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Pinochet: ingiurie

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di Henri Deluy (n. 1931)

I

Una faccia
Di topo
In bocca,
Rode.

Istruzioni per la creazione di ordigni esplosivi #3

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di Tiziano Scarpa

kamikaze2.jpgCon questa minuscola sillaba ti sposo

Nel diario non si fa soltanto rappresentazione. La rappresentazione è un’altra delle acquisizioni meschine che molti critici si aspettano dagli scrittori. Rappresentare, rappresentare, rappresentare sempre. Il tipico, il generico, la storia emblematica, la classe sociale, l’Italia di oggi, il paesaggio antropologico…

Istruzioni per la creazione di ordigni esplosivi #2

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di Tiziano Scarpa

cartelloStrad.jpgIl diario è una bomba nucleare fatta in casa

Io non tengo un diario soltanto per ricordare eventi. Scrivo il mio diario anche per sviluppare idee, annotare intuizioni, progetti di libri da scrivere. Nel redigere quello che mi è successo, io faccio uso del mio passato.

Penso che il diario sia una delle potenzialità più esplosive della letteratura attuale e futura.

Istruzioni per la creazione di ordigni esplosivi #1

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di Tiziano Scarpa

bomba.jpgIo non ricordo quasi niente di quello che faccio. Quando penso al mio passato, non so bene che cosa dire. Le cose mi vengono in mente per categorie, per somiglianze, non per sequenze temporali. Le connessioni del mio cervello non sono narrative. Non riesco a riassumere decentemente un film, però mi ricordo nei dettagli alcune scene che mi hanno colpito, ma che non saprei ricollocare dentro il flusso del prima e del dopo. Non so ricostruire l’intreccio di un romanzo, ma ricordo con precisione quando è comparsa la parola “caffettiera”: mi ricordo bene la posizione nella pagina, a che altezza era la riga.

L’impero e i sensi

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Conflitto permanente: cronaca dei modi che il cinema propone per aggirare l’Impero: Venezia 2004

di Sparajurij/Pan

biennale.gif In questo scorcio d’arte cinematografica d’autunno e di Festival di Venezia 2004, era volgare, i temi conduttori, con singolari rimandi tra film e cinematografie diverse, sembrerebbero essere in ordine sparso:
la ricerca del corpo giovane, l’irrazionalità della storia e della vita ai tempi dell’Impero dallo sperma, al feto, all’aborto, al tavolo anatomico, con un occhio particolare alle disabilità e all’ipotesi dell’eutanasia.

La Terra del Fuoco # 2

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di Antonio Moresco

Tierra del Fuego 2.jpgE’ passato un giorno. Il tempo è cambiato, come succede qui, che cambia continuamente anche all’interno di una stessa giornata. Adesso piove, fa freddo. C’è una luce plumbea, lunghe striscie grigie di nubi tagliano in due le montagne. Siamo nel Parco Nazionale, con le sue foreste fredde, le sue lagune e le sue baie, i faggi che qui si sono modificati e sono diventati dei sempreverdi, gli altri alberi tra i cui rami ci sono grandi sfere di vischio, dai tronchi ricoperti di licheni, attaccati da cancri ed esplosi qua e là per un’abnorme produzione di ormoni. Ce ne sono dappertutto. Grandi escrescenze esplose di legno e tutt’ intorno distese di alberi morti, scortecciati o ricoperti di licheni, perché anche gli alberi muoiono e se non vengono tolti rimangono in mezzo ai vivi. E poi ci sono i castori, che qui sono più grandi del normale, sono lunghi un metro, e portano la morte dappertutto, sono un vero flagello per queste foreste. Perché le zone dove si fermano e scavano le loro tane e costruiscono le loro dighe presentano dopo un po’ un impressionante spettacolo di morte vegetale. Distese di cadaveri verticali di alberi in mezzo agli altri alberi che qui crescono lentamente per il freddo. Ci vogliono 80 anni perché riesca a crescere un albero di dimensioni medio-piccole. Figurarsi quanti ce ne vogliono per gli alberi grandi! Si vedono ancora le zone con i mozziconi degli alberi abbattuti dagli ergastolani, quelli tagliati raso terra durante l’estate e quelli tagliati a un metro d’altezza durante l’inverno, in mezzo alla neve.

La Terra del Fuoco # 1

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di Antonio Moresco

Tierra del Fuego.jpgSono a Ushuaia, la città più australe del pianeta Terra, la fine del mondo. Cinquecento chilometri più in giù c’è l’Antartide. Poco prima di atterrare sulla striscia di terra circondata dal mare, e che l’areo planasse a lungo sull’acqua prima di toccare la pista, ho visto dall’alto le montagne ricoperte di foreste fredde e le nevi sopra le cime. Qui c’è una strana luce. Il cielo è quasi completamente coperto da un gran numero di nuvole bianche eppure il bagliore è così forte che bisogna stringere gli occhi. Giovanni misura con l’esposimetro la sua intensità. “Questa è la fabbrica della luce!” mi dice.

Lungo la banchina del porto è in corso la festa dei pescatori fueghini. C’è molta gente, uomini e donne con la pelle scura, dall’aspetto un po’ indio. Sotto un grande tendone un gruppo di bambine in grembiule bianco, annunciato come “Coro Voces Jovenes del Fin del Mundo”, canta una canzoncina sulle “Malvinas argentinas”. Tutt’intorno ci sono dei capanni di legno dove cucinano ed espongono grandi pesci e quegli enormi granchi rossi di nome centollas che ci sono qui. E’ il primo anno che fanno questa festa e pare che sia venuta gente anche da altre zone della Terra del Fuoco, da Santa Cruz e persino da Puerto Williams, la base militare cilena dall’altra parte del Canale Beagle, sull’isola di Navarino

RI(S)CATTO

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di Giovanni Maderna

Ho seguito, come tutti, la vicenda delle volontarie rapite e poi rilasciate in Iraq.
Ho alcune perplessità, per la verità un po’ angoscianti, che vorrei condividere con questa comunità.
Si tratta soprattutto del rapporto emotivo, direi addirittura affettivo, che si può instaurare o meno nei confronti di questo nostro paese.

Razione funebre

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di Andrea Bajani

Che brutta morte che ti hanno organizzato, in questa chiesa romana con le impalcature dentro e l’odore acre di vernice e i calcinacci. Quei pochi che c’erano stavano un po’ in piedi e un po’ seduti nelle poche file di panche che ci avevano lasciato i muratori. Te ti hanno spedito col furgone, dopo averti inchiodato alla bara dentro casa e averti lasciato in consegna all’operosa e nerboruta burocrazia delle pompe funebri.

Sentenza del Tribunale di Torino

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TORINO
SEZIONE IV CIVILE

II giudice istruttore Antonio Carbone, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente sentenza nella causa civile iniziata con atto di citazione notificato in data 26.8.02, promossa da:

PEDULLÀ Walter (parte attrice)
contro
BENEDETTI Carla e BOLLATI BORINGHIERI EDITORE s.r.l. (convenuti)

Oggetto: diffamazione a mezzo stampa.

L’origine del male

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di Niccolò Ammaniti

train.jpg.gifIn Train dello scrittore americano Pete Dexter ho trovato un mucchio di cose che mi piacciono: una esaltante descrizione del mondo criminale nella Los Angeles degli anni Cinquanta, una storia d’amore silenziosa, un’amicizia disperata tra un pugile suonato e un caddy e una figura di detective così convincente che mi ha rimesso in pace con la categoria degli investigatori.

Da un po’ di tempo ho maturato un forte fastidio verso i detective, i poliziotti, i medici legali, gli antropologi forensi che infestano i gialli e i thriller e in special modo quelli che arrivano dagli Stati Uniti.

Arteallarte 2004

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di Elena Volpato

chiostrosanfrancesco.jpgAnche quest’anno a riaprire le danze delle esposizioni autunnali d’arte contemporanea è stata Arteallarte, una manifestazione giunta alla sua nona edizione, che chiede di volta in volta a nuovi curatori e nuovi artisti di misurarsi con i luoghi canonici della bellezza artistica. Le opere vengono infatti pensate come interventi site-specific in cittadine e spazi storici della Toscana.

Quest’anno tra i curatori spiccava la presenza di Achille Bonito Oliva a cui si deve riconoscere la capacità di sollevare con la propria presenza scenica una manifestazione sottotono per qualità delle opere. Visto il dispendio di energie che la manifestazione richiede al visitatore, invitato a spostarsi da Siena a Montalcino, da San Giminiano a Poggibonsi, da Colle Val d’Elsa a Buonconvento, bisognerà avere l’onestà di dire che i lavori esposti non sono certo esaltanti, e se lo scopo iniziale della meritoria manifestazione prevedeva anche di proporre un dignitoso livello di dialogo tra la bellezza antica e l’arte contemporanea, allora le scelte di quest’anno rischiano di rivelarsi a doppio taglio. Forse solo due opere valgono il viaggio: l’istallazione di Per Barckley nella Chiesa di San Francesco a Montalcino e il lavoro di Massimo Bartolini a San Giminiano.

Lavori in corso

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di Dario Voltolini

abisso.jpg Un’immagine.

Io ho un’immagine che ritorna ciclicamente, ogni volta leggermente modificata e da qualche tempo con maggiore frequenza.

So, da qualche anno, che questa immagine andrà a finire in un romanzo che sto scrivendo: infine arriverà a galleggiare in superficie, vale a dire che diventerà un brano di scrittura. Per ora non lo è. E non lo sarà nemmeno dopo che l’avrò prefigurata, qui, scrivendone ora.

È l’immagine di un lastricato di pietre larghe, piuttosto ampio, che viene sommerso dalle onde del mare. Le onde corrono veloci sulle pietre (ora sembra trattarsi di una piazza) facendo quel movimento a falce prima di rifluire. La quantità di mare aumenta e aumentando ribolle, la schiuma cresce e invade tutto. Tutto cosa? Per ora direi: il quadro in cui la scena si svolge.

L’immagine a questo punto è già diventata dinamica. C’è una scena, c’è un movimento, cambiamenti. Si è già sviluppata in una sua larvale dimensione temporale. Lo ha fatto ora, che ne sto scrivendo. Quando va e viene nei suoi ciclici ritorni, l’immagine non ha questo sviluppo temporale: l’ordine l’ho stabilito adesso, qui.

Proseguo. La schiuma ha in sé una violenza, non è una soffice copertura, tutt’altro. La visibilità stessa dell’immagine viene distrutta. Nel caos totale della schiuma le forme dell’onda e del selciato sono scomparse. Altre forme si presentano, ma sono geometriche, astratte: bolle, turbini, spostamenti, porosità. Dentro la schiuma che ribolle.

Questi sono gli elementi dell’immagine più stabili, quelli che permanentemente tornano quando mi si presenta.

Ivano Ferrari. MACELLO

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di Antonio Moresco

ivano 3.jpgPrima cosa da dire: questa raccolta di poesie è stata scritta quasi trent’anni fa.
Già questo dato è sorprendente. A volte, di fronte a libri di narrativa e di poesia, qualcuno si domanda se avranno ancora qualcosa da dire da qui a dieci, venti, trent’anni, se supereranno la prova del tempo. Bene, questa raccolta viene alla luce dopo averla già superata. Ci arriva anzi – se possibile – ancora più forte, più necessaria e bruciante di quando è stata scritta.
La voce carnale, inelegante, sincopata, spiazzante che la attraversa mi pare abbia pochi confronti nella poesia italiana di questi anni. Non solo perché in questo caso il poeta è anche testimone diretto di un’esperienza estrema ma anche per la miscela assolutamente personale di sobrietà ed estremismo, condivisione, demenzialità, sarcasmo, scatti danteschi e teppistici attraverso cui vengono messi in scena la sconfinata sofferenza degli animali e i gesti allucinati di una specie fissata nell’atto di massacrarne altre e di fare piazza pulita del mondo e perciò destinata – nel vortice di una consequenzialità ebete e senza ritorno – a fare anch’essa la stessa fine.
Che cosa c’è di più tragicamente attuale e necessario oggi?

FOR THAT ORIGINAL BOURBON TASTE

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di Aldo Nove

in risposta alla politica provocatoria
il video della decapitazione sarà emesso quanto prima
con un coltello senza pietà
contro i musulmani e le musulmane
in risposta agli atti di stupro commessi

La bugia perenne

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Ricostruzione del rapimento di Simona Pari e Simona Torretta

di Roberto Saviano

simona.jpg [Questa mia inchiesta non è stata accettata da nessun giornale con cui collaboro né da altra testata giornalistica italiana. L’unico giornale che ha ricostruito lo scenario del rapimento PariTorretta attraverso informative e documentazioni ufficiali raccolte da Rita Pennarola è stato il mensile
La Voce della Campania (www.lavocedellacampania.it) che ormai da anni combatte assieme al suo direttore Andrea Cinquegrani la sua solitaria battaglia contro il potere della camorra e l’idiozia del giornalismo italiano, sopravvivendo con dignità nonostante le querele milionarie e le minacce continue.
]

I morti dimenticati [3]

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di Marco Aliprandini

allarivoira0045.JPG

Una volta Franz li aveva anche visti in faccia i partigiani. Tre uomini e due donne che erano stati arrestati e condotti nella caserma di Feltre. Tre uomini e due donne che a lui erano sembrati normali. Gli erano sembrati uguali agli uomini e alle donne di Algund, del suo paese. Nei pochi istanti in cui Franz gli era stato di fronte non aveva visto nei loro gesti, nei loro sguardi la crudeltà, la ferocia che si sarebbe aspettato. A dire il vero in quel momento qualcosa di molto simile al dubbio gli aveva attraversato i pensieri, ma lui a quel dubbio non aveva voluto dare peso. Forse i suoi occhi erano ancora troppo ingenui per la guerra, aveva pensato, o forse la vera ferocia di quei cinque era proprio quella di essere celata sotto un aria semplice, dignitosa, un’aria così simile a quella di molti contadini che Franz aveva visto fin da bambino.

I morti dimenticati [2]

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di Marco Aliprandini

algund.jpgDopo il 25 luglio 1943 molte cose erano cambiate. Deposto Mussolini, il governo italiano è affidato al maresciallo Badoglio che da subito cerca di rassicurare gli alleati nazisti, annunciando a gran voce che niente, in politica estera, sarebbe cambiato. A Berlino però queste parole vengono lette come una grossolana manovra diversiva e alla guida del generale Valentin Feuerstein, le truppe tedesche attraversano il confine. Il 9 settembre alle due di mattina occupano la città di Bolzano. Il Gauleiter, commissario supremo del Tirolo, Franz Hofer, a Innsbruck, ha intanto già chiesto l’unificazione del Tirolo e l’italianizzazione forzata di oltre vent’anni sembra essere definitivamente sconfitta. Dopo l’armistizio dell’8 settembre Hitler, infatti, crea la Zona Operativa Prealpi, Alpenvorland, formata da tre province, Bolzano, Trento e Belluno. Nel municipio di Bozen-Bolzano viene nuovamente insediato un Bürgermeister, sindaco tedesco, la stessa cosa avviene in tutti gli altri comuni. Riappare dovunque la vecchia toponomastica. Riaprono le scuole di un tempo e così anche i giornali e le trasmissioni radio tornano a essere in lingua tedesca. Solo alcuni anni prima la velocità di questo improvviso cambiamento sarebbe stata impensabile. Nessuno avrebbe creduto nel 1939, quando i sudtirolesi erano stati costretti a optare per il Reich, che la loro scelta sarebbe stata azzerata da una accelerazione della Storia. A Lagundo, tornato a essere Algund, il podestà era fuggito e al suo posto si era reinsediato il vecchio Bürgermeister.

Un ragno in mente

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di giuliomozzi

ragno.JPGQuesta mattina alle sei e tre quarti circa, in bagno, ho allungata la mano verso lo spazzolino da denti.
Mi sono bloccato con la mano in aria.
Sulla spazzola dello spazzolino stava appeso un ragno giallastro.
Non era un ragno particolarmente grosso, né particolarmente piccolo. Un onesto ragno medio, giallastro.
Ora, io non credo di essere aracnofobico. Nel senso che se vedo un ragno non mi metto a ululare e non fuggo in un’altra stanza (ho un amico davvero aracnofobico, e giuro che fa così). Se gli psicopatologi me lo consentono, credo che potrei definirmi un aracnoinfastidito. Se poi il ragno ha la cattiva idea di andarsi ad appendere proprio alla spazzola del mio spazzolino da denti (io, naturalmente, mi sono subito sentito in bocca un indefinibile sapore di ragno), credo che il fastidio sia più che giustificato.
Bene.

Moore, Bush, Kerry e la sinistra orfica

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di Sergio Baratto

StopBush.jpgIl pezzo che posto qui è nato come commento a “Il documentario come ortopedia dello spirito 2”, l’articolo dedicato a Fahrenheit 9/11 pubblicato qualche giorno fa su questo sito da Andrea Inglese (e di cui consiglio caldamente la lettura). Quanto al testo che segue, si tratta semplicemente di alcune annotazioni a margine di quell’articolo.

A sentire da sinistra – dalla mia parte – tutti questi giudizi snobistici (e in verità, mi pare, più che altro risentiti) sul film di Michael Moore ho provato un’agghiacciante sensazione di soffocamento.
Ho letto per esempio ciò che scrive Robert Jensen (il testo completo, dal titolo “Fahrenheit 9-11 è uno stupido film bianco” si può trovare qui). Non so se sia più irritante o più sconfortante. Arrivato in fondo, il primo pensiero è stato “Speriamo che questa generazione di intellettuali radical scompaia in fretta e liberi il posto a qualcosa di meglio, di più fresco e meno cadaverico”.

Velleitarismo

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1996.jpg
di Andrea Inglese

(Per un glossario del tempo di guerra)

Il dizionario dice: caratteristica di chi o di ciò che è velleitario. Velleitario: che ha carattere di velleità. Velleità: “desiderio, intento ambizioso ma irrealizzabile per l’inadeguatezza delle capacità di chi vuole” (Palazzi Folena).
Si accusano i pacifisti ad oltranza di essere velleitari. Se i pacifisti ad oltranza sono quelli che richiedono un ritiro delle truppe statunitensi ed europee che occupano l’Iraq, bisognerebbe esplicitare quale sia il loro “il desiderio irrealizzabile”.