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Storie dal mondo on line

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di Benedetta Centovalli

Una scommessa vinta appieno quella di Alane Salierno Mason, che è riuscita a realizzare un suo sogno o meglio a dare forma a un’ossessione, come confessa lei stessa, che da qualche anno la tormentava: un internet magazine di letteratura internazionale in traduzione inglese. Basta cliccare su www.wordswithoutborders.org, parole senza frontiere, e il mondo ci appare più vicino.

“Guadagno più di te e quindi ne so più di te”

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di Aldo Nove

gerarchia.jpgLeonardo ha più di 30 anni e dirige una piccola e agguerrita casa editrice.
Per vivere, dopo la laurea umanistica, ha fatto diversi lavori. E’ anche lui figlio della grande bolla del Web.
Questa è la sua storia.
E la sua attenta concezione del mondo che cambia.

Come va?

In un modo molto, molto strano.

Cioè?

Cioè che non capisco più se sono vittima o carnefice.

Il santo parricida

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di Linnio Accorroni

sainjulien.jpgL’idea di portare a termine un antico progetto, la scrittura di una novella sulla figura di San Giuliano l’Ospitaliere, venne a Flaubert proprio mentre attraversava uno dei periodi più bui e cupi della sua esistenza: la causa prima di questa disperazione (curiosa coincidenza con ciò che era accaduto, pochi anni prima, a Beethoven con il famoso nipote Karl) stava nella difficilissima situazione finanziaria di una sua nipote, verso la quale lo scrittore nutriva un trasporto affettivo persino eccessivo, transfert ricorrente in chi devia e surroga la paura/desiderio di paternità, indirizzandola verso un membro prediletto della propria tribù d’appartenenza.

Sfide

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di Sergio Nelli

uraganomexico.jpgIn questo periodo mi viene di pensare spesso alla distinzione tra esserci ed essere sviluppata in modi diversi, tra gli altri, da Heidegger e da Sartre (che non sono nemmeno filosofi miei, ma che importa?). Ecco quella trascendenza dell’ente di cui parla Heiddegger, o la progettualità (la libertà ontologica che sbocca in progetti e in valori, in vie d’uscita) di cui parla Sartre mi sembrano mostruosamente compresse dall’imponenza granitica di quel che c’è. E’ come se tutti dicessero: non ci sono vie d’uscita; è come se ogni comportamento ribadisse che c’è un solo grande corso che si governa da sé. A ognuno di noi non resta altro che schiodare la rosa del futuro dalla croce del presente, ritagliarsi un giardinetto fiorito perché non sia mancata la festa, com’è giusto. La mostruosa bolla di idolatria scoppiata con la morte di Wojtyla e con gli assurdi festeggiamenti di massa per un nuovo papa retrivo e arroccato nella difesa di cose morte, mi sembra l’epifenomeno di un segno di impotenza collettiva, una totale perdita del senso di trascendenza dell’ente. Un’impotenza a cui non deve essere estraneo quel dislivello prometeico patito dagli esseri umani rispetto a un mondo supertecnicizzato incontrollabile e sproporzionato nell’offerta di cui parlava una quarantina d’anni fa il filosofo Gunther Anders.

Guarigione

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di Franco Arminio

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ti voglio guardare mentre hai gli occhi chiusi
guardare il sole che ti passa sulla fronte
le mani che toccano la rosa sul tappeto
diventare così teneri amici
e poi divampare
in altri luoghi
incollare le tue spalle alla parete
baciarti tra le gambe

Zolle

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Un’intervista di Tiziano Scarpa a Marco Drago

Ho un debole per i libri di Marco Drago. Ho amato moltissimo anche quest’ultimo suo romanzo, Zolle (pubblicato da Feltrinelli, 190 pagg.), e mi è venuta voglia di chiacchierarne con lui.

LE PAROLE E LE COSE

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di Antonio Sparzani

Le parole si sprecano.JPG

Le cose sono fatte di materia che è fatta di molecole, che sono fatte di atomi, che sono fatti di protoni, neutroni ed elettroni, che sono fatti di quarki, quarketti e quarkottini, in su e in giù, con sapori e odori, tutti però estremamente standard. Cioè stanno nel modello che i fisici chiamano standard per consolarsi e convincersi che ormai è proprio così e che la natura ubbidisce agli standards.
Le parole, invece, sono fatte di aria che vibra nell’aria, che è fatta di tante molecole, che sono fatte, ecc., e di martelletti che nelle orecchie degli umani vibrano di conseguenza e di neuroni e sinapsi che conducono particelle elettriche a seconda di quelle che vedono arrivare, o sono fatte di pezzettolini di inchiostro, forse non più quello dei calamai di vetro che i bidelli della mia infanzia passavano ogni tanto a riempire con una caraffa di metallo dal lungo beccuccio (citazione dal moreschico sbrego) ma da un moderno e asettico inchiostro che più le dita non macchia orribilmente, oppure sono nerastre eccitazioni di liquidi cristalli disposti opportunamente su un piano quasi verticale, che emette particelle di luce verso le retine di umani, e quindi qurll’invece dell’inizio frase forse non andava detto perché le nobili parole e le umili cose sono poi fatte della medesima materia, e quindi sono tutte cose.
Come si fa dunque a mantenere perlamadonna distinte le parole e le cose; forse che l’analisi scientifica che distingue, distilla, disseca e dunque dissecca non coglie, non coglie nulla di ciò che interessa a chi pone le domande. O forse chi pone le domande non pone quelle giuste cui la povera scienza, molto lontana dall’essere onnisciente, è in grado di rispondere.

La Restaurazione a Torino

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Un’iniziativa di Nazione Indiana

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Editori, scrittori, critici e librai a confronto

Coordina Benedetta Centovalli
Intervengono: Carla Benedetti, Italo Cossavella, Sergio Fanucci, Loredana Lipperini, Antonio Moresco, Antonio Scurati

Saranno presenti: Silvia Ballestra, Gianni Biondillo, Mauro Covacich, Helena Janeczek, Nicola Lagioia, Massimiliano Parente, Tiziano Scarpa e altri indiani

Torino, Fiera del Libro
Sala Rossa
Lunedì 9 maggio ore 16.30

La Restaurazione a Torino è un incontro che pone al centro della discussione la denuncia di un’epoca, la nostra, segnata da un forte e inequivocabile ritorno all’ordine, un “regime” vero e proprio che attraversa tutti i campi dell’esistenza.
Intende evidenziare e analizzare la deriva del mondo culturale attraverso contributi e proposte di chi già cerca di operare controcorrente.

Io so

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di Pier Paolo Pasolini

chaucer-pasolini.jpgDue settimane prima di essere ucciso, Pasolini pubblicò questo pezzo sul “Corriere della sera”. Delle stragi a cui si riferisce in molti casi non si conoscono ancora i veri colpevoli. Tuttora non si conoscono neppure i veri colpevoli dell’omicidio di Pasolini.
Questo articolo non ebbe però in quei giorni la risonanza che ci si potrebbe aspettare, anzi fu quasi circondato dal silenzio. Solo il “Popolo” rispose con un pezzo redazionale intitolato “Prosa psicopatica”, dove Pasolini veniva definito “un megalomane Robespierre di borgata”; poi con un articolo di Marcello Camillucci, intitolato “I deliri di Pasolini”, che lo tacciava di “anarchismo velleitario”.
E’ successo a Pasolini come a Della Chiesa, a Borsellino, a Falcone, o a altri lasciati soli, e quindi scoperti?
Ma in questo caso, a lasciare scoperto Pasolini non furono solo le istituzioni, ma anche tanti intellettuali italiani, evidentemente poco “platonici”. Nell’ultima lettera a Italo Calvino, uscita due giorni prima dell’assassinio, parlando del massacro del Circeo, e dopo aver escluso i politici, difficilmente recuperabili a un’operazione di chiarezza, Pasolini scriveva: “Oggi pare che solo platonici intellettuali – magari privi di informazioni, ma certo privi di interessi e complicità – abbiano qualche probabilità di intuire il senso di ciò che sta veramente succedendo”. cb.

Editori, scrittori, critici e librai a confronto

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A cura di Nazione Indiana
Coordina: Benedetta Centovalli
Intervengono: Andrea Bajani, Carla Benedetti, Edoardo Brugnatelli, Sergio Fanucci, Loredana Lipperini, Marco Monina, Antonio Moresco, Antonio Scurati.

Saranno presenti: Silvia Ballestra, Gianni Biondillo, Mauro Covacich, Helena Janeczek, Nicola Lagioia, Massimiliano Parente, Tiziano Scarpa, Beppe Sebaste e altri indiani.

Torino, Fiera del Libro
Sala Rossa
Lunedi’ 9 maggio ore 16.30

La temperatura a cui brucia la libertà

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di Benedetta Centovalli

Nazione Indiana organizza per il 9 maggio alla Fiera del libro di Torino (Sala Rossa, ore 16.30) un incontro sull’editoria e, più in generale, su quanto sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni, intitolato “La restaurazione”.
Ripubblichiamo qui un pezzo di Benedetta Centovalli uscito sul “Messaggero”
il 30 ottobre 2004, che dava un primo contributo alla discussione.

A vent’anni dalla morte si onora con i suoi film un grande regista, François Truffaut. Così mi è capitato di rivedere con curiosità e una punta di apprensione, per paura che il tempo avesse fatto giustizia del ricordo, uno dei suoi film più noti, Fahrenheit 451. Ma che diavolo manderebbero a memoria gli uomini-libro se Truffaut girasse adesso la sua pellicola? Il film, ispirato al romanzo di Ray Bradbury, poneva domande inquietanti sul valore e sul significato della lettura, sulla logica del potere volta al controllo e alla manipolazione della verità, domande di bruciante attualità.

Scrivere sul fronte meridionale III

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Scegliere di combattere

di Vins Gallico

aspromonte.jpg [Dopo la pubblicazione della lettera a Nazione Indiana circa lo Scrivere sul fronte meridionale ho ricevuto diverse risposte da autori che hanno riflettuto sullo scrivere da sud. Pubblico qui l’intervento di Vins Gallico. rs]

Ho dei ricordi. Di quando ero bambino, ad esempio. La mia famiglia viveva in un grande condominio con un cortile interno. Tutti gli altri bambini del cortile rubacchiavano alla Standa che stava sulla strada parallela.

Rassegnatevi, Baricco non ci salverà

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di Sergio Fanucci

Nazione Indiana organizza per il 9 maggio alla Fiera del libro di Torino (Sala Rossa, ore 16.30) un incontro sull’editoria e, più in generale, su quanto sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni, intitolato “La restaurazione”.
L’intervento di Sergio Fanucci – che sarà tra i partecipanti all’incontro di Torino – è comparso originariamente sul “Corriere della sera” l’11/02/05. Ci sembra ora importante riproporlo qui, come il serio contributo di un editore libero alla discussione.

Agli Stati Generali dell’Editoria, che si sono svolti a Roma nel settembre 2004, sono intervenuto con l’intento di spostare la discussione culturale – editoriale su di un terreno che appare ostico alla comprensione dei più: il mercato. Certa critica di destra o di sinistra che sia, ragiona in termini puramente intellettuali, evitando il confronto con l’attuale sistema editoriale fatto di grandi case editrici e catene di librerie da una parte e di editoria di progetto e librerie indipendenti dall’altra.

Il pastore precario

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di Aldo Nove

sardo.jpgDomenico ha 44 anni, 200 pecore, una moglie e tre figli. Fa il pastore a Siniscola, in provincia di Nuoro. E’ un pastore di nuova concezione. Un pastore precario. La sua è la storia di un cortocircuito storico vissuto sulla propria pelle, su quella della sua famiglia e dei suoi amici. E’ la storia di una tradizione millenaria che crolla, rischiando l’estinzione, di fronte a una modernizzazione che non ha pietà né della storia né di una sapienza “altra”, che ha la sua radice nella notte dei tempi e la sua fine nelle politiche di sfruttamento che stanno devastando la Sardegna e l’Italia intera.

Cosa vuole dire, oggi, in Sardegna, fare il pastore?

Morire di fame, vuole dire.

Per Amelia Rosselli

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di Anna Lamberti Bocconi

AmeliaRagazza cara, my girl, chi te l’ha fatta
così maligna verso il marciapiede
dove tutti i camion, tutti i piccioni e i luridi
impensati canali coperti scorrono;
se penso “ebbene, sto come foglia nelle stagioni,
abbiamo occhi bellissimi e padri martiri”
e resto un attimo commossa per il Creato
che si riflette malamente nella Storia
azzurro ghiaccio nell’essenza delle vesti
semplici perché da donna-ragazza
tutte queste benedette bambine che hanno studiato;

se penso in cuore tutto questo ora,
io Amelia piango troppo per la tua morte.

Scrivere sul fronte meridionale II

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di Davide Racca

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[Dopo la pubblicazione della lettera a Nazione Indiana circa lo Scrivere sul fronte meridionale ho ricevuto diverse risposte da autori che hanno riflettuto sullo scrivere da sud. Pubblico qui l’intervento di Davide Racca. rs]

Caro Roberto,

ferme restando le mie convinzioni che uno scrittore è uno scrittore, un poeta è un poeta, un artista è un artista, a prescindere dal luogo geografico in cui nasce…

Oggi, ieri, domani

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di Stefano Sanfilippo

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OGGI…
Decise di telefonare a Davide solo quando il ricordo del momento in cui tutto aveva avuto inizio divenne preciso a tal punto da sentire ancora quelle quattro fottutissime parole nella testa:
Attenzione! Possibili pozze d’acqua.”
Fanculo. Con qualcuno doveva pure confidarsi e spiegare il suo gesto; ed inoltre… sì, in qualche angolo della mente dormicchiava anche la convinzione di poter ricevere, se non l’approvazione, almeno la comprensione per ciò che aveva fatto. Estrasse il telefono cellulare con chiamata vocale dalla tasca, lo portò davanti al volto, accese con un Bip! il display blu elettrico, e scandì lentamente il nome dell’amico: – DA-VI-DE.

Epifanie

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di Angelo Petrelli

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1.
aggredisce il buio e l’ombra
la consueta comparsa
artificiosa di te – occhio
nel fiume avvampato ed elettrico
e misterioso e illuminante

unicamente il suo lungo ritorno
quanto un dramma di sole
e d’ustioni e ancora preme
la contro/tenebrosa origine
di orbite vuote e nulla pesto

L’imperfetta armonia di Manganelli

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Intervista a Andrea Cortellessa

di Piero Sorrentino

manganelli.jpg Da qualche anno prosegue, da Adelphi, la pubblicazione dell’opera completa di Giorgio Manganelli. Testi introvabili e nuove raccolte di inediti e dispersi dello scrittore milanese, in buona parte articoli e saggi variamente editi su quotidiani e riviste. La favola pitagorica, che esce ora a cura di Andrea Cortellessa (pp. 214, 13 euro), riunisce per la prima volta i reportages dei viaggi in Italia che Manganelli, a partire dal 1971, pubblicò su giornali e settimanali.

Quattro volte sì

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di Massimiliano Parente

papa_cattelan.jpgIo sì. Contro non soltanto la restaurazione letteraria dei dorrichi capocultura della cultura che non c’è, ma anche contro l’illuminismo negato dalla revanche clericale, ora con un papa ancora più consono e scattante (abituati alla stop motion deambulatoria di Karol sembra di avere un pontefice perennemente in avanti veloce), il quale ucciderà gli stessi esseri umani uccisi da Wojtyla in nome della morte, dell’Aids e del profilattico proibito (e da leggersi il suo ultimo bestseller filosofico, dove l’aborto è paragonato all’olocausto, né più né meno); e contro i trasformismi e i ferrarismi foglieschi degli “atei devoti” contro la destra e la sinistra metafisiche preoccupate dei diritti dell’embrione elevato a “persona” (non potendolo scegliere un bambino quando il bambino non è altro una cosa che, ingrandita cento volte, è grande quanto una capocchia di spillo, e potendolo invece abortire al terzo mese per ragioni proprie, e al quinto se la malattia è diagnosticata dall’amniocentesi, e quindi, in questo, o sono cretini o vogliono arrivare a vietare nuovamente l’aborto, e nel caso lo dicano); contro i neocon che parlano dell’America, e non sanno che negli Stati Uniti, per volontà di George W. Bush, la ricerca scientifica, che potrebbe portare un giorno a guarire persone in carne e ossa come Luca Coscioni e milioni di altre, è addirittura finanziata dallo Stato per gli embrioni soprannumerari, e libera per la libera ricerca cui è consentito produrli appositamente; e contro i trasvalutatori celentaneschi e i propagandisti teologici e antilluministi, quelli che parlano di “eugenetica nazista”, contro tutti questi legislatori preteschi che, fossero almeno cattolici, si preoccuperebbero, da “cristiani” (oh, i cristiani cattolici di Buttiglione, i quali fanno benissimo a definire l’omosessualità un peccato, malissimo a non dire che, per la Chiesa Cattolica, è peccato tanto quanto l’eterosessualità non “unitiva e procreativa”, come dice a chiare lettere anche il diritto canonico e se non quello anche le tavole veterotestamentarie per le quali “non uccidere” o “non fornicare” sempre di comandamenti e di peccati mortali si tratta) dei bambini che ogni giorno muoiono di fame con la stessa passione con cui si preoccupano degli aggregati cellulari congelando le loro piccole ossessioni e i loro cervelli mistici dentro un microscopio elettronico del platonismo più cialtrone, e amando più l’embrione dell’uomo malato o del bambino già nato, perché tanto non costa nulla; e contro le teologie di ogni genere, siano essere cattoliche o islamiche, doloriste o kamikaze, e contro chi lapida le adultere e chi clitoridectomizza le donne e contro i nuovi relativismi, di destra e di sinistra, immemori che la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è appunto universale, e quindi, ora, cominciando da chi piega l’idea di libertà e di ricerca scientifica alle fazioni del momento, dai neoguelfi che vieterebbero a Fleming di scoprire la penicillina se all’epoca avessero concepito una analoga metafisica sull’intangibilità della muffa; e dunque io sì, e sperando ci si ritrovi in tanti a dire no, il prossimo 12 giugno, dicendo quattro volte sì.

[Se avete qualcosa da dire o da ridire, dìtelo qui. gm]