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La narrazione delle mie relazioni tecniche

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di Mauro Gorrino

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Quando non scrivo di cose varie, faccio il consulente informatico e scrivo. Scrivo relazioni tecniche, in italiano o in inglese, secche, schematiche, precise e prive di ambiguità, popolate da un dizionario di circa 300 parole, raramente di più. E anche se variano gli argomenti trattati, anche se sono diversi gli obiettivi, mi pare che le mie relazioni tecniche siano costruite attorno a un numero ristretto di schemi narrativi.

Può sembrare strano, ma anche le relazioni tecniche raccontano delle storie. Si tratta di storie dalla trama molto semplice e, anche quando toccano problemi tecnici molto complessi, sono costruite in modo ripetitivo attorno agli schemi più antichi e rassicuranti della narrazione.

Dialogo sull’entropia (#6). L’Aristogas.

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di Antonio Sparzani e Dario Voltolini

Helium.gifCaro Antonio, rieccomi a tediarti con le mie richieste. Intanto ti dico che ho preparato un tè verde dello Yunnan che si presenta in una simpatica scatola cilindrica di cartone verde. Il contenuto è avvolto in una carta molto croccante, ed è una specie di nido fatto di foglie pressate. Molto piacevole. L’ho comprato in un negozio di fronte alla sinagoga, in piazzetta Primo Levi, qui a Torino.

Veniamo alle nostre molecole di gas. Magari puoi scegliere dal sistema periodico un elemento per gli esempi, così citiamo Levi una seconda volta!

Dicevi della temperatura, della velocità, della media e della direzione.

Ricominciamo? Vai!

Dario

La scena della risposta #2

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sbobinato da Tiziano Scarpa

totcr.jpgIL MIO AMICO CRITICO: Sei un po’ vago… Dimmi chiaramente quale sarebbe l’alternativa al mio modo di fare critica.

IO: Quella della seconda scena che ti ho descritto prima. La scena della risposta. Tu, come critico, agli scrittori non devi dare una valutazione estetica, ma una risposta. Non devi dire se certe opere corrispondono o no a un’operazione estetica accettabile, ma devi dare una risposta! Gli scrittori, con i loro libri, parlano! Non sono lì per farsi dire “bravo” o “incapace”! Non siamo a scuola. Nei nostri libri diciamo delle cose. Tocchiamo grumi, nodi, nervi! Vogliamo delle risposte. Non elogi o giudizi di valore.

Dialogo sull’entropia (#5). Una tazza di tè verde.

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di Antonio Sparzani e Dario Voltolini

tea_tranq.jpgSiamo così giunti al termine in questione: entropia.

Grazie alle fiaccole possiamo avere un’idea più visiva e meno astratta della questione. Non posso fare altro che domandarti, a questo punto e per mera funzione retorica: che cosa è l’entropia?

Prendere corpo, di Gherasim Luca

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da La fine del mondo (1969)

tradotta da Andrea Raos

Io ti floro
tu mi fauni

Io ti scorzo
io ti porto
e ti finestro
tu mi ossi
tu mi oceani
tu mi audaci
tu mi meteoriti

La scena della risposta #1

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sbobinato da Tiziano Scarpa

citic.JPGIO: Ce l’ho con te.

IL MIO AMICO CRITICO: Sai che novità.

IO: Ma mica perché parli male di me.

IL MIO AMICO CRITICO: Certo. Ce l’hai con me perché di te non parlo!

Il regalo della frase. A proposito di parentesi (e di virgolette)

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di Giorgio Vasta

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Una brevissima riflessione per ricollegarmi alla disputa in corso sul blog di Giulio Mozzi a proposito della libertà – e dell’opportunità – di far ricorso alle parentesi nella scrittura.

Riporto poi, a seguire, tre frammenti – da J. D. Salinger, da Antonio Porta e da Renato Rascel – che nella loro evidente eterogeneità possono venire letti come orgogliosa rivendicazione del diritto alla libertà di parentesi, ovvero alla libertà di frammentazione e rallentamento del discorso, nonché di moltiplicazione delle dimensioni temporali interne al discorso stesso.

I Diavoli e Madame Bovary

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di Andrea Muzzarelli

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Via, via volò l’aeroplano, finché non fu che una scintilla, un’aspirazione, una concentrazione, un simbolo (così sembrava a Bentley, che con vigore spianava il suo pezzetto di prato a Greenwich) dell’animo umano; della sua determinazione, pensò Bentley, girando attorno al cedro del Libano, a uscire dal corpo, ad andare oltre la propria casa, grazie al pensiero, ad Einstein, alla speculazione, la matematica, la teoria di Mendel – l’aeroplano volava via.

Virginia Woolf, Mrs Dalloway (1925)

Nel 1956 lo scrittore e drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt scrisse un racconto intitolato La panne. Il protagonista risponde al nome di Alfredo Traps: quarantacinquenne rappresentante di tessuti, egli conduce una vita che, tutto sommato, sembra soddisfarlo. Ha una moglie che tradisce – con discrezione e ben pochi sensi di colpa – durante i lunghi viaggi di lavoro, quattro figli, ed é appena riuscito a ottenere un’importante promozione che potrebbe dare una svolta alla sua carriera lavorativa. Di ritorno da un viaggio d’affari, un banale guasto al motore della sua auto lo costringe a pernottare in un piccolo paese.

Il giorno più bello

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di Tiziano Scarpa

lucgaucc.jpgIl Perugia si è salvato. Nel prossimo campionato resterà in serie A.
In tribuna, a fine partita, un giornalista si complimenta con il presidente della squadra:
“Il giorno più bello della sua vita!”, dice sorridendo eccitato, e gli porge il microfono.
Il presidente del Perugia risponde:
“Be’, uno dei giorni più belli della mia vita”.

Milan 1 – Nasirya 0

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Vorrei unirmi al coro di squallide illazioni scatenate dal fatto che il nostro Presidente del Consiglio si tiene in costante contatto con Nasirya mentre partecipa alla festa per il meritato scudetto del Milan.
Dario Voltolini

Dialogo sull’entropia (#4). Una tazza di tè verde.

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di Antonio Sparzani e Dario Voltolini

occhiomosso.gifOops! Ho cannato l’esempio della fiaccola. Non sto qui a dirti cosa volevo realmente dire. Accetto la tirata d’orecchi con piacere e la prossima volta starò più attento a spiegarmi. Per ora passiamo senz’altro alla cosa sui dadi, che mi è chiara e che è simile a quella che volevo dire io. Per cui riprendiamo dal dado. Ho capito. Ho digerito anche il paesello. La parola chiave, “raggruppare”, è tutta centrata sull’osservatore e non sulla cosa osservata. Siamo noi che raggruppiamo, e siamo sempre noi che leggiamo la realtà una volta raggruppata: tra l’altro, a questo punto è difficile non trovare conferme, non è così?

Ancora domenica. La papera del tempo

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di Giorgio Vasta

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Il pomeriggio della domenica è poroso e assorbe tutto. Il pomeriggio della domenica è un sentimento oleoso. Non c’è modo di resistere. Non è un tempo dal quale è possibile restare fuori (ce ne sono alcuni che ti permettono di scorrergli attraverso senza che prendano possesso di te, senza farti sentire il loro tallone sulla testa).

Il pomeriggio della domenica è un tempo di detenzione quieta (anche i suicidi, numerosissimi la domenica pomeriggio, avvengono quieti: solo qualche gocciolina di sangue che cade intorno al polso, poche e leggere, sangue leggero, nulla di troppo aggressivo – e il corpo dell’impiccato cedendo non scalcia, ha solo una lieve oscillazione, lenta e pesante, riposante).

Il barocco inevitabile

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di Riccardo Ferrazzi

picasso_corrida.jpgCarlo V (che gli spagnoli chiamarono e continuano a chiamare Carlos primero) si ritrovò a capo di un impero mondiale nel 1519, neanche due anni dopo che Lutero aveva affisso le sue novantacinque tesi sulla porta della chiesa di Wittenberg.

Tre studi per Abu Ghraib

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di Federica Fracassi/Teatro Aperto

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A proposito di immagini, immaginario,verità, rappresentazione, abominio, inconscio, composizione porto lo sguardo sull’opera di Francis Bacon a cui penso ossessivamente in questi giorni.
Giorni che si stanno facendo abitudine di performances che oltrepassano il segno artistico, mandando in cortocircuito i rapporti tra realtà e rappresentazione.

Emily Dickinson: 5 poesie

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traduzione di Massimo Sannelli

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Troppo vile la morte
Per te: un Greco lo può.
Vivere, Amore, è peggio –
E ti offro anche questo –

La Morte scarsa è morta,
Ma nella vita esiste
La Morte in molti modi,
Senza il Sonno dei morti.

TRE DIALOGHI CON LA MORTE

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V. DI T. PYNCHON, INFINITE JEST DI D. F. WALLACE, TUTTO SU MIA MADRE DI P. ALMODÓVAR

di Alessandro Garigliano

scacchi.jpgHo confrontato tre opere che hanno ben poco in comune. Mi pare un attacco niente male per convincere il lettore a lasciare perdere o a farmi incatenare. In realtà mi sono convinto che a intime profondità tutt’e tre le opere di cui voglio trattare siano sovrastate dalla morte. Per morte non intendo solo il fenomeno metafisico che ispira gesti scaramantici, ma anche ciò che riguarda l’eternità, e con essa l’infinito.

La morte intesa come quotidianità avvilente, o, a livello individuale, come resa delle speranze. Estinzione dell’originalità. Per me, la morte getta la sua ombra anche nel quadro sociale, con l’emarginazione.

Un nuovo internazionalismo # 3

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di Una città

Generale.jpgChe fare allora? Si resta a guardare, senza reagire, venir avanti la “terza ondata” fascista? (La chiamò così André Gluksmann in un’intervista preveggente: dopo il nero e il rosso, quello verde).
Intanto è prioritario combattere e sconfiggere con le armi della democrazia queste destre guerrafondaie e autoritarie. Con questo non si vuol dire, sia chiaro, che Bush sia più malefico di Bin Laden, ma che fa più danni sì, e fra questi c’è il vantaggio enorme dato agli islamisti con i propri errori, la propria arroganza stupida, l’incapacità di capire gli altri. Su questo a sinistra non può esserci alcun compromesso, non può funzionare alcun ricatto in nome dell’Occidente, di radici cristiane e nazionalismi vari. Con un democratico marocchino o algerino che per amore della libertà di stampa rischia la galera con il suo governo e la vita con le bande dei fondamentalisti c’è una consonanza e una simpatia totali; con le destre di Bush e Sharon c’è un abisso, incolmabile. Sarebbe tempo, in nome di un nuovo internazionalismo democratico, di fondare una nuova Internazionale…

Un nuovo internazionalismo # 2

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di Una città

Isr-Pal2.jpgPoteva andare diversamente?
Forse dalla guerra all’Irak non poteva venir nulla di buono. E’ stata una guerra di invasione, illegittima perché al di fuori di ogni regola del diritto internazionale e, peggio, politicamente criminale perché ha strumentalizzato i morti delle Torri e la lotta al terrorismo (che quindi si continuava a sottovalutare) per perseguire, con una campagna di menzogne, tutt’altro obiettivo: acquisire, attraverso la conquista dell’Irak, che con il terrorismo non c’entrava nulla, una posizione di supremazia sullo scacchiere geopolitico internazionale.
Ora, la furbizia in politica forse può essere usata, ma solo per facilitare il perseguimento di un obiettivo dichiarato (“Rambouillet” per far finalmente cadere Milosevic e salvare il Kossovo), mai per far passare interessi e obiettivi inconfessabili. Diventa solo cinismo che si associa, spesso e volentieri, con la stupidità.
Nel suo piccolissimo anche Aznar ha tentato di fare il furbo. Doveva semplicemente dire: “Spero solo che a fare questo scempio non sia stato uno spagnolo”. Ha lasciato intendere che desiderava ardentemente il contrario per non essere danneggiato alle elezioni. Di fronte ai corpi straziati di tanti suoi concittadini ha pensato alle elezioni, cioè a sé. Così, alle elezioni, ci hanno pensato anche tanti altri.

Un nuovo internazionalismo # 1

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di Una città

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Riproduco qui l’editoriale dell’ultimo numero di “Una città”, una straordinaria rivista di approfondimento che vale la pena di cercare e di leggere. Questo editoriale è stato scritto prima dei tragici eventi delle ultime settimane, che non fanno che rendere più agghiacciante un quadro di prepotenza e ottusa sopraffazione imperiale comunque già evidente fin dall’inizio di questa sciagurata avventura. (A. M.)

“C’è una cosa particolarmente nauseante nella brutalità americana. Non solo perché essa si accompagna a un discorso tanto ambiguo su democrazia, libertà e pace, ma perché è così scoperta, così grossolana, in un certo senso così fine a se stessa, uno sport, un affare tecnico. Potere Potere Potere. Ma non sospettano che il potere può essere speso molto più rapidamente dei soldi?”
Con questa citazione di Nicola Chiaromonte, tratta da un articolo contro la guerra del Vietnam, Gregory Sumner a proposito dell’avventura “preventiva” irakena, nel numero del marzo 2003 di Una città, metteva in guardia dal pericolo di un “pantano vietnamita”.

Trittico

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ALBA_DONATI__SMALL.jpg8821159027.jpgdi Alba Donati

I gatti

Quieti e calmi i miei due gatti
stanno dove sto io,
se studio, nello studio
se dormo, sul letto
sulle sedie se cucino.
Amano la compagnia.

Chissà che fanno quando non ci sono
quando devono bastare a se stessi.

A proposito della libertà oggi…

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di Filippo La Porta

popper.jpgNel riferimento dell’ultraliberale Popper all’“interferenza” mi colpisce l’accento posto non tanto sui “miei” diritti (che sempre si accompagnano alla forza per affermarli) quanto sul “mio”dovere di autolimitarmi (di fronte all’altro). E, come sapeva il liberal-socialista Calogero, sono proprio io che decido di far esistere l’altro, che lo “invento”come persona morale, attraverso un libero atto immaginativo e una scelta gratuita.