Intervista a Domenico Starnone di Linnio Accorroni
In una pagina del suo diario, Flaubert , ad indicare la forza seduttiva della bêtise, racconta questo episodio: di notte, in un battello,è irresistibilmente ammaliato dalla conversazione futile e sciocca di due cacciatori: quelle chiacchiere, invece di respingerlo, lo attraggono, tanto da affiancarsi a loro, “in virtù di quell’istinto depravato che ci fa talvolta mettere il naso sotto le coperte per sentire l’odore di un peto”.
Qualcosa di simile è avvenuto in occasione dell’uscita di Labilità, l’ultimo libro di Domenico Starnone: mossi dallo stesso ‘istinto depravato’ di cui parla Flaubert, molti hanno ‘voluttosamente aspirato’ l’odore massmediatico, di chiara derivazione gossipara, scaturito dalla presunta sovrapposizione identitaria tra Elena Ferrante e Domenico Starnone; il subitaneo compattarsi di ranghi, soi- disant, intellettuali in questa pseudo querelle, con toni queruli e voyeuristici da talkshow televisivo di metà pomeriggio, appare illuminante, puntuale paradigma di quella ‘inerzia della critica’ di cui si è discusso in questi giorni, anche su Nazione indiana.