di Carla Benedetti
(Rispondo al pezzo di Marco Merlin, “Critico e poeta”, pubblicato su Nazione indiana il 17 novembre. E’ solo un commento, ma sta qui perché la finestra dei commenti è per il momento fuori uso)
Non mi trovo per nulla d’accordo con la caratterizzazione di critico e poeta che fa Marco Merlin, ingabbiati in due ruoli complementari, astratti e repressivi.
Chi l’ha detto che il critico è colui che “produce cadaveri, praticando vivisezioni”? Dove è stabilito che il poeta è “posseduto dalla lingua“? Perché mai il critico dovrebbe essere colui che “gestisce il potere” mentre la poesia del poeta è un “gioco inutile“?
Di questi luoghi comuni sarebbe meglio liberarsi.