategie e narrazioni del suo stare al mondo nel mondo. Il testo letterario che affronta problemi di spazio può essere considerato insomma come un’etnogeografia, che mescola...
di Andrea Inglese
non sembrerebbe, ma
è l’albero cinese, del paradiso, comincia qui,
dopo il primo cordone di dune,
oltre gli stagni, le cortine di giunco nero,
c’è lo stanzone, e sul lato aperto,
crollato, i fusti nani e quelli già alti
degli ailanti, una sedia scura nel mezzo
con lo schienale altissimo, le porcellane
posate su cuscinetti di muschio, le ragazze
mutano l’ordine delle ciotole e dei piatti,
corrono avanti e indietro con polpacci luminosi,
non fanno alcun rumore, ma...
di Gianni Biondillo
Pochi anni fa, durante una giornata di studi in Triennale, rimasi colpito dal fatto che ben due relatori citarono John Kenneth Galbraith che parlando dell’Italia del dopoguerra dava una spiegazione a modo suo “inoppugnabile” dell’intimo carattere di questo paese.
«L’Italia, partita da un dopoguerra disastroso – scriveva l'economista americano - è diventata una delle principali potenze economiche. Per spiegare questo miracolo, nessuno può citare la superiorità della...
di Andrea Inglese
Premessa teorica
Se c’è una questione rilevante, in ambito di teoria letteraria, che riguardi il realismo, e non da oggi, essa è associata alla possibilità di una "critica dell’ideologia".
Solo attraverso un riferimento forte alla "ideologia" ha senso interrogarsi su quanto si propone, nelle opere letterarie, di testimoniare in nome della "realtà". In un tale contesto teorico, infatti, questa testimonianza è fin da subito sottoposta a vaglio critico:...
di Martin Pollack
Quando oggi scriviamo di una zona, di un paesaggio, sembra indispensabile tenere sempre conto anche del passato. Questo ci mette davanti a un compito difficile. Vogliamo cercare di scoprire che cosa successe qui settanta, ottanta o addirittura cento anni fa, anche se guardando di sfuggita, quando siamo di passaggio, in un’atmosfera rilassata di vacanza, non percepiamo niente che susciti la nostra diffidenza. Ciononostante dobbiamo sempre porci la...
di Francesca Matteoni
Lo scorso autunno ho avuto modo di conoscere a Firenze Kate Jordahl, artista e docente di fotografia californiana e di vedere il suo progetto editoriale: piccoli libri di fotografia, costruiti attorno a un testo poetico di un autore vivente di lingua inglese o in traduzione. Le pubblicazioni sono biennali ed è possibile abbonarsi oppure ordinare libri singoli. L’idea, come nella migliore tradizione di incontro fra le arti,...
di Bianca Bonavita
Io non ho nessuna storia da raccontare, non avrò mai nessuna storia da raccontare. Perché non so raccontare né tantomeno inventare storie. La maggior parte delle storie non sono necessarie ed io riesco a scrivere soltanto ciò che ritengo necessario. Certo, ci sono alcune storie necessarie e ci sono persone che le sanno raccontare. Io non sono tra loro.
E comunque ci vuole molto più coraggio a dipingere...
Di Mariano Bàino
Sul libro di Alessandro Tarsia, Perché la ‘ndrangheta?(Antropologia dei calabresi), Pungitopo, 2015.
“La Calabria è una regione povera, con un livello disastroso di occupazione, di evasione fiscale e di altri parametri. È la patria di una delle organizzazioni criminali più estese e pericolose al mondo, che registra la presenza di cosche armate ricche e violente in più continenti. Non c’è forse un rapporto tra la cultura popolare calabrese...
di Gianni Biondillo
Spesso, troppo spesso, quando viene presentato un nuovo progetto su una rivista di settore non ci viene fatto vedere cosa c’era prima. Cosa fatta capo ha: ciò che c’era prima, in situ, non c’è più. Amen. Se è stato “sacrificato” è perché era, implicitamente, “sacrificabile”. Anzi, peggio, è come se prima non ci fosse stato nulla. Un vuoto che aspettava solo d’essere colmato dall’umano genio creativo. L’osservatore...
di Angelo Ferracuti
Girando parecchio l’Italia, negli ultimi periodi mi sono reso ancora di più conto di come il paesaggio marchigiano, fermano, mi appartenga interiormente in modo molto forte per intima consonanza. Come questo condizioni il mio umore, un’idea estetica in generale, persino lo stile, la scrittura che adopero, l’organizzazione dello spazio, e come non riesco a staccarmene, nonostante poi la vita di provincia sia in realtà abbastanza claustrofobica e...
di Vincenzo Pardini
Aristide, d’estate, aveva preso a tornare nella sua terra. Calzati i vecchi scarponi che teneva nella casa nativa, si inerpicava lungo la mulattiera di infanzia e adolescenza. Era cambiata. Cespugli e alberelli si stavano impossessando dell’impiantito di sassi e di pietre, le selve dei castagni s’erano infittite, alcuni di quelli antichi erano crollati come guerrieri sconfitti. Anche la terra che traspariva tra i sassi del percorso era...
di Gianni Biondillo
A non volerci far troppa filosofia è che non ho la patente. Quindi o mi arrangio o me la faccio a piedi. Come al solito però quello che può apparire un limite può svelarsi una opportunità. Quella di scoprire - quasi con una perseveranza tignosa, dal vago sapore antimoderno, di chi vive in un mondo governato dalla velocità -, anzi, di riscoprire il ritmo, il passo umano....
di Giacomo Sartori
Qui a K.
si contano più di cento sintagmi
per onorare le pietre
esili o massicce
ialine o grigie di sole
bislunghe o cubiche
o aguzze
o forate
cuneiformi
(gli etnologi gioirebbero)
I nomi sopravvivono
al cosiddetto progresso
(ma come chiamare
ciò che non si è mai visto?
come dribblare
le lingue degradanti
delle religioni?)
11
Cari muri di K.
laccati dal sole
leccati da piogge convulse
carezzati dai serpenti
(sempre meglio che niente)
sotto la scorza di pietrisco
e erbe inaridite
nascondete terra sfarzosa
antica e scarlatta
distillata nei millenni
dal gruviera carsico
e poi...
di Giacomo Sartori
Cari muri di K.
siete divenuti superflui
nei vostri marsupi di terra
prodiga e rossa
(importa a qualcuno?)
squatterano pini possenti
e lucenti corbezzoli
Cari muri di K.
ora foraggiate solo
le pubblicità turistiche
e gli olivi
di qualche anziano
(lasciamo stare per piacere
i giardini dei villini balneari)
L’agricoltura industriale
vi ha epurato:
siete rozzi
e duri di comprendonio
non collaborate alla soluzione finale
Voi però non demordete
non crollate
manifestate anzi
in cortei impettiti
il vostro arcaico dissenso
2
Cari muri di K.
dovete scusarmi
se vi violo
lo sapete bene
per tante estati
vi...
di Franco Arminio
Caro Latouche,
quando ero bambino aspettavo con ansia la neve. Ero, come tutti i bambini, desideroso di non andare a scuola. Il mio maestro non era un tipo mite, ma a quei tempi era normale che un maestro maltrattasse i suoi allievi. E allora la neve era una delle poche speranze che avevo, oltre alle malattie, per non andare a scuola. Quando nevicava c’era un altro motivo per...
di Giacomo Sartori
Io per mestiere studio la terra. La terra sono le zolle lasciate dagli aratri e i campi desolati l’inverno, la mota sotto le scarpe da lavoro, le pianure, le colline, i vigneti in pendenza, i fianchi delle montagne, i boschi, le torbiere d’altitudine, gli orti e i giardini: tutto quello che non è stato irrimediabilmente cancellato o abraso dall’uomo. È la terra che fa crescere le piante...