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Appendice alla Terza Storia

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Or, per tornare al proposito, se dunque saranno dui, de’ quali l’uno si trova dentro la nave che corre, e l’altro fuori di quella, de’ quali tanto l’uno quanto l’altro abbia la mano circa il medesmo punto de l’aria, e da quel medesmo loco nel medesmo tempo ancora l’uno lascie scorrere una pietra e l’altro un’altra, senza che gli donino spinta alcuna, quella del primo, senza perdere punto né deviar da la sua linea, verrà al prefisso loco, e quella del secondo si trovarrà tralasciata a dietro.

Un silenzio olimpico (2)

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Di Roger Salloch, ex-collaboratore del “Paris Review”.

Era ora di tornare a Parigi. Sono salito sull’aereo a malincuore. Ero perplesso quanto il giorno che ero atterrato a San Francisco. Forse un sesto senso mi diceva che la risposta alle mie domande stava per arrivarmi, violenta e improvvisa – e troppo tardi.
Sono atterrato all’aeroporto Charles de Gaulle, e ho preso un taxi fino in città. Il conducente era di colore, originario del Camerun. Stava ascoltando Sports-FM, una partita di pallavolo in diretta dalle Olimpiadi. Mi ha detto che il suo momento preferito durante le Olimpiadi era stato quando la squadra di kayak femminile ungherese aveva vinto il secondo posto. Perché? È scoppiato a ridere. Gli piaceva il verde acceso della loro divisa. Ed erano carine, molto più carine delle ragazze lituane. Diceva che le ragazze lituane sembravano uomini.

Un silenzio olimpico (1)

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Di Roger Salloch, ex-collaboratore del “Paris Review”.

In occasione della pubblicazione in Francia del saggio di Paul Krugman The Great Unravelling (trad. italiana: La deriva americana, Laterza, 2004).

Sono un americano. Vivo a Parigi. Leggo gli articoli dei columnists, l’International Herald, il New Yorker, la stampa inglese; la mia lettura si concentra sulle pagine di politica. Quest’estate, ho ritrovato gran parte delle mie opinioni in una Lettera dall’America pubblicata di recente sul London Day Observer, con intereventi di vari scrittori americani, tra cui Carl Hiaasen, Deborah Eisenberg, Paul Auster e Richard Ford. Il succo era: L’attuale regime di Washington è il peggiore ci sia mai stato. Il proto-fascismo è sbarcato in America, le istituzioni sono sotto assedio. Peggio ancora: le istituzioni, come maestosi alberi secolari, sono state scortecciate e lasciate morire su quella stessa collina spoglia che un tempo F. Scott Fitzgerald ha definito il fresco e verde seno del nuovo mondo.

Rivelazioni

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Questo manifesto si trova affisso ai muri delle città lombarde. L’immagine che ne è al centro rivela – letteralmente- una verità che non avrebbe bisogno di commenti: doppio liberticidio. Vien solo voglia di ripeterlo in maniera ancora più ottocentesca. Da opposte direzioni (Oriente e Occidente, par che si dica) stanno attentando alla Libertà. Non quella femminile, di culto, dei costumi ecc., ma la mia, la tua, quella dei nostri figli.

Una sequenza di quattro manifesti fu vista da me, Helena Janeczek, in data odierna, venerdì 14.1.2005, ore 14.50 circa, su un muro nei pressi della stazione di Gallarate.

Scritto

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di Aldo Noveditticosecondo2.jpg

Non ho capito perché abbiamo questi buchi dove le persone entrano nella forma più scurrile di loro padre e escono se stessi. Deve essere la vita. Io comunque non ci penso sempre, alla figa, vado in giro per la mia città e guardo le strade che crescono di volume, o altre cose ugualmente confuse che avevo in mente prima di iniziare a scrivere.

Però il romanticismo che c’è nel baciarsi quando si è innamorati è meglio di morire dimenticati da tutti nella stanza di un motel che costa poco, con i calzini rossi in un letto freddo ad aspettare la morte è terribile, meglio baciarsi e incontrare le lingue.

Secondo me, che sono già arrivato all’inizio del terzo paragrafetto di questo scritto, l’amore e la guerra sono la stessa cosa nel senso che tutti ne parlano e tutti li fanno perché entrambi permettono di non pensare perché pensare fa più male di morire, è pensando che la morte iniza a raccontarti questo e quello, che poi alla fine è tutto uguale, questo e quello sono sempre lei, che è la morte pensata.

Isaac Bashevis Singer

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di Roberto Saviano

singer.jpg Sembra ancora di vederlo rinchiuso nel suo sgabuzzino letterario a vidimare pagine di racconti e demoni, di geometrie razionali stravolte dal dettaglio imprevedibile della più innocua forma di vita. Isaac Bashevis Singer avrebbe compiuto cent’anni nel luglio 2004 assomigliando così ad un vetusto personaggio dell’Antico Testamento, uno dei suoi adorati, incapaci nonostante secoli di vita di comprendere il senso del vivere e di appagarsi di una pur parziale o minima verità ultima. Singer però piuttosto che ad un profeta sempre più sembrò negli ultimi anni di vita trasformarsi fisicamente in uno dei suoi piccoli demoni benevoli e terribili. Orecchie a punta, sorriso mefistofelico, testa glabra, occhietti vispi e tondi.

Carnezzeria di Emma Dante – Sud Costa Occidentale

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di Mariagiovanna Stabile, con tre domande alla regista Emma Dante

Ricevo ancora segnalazioni per la lista della spesa (vedi qui). Ricordo che si tratta di scegliere qualcosa di molto bello, letto, visto o ascoltato in Italia negli ultimi quattro anni, farne una breve scheda (massimo 2000 caratteri) e, volendo, porre tre domande all’autore o autrice: sarà mia cura cercare di mettermi in contatto e richiedere le risposte.
Scrivete a listadellaspesa@yahoo.it. T.S.

Carnezzeria.jpgPer la “lista della spesa” segnalo Carnezzeria, regia di Emma Dante, compagnia Sud Costa Occidentale, tuttora in scena in Italia e in Europa.

Ho sempre pensato di conoscere abbastanza il linguaggio teatrale, se non altro per aver visto un po’ di spettacoli in giro per Milano. Devo dire però che questo spettacolo da una parte mi ha messo in difficoltà, dall’altra mi ha lasciata ammirata, per l’operazione di vertiginosa sintesi “linguistica” o meglio espressiva, che si compie durante l’azione sul palcoscenico. La narrazione del soggetto dell’opera (la quotidiana macelleria che si compie all’interno di una famiglia del Sud, tra inconfessabili abusi del padre sui figli, dei figli sulla sorella) è totalmente affidata alla mostruosa bravura, al corpo degli attori, capaci di raccontare una storia così abominevole quasi senza parole, quasi solo col corpo, col suo disagio, col sudore.

La vanitas di Damien Hirst

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di Sergio Garufi

finch10-4-1s.jpg“Le immagini di mattatoi e di carne mi hanno sempre molto colpito […] Che altro siamo, se non potenziali carcasse? Quando entro in una macelleria mi meraviglio sempre di non esserci io, appeso lì, al posto dell’animale”.
Francis Bacon, La brutalità delle cose, 1991.

Ha ragione Anna Detheridge: “Damien Hirst è più antico di quanto non sembri”; e l’allestimento della sua prima retrospettiva al Museo Archeologico di Napoli, intitolata Il Tormento e l’estasi, suggella la sua appartenenza ad una genealogia illustre e secolare. Il tema centrale della sua produzione è quello della vanitas, intesa come totale soggezione di ogni cosa terrena al potere del tempo e della morte. Hirst, l’artista trasgressivo e scandaloso idolatrato dagli happy few e detestato dai benpensanti, è in realtà un conservatore; perché l’ossessione della carne sta alla base del pensiero reazionario e sancisce l’ineluttabilità del destino dell’uomo.

Le scimmie… (76)

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di Dario Voltolini

Siamo vivi, bastardi!!!

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Alla faccia di Pietro Citati siamo vivi e vegeti. E come se non bastasse funzionano pure i commenti.
Ringraziamo volentierissimo, per l’apporto tecnico, Max e Claudio, di Interzone (che sono poi questi qui: www.interzone.it). Caffè pagato!

In quanto ai nostri amici, lettori, troll e compagnia cantante: forza, scateniamoci!

Segni di vita

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“Dopo il 2001, la letteratura italiana non ha dato segni di vita”, scrive oggi su “Repubblica” Pietro Citati, che con questa frase ha dato un ennesimo segno del suo coma. T.S.

CARLO LEVI: architettura, società, restauro

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di Gianni Biondillo

carlolevi.jpg 1. I Sassi di Matera

A sessant’anni dalla pubblicazione (fu proprio nel 1945, per Einaudi) forse oggi non riusciamo a capacitarci di come le poche, drammatiche pagine dedicate a Matera nel Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi furono alla base di una polemica che pose la città e i Sassi al centro dell’attenzione nazionale ed internazionale. Di certo ciò che sappiamo è che il legame fisico ed emotivo fra Matera e Levi sarà da quel momento assolutamente indissolubile.

Ecco a voi: mio padre (ucciso da me)

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di Franz Krauspenhaar

americanstort.jpg22 Dicembre, oggi ucciso mio padre. Semplicissimo, atteso al varco dell’età mia e sua. Giovedì compiuti 18 anni. Ieri lui 59. Entrambi capricorni. Non voglio vederlo compiere sessant’anni, non voglio un altr’anno per la sua cifra tonda, ho pensato. Tanto vale eseguire subito la sentenza, ho pensato. Il mio regalo di compleanno, ho pensato. I regali agli altri rendono gli altri riconoscenti per principio, e la riconoscenza è il prodotto di un ricatto morale, ho pensato. Questo non è il mio caso, che ho scelto di fare a mio padre il regalo più non ricambiabile in assoluto dei regali in assoluto più non ricambiabili.

L’uomo con l’impermeabile #3

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Gloria e tragedia dell’esibizione

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di Tiziano Scarpa

Una parte dei casi clinici di esibizionisti raccolti da Krafft-Ebing riguarda gli epilettici, affetti da intermittenze della coscienza. Molti di loro si esibiscono in stato di trance, oppure non ricordano affatto di aver compiuto quegli atti, è come se si risvegliassero da un mancamento. Questa caratteristica non è marginale: ci dice che il gesto dell’uomo con l’impermeabile si sottrae al racconto: non è storico, ma iconico. Non è romanzesco ma lirico. La sua natura è il lampo, l’epifania fulminea; non la storia, non il racconto. Non esistono epopee dedicate all’uomo con l’impermeabile. La sua è una vicenda istantanea, che brucia nel fotogramma, non nella sequenza. Al massimo è una dialettica duale, discreta, digitale, fondata su Zero e Uno, impermeabile chiuso / impermeabile aperto.

Affittasi lavoro

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di Aldo Nove

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Cilia (questo è il suo secondo vero nome, e ci tiene molto ad usarlo) ha lavorato per anni per una delle più grosse agenzie interinali italiane. Forse c’è ancora qualcuno che non sa esattamente che cosa sia, un’agenzia interinale, o per quale motivo piacciano così tanto ai padroni ed abbiano così successo da diventare il simbolo di un’economia che sta scoppiando nell’irrealtà della sua fuga da sé stessa. Un’economia che vive di artifici studiati ad hoc per gli interessi padronali, per rendere il lavoratore pura merce di scambio… Ma facciamoci raccontare le cose direttamente da Cilia

Da Kiev (#2)

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di Giovanni Catelli

krestchatik3.jpg Osservate la foto. Proprio qui, sull’arteria monumentale di Kiev, il Kreshatik, vasto e severo viale di architettura staliniana costruito dopo le feroci distruzioni naziste, accurate anche nel cancellare il preesistente quartiere art nouveau, in questo luogo di interminabili parate sovietiche, esibizioni decennali di missili e carri armati, luogo dove il potere ha sempre dispiegato le sue seduzioni metalliche, le sue illusioni di pietra e cartone, le sue bandiere ormai mutate (dal 1991 la parata militare celebra l’indipendenza della nuova nazione, l’Ucraina), proprio qui è sorta, nei giorni successivi al primo ballottaggio fra Yushenko e Yanukovich, la tendopoli pacifica della rivoluzione arancione, il presidio permanente dei sostenitori di Yushenko, intenzionati a dimostrare la propria determinazione dopo i vistosi brogli elettorali,sino a circondare i palazzi del potere chiedendo un nuovo ballottaggio.

L’uomo con l’impermeabile #2

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Gloria e tragedia dell’esibizione

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di Tiziano Scarpa

Metà crocefisso, metà spaventapasseri, l’uomo con l’impermeabile spalanca se stesso allo sguardo degli altri. La sua è una critica sociale, una denuncia dell’ipocrisia. Non è vero che il re è nudo. Lo siamo tutti! Sotto il vestito c’è il vero io: ma non perché un corpo senza volto, decapitato, sfacciato, sia più vero del volto. Il volto: il rappresentante esclusivo, l’agenzia corporea dell’identità, il franchising del chi sono io. È nella nudità che anche il volto, esposto là in alto come una bandiera sulla sommità della torre, in cima al corpo nudo, il volto denudato anch’esso insieme a tutta l’altra pelle, dalla testa ai piedi, acquista il suo vero significato.

Ballata del letamaio. Remix

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di Giuseppe Caliceti

cartaigienica.jpgCaro Tiziano, ti invio un testo rimixato che se vuoi puoi pubblicare su Nazione Indiana. A me piace. Il merito è soprattutto di Balestrini. Nelle mie ultime letture pubbliche è già diventato un piccolo must. All’inizio, e poi a scelta, mentre si legge/interpreta, bisogna sospendere la frase e chiedere al pubblico di ripetere sempre la stessa parola, in coro: Merda!
Tu, Aldo9 e chiunque voglia, deve provarla. Funziona! E pare che abbia anche un effetto terapeutico/scaramantico. (Scherzo). Il testo cita diversi versi della poesia di Nanni Balestrini La signorina Richmond constata incredula che c’è chi loda il letamaio, tratta da Le avventure complete della signorina Richmond (edito da Testo&Immagine, 1999).

5 poesie di Claudia Ruggeri

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Da IL Matto

il Matto I (del buco in figura)
Beatrice

“vidi la donna che pria m’appario
velata sotto l’angelica festa…” (Pg. XXX-64)

come se avesse un male a disperdersi
a volte torna, a tratti
ridiscende a mostra, dalla caverna risorge
dal settentrion, e scaccia
per la capienza d’ogni nome (e più distratto
ché sempre più semplice si segna ai teatri,
che tace per rima certe parole….).

La ragazza dal cappello rosso

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di Mario Desiati

Una lettera, prima dell’estate, accompagnava la foto della ragazza dal cappello rosso. Quella lettera mi chiedeva di prendere atto della “visione fisica”, di guardare attraverso la pellicola del tempo e della carta quel volto e quegli occhi. Era la tenera risposta della madre di Claudia Ruggeri a una mia richiesta di informazioni, testimonianze e materiale.
Era sabato pomeriggio di otto anni fa quando una donna giovane molto bella si era confessata nella piccola chiesa di San Lazzaro di Alessano. Quella donna giovane molto bella aveva percorso i suoi ultimi anni di vita con il carico di una promessa e di un sogno. Era l’età in cui si pensa che la poesia possa cambiarti in meglio la vita. Ma la poesia e la letteratura fanno male al corpo e all’anima.

Le scimmie… (75)

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di Dario Voltolini