di Elizabeth McKenzie (traduzione di Michela Martini) In quegli anni passavo da un ufficio all’altro per sostituire impiegati in malattia, in congedo di maternità, con emergenze familiari o che semplicemente avevano detto “Mi licenzio” e se ne erano andati.
di Fabio Donalisio e Paolo Morelli Fare mondo era l’ambizione a organizzare modelli di esperienza, quindi ambire a non avere nel proprio lavoro dell’arte nulla di arbitrario. Se poi si trattava di un racconto letterario significava assumere i crismi del rituale per sentirsi parte di una socialità, in quella specie di conversazione universale come si poteva sognare la letteratura.
di Valeria Micale br>Ogni barriera del corpo ne mantiene l’integrità, impedendo la perdita di sostanza vitale. Anche le cicatrici servono a questo scopo.
di Marta Barattia Cade senza un grido, trascinata in un abisso di vortice scuro che confluisce in un tubo più grande e poi in un altro e un altro ancora. E poi – si suppone – nel mare.
di Francesco Borrasso A pochi metri il chiacchiericcio di una civetta gli finisce dentro le orecchie. Si stringe le gambe al petto, ha freddo, il gelo gli si arrampica sulla faccia.
di Pasquale Vitagliano Come Magrelli precisa, lo scontro tra i due è asimmetrico. Hanno vissuto in epoche diverse. Proust non ha conosciuto Céline, dunque, non può rispondere al suo astio. Più correttamente, si tratterebbe di un’ “aggressione postuma”.
di Bruno Barbera Le lettere non andrebbero mai aperte, bisognerebbe rispettare il riserbo e il vincolo dell'inchiostro che non avrebbe mai voluto denudarsi sotto forma di parole intellegibili, mi dico quando penso.
di Francesca Matteoni È certamente una fiaba. Anzi, è l’incontro e la rielaborazione di molte fiabe: Il pifferaio di Hamelin, Hansel e Gretel, Peter Pan, i miti della selkie e alcuni racconti sciamanici.
Ho le pupille di due forme differenti. Una è una piramide, quindi una montagna. L’altra è un triangolo rovesciato, quindi una grotta. Giulia se ne accorge per la prima volta allo Spin Time Lab.
di Emanuele Kraushaar
Io sono A.
Una volta ho chiesto a mia madre perché mi avesse chiamato così.
Non ha detto niente ed è scoppiata a ridere.
Ricordo la sua bocca che si apriva e i suoi denti bianchissimi.
di Rebecca Molea
Mi sono chiesta a lungo cosa sarebbe successo: come avrei reagito alla notizia – piangendo? con sollievo? –, come sarebbe stato il dopo – un senso di solitudine perpetua o, a un certo punto, un’abitudine? – e, sopra ogni altra cosa, che significato avrebbe avuto, per me, per noi, per tutti, la morte.
Spalancò la porta di metallo sbatacchiandola senza riguardo; la lucetta della sauna che aureolava Samstag sembrava accecante vista dal fondo del corridoio angusto e buio; lo chiamano effetto Brocken: così che appena emerso dalla nuvola di vapore,
di Giacomo Sartori [dall'archivio di NI: pezzo pubblicato il 13 giugno 2012] I buchi che faccio per lavoro si dividono in due tipi, quelli piccoli e quelli grandi.
di Bruno Morchio Comincerei dunque col rilevare che nel crime abbiamo assistito a un prevalere non solo dei personaggi, ma anche di ambientazioni e luoghi geografici che spesso la fanno da coprotagonisti.
di Mario Baudino Nelle letture dell’adolescenza, che ricorda invece nel saggio "Sulla lettura", il letto o meglio l’intera camera da letto è il sacrario, un tempio che il giovane Proust non si stanca di ammirare, accarezzare con lo sguardo, esplorare.
Quando Dattadeva fece venire gli sbirri nella sede centrale, lì al Mulino, all’inizio credetti che stesse portando all’estremo le logiche da brigatisti del Carme e di Girolamo – scatenare una repressione per attivare una mobilitazione generale
di Maxim Loskutoff La prima volta a caccia con suo padre Ruthie Fear avvistò un enorme scheletro alato giungere in volo dal nord. Ad ali spiegate sulla linea dell'orizzonte, si librava sopra le montagne illuminate dall'alba, oscillando nelle correnti d’aria.
di Vittorio Giacopini Ecco, a me colpiva questo doppio movimento. Voler denunciare menzogne, convenzioni, ipocrisia, e sapere di essere imbevuto di questa roba, di essere cattolico, e irlandese (o romano, per quanto mi riguarda) fino al collo.
La descrizione del progetto L’Anno del Fuoco Segreto, si può leggere QUI.
di Claudio Kulesko
I
L'uccello color grafite se ne stava appollaiato sul lampione, la testa appena reclinata, lo sguardo vitreo puntato sull’albergo in rovina. Semicoperto com’era dalla luce artificiale assomigliava a un grumo d’acciaio, quasi un prolungamento naturale del lampione. Più grosso e meno maestoso di quanto ricordassi.
Rimasi a fissarlo per un po’ dal marciapiede, aggrappandomi a quel che restava della sigaretta. Più...
di Antonio Potenza
Da due mesi, ogni sera, la mia caviglia sinistra inizia a gonfiarsi come se qualcuno ci soffiasse dentro aria fresca. A guardarla dall’alto mi è subito parsa una zampa di elefante con quelle grinze orizzontali piuttosto scavate al livello del calcagno.
di Gabriele Merlini
«E comunque, se ti interessa, lascia perdere e ascolta me.»
Vicino al materasso la lampadina ha la silhouette della befana e il telefono trasparente, nel caso provi a inclinarlo, emette ancora quello strano rumore di oggetti che scoppiano per inattese pressioni dei polpastrelli.
di Antonia Santopietro
Conoscere se stessi e gli altri
è il modo più intenso di essere responsabili.
Ma la vita è, insieme, proiezione di speranza: obbligandoci a valutare le conseguenze di parole, sguardi o silenzi che la fanno nascere o morire.
Eugenio Borgna
Iris, tieni la testa dritta e sostieni lo sguardo.
Hai ragione. Non me ne accorgo.
Ha valore oggi ogni sua parola, anche quelle mai dette, sono intollerabili le immagini in bianco e...
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di Andrea Morstabilini
Era nato, come il re suo nonno, il 25 agosto, giorno di San Luigi. Anche l’ora coincideva, e i due si ritrovarono a condividere non solo un compleanno, ma anche un nome: Ludwig, che è poi un altro modo, alla germanica, per dire Luigi.
Anno: 1845, anno di corvi e di violini, navi sperdute fra i ghiacci. Da bambino, a...
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di Giovanni Ceccanti
Arno, a cosa pensi prima di dormire?
Arno si girò dando le spalle a Mordirosso e al fuoco bofonchiando qualcosa di incomprensibile.
Non pensi proprio a nulla?
Arno non parlava. Arno per lo più bofonchiava.
Se dovessi scommettere qualcosa direi la fica.
Il fuoco scoppiettò.
Sì, tagliò corto. Prima di dormire penso alla fica.
Mordirosso si tastò con cura le gambe da cima a fondo e...
di Corrado Premuda
1.
Nonna diceva che si saluta con gli occhi, non con le parole.
Un amico d’infanzia ti saluta con la nostalgia di rivederti in quel bambino che non c’è più. A un amante basta un piccolo cenno per far tornare l’ultimo istante di intimità. Poi c’è il falso saluto dei nemici, ma chi ce li ha?
Scesa dal treno, il ragazzo mi sorride e dice ciao. Chiedimi qualcosa, la voce...
di Mauro Tetti
Il tre maggio del millenovecentoquarantatre le torri della città bastionata crollavano, i soffitti cedevano, tutta Cagliari veniva iscoveccada, così dice Zina, e io non l’ho mai capito cosa voleva dire iscoveccada fino a che non ho visto i video della città iscoveccada e ho capito che vuole dire scoperchiata, nel senso di togliere copertura, nel senso di distruggere. Zina dice che c’erano i militari della batteria antiaerea...
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di Edoardo Rialti
Bisogna pure cominciare da qualche parte, tanto vale farlo dalla Pawa.
Ce n’erano almeno tre migliori, in zona. Alla Runner ci stava pure la spa, a Skoda e Azzurra giravano le ragazzine, con tutti quei corsi coi nomi inglesi, la Pawa invece non cambiava pesi e macchinari da dieci anni, persino la musica pareva più vecchia. Un po' come certe...