di Silvia Belcastro Dal mio corpo escono tubi da mungitura perché devo allattare la notte, devo mettere al mondo le sue creature: su un nastro trasportatore sfilano, a distanza regolare, i miei fantasmi contornati di luce.
di Antonio Potenza
Da due mesi, ogni sera, la mia caviglia sinistra inizia a gonfiarsi come se qualcuno ci soffiasse dentro aria fresca. A guardarla dall’alto mi è subito parsa una zampa di elefante con quelle grinze orizzontali piuttosto scavate al livello del calcagno.
di Mariasole Ariot
O dovremo obbedire, e cavalcare con te fra gli annegati
Dylan Thomas
Cui Cesar - Preludes - Moderato assai "
Al mattino fuoriesce un verme dalla bocca, annodato dalla notte che è di ottone, una tomba annuncia il sangue del mattino, mi sputa nella gola un meccanismo artefatto di parole, quando non sappiamo dirci e il corpo disfa per una comunicazione interna, fondersi con...
di Cristian di Furia
Un padre
Quando otto anni fa mio padre è deceduto credevo mai più l'avrei rivisto: ieri invece mi ha telefonato per dirmi che era appena risuscitato.
Poi ha chiuso, e io sono rimasto col telefono in mano.
Poi ha richiamato e mi ha detto, ci vediamo?
Quando, ho chiesto io.
Ora, ha detto lui.
Dove, ho chiesto io.
Sotto casa, ha detto lui.
Quale, ho chiesto io.
Ma aveva già chiuso. E io sono...
di Giacomo Sartori
Più di tutto
amavi i libri
i fiori
i cieli
i film
chiacchierare
viaggiare
ridere
ma più di tutto
più di tutto
adoravi sciare
fin da ragazza
fin dal fascismo
su e giù
e ancora giù
l’aria cruda sugli zigomi
giù e sempre giù
leggera e intrepida
nel riverbero cereo
su e giù e su
e poi di nuovo giù
sulla scorza viscida
dei grattacapi nel fondovalle
(come tagliare il traguardo
della fine del mese?)
giù in ebbrezza vitalista
(per non dire postfascista)
giù nel bianco
giù nell’azzurro
perfino molto anziana
scivolavi lieve
sulla pelle della neve
anche sui...
di Giacomo Sartori
come foglie di novembre
non mi dicevi ch’era morto
l’amico d’una vita
o l’ultraconfidente
crollato un altro bastione
dissertavi e divagavi
murata nella logorrea
(stizziti guizzi del mento)
le persone sparivano
dalle tue frasi troppo tese
come foglie di novembre
da tralci traumatizzati
qualche spettro riafforava
anni o decenni dopo
fossile ben conservato
carezzato con discrezione
da un’altra era
eri molto bella
scavata e senza rossetto
(l’odiato rossetto
d’eccentrica borghesaccia
d’acculturata baldracca)
i capelli fini e candidi
sovrimpressa ormai a tua madre
eri più grave
eri molto bella
cosa ci faccio
cosa ci faccio
io...
di Giacomo Sartori
come facciamo con le sedie
come facciamo con le sedie
ci tenevi tanto
a regalarmele tu
ma poi mancava il tempo
per andare a sceglierle
veniva la festa successiva
avevo altre urgenze
l’anno seguente ero via
il Natale dopo ancora
mi faceva fatica
un po’ era anche
per non farti spendere
diciamola tutta
(anche le vecchie
accoglievano le chiappe
stando un po’ accorti)
ridevamo di queste sedie
che non arrivavano
né a Natale né mai
adesso come facciamo
è il mio compleanno
e il tempo lo avrei
(scegliere è niente)
tu...
di Giacomo Sartori
poi ricordo
quando mi scopro stanco
o le cose smottano
mi dico che
devo proprio chiamarti
(il solito opportunista)
poi ricordo
che sei morta
la psicanalista mi dice
la psicanalista mi dice
che da bambino
m’hai preso in ostaggio
sa che so
ci tiene però a ribadirlo
non infierisce sul presente
accarezza il coperchio
della trappola terapeutica
(e insomma retorica)
posponendo l’affondo
certo prematuro
con magnanime inspirazioni
d’umanesimo junghiano
le nostre chiamate
le nostre chiamate
si avviticchiavano
al tempo atmosferico
e alle maniglie dei giorni
in reciproca auscultazione
dei carsi sotto le frasi
tu parlavi dei...
di Giacomo Sartori
t’ho sempre fatta aspettare
e t’innervosivi
non sopportavi l’inazione
e i legacci dei legami
melensi o plebei
che li giudicassi
(protofemminismo
in salsa vitalista
con afflati estetici
ma anche mussoliniani:
nevrosi novecentesche
riassumeremmo oggi)
perfino stavolta
ho tergiversato
coi miei demoni:
dispatie compensatrici
di figlio del trauma
quando vieni?
m’hai chiesto
(ombre di parole
perentorie e materne
nel telefono
sospeso a mani d’altri)
avevi furia
d’andare
un’iniezione e via
eri tanto stanca
piumetta di nervi
e ossicini
(peraltro non miei)
smaniosi di nozioni
e romanzi
fino sotto morfina
(ancora e sempre)
ho vissuto tanto…
mercoledì?
ha brusito
il filino roco
ormai sfinito
a Rosemarie Lange (“Piuma”),...
di Mariasole Ariot
Ditele che il giorno ha smesso di parlare, ditele che quando lo scorrere del tempo si inarca la vita diventa processione, ditele che un bambino urla, ditele che la conta delle ore non fa testo, ditele che la testa è piena, ditele che le uova non hanno cornice, ditele che l’insonnia è un’armatura per restare, ditele che la parola si misura in grammi e non in metri,...
di Giacomo Sartori
ma dove vai
con quei passetti
cosa sgambetti
ancora ti alleni
con gravità di atleta
su e giù per il giardino
bimbina vecchia
(quasi un secolo
fascismo compreso!)
adesso fermati
la tua testa è troppo grande
per quei tuoi ossetti
#BadMommyDay2
di Francesca Matteoni
Pubblico un breve estratto dal mio saggio Il famiglio della strega sangue e stregoneria nell’Inghilterra moderna, che tratta della relazione fra il famiglio, spirito demoniaco spesso in forma animale, e la strega inglese. Fra tutti i casi, ben noti grazie alla grande produzione letteraria dell’Inghilterra moderna intorno ai processi, questo è forse quello che più mi ha toccato, con la disperazione disarmante di una donna, socialmente accettabile...
Lettera a Emanuele Tonon scritta da Alessandro Chiappanuvoli
Caro Emanuele,
è quasi un mese ormai che ho finito di leggere La luce prima, ma finora ho aspettato a scriverne, seppure una reazione me l’abbia scatenata il tuo libro. Ho aspettato perché ho avuto un po’ di paura, lo confesso. Molti occhi in questo momento sono puntati su di te e il tuo nome circola sempre più spesso sulle bocche di esperti del...
di Michele Dantini
Annus horribilis. Il 2012 è stato funesto per la gran parte dei musei di arte contemporanea italiani, e il 2013, con le roventi polemiche destatesi attorno al Maxxi o il conflitto tra AMACI e CdA sulla conduzione del Castello di Rivoli, è iniziato sotto auspici persino peggiori. La “crisi” non è solo locale: rimanda a una flessione globale di autorevolezza e prestigio del contemporaneo, accompagnata da perplessità...
di Giacomo Sartori
Mia madre ogni tanto muore, perché a novant’anni passati è abbastanza frequente morire. Poi però in genere resuscita. Insomma, finora è sempre resuscitata. Ricomincia a dire follie, ricomincia a andare al cinema. È appassionata di cinema, vede tutti i film che escono, compresi quelli che non sembrerebbero i più adatti per una signora di novanta e passa anni. E se la stai a ascoltare te li racconta...
di Piero Sorrentino
Parliamo di mia madre. Ha sessantadue anni. Da due mesi non sa più camminare. Dice che lo ha dimenticato. È successo una mattina; stava camminando, nel modo normale che abbiamo tutti di camminare, un passo, un altro passo, un altro ancora e così via; a un certo punto si è fermata e non è più andata avanti. Mio padre era con lei, era lì, dice che non...
di Chiara Valerio
Non ho niente in mano. Fossi un illusionista sarebbero cinque parole sorprendenti, di più, sarebbero un sipario, avrei addosso gli occhi di tutti, lucidi e pronti a stupirsi per la comparsa di un coniglio o di un mazzo di fiori, magari di una colomba. Io preferirei i fiori. Rossi gialli e bianchi, grandi e callosi, niente rose, niente verde. Le rose si sciupano e il verde imbrunisce....
di Sergio Garufi
Nicole vive col marito Martino e la figlia Arianna in un piccolo appartamento di una casa di ringhiera. Hanno appena finito di cenare. Lui è andato nello studiolo a stampare alcuni preventivi che gli serviranno l’indomani e Arianna si è chiusa in camera sua, ha mandato un sms a un’amica di scuola e si è messa a ballare con la musica di Viva la vida dei...
di Danilo Pinto.
Che è la morte, che con Wittgestein e con Webern
m'intingo la lenzuola di Capranica, con Fano azimo
io solo sola, io santo santa, la puttana manca e cielo
di spugna assorbe, il fango-mare, bariccamente Turin.
Osvald allo sparo di mosche cossuiane, al martello
puntacuda, semel in anno licet inculare. Ti mostro
la signora madre, all'agnolotto superiore, Arcimboldo
di verzure.
Ocelot, ottentott che sia joy, la divisione
di Merlot, la patristica, la serva, la sura
la mellata,...
di Antonella Pizzo
Da: Di lievi deliqui e smarrimenti
I
Regina madre che al castello sgravasti
cuore di tortora e leone
beati i poveri di spirito
che non hanno visto il pozzo di petrolio
e l’oro ricoprire gli abiti delle donne bionde
brune rosse passionarie
ossa d’anoressiche donzelle
sulle passerelle coi trampoli
non hanno raccolto il passo
in minimal style valentino
l’ultima moda di tatuaggi e pearcing
che non hanno segnato le nuche sottili ed il profumo
dalla traslucida...
Eraldo Affinati risponde a Massimo Rizzante
Massimo Rizzante
Comincerei da una delle tue ultime fatiche, Compagni segreti. Storie di viaggi, bombe e scrittori (Fandango, Roma 2006). Questo libro – anche se ha una parte letteraria dedicata agli scrittori che formano il tuo «museo immaginario» – assomiglia alle tue opere precedenti (spesso alla frontiera tra finzione e documento). Anche qui sei presente come autore e allo stesso tempo come protagonista. Da una...
di Massimo Rizzante
Dirò subito che ho incontrato una sola volta il grande “Jaufrè”, come lo chiamava Montale. Ricordate:
Jaufrè passa le notti incapsulato
in una botte. Alla primalba s’alza
un fischione e lo sbaglia. Poco dopo
c’è troppa luce e lui si riaddormenta
Quando un incontro importante resta unico, ogni gesto, ogni parola, ogni dettaglio della scena prende un’aria poetica.
Era l’estate del 1982. Credo luglio o agosto. Non avevo ancora diciannove anni. Ero seduto...
di Massimo Rizzante
1
Cara Ornela,
ho letto Il paese dove non si muore mai (2004). Ho letto anche la tua seconda opera, Buvez du cacao Van Houten! (2005), che non è ancora stata pubblicata in Italia. Infine, La mano che non mordi (2007).
Nel primo romanzo, dedicato interamente al tuo paese d’origine, l’Albania, il paese in cui la parola «paura» è priva di significato – mentre la parola «umiltà» è perfino assente...
di Anne Carson traduzione di Antonella Anedda
IO
Sento un leggero click nel sogno.
La notte scroscia il suo rubinetto d’argento
lungo il dorso.
Ore 4. Mi sveglio. Pensando
all’uomo che
andò via in Settembre.
Il suo nome era Legge.
Il mio viso nello specchio del bagno
è striato di bianco.
Mi lavo e torno a letto.
Domani andrò da mia madre.
LEI
Lei vive in una brughiera del nord.
Vive sola.
La primavera laggiù si apre a rasoio.
Viaggio tutto il giorno in treno con...
di Omar Viel
L’éducation sentimentale era un pre-dinner a base di bourbon e Martini servito in un’ampolla chiusa a forma di mammella. Qualcuno lo ordinava solo per l’ampolla. Era un contenitore grosso come la tetta di una vacca olandese, molto leggero, e si maneggiava usando una sottile impugnatura simile a quella dei boccali da birra. Tra i riflessi del cristallo il liquido fluttuava e schiumava, uscendo a spruzzi da un...
di Marco Rovelli
Le vedo piangere, le madri. Mi stanno ad un passo, davanti agli occhi. Così vicine che potrei asciugargli le lacrime. Ma non lo faccio. Una madre che piange è sacra. Nel senso che è separata, intoccabile, inavvicinabile. Quando hai davanti una madre che piange l'irredimibile assenza del figlio, è come smisurata. Non sai neppure come potresti abbracciarla. Ti pare di avere davanti il dolore infinito, infinito e...