di Delfina Fortis Quando ho acceso la luce è saltato il contatore. Sono rimasta al buio, in silenzio. Ho acceso la torcia del cellulare e ho trovato l’appartamento pieno d’acqua, i soffitti ricoperti di macchie, i muri deformati dall’umidità, pieni di escrescenze e di muffa nera
di Anna Toscano
Osservare, ascoltare, guardare la vita degli altri, assistervi, parteciparvi, lottare. Grace Paley, della quale ricorre oggi il giorno della nascita, era una donna fuori luogo, una scrittrice fuori luogo, una che non amava stare dove la mettessero
di Valeria Zangaro A vederla non sembrava avesse mal di denti, mal di gengive, mal di qualcosa insomma. Niente di gonfio, niente di rotto. Solo un dolore sottile e costante che dal naso arrivava fino all’orecchio, e certe volte si irradiava fin giù alla gola; un dolore diramato, senza un centro preciso, o con un centro ogni volta diverso
di Francesca Lazzarato È dagli anni Settanta che María Moreno va anticipando tendenze e mutamenti di rotta in campo letterario, anche se continua a definirsi una giornalista, ancor prima che una cronista, una romanziera, una saggista.
di Astronauta Tagliaferri È il sei settembre e sono alla scrivania a scrivere con la mano sinistra perché stasera alle otto, alla spalla destra, m’hanno messo un tutore blu che puzza di nylon. Sono caduto mentre alleggerivo l’albizia il cui tronco è stato svuotato da un fungo cresciuto a causa della poca luce, tutta assorbita dalle imponenti acacie
di Silvano Panella
Foglie color del sangue ossidato per esposizione all'aria aperta, perduto da chissà quale preda sacrificale, la tigre decide di punire chi, come me, si addentra troppo nel suo territorio, gli uccelli si danno il cambio e vocalizzano canti più cadenzati e querimoniosi...
di Franco Santucci
Giallo, come argomentazione sterile, come il ridicolo di emozioni in un trascorso indenne, giallo narciso di sconforto e inettitudine, nervi a pezzi di un giallo inutile. Mi rifugiai sul primo treno in partenza, uno qualunque (giallo borghese di una medesima ribellione), per sfuggire alla persecuzione
di Max Mauro
Sono un poeta. Negli ultimi dodici anni ho partecipato a 128 concorsi letterari.
Tengo il conto di tutti perché sono un tipo preciso. In camera, in una cartellina dentro il cassetto dei documenti, conservo le ricevute delle raccomandate di ogni singola spedizione...
di Flavio Torba
Si scambiano dichiarazioni di guerra con gli occhi. Il viso di Pastore è un campo minato dall'acne. La vita all'aria aperta non deve fargli un granché bene. Si tormenta un bubbone, mentre sibila un flusso ininterrotto su chi ucciderà chi
di Anna Toscano Sin da piccola sono stata abituata a frequentare i cimiteri, andare in visita da parenti defunti, accompagnarli nel loro ultimo viaggio, attraversare camposanti pieni delle stesse fototessere: anziani coi capelli grigi, occhiali, sfondo chiaro, abiti scuri. Mia madre e mia nonna, tuttavia, hanno iniziato a pensare alla loro morte anzitempo, ogni due anni eleggevano una foto come quella per la tomba e per l’epigrafe
di Stefano Ficagna Cominciarono a sparire in primavera. Dissero che era colpa di un batterio, l'eredità genetica della guerra: certe persone diventavano trasparenti, poche per la verità ma abbastanza da poterlo notare coi tuoi occhi, perché succedeva ovunque. Fu una trasformazione graduale, tutt'altro che piacevole
di Paola Ivaldi
Nel considerare, per un attimo, il processo di inarrestabile sgretolamento della Sanità pubblica, quella fondata nel lontano 1978 sui nobili principi di universalità, gratuità ed equità, senza avere più né la forza né la voglia né tanto meno la capacità di additare gli innumerevoli responsabili di tale sfacelo, inizio a giocare di immaginazione
di Silvano Panella Mi trovavo all'esterno di un locale improvvisato, tavolini sbilenchi sotto una pergola che non aveva mai sostenuto viti – non sarebbe stato possibile, faceva troppo caldo, davanti a me il deserto africano, l'aridità giungeva fin dentro i bicchieri, polverosi e arsi.
di Elena Nieddu
Il Ponte crollò mentre stavano costruendo la mia casa. In quel tempo, quasi ogni giorno, l’architetto e io andavamo a scegliere cose nei capannoni della valle, parallelepipedi prefabbricati, piatti e larghi, cresciuti negli anni lungo il greto del torrente, abbracciati da strade che nessuno si sarebbe mai sognato di percorrere a piedi.
di Ilaria Grando
Papà ti spiega come uccidere la domenica pomeriggio. Hai 10 anni. Attraverso i tuoi occhiali da vista tondi, lo guardi preparare le esche chiuso in una giacca a vento rosa e verde. Nell’ago appuntito infila un verme vivo. Il verme sguscia tra le dita, si agita. Ti chiedi se senta dolore
di Federica Rigliani
Il padre di Martina e il mio collega Tiziano furono per me lame di una forbice. Il primo non c’è stato mai, ha sbagliato una volta e per sempre. Tiziano invece riempiva uno spazio fisico da cui fu allontanato troppo tardi. Lui ha sbagliato tante volte. Una dietro l’altra
di Tarcisio Tarquini
In questo scritto parlo di Tommaso Landolfi e di “scene di vita di provincia”: alludo al rapporto dello scrittore con la sua terra, alle ragioni di quella felicità di scrittura di cui egli confessa di riempirsi a Pico e non da altre parti. Mi riferisco, inoltre, alla diffidenza con cui la provincia guardò Landolfi, ricevendone in cambio un sentimento assai vicino al rancore
di Marco Angelini
A casa ho fatto le cose per bene per mantenerla come l’hai lasciata. Dopo il lavoro ho trascorso il più del tempo in officina e mi sono preso cura di Tobi. Con il nostro giardino ho fatto il possibile. I gelsomini hanno resistito, le rose bianche invece sono morte e le ho sostituite
di Matteo Ubezio
Cinta, sbanca, raspa, rileva, cataloga e dágli con lo zappino e la scopetta, per settimane e settimane si gruvierarono campi e boschi, finendo col portare alla luce le sobrie vestigia di un antico villaggio: esemplare, secondo la miglior vulgata latina, per virtù risparmiativa, cioè poverissimo. Un poco discosta dall’abitato era riemersa come Troia allo Schliemann l’antica Fluminiano
di Edoardo Balacchi Quando ci accorgemmo che il capo era morto ci venne naturale chiuderlo nello sgabuzzino. Lo lasciammo sulla poltrona presidenziale che si era comprato da solo per i dolori alla schiena e ci limitammo a spingerlo nel ripostiglio in cui tenevamo i toner per la stampante, le lampadine di ricambio e le risme di carta
di Anna Toscano Janet Frame, morta nel 2004, ha scritto libri belli e importanti: in Italia con una fortuna alternata che man mano va scemando. Vorrei che questo centenario aprisse, spalancasse, le porte ad altri cento anni pieni di libri di Frame tradotti e pubblicati
di Danilo Soscia
Gli infermieri apparecchiarono le lenzuola come fossero una mensa. L’uomo disse che non gli sembrava lecito servire il caffè a quel modo, sul letto dove sua moglie era in coma. Alla fine accettò per debolezza, perché i tatuaggi incisi sulle braccia del caposala lo spaventavano. Tanti minimi oggetti, una lama, una paio di manette, una chiave inglese.
di Marcello Ranieri
Anna conobbe Marta durante uno sciopero. Si erano notate, poi qualcuno le presentò. Er Matassa? Al bar passarono il tempo a cantare. Anna diceva "La conosci? Bombe, tombe, ombre. Solo in tanta polvere". Marta continuava "Avanzo a duro muso. Cielo aperto e ora chiuso". E così. Poi Marta la invitò a casa, al Nomentano
di Max Mauro
Sono preziosi, i disegni di Picasso. Non c’è in tutta l’America Latina una collezione simile. Non ce l’hanno nemmeno a New York, nell’America del nord, quella che impunemente reclama il nome del continente solo per sé. La collezione di Picasso è costata settecentomila dollari negli anni Ottanta del secolo scorso
di Lorenzo De Rose
Le voleva gialle. Gialle con la scritta a pennarello blu. Era stato piuttosto chiaro e glielo aveva specificato più d’una volta, onde evitare che le comprasse di altri colori. I fogli che si trovava in mano erano con le etichette adesive bianche
di Agostino Bimbo
Il volto del nemico è l’ossessione degli abitanti di Caffa. Il volto mai visto negli undici mesi di assedio, tracciato dai resoconti incerti degli esploratori e dalle indiscrezioni delle sentinelle. Il volto che temono di incrociare fra i cantoni silenziosi del bazar o nella piazza deserta
di Laura Scaramozzino
Elisa fa saltare i tappi o ci fa le spille. Prima si china e fruga tra gli sterpi. L’odore di merda pizzica il naso. Le cicale friniscono e graffiano i timpani. Il cielo è uno schiaffo azzurro sulla fiumana. C’è puzza di sudore, di gomma bruciata e di albicocche pestate
di Edoardo Mazzilli
Secondo Ania l’uomo ha perso la capacità di autodistruzione. Me l’ha detto la notte in cui ha smesso di esistere. Dapprincipio non ho capito cosa intendesse, per questo ha voluto mostrarmelo. Mi ha trascinato nella profondità di una grotta eterna dentro a cui viveva una monstera in stato quiescente
di Greta Bienati
Matricula dos Immigrantes, numero 77.314. Data di sbarco: 6 marzo 1888. Sul registro degli arrivi al porto di Santos, Brasile, il suo nome viene per ultimo. Prima c’è il capo famiglia, poi la sua mulher, il suo irmão, come là chiamano i fratelli, e quarta lei
di Maddalena Claudia Del Re
Figli, morti, funerali accanto. / Fosse comuni. No benedizioni. / No riti funebri scanditi
da ritmi consolanti forgiati nei millenni. / Mariti, mogli, funerali accanto. / Padri, madri, funerali accanto. / Fosse comuni.