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Dialogo sull’entropia (#3). Una tazza di tè verde.

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di Antonio Sparzani e Dario Voltolini

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Simplicio non ha digerito mica tanto! Scusa, puoi farmi un paio di esempi, così capisco a che punto sono della digestione?

Forse serve questo piccolo aperitivo: per un dado a sei facce la probabilità che venga 3 è 1/6; la probabilità che venga o 3 o 4 è 2x(1/6) = 1/3, perché le probabilità di eventi indipendenti si sommano. La probabilità che venga 2 o 3 o 5 o 6 è 4x(1/6) = 2/3 .

L’inganno estremo

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di Giulio Mozzi

“Ma come, non è per un’idea di verità che si distruggono i miti?”. Questa è la frase che più mi colpisce nell’intervento di Sergio Nelli Mitopoiesi e mitoclastie, fortemente critico verso la mia “immaginazione” Politica: pezzo di un pezzo (anche in Nazione indiana con il titolo: Gli Stati del romanzo).

Rispondo: sì, è per un’idea di verità che si distruggono i miti.

La prolusione

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di Marco Mantello

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(Nel teatro di Epidauro
davanti a una folla di pietre
sotto un sole che un po’ le spaccava
c’era un giovane dinosauro

e nel mezzo dell’estate
si estingueva mano a mano che parlava
Lo chiamavano in gergo:

-Interfaccia fra l’azienda e la clientela-

Mitopoiesi e mitoclastie

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di Sergio Nelli

FotoNazind.jpgLo stralcio diaristico di Giulio Mozzi, reintitolato da Tiziano Scarpa Gli Stati del romanzo e proposto sulle pagine di Nazione Indiana, smuove in più direzioni. Esso contiene come nucleo centrale uno schema sul quale Mozzi ci chiede di indugiare, presentandocelo come un’immaginazione. Lo schema, lo ricordo, è il seguente: letteratura mitopoietica (americana, capace di produrre miti e ragioni di vita, fortemente comunicativa); letteratura mitoclastica (nostrana, valorosa quando valorosa, ma fragile, anche perché incapace di produrre miti e ragioni di vita). Ciò che farebbe da punto d’appoggio alla mitopoiesi americana, è un’altra immaginazione: quella di essere quello statunitense l’attuale popolo eletto.

Abbattendo gli alibi del Caso #2

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un dialogo fra Massimiliano Governi e Pasquale Panella

martrus1.jpgMassimiliano Governi: …Marta è stata colpita alla nuca e noi siamo stati colpiti in fronte, nella elaborazione del pensiero della sua morte…

L’era del maiale

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di Benedetta Centovalli

Pig3.jpgAncora sullo Stivale al lavoro. E qui vorrei cominciare dal maiale, immagine-fulcro della ricerca intorno al «nostro tempo sulla nostra pelle» del denso volume La qualità dell’aria (Storie di questo tempo), appena pubblicato da minimum fax (2004), a cura di Nicola Lagioia e Christian Raimo.
La qualità dell’aria ci sembra ben rappresentare quest’onda lunga di giovani narratori che si sono impegnati a raccontare i nostri giorni. Siamo arrivati a quota nove antologie edite in questi primi mesi dell’anno, e davvero non solo non ci sembran poche, ma il ragguardevole fenomeno chiede di essere registrato e messo in chiaro. Una tale ricchezza è una novità assoluta. Ossigeno per la nostra narrativa o perlomeno momento augurale.

On On Liberty by J.S.Mill

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di Christian Raimo

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Nel milleottocentociquantanove
John Stuart Mill fa uscire il Saggio
sulla libertà
. Dopo varie prove
per cercar di seminare il contagio
del riformismo nella politica
attiva (coi radicali), compone
con questo libello una critica
all’oppressione sociale. Espone
all’inizio del testo l’obiettivo
dell’opera, ossia assodare
un chiaro principio regolativo
dei rapporti tra lo stato sociale
e l’individuo, sulle questioni:
punizioni legali, e pressione
morale sulla pubblica opinione.

Nove tentativi di vivere il proprio tempo

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di Christian Raimo

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Nel maggio di qualche anno fa alle nove di mattina stavo sognando di passeggiare a via dei Salè a Frascati, dove all’uscita di un bar m’imbattevo in Mathias Rust, il tizio che nell’85 atterrò con un Cessna sulla Piazza Rossa. Lui mi riraccontava tutta la storia e poi si buttava ai miei piedi piangendo: mi confessava che non poteva più essere il mio eroe, perché quel gesto l’aveva compiuto soltanto per via di una scommessa segreta che Gorbaciov aveva fatto con Reagan. Che scommessa?, chiedevo, ma immediatamente nel sogno ero richiamato dal suono di una sirena da fabbrica che era nella realtà lo squillo del mio telefono di casa che mi restituiva testa e corpo al mondo. Una ragazza dell’istituto di pedagogia della Sapienza stava seguendo una ricerca statistica sulla dispersione universitaria e mi chiedeva d’amblè se ero felice di quello che facevo, che aspettative avevo per il futuro, e come mi sarebbe piaciuto riorganizzare l’università se avessi potuto. Avevo ventidue anni e mi trascinavo da mesi l’esame di Storia della Filosofia Morale, dovevo consegnare una tesina su On Liberty di Mill, che mi ero convinto di scrivere in terzine dantesche.

Abbattendo gli alibi del Caso #1

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un dialogo fra Massimiliano Governi e Pasquale Panella

martrus.JPG“tiziano, il 9 maggio è l’anniversario della morte di marta russo. 7 anni. io scrissi, all’epoca, una cosa, mai pubblicata perché volevo tenermela buona, inedita, per un progetto più ampio. io e pasquale panella avevamo in mente di commentare i delitti romani al telefono. trovai anche un titolo per il libro: crimini al telefono (tipo favole al telefono di rodari). ne (tra)scrissi tre o quattro di telefonate, poi smisi. quella che ti mando è la telefonata (sbobinata) su marta russo. si intitolava abbattendo gli alibi del caso. sono due le telefonate, veramente. ‘abbattendo gli alibi del caso 1’, ‘abbattendo gli alibi del caso 2’. potrebbe essere interessante pubblicarla il 9 maggio. ciao, e grazie. massimiliano”

Pausa caffè

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di Aldo Nove

88-518-0030-8.jpgPer parlare di un libro bellissimo e anomalo come Pausa caffè di Giorgio Falco voglio partire da lontano. Dall’epica. E’ strano, il sentire comune sull’epica. Sa di scuole medie, di ginnasio e si è abituati a pensarla, solo, come tematicamente legata alla guerra, alla sua celebrazione. Ma l’epica è innanzitutto l’inventario dei fatti o, meglio, delle divagazioni, che a partire da un mondo, da un’idea narrativa di mondo, lo saziano fino a dargli una forma che non ha centro, perché è un mondo e diviene. Un po’ il contrario del romanzo tradizionale, dove è la retta che conduce la narrazione a delineare il tragitto, e nella fine si dispiega e congeda fissandosi.

Nel silenzio di carne

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di Benedetta Centovalli

dresden.jpgA proposito di Giorgio Caproni e del suo Il franco cacciatore (1982), Luigi Baldacci ha scritto che «la poesia che non consola è anche quella che potrebbe renderci più responsabili», sottolineando come l’Apocalisse si addica al nostro tempo: «Nessun tribunale. / Niente. // Assassino o innocente, / agli occhi di nessuno un cranio / varrà l’altro, come / varrà l’altro un sasso o un nome / perso fra l’erba. // La morte / (il dopo) non privilegia / nessuno» (Dies illa).
Leggendo Macello, la raccolta di poesie, meglio poemetto, di Ivano Ferrari (Collezione di poesia, Einaudi, 2004), si resta colpiti dalla forza del dettato poetico e dalla sua assoluta novità. Una parte di quest’opera era già stato anticipata in Nuovi poeti italiani 4 (Collezione di poesia, Einaudi, 1995), ma il recente ritrovamento di altri pezzi ha spinto l’autore a mettere insieme un libro orticante ed esplosivo. Ivano Ferrari, mantovano classe 1948, è un poeta appartato con un’altra significativa raccolta alle spalle: La franca sostanza del degrado (stessa collana bianca, 1999), che già faceva del corpo a corpo con le cose il proprio stile, e dalla quale svetta la sequenza finale Smaltitoio, scritta in morte del padre.

Il bianco democratico occidentale deve per forza morire razzista?

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di Andrea Inglese

Preparatevi amici statunitensi. Si avvicina il momento. Prepariamoci italiani, ciò riguarda anche gli accodati. Anche noi. Anche gli ultimi, gli ossequiosi, i parvenu. So che non sarà piacevole, ma sarà sano. So che vi lascierà, ci lascierà così vuoti, smarriti, non custoditi e senza nulla da custodire. So che senza l’eccitante ideologico, la cocaina mentale, ci sentiremo a terra, miseri come gli altri, buffi con i nostri cellulari in mano, a pigiare bottoni, in attesa di un cancro o di un infarto. Che si poteva evitare, ovviamente. Ci troveremo anche idioti. Parecchio idioti. E ci farà bene. Magari cominceremo a desiderare di essere un po’ intelligenti. No, non “furbi”. Intelligenti, ma collettivamente. Magari. Smettendo di sforzare la nostra mente negli orari d’ufficio, per poi devastarla nelle ore serali, festive e di vacanza.

Appunti su Abu Ghraib

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di Tommaso Giartosio

prigioniero_iraq.jpg1. Leggo un articolo di giornale (“La Repubblica”, 5 maggio 2004) sulle sevizie compiute dai militari americani in Iraq.

In cima alla pagina: “LE TORTURE.” Titolo: “Orrori e segreti nelle celle di Abu Ghraib.” Catenaccio: “Tre mesi di inchieste, un rapporto agghiacciante, abusi da Corte marziale”.

Poi arrivo all’elenco delle pratiche di tortura (come le riporta un generale americano il cui nome sembra preso da un fumetto di Guido Buzzelli o un racconto di Dino Buzzati: Antonio Taguba ).

Le avete già lette anche voi, immagino. Eccole.

CAPITOLO 1: La lama che recise il cinema

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di Simone Ciaruffoli

turman.jpgTarantino non è il primo a dirci che la vendetta è un fuoco che arde senza mai spegnersi. Che non si ferma di fronte a nulla, non ascolta nessun refolo di vento e nemmeno l’umido delle lacrime. Questo ce l’ha insegnato il cinema prima di lui e ancor prima la letteratura.

Quanto è importante allora la vendetta? Se parliamo di drammaturgia la vendetta è il motore scatenante degli eventi. Il combustibile che valicando pendii e odore di morte ci traghetta dall’inizio di un racconto alla sua quanto mai tragica e conosciuta fine.

La scoperta del romanzo

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Corso di aggiornamento in collaborazione con la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento
primavera – autunno 2004
Sala riunioni I.T.I. Marconi
Via P. Monti S. Ilario
Rovereto

“Il ciclo sul romanzo, diviso in sette sezioni, che non sono altro che sette modi possibili di esplorare il suo territorio, è stato concepito con un duplice intento: dare la parola non solo agli specialisti, ma anche ai narratori, ai romanzieri stessi, i quali sono qui chiamati a controbilanciare la tendenza generale che pretende che essi si occupino solo dei loro libri; in secondo luogo, fare in modo che, sia pure a distanza, si instauri un dialogo tra la critica degli autori e la critica degli studiosi. Questo dialogo mi sembra più che mai necessario se non si vuole correre il rischio, di fronte all’inaudita svalutazione della riflessione estetica del nostro tempo, di ridurre il romanzo a un’arte decorativa, a un passatempo per un pubblico di eterni turisti in vacanza sulle rovine della storia, non più in grado di radiografare l’essenza del presente né di scoprire le possibilità inedite dell’esistenza umana che solo il romanzo può scoprire”.
Il coordinatore: Massimo Rizzante (Università di Trento)

Sito di Biagio Cepollaro

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Da circa un anno, periodicamente aggiornato, è sulla Rete il sito www.cepollaro.it del poeta Biagio Cepollaro che raccoglie vent’anni di attività letteraria. Il sito è concepito per una doppia navigazione: l’ascolto dei testi, in mp3 (si può ascoltare e intanto leggere un’antologia ‘sonora’) e la lettura degli scritti di poesia e prosa.

Oltre a video, foto, traduzioni, sono disponibili informazioni sulla rivista Baldus e sul Gruppo93. Si tratta di un sito-miniera, capace di raccontare attraverso la figura di Cepollaro, autore poligrafo (poeta, saggista, autore di un romanzo), alcuni momenti importanti dell’attività letteraria in Italia tra gli anni ’80 e il 2000, coinvolgendo una pluralità di voci, da Fortini a Pagliarani, da Amelia Rosselli a Balestrini.

La lingua è una pinza

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frasi pronunciate da Michele Mari
trascritte da Tiziano Scarpa

mari.jpgIeri pomeriggio ho partecipato a una conversazione con Michele Mari e Valeria Montaldi all’Università Statale di Milano, facoltà di Scienze delle Comunicazioni, in un corso sull’uso della lingua nella narrativa italiana degli ultimi vent’anni. Il corso è tenuto dalla professoressa Ilaria Bonomi. Ho trascritto molte delle frasi pronunciate da Michele Mari. I titoli dei paragrafi sono miei, benché a volte siano perifrasi di ciò che ha detto Mari. In qualche caso riprendono le domande e i temi di discussione proposti dalla professoressa Bonomi. (T.S.)

Le parole che mancano: appunti per uno studio linguistico dei film pornografici

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di Francesca Serafini

antecopcarvelli5.JPGA giorni uscirà in libreria il volume di Roberto Carvelli La comunità porno. La scena hard italiana in presa diretta (Coniglio Editore, collana Maxima amoralia), un’indagine nel settore della pornografia che dà voce a registi, maestranze, attori e produttori del cinema hard core italiano, esplorando anche il mondo sotterraneo delle riprese amatoriali vere o presunte, il popolo di internet e quello delle chat. Pubblico su Nazione Indiana la postfazione che Francesca Serafini ha scritto al volume. Ringrazio Francesca e Roberto per la disponibilità.

Quando Roberto Carvelli mi ha parlato per la prima volta del suo progetto cercando di coinvolgermi, ha suscitato in me curiosità e sospetto. Con gli stessi stati d’animo consegno a lui e a questo libro la mia breve testimonianza, costituita da pochi dati acquisiti e da una serie di premesse e digressioni non richieste. D’altra parte penso che Hans Blumenberg abbia ragione quando sostiene che «Possiamo esistere solo perché facciamo digressioni. Se tutti andassero per la via più breve, arriverebbe uno soltanto». E questo è un libro a più voci, perciò è necessario che arrivino (so che l’ambito avrebbe richiesto vengano) tutti quanti, me compresa.

Dialogo sull’entropia (#2). Una tazza di tè verde.

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di Antonio Sparzani e Dario Voltolini

dadi.gifAspetta un attimo prima di compierlo. Non credo di aver capito bene la questione della probabilità. Mi stai dicendo che c’è una contraddizione nella descrizione degli stati macroscopici come equiprobabili? Puoi spiegarmi meglio? Sono Simplicio, qui dentro!

Un’altra cosa marginale sulla probabilità. Se io dico che la probabilità che il lancio del dado dia 1, o 2, o 3, o 4, o 5, o 6 è la stessa, cioè 1/6 (dico bene?) dico una cosa vera (la proposizione che enuncio è vera) oppure dico una cosa che non so se sia vera o no? Nel secondo caso quello che io dico sarebbe una pseudoproposizione. Ma nel primo caso la sua verità sarebbe piena e completa, come quella di ogni altra proposizione vera (Frege diceva che la verità non sopporta un più o un meno). Sollevo questo dubbio semantico perché mi interessa capire che tipo di oggetto linguistico sia un’asserzione probabilistica. O meglio: può essere figlia dell’ignoranza una proposizione certa? Se sì, grazie a quale magia?

Una mostra a Forlì

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Locandina scaricabile qui: Download file

Cartina di Forlì: Download file

Dario Voltolini

Dialogo sull’entropia (#1). Una tazza di tè verde.

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di Antonio Sparzani e Dario Voltolini
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[Nell’ambito della rassegna Embrioni e trame curata dal nostro indiano Giorgio Vasta, da Giuseppe Testa e da Antonella Parigi, alle ore 21.00 dello scorso giovedì 25 marzo ho avuto l’onore e il piacere di incontrare pubblicamente Antonio Sparzani (fisico, insegna Fondamenti della Fisica e collabora con la cattedra di Filosofia della Scienza dell’Università di Milano; nel 2003 presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Relatività, quante storie. Un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto) al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. Il titolo dell’incontro era L’istinto del narratore contamina la scienza? – Quando e in che modo l’impulso a raccontare storie – che è comune a tutti, scrittori o scienziati che siano – è in grado di modificare sostanzialmente la percezione che abbiamo della scienza? Con Antonio ci si era incontrati qualche giorno prima in un lussuoso caffè di Torino per “annusarci” in vista dell’incontro e per stabilire un minimo di scaletta per la serata. Ora, a manifestazione finita, con Antonio vorrei ritornare su un punto che mi ha colpito molto, fra tutti quelli che lui ha toccato nel suo intervento, e che riguarda il concetto fisico – ma anche ormai di uso comune – di “entropia”. C’è molto da scavare in quel concetto. Antonio ha accettato di parlarne con me in questo dialogo per Nazione Indiana. Lo ringrazio infinitamente per la sua disponibilità. Cominciamo. D.V.]