di Filippo Polenchi
Terra, fuoco, legno, acqua (fluviale, se è di mare è di un mare extra, un Oceano), tempesta. Le myricae di Andrea Dei Castaldi scoppiano nel fragore orchestrale delle sue storie. Sono storie come gherigli di noci, dentro a gusci concavi – ma non vuoti – che descrivono il profilo del cielo, delle eclissi.
di Andrea Dei Castaldi
Il suo sguardo vorrebbe essere distaccato mentre è attonito, disorientato. E da qui deriva non soltanto l'originalità della sua voce, ma la sua oggettiva bellezza
Filippo Polenchi (testo) e Andrea Biancalani (immagini)
Sono dieci anni che non lo vedo. Levi entra nell’ufficio. Sto scrivendo una lettera commerciale con un’offerta, da inviare via mail. Ho la giacca e la cravatta, i pantaloni neri comprati all’Oviesse che mi stringono al cavallo
di Filippo Polenchi (testo) e Andrea Biancalani (foto)
(#In ufficio) Sono nel dominio vacuo e inospitale del post-insonnia. Un luogo nient’affatto gradevole. Penso a Kafka, Beckett: se la fine è la fine di tutto, allora lo è anche della fine stessa: quindi la fine uccide se stessa e si condanna a non finire. La fine non finisce. È quello che viviamo tutti. Giorni di ossessione: i cinesi. Ormai sono notti intere che non dormo...
di Filippo Polenchi (testo) e Andrea Biancalani (foto)
(#Ufficio, 2017) Ho sentito prima M. che sospirava. Un rilascio di aria veloce, rapidissimo epperò pieno di respiro, al colmo di una boccata d’ossigeno catturata nei polmoni e poi rimessa in libertà, alla svelta, perché forse aria già avvelenata, già corrotta dall’anidride carbonica che dovrebbe essere l’ultimo passaggio dell’atto. E invece no. Invece qui tutto t’avvelena. Mi rendo conto che tutti sospirano. Sospira...
di Filippo Polenchi (foto di Andrea Biancalani)
#1
I nostri compagni di viaggio ci introducono nel sonno. Un vecchio non respira, accanto a me, dall’altra parte del corridoio. Ha un vestito grande e marrone, le maniche di fustagno gl’inghiottiscono le mani. Solo la punta delle dita ballonzola in una fibrillazione ritmica. Il viso del vecchio è accartocciato, scuro, carta gialla da macelleria, da negozio alimentare disposto in curva. Quel viso non...
di Filippo Polenchi
La tigre #1
Pensiamo che chiudendo i vetri e gli scuri il caldo resterà fuori. Usiamo incantesimi di buio per ripararci dall’incendio del sole. I muri devono conservare refrigerio, così ha detto il padrone. E noi rispettiamo il comando. Lavoriamo in questa conca di oscurità, scavati nella tenebra, con la luce accesa come nelle sere invernali. Chissà se oltre la fragile membrana di tenebra ricreata il sole sta...
di Filippo Polenchi
Stanza n.1
La stanza ha una moquette a rombi neri e verdi su fondo marrone chiaro. Anche la carta da parati è a forma di rombi. Il perimetro di questa camera è di circa dieci passi per cinque. C’è una scrivania e sopra c’è una tv. La tv è accesa, trasmette interferenze, scariche, effetto-neve. Il letto è adiacente al muro, un letto singolo, sulla coperta è ricamato un...