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I morti dimenticati [1]

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di Marco Aliprandini

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a J.P. che con pazienza mi ha raccontato la storia di un suo zio mai conosciuto

Alois, riguardando la sua vita con gli occhi lenti della vecchiaia, spesso pensava che tutto ciò che gli era successo, tutti gli avvenimenti piccoli o grandi che lo avevano attraversato, potevano essere visti come alberi, come gli alberi di mele a cui aveva lavorato fin da bambino. Ogni storia ha radici, diceva, tante radici, un tronco e rami sparpagliati qua e là come le radici. Radici aggrappate alla terra e rami allungati nell’aria alla ricerca di un appiglio. Anche i ricordi erano per lui come alberi e anche loro, i ricordi, avevano radici immobili e tanti rami che, nei giorni di vento, potevano perfino ferire.

Da “Versi nuovi”

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di Biagio Cepollaro

secondo incipit

sono vere queste nostre
prove d’amore e davvero
dovremo in un punto
di botto
interromperci
come tutto il resto
come tutti. a questo
ho pensato quando
con busta gialla e radio
grafia mi son visto
in metropolitana e poi con bocca
aperta attendere
seduto davanti
a tubo catodico che scruta
scocco di sentenza

PICTA XXII

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di Tiziano Fratus

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in africa gli elefanti sopravvivono agli umani (con o senza gonna)
nonostante il nobile bracconaggio

Simposio sull’inquisizione

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di Adriano Petta

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A sei anni dal SIMPOSIO INTERNAZIONALE SULL’INQUISIZIONE, svoltosi in Vaticano nel 1998, un imponente volume di quasi 800 pagine ne raccoglie gli atti che confermano la cinica spietatezza di quel sistema di dominio e annientamento. Un metodo e una ideologia che continuano a seminare dolore e morte.

REPUBBLICA NOSTRA

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Venerdì alle 17 al Teatro Strelher e alle 22,30 al fossato del Castello Sforzesco sarà proiettato il documentario di Daniele Incalcaterra (Francia, 1995) “Repubblica nostra“. E’ un’occasione più unica che rara, dato che il film, prodotto in Francia, racconta il periodo che va da Mani Pulite alla fine del primo governo Berlusconi, un pezzo di storia italiana dei più convulsi ma che evidentemente non interessa a nessuno, dato che nè i distributori cinematografici italiani nè nessuna televisione (eccetto un passaggio su Planete) lo ha mai comprato. A detta di coloro che l’hanno visto (soprattutto all’estero) è un lavoro davvero notevole.

A proposito di chi si chiede perchè da noi non si facciano documentari come quello di Moore…

g.m.

Appello in difesa della Scuola d’Arte del Castello Sforzesco di Milano

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La Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano fu fondata per Regio Decreto nel 1882 e da allora ha vissuto una storia prestigiosa, formando grandi artisti e competenti artigiani, adattandosi via via ai tempi che cambiano, giungendo ai giorni nostri con un’offerta formativa che comprende le seguenti discipline: tecniche pittoriche, incisione, restauro, affresco e tecniche murali, mosaico, vetrata, design tessile, illustrazione, fumetto, progettazione grafica.

Peculiarità della Scuola sono la possibilità offerta agli allievi di sperimentare percorsi interdisciplinari, il costo contenuto e l’orario serale, caratteristiche che fanno del “Castello” un punto di riferimento metropolitano per i giovani (e non solo) che vogliono apprendere l’arte nel tempo libero dal lavoro o dagli studi, e a cui son dati gli strumenti per approfondire lo sviluppo amatoriale della creatività ovvero per intraprendere un percorso propriamente professionale.

La Scuola del Castello per necessità statutaria non porta profitto. Forse anche per ciò versa in grave pericolo:
negli ultimi dieci anni il Comune di Milano ha progressivamente negato alla Scuola i fondi che le versava per il telefono, i commessi, le spese di funzionamento, le affissioni.
Nel 2000 la Scuola è stata “cacciata” dalla sede storica, naturale e statutaria del Castello Sforzesco, riducendone gli spazi d’uso ed allontanandola dalla stazione Nord che permetteva a molti allievi di raggiungerla agevolmente dall’hinterland.

Omosessualità e identità italiana

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di Tommaso Giartosio

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[Le pagine seguenti sono tratte dal cap. 8 del mio Perché non possiamo non dirci. Letteratura, omosessualità, mondo, pubblicato a giugno da Feltrinelli. Ringrazio l’editore per avere autorizzato la pubblicazione in rete.]

[…] Hai parlato del Risorgimento come di un momento importante di elaborazione dell’identità maschile, omosessualità inclusa. Ma questa è un’affermazione gravida di conseguenze. Non significa, in ultima analisi, che l’omosessualità svolge un ruolo particolare in quella che potremmo chiamare “l’identità italiana”?

Fai bene a esprimerti con cautela. I teoremi sull’identità nazionale hanno un valore limitato. Non li si può considerare né “veri” né “falsi”; non li si può mai applicare a tutti i cittadini; descrivono sempre un passato che è in parte sconfessato dal presente; disegnano come un singolo, autonomo identikit quella che forse è solo l’area di sovrapposizione di insiemi diversi; e puzzano di nazionalismo e razzismo. Con tutto ciò, “cosa significa essere italiano?” non è una domanda priva di senso.

Una domanda “debole ma non insensata”?

Esatto. E poi della dimensione sessuale, in questi anni di rinnovate riflessioni sull’”identità italiana”, non si è parlato molto (con una eccezione che poi ti dirò). Possiamo provare a farlo noi, anche se temo che come al solito avrò più da dire sul lato maschile della questione.

Io so solo che non ho mai parlato tanto di nazione e di tradizione. Mi sembra di essere uno di questi Rosmini Papini Prezzolini Mussolini Follini Frattini Fini…

Io mi terrei a Mazzini, Pertini, soprattutto Zavattini. E magari Pasolini. Ma hai ragione, è davvero poco più che un gioco.

E proviamo a giocare!

Il documentario come ortopedia dello spirito 2

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Di Andrea Inglese

(In agosto è apparso un pezzo con lo stesso titolo, dove raccoglievo qualche riflessione sull’arte del documentario. Ora martellerò soprattutto su Fahrenheit 9/11. A. I.)

Appena uscito nella sale italiane, il documentario di Michael Moore ha provocato, a sinistra, due autorevoli anatemi: quello del professor Cacciari, su “Repubblica” del 25 agosto, e quello di Luca Sofri, su “Vanity Fair” del 26 agosto. Di certo, non si tratterà degli unici anatemi contro Moore, né forse dei più convincenti. Ma non riesco ad ignorarli del tutto, avendo avviato qui una riflessione sul documentario, proprio alla luce di Fahrenheit 9/11.

IN MEDIO STAT VIRTUS, appunti becerofilosofici su arte, scienza e architettura.

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di Gianni Biondillo

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Sappiamo (come da ogni buon manuale di filosofia) che l’estetica è concetto e disciplina relativamente moderna, nasce intorno alla metà del Settecento (il primo a parlarne è Baumgarten) come disciplina filosofica che tratta il conoscere sensibile (nell’accezione kantiana).

IVAN LINS: UN ARTISTA “SEMPLICE”.

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di Franz Krauspenhaar

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Ivan Lins è un grande musicista e, credo, un’ottima persona. Nato a Rio De Janeiro nel 1945, è stato influenzato dalla bossa nova fin dagli inizi della sua carriera (primi anni settanta) ma anche dalla musica americana. Un autodidatta figlio della media borghesia, con una faccia da bravo ragazzo. Che da piccolo studia in un collegio militare e più tardi chimica all’università. Intanto suona il piano con un trio e ascolta musica con curiosità vorace; e inizia a comporre. Va in televisione, ha un certo successo, è un cantante di musica “leggera”. Incide il suo primo LP, ”Agora”, nel 1971.

Le poe

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di Francesca Genti

BISCOTTO SECCO A FORMA DI ANIMALE

fatto con uova di coltivazione
fatto con tuorli senza sapore
con latte a lunga conservazione.

in stampini a forma di leone

di gatto lince zebra e cane
di orso panda mucca alligatore.

W

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di Dario Voltolini

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Causa vinta per Carla Benedetti. Il Giudice respinge la richiesta di Pedullà.

Storia di Abdelali, migrante

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di Marco Rovelli

cellavulpitta.jpgUno sguardo azzurro, sorpreso da una foto tessera. Gli anni – diciannove – che non compaiono sul volto. Ma stanno tutti dentro, e sono molti di più.
In Marocco quegli anni non c’erano ancora. Abdelali se li è venuti a prendere in Italia. Ha raggiunto il padre, che si è messo in regola. Anche lui può stare qui, adesso.
Abdelali fa amicizia, s’impara presto a stare nelle strade di una città nuova che ti nutre. Abdelali impara a stare nei carruggi di Genova. E’ un ragazzo come gli altri, agli altri è legato dall’età, il confine di stato si fa presto a dimenticarlo. Basta un gesto per abbatterlo, e Abdelali ne fa tanti di gesti che lo accomunano agli altri. Come quello di arrotolarsi una sigaretta di hashish, come quello di comprare un po’ di più di fumo per rivenderlo e potersi permettere qualche piccolo piacere. Tanto più che il corpo di Abdelali comincia a prendersi anni troppo velocemente: lo stomaco a volte si piega dal dolore, e vomita sangue. In ospedale lo trattengono, e per un po’ quella è la sua dimora. Lo operano in fretta, gli aprono la pancia, poi lo sottopongono a sedute interminabili.

Tifosa

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di Federica Fracassi

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Non c’è che dire: essere l’unica donna in compagnia di quattordici uomini per una settimana ti cambia la vita e anche la postura.

In ricordo di Sandro Onofri

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di Massimiliano Governi

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Roberto, cinque anni fa, a settembre, è morto Sandro Onofri. A te ho parlato spesso di lui – via email, e anche l’unica volta che ci siamo visti – e non so perché. Forse perché collabori a quello che era il suo giornale, il giornale che lui, insieme ad altri, ha fondato. Ti ho raccontato anche quella mia assurda avventura ospedaliera.

Pipistrelli

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di Sergio Nelli

bat.jpgOrmai da tre anni una coppia di pipistrelli torna ad abitare una delle finestre della mia casa nell’oltrarno fiorentino. Vivono una parte della stagione nella zona di scorrimento di persiane incassate che si sono bloccate da tempo e che io lascio fare perché si tratta di una stanza in cui non si dorme. E’ la finestra di fronte al mio tavolo da lavoro e vicina all’apparecchio televisivo.
Tutti noi, mio figlio, M. e io, ci siamo abituati a questa presenza estiva, che ci rivela il guano sul davanzale e gli svolazzi crepuscolari e notturni.
La sera spesso guardiamo la televisione e mentre siamo lì sul divano, illuminati dal lucore del video, i pipistrelli vanno e vengono secondo tempi per noi imprevedibili e misteriosi. Sembrano concentrare la loro attività in momenti di caccia frenetica per poi scomparire come felini sazi dopo un abbondante banchetto.
A volte non si vedono per giorni, per settimane, come se avessero una seconda dimora.

Non si risparmino i bambini

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di Sergio Baratto

Non si risparmino i bambini
i piccoli ventri gli occhi a palla dei bambini
i corpicini i culi sporchi dei bambini
si faccia macello dei bambini
ci si schermi coi bambini
piccoli stronzi bambini
nemici in germoglio i bambini
non ci si trattenga coi bambini
si facciano a pezzi i bambini
dentizioni di bambini
scarabocchi di bambini
escrementi di bambini
cattiverie di bambini
teste tonde di bambini
si faccia scempio dei bambini
nessuno è innocente nemmeno i bambini
si sgozzano in fretta i bambini
si svuotano in fretta del sangue i bambini

***

“Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta lì finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo.”
…Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù.

Le divinità se la battono, i prodotti difettosi della creazione restano soli qui a versare o buttar sangue.

Centocinque mistico

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di Piero Vereni

ATAC-Bus.jpgNon sono ancora le sei di mattina, e aspetto il 105 all’altezza di Torpignattara. Ho sonno, sono come al solito un po’ scocciato per questa gestione casuale dei tempi. Vengo dalla terraferma veneziana degli anni Settanta, dove gli orari di autobus e vaporetti erano filastrocche che imparavamo da bambini (cinque-venticinque-quaranta-cinquantacinque, sei-ventuno-trentasei-cinquantuno) e che ci hanno addestrati all’idea che ci sia una correlazione tra i nostri fini (arrivare in orario) e i mezzi (pubblici) per ottenerli. Trasferitomi a Roma a metà degli anni Ottanta, ricordo lo sbigottimento irritato dell’addetto Atac cui mi rivolsi per sapere quale fosse l’orario dello zerouno: “Orario de che? Quanno ce sta, parte”.

L’oltre, l’altro e l’altrove

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Intervista ad Alessandro Bergonzoni

Bergonzoni1.jpgdi Federica Fracassi e Jacopo Guerriero

Con geologica velocità continua la nostra serie di incontri con i Comici (da notare la “C” maiuscola). Buona lettura

Una piccola storia partigiana

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di Sergio Baratto

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Così, nel Partigiano Johnny, Fenoglio descrive l’arrivo sui colli sopra Alba di un gruppo di trecento alpini disertori:

“Non avevano ufficiali, ed erano condotti da sergenti, come loro fratelli maggiori. I sergenti fecero formare quadrato e ordinarono il presentatarm. Poi vi fu la fusione e l’abbraccio. Johnny con Pierre si tuffò nel vortice, e vennero salutati, paccati, baciati e smorfiati tutto in reciprocation; commisurarono, in quel gorgo, le loro armi e divise, i disertori offrendo tutto di sé per aver di che cambiare in loco ed all’istante le loro vergognose assise fasciste, offrendo addirittura per spogliarsi anche parzialmente di quell’onta le loro stupende semiautomatiche tedesche per le toy-weapons della maggioranza partigiana. Parlavano e gridavano in schietto veneto, la dolcezza dell’inflessione violentata dall’altitudine del grido, ed un urlo di indignazione e vergogna scoppiò quando seppero che alpini veneti come loro presidiavano per i fascisti la città di Alba. Pregarono d’esser mandati istantaneamente addosso a quelli e di ucciderli, ucciderli tutti. – Tedeschi porci e repubblica anche più porca! – urlava un biondo di loro, incredibilmente giovane e massiccio, aerando la sua divisa come per sgombrarne il lezzo segoso e ferale delle baracche tedesche. – Semo fradeli, ostia! Come potevamo venirvi contro, fradeli! – Avevano uno strano stile d’insulto, non pareva insultassero, ma solo recriminassero e recriminando uccidessero. L’inflessione non gli consentiva il supremo insulto; pieni e maturi e perfetti erano, come voce, nell’esprimere amore”.

Michael Palmer, “Sette poesie dentro una matrice da guerra”

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Michael Palmer, At Passages

Michael Palmer, At Passages
tradotte da Andrea Raos

 

 

 

Costruzione del Museo

Nel cratere che trovammo di fianco alla strada
qualcosa sarebbe entrato alla fine

Nomi che vedemmo sillabati al contrario

Nella sabbia trovammo una tavoletta

Nei crateri delle bombe
che sono intelligenti potremmo trovare una mano

È la mano che scrive
la mano che sogna un cratere

a sinistra e a destra di ciascuna mano