di Mariasole Ariot
Non beccare, dicevi diventa la tua lingua, fornifica un linguaggio, dicevi non credere a chi dice che è scomparso.
Ma cosa diventa una lingua se non ha papille?.
di Mariasole Ariot
Caro G.,
oggi il cielo è plumbeo, ho scartavetrato la casa per cercare un corpo che non fosse inquinato, ho preso le parti e introdotto un nervo nello stipite. La paura è questa sacca di placenta che spinge la mia testa, nascono figli e figlie dentro la nuca, mi chiedo sempre come tu stia, da quando la montagna ci ha soccorso.
Ho camminato a lungo, ho percorso un...
di Mariasole Ariot
Caro J,
qui il cielo è una sommossa, l’uovo del mondo si è strappato : nascono gli oggetti che mi hai lasciato.
Ti scrivo ed è ancora buio, filtrano lampi di pulviscolo dalla finestra, la grana del mondo si frammenta e io distendo le righe di una lettera che non arriverà mai.
Abbiamo montato una tenda, raccolto le bacche e i ramoscelli per fuggire nella piena del bosco, hai radunato...
di Mariasole Ariot
Cara J.,
la coltre di nebbia che ha piegato il cielo mi scava le ossa, sono mature per la semina, come quando ci siamo incontrate, e tu danzavi sopra le mie corde. Un canto muto, una sirena.
Abbiamo camminato lungo la scia delle lumache, e tu disegnavi cerchi nell'aria, gettavi i drappi colorati facendoli roteare appena più in alto del collo: ricordi la scena della pista da ballo?
Oggi è...
di Mariasole Ariot
Caro F,
ti scrivo dall’angolo nero della stanza, ho un soffitto pieno di crepe, un corpo attorcigliato ricoperto da un unguento verde, l’affaccio alla finestra è sbarrato.
Il tempo è cristallizzato nel suo opposto, mi vedo rispecchiata sul vetro: un volto bruciato dall’interno, le ossa zigomatiche spingono verso l’esterno, l’occhio s’infittisce, la lingua geografica è consumata dalle parole.
Mi chiedo se nella tua terra siete riusciti a sopportare la...