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Evento: Il Sillabario di Deleuze

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Nazioneindiana, Teatro I, Derive/Approdi presentano:

Il Sillabario di Deleuze

Proiezione in anteprima italiana di brani de L’Abécédaire di Gilles Deleuze, lunga intervista televisiva realizzata da Claire Parnet nel 1989, per la regia di Pierre-André Boutang (versione originale, sottotitolata).

Interventi teorici:

  • Pino Tripodi per la rivista Derive/Approdi e Tiziana Villani per la rivista Millepiani

Interventi performativi (poesie & suoni)

  • i poeti Biagio Cepollaro, Francesco Forlani, Andrea Inglese, Massimo Rizzante, Andrea Raos
  • con Beppe Cepollaro – sassofono, Giovanni Cospito e Stefano Delle Monache – elettronica

Quando:
Sabato 26 novembre 2005 alle ore 19.oo

Dove:
al Teatro I
via Gaudenzio Ferrari 11 – Milano
tel. 028323156 – info@teatroi.org
Ingresso 5 €

Come arrivare: Tuttocittà, ATM, Viamichelin,

Concatenazioni spaziali, la seduzione del mercato (2)

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di Elicio Pantaleo

4° – Dal marketing di massa al marketing diretto: la prima crisi della merce-spettacolo. L’avvento della merce personalizzata.
Durante gli anni ’80 si è sviluppato nel mondo della produzione della merce-spettacolo un nuovo problema: il consumatore americano, per esempio, ha ricevuto più di tre milioni di messaggi pubblicitari al giorno, ma nel 1990 solamente il 48% dei telespettatori erano capaci di ricordarsi del contenuto di uno spot pubblicitario. Nel 1992, quasi il 70% dei telespettatori negli Stati-Uniti non guardava più gli spot 15 .

Concatenazioni spaziali, la seduzione del mercato (1)

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di Elicio Pantaleo

(Ci sono persone che da anni lavorano producendo analisi delle nuove modalità produttive, cercando di svelare i misteri della merce, della vita divenuta merce, della vita divenuta spettacolo. Tra questi Pantaleo, che usa, tra gli altri, Debord e Deleuze. A.I.)

1° – Le nuove configurazioni produttive
Robert Reich inizia la sua analisi con una constatazione: la grande impresa ha modificato la propria organizzazione del lavoro e trae il proprio valore aggiunto attraverso una rete complessa di interazioni economiche interne ed esterne, locali e mondiali. La grande firma non è più una azienda, ma non è più nemmeno un semplice insieme di aziende più piccole: si tratta di una rete di società il cui centro apporta la perspicacità strategica e unisce gli elementi tra loro1.

“La segreteria telefonica è spenta”

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di Franco Fortini

[…] Solo in questo sono d’accordo con Paris: la mitificazione di Pasolini – che di anno in anno cresce per bancari volumi patinati, convegni, esegesi di collitorti internazionali quali egli avrebbe (spero) vomitati – segue una via obbligata.

Catena di Sanlibero 309

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riccardo orioles
La Catena di San Libero
7 novembre 2005 n. 309
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L’ultimo numero della catena non e’ arrivato, per problemi tecnici,
a gran parte degli abbonati. Saremo percio’ piu’ brevi questa
settimana, per poter rispedire anche lo scorso numero a tutti

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Rinaldo in campo. Anche questa settimana, la capitale d’Italia e’
Locri. E’ gia’ uscita, com’era prevedibile, dai media padronali: ma
e’ ancora li’, che’ ormai e’ una generazione. Le mancano tantissime
cose: memoria, collegamenti, organizzazione. Ma neanche i ragazzi di
Palermo e Catania sapevano piu’ molto di Licausi o dell’occupazione
delle terre; ne’ avevano tv o giornali, ne’ una rete. Eppure, a poco
a poco, hanno costruito. E cosi’ faranno questi di ora. Noi, poiche’
oggi lo spazio e’ poco, ci limitiamo a ripetere che siamo a
disposizione. Questa e’ l’ultima voce autonoma, o una delle ultime,
dell’antimafia di dieci e di vent’anni fa: siamo sopravvissuti fin
qui esattamente per questo, per essere memoria e agenda per le nuove
antimafie che – ne eravamo certissimi – sarebbero arrivate. Il filo,
invisibile e lieve, non s’e’ spezzato mai. Per Aldo, Alessandro,
Barbara e per tutti gli altri e’ pronto da raccogliere, ed essi lo
faranno.

Ricevo e volentieri pubblico (RVP) Sparajurij

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AMO ROMA DICO A OMAR
Erika epica Omar e pathos

di
Sparajurij

È a ripetere suoni il gioco. A ripetere suoni mentre tubi di fiato contengono nell’orizzonte crystal ball crisi. Se il piano in testa è riuscito, più lo si invoca meno s’è invisi; ora invece braccia si incrociano in uno spazio essenziale, e il rumore di passi si fonde al vento che turbina nel clangore penitenziale. Se io ripeto Omar, lo sputo dalla lingua alle dita che se lo passano con un movimento verticale e diventa metropoli, diventa città, diventa capitale. Omar si ripete senza senso per ogni viaggio e naufragio. Omar tende all’infinito e a Roma, ecolalico spleen in my gsm tim.

Dell’Amicizia III/ Isaac Bashevis Singer

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Ci sono giorni in cui senti che vale la pena. Agitarsi, andare, inseguire quella chimera che i più chiamano letteratura. Che la letteratura non dà pane – ma magari mortadella, o rose- lo sapevamo già e ci muoviamo come ombre tra le ombre inseguiti da creditori che ti passano davanti senza nemmeno chiedere, solo facendo un cenno. Tempo fa a casa di Beatrice Commengé e André Bay, avevo letto un racconto di Isaac Bashevis Singer . Credo non sia mai stato pubblicato in Italia. Beatrice me l’ha inviato per Nazione Indiana qualche giorno fa. Qualche giorno fa mi sono arrivate le lettere della Ortese a Pasquale Prunas e grazie ad una persona straordinaria incontrata a Torino anche le pagine che Massimo Mila scrisse l’indomani dei funerali di Pavese. Ci sono giorni in cui si è quasi felici di non produrre pane e in cui nessun debito ti legherà a nessun creditore. Col Giuvà, Giovanni Choukhadarian, ci siamo messi a lavorare sulla prima traduzione che ne avevo fatta. E’ così.

La mosca

di

Isaac Bashevis Singer

Questa storia della mosca è capitata in un momento in cui le mosche sono una rarità. Era febbraio, a Madison, nel Wisconsin, e faceva dieci gradi sotto zero. Quando fa meno dieci a Madison, è peggio che meno diciannove al Polo Nord. Faceva un freddo così tagliente che mi ci era voluta una maschera sulla faccia, una maschera nera con due buchi per gli occhi. Avevo la sensazione di essere una reincarnazione di Jack lo Squartatore.

Lucciole

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un microracconto di Giordano Tedoldi

“Qui un tempo era tutto Pasolini”
Mi ha detto il viado col cazzo siliconato.

Se Cristo si è fermato a Eboli

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di Giancarlo Tramutoli

Se Cristo si è fermato a Eboli
dove si fermeranno i più deboli?
Sdraiati nel giardino di Boboli?
Travolti da mandrie di bufali?
Abbracciati a bambole gonfiabili
o attaccati alla bombola del gas?

Guy Debord 2

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Questa è la seconda rata di Guy Debord, La società dello spettacolo. Come ho già detto la presento come commento a Pasolini e non per forzare una stretta analogia che non esiste, ma perché si intraveda un filo che comunque li connette. Tutti i corsivi sono rigorosamente nell’originale.

10. Il concetto di spettacolo unifica e spiega una grande diversità di fenomeni apparenti. Le loro diversità e i loro contrasti sono le apparenze di questa apparenza organizzata socialmente, che deve essere essa stessa riconosciuta nella sua verità generale. Considerato secondo i suoi propri termini, lo spettacolo è l’affermazione dell’apparenza e l’affermazione di ogni vita umana, cioè sociale, come mera apparenza. Ma la critica che raggiunge la verità dello spettacolo lo scopre come la negazione visibile della vita; come una negazione della vita che è divenuta visibile.

11. Per descrivere lo spettacolo, la sua formazione, le sue funzioni, e le forze che tendono alla sua dissoluzione, bisogna distinguere artificialmente degli dementi inseparabili. Analizzando lo spettacolo, si parla in una certa misura il linguaggio stesso dello spettacolare, in quanto si passa sul terreno metodologico di questa società che si esprime nello spettacolo. Ma lo spettacolo non è nient’altro che il senso della pratica totale di una formazione economico-sociale, il suo impiego del tempo. È il momento storico che ci contiene.

Siamo al ventesimo posto

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Ludovico Magnocavallo di Qix ha realizzato una lista dei primi 100 blog italiani secondo Technorati: ora Nazione Indiana è al 20° posto!

Viva Zapatero
E viva anche il cavallo

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di Andrea Bajani

(In occasione dell’uscita nelle sale del film di Sabina Guzzanti ripubblico alcune considerazioni sulla satira scritte ai tempi della chiusura di Raiot. AB)

Coloro che per mestiere fanno ridere la gente hanno una lunga frequentazione con i meccanismi della censura: è un patto implicito, quello che regola la gestione non conflittuale della messa in ridicolo, o della traduzione in riso, di alcuni aspetti della vita associata. Si conoscono le regole e le si condividono, se per condivisione si intende l’accordo che rende possibile una coabitazione tra due parti. Finché la condivisione persiste, persiste la coabitazione. Nel momento in cui salta, scatta il fuorigioco e si rimette in discussione l’assetto complessivo: si fischia l’infrazione, si ferma il gioco e si concede potere di manovra a chi ha subito l’infrazione.

Niente da nascondere

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di Marco Rovelli

cache

Lo sguardo e la distanza. E’ nella distanza che non si ha più niente di nascondere. In prospettiva. Quando uno sguardo si fissa immobile su di te, e ti rimanda il tuo sguardo, ed è come se il tuo sguardo entrasse in corto circuito – allora si è in piena trasparenza, e la casa è come di vetro.

E poi nient’altro

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un microracconto di Raul Montanari

“E adesso?”
“Ti uccido”, rispose dio.

Guy Debord 1

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Sono sempre convinto che “il miglior commento ad un classico sia un altro classico” (G. Steiner). Non è facile naturalmente decidere quale classico estrarre dal cappello. Azzardo la scelta di commentare Pasolini con un altro, meno noto ma non meno dirompente, classico del nostro tempo, Guy Debord (1931-1994), appartenuto a, ma non limitato a, l’Internazionale Situazionista.
Pubblico qui le prime nove tesi del suo testo fondamentale, La società dello spettacolo.
Il libro è pubblicato in italiano ora dalla Baldini-Castoldi-Dalai, in una buona traduzione, quella di cui mi servo qui. Il libro ha subìto in passato storie di traduzioni orripilanti, anche in altre lingue. I film di Debord invece non credo siano mai circolati in Italia, ma stanno ora per uscire su DVD in Francia.
Incipit:

1. Tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione.

2. Le immagini che si sono staccate da ciascun aspetto della vita si fondono in un corso comune, in cui l’unità di questa vita non può più essere ristabilita. La realtà considerata parzialmente si afferma nella sua propria unità generale in quanto pseudo-mondo a parte, oggetto della sola contemplazione. La specializzazione delle immagini del mondo si ritrova, compiuta, nel mondo autonomizzato dell’immagine, in cui il menzognero ha mentito a se stesso. Lo spettacolo in generale, come inversione concreta della vita, è il movimento autonomo del non-vivente.

La Montagna incantata di Brugherio

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di Sergio Garufi

Nella seconda parte de La Montagna incantata, Thomas Mann introduce un personaggio curioso il cui nome è Mynheer Peeperkorn. Questi giunge al sanatorio di Davos in compagnia di Madame Chauchat, di cui era innamorato il giovane protagonista del romanzo, Hans Castorp. Peeperkorn viene presentato al lettore come un “olandese di età matura […] ricco sfondato”. Sia l’abbigliamento che è solito indossare, che “gli conferisce un che di sacerdotale”, che i gesti solenni e imperiosi, “da direttore d’orchestra”, ammutoliscono l’uditorio, lo mettono in soggezione. L’attesa per quello che avrà da dire è tale che, negli interminabili silenzi che precedono i suoi interventi, alcuni addirittura lo incoraggiano con “cenni e sorrisi”, quasi impazienti di ascoltare le sue parole. Allora, con voce bassa e grave, diceva: “Signori…bene. Tutto bene. Chiuso, e non parliamone più. Ma prego di considerare e di non trascurare, nemmeno un istante, che…Ma lasciamo questo punto. Ciò che spetta a me di dire non è tanto questo, quanto piuttosto e soprattutto che abbiamo l’obbligo…che ci è imposto l’imprescindibile…ripeto e metto in rilievo questa parola…l’imprescindibile dovere di…No! Nossignori, non così! Non già che io…sarebbe grave errore pensare che io…Chiuso signori, chiuso e liquidato. So che in tutto ciò siamo d’accordo. Dunque: veniamo all’argomento!”

Dell’Amicizia II / Anna Maria Ortese

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Gruppo Sud Archivio Renata Prunas, da sinistra: Ennio Mastrostefano, Anna Maria Ortese, Antonio Grassi, Samy Fayad, Pasquale Prunas, Gianni Scognamiglio Gruppo Sud – Foto: Archivio Renata Prunas, da sinistra: Ennio Mastrostefano, Anna Maria Ortese, Antonio Grassi, Samy Fayad, Pasquale Prunas, Gianni Scognamiglio

Un immenso grazie a Renata Prunas e alle sue barricate da parte di Nazione Indiana
effeffe

13 febbraio 1947, giovedì Roma
Carissimo Pasquale,
non è possibile che non ti scriva immediatamente per ringraziarti della dolce emozione (sì proprio dolce) provata leggendo la tua lettera. Mi sembra di soffocare, mi ritorna incontro con violenza la luce di Napoli, e i miei pomeriggi alla Nunziatella l’anno scorso, il calore della veranda e tutti i cari amici di Sud: Gianni, Luigi, Carla, Ennio, i tuoi cari (ormai cari come leggende) genitori Chica, Renata e tu, caro Pasquale! …, come se io fossi stata morta e in questo momento nascessi. Ho tante lacrime. Come ho sofferto. Ho la bocca piena di lacrime, perché ricordo improvvisamente tutto, tutto.

Pasoleen

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di Helena Janeczek

pasol

“There’s a killer on the road/ his brain is swaying like a toad/
…Take a long holiday/ Let your children play”

The Doors, Riders On The Storm

Suonano alla porta. Sono un licantropo molto brutto e molto peloso, un goblin, troll o orco tolkieniano e una piccola creatura rosso sangue dal volto nero. Chiedono: “S’il vous plait, madame, est ce-que vous avez des bonbons?”

Dell’Amicizia/Anna Maria Ortese

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Tra qualche giorno esce il numero sei di Sud, nuova edizione. Un numero speciale visto che il 12 novembre del 45 nacque il primo Sud. Pubblichiamo insieme ad altri materiali alcuni “passages” della corrispondenza tra Pasquale Prunas e Anna Maria Ortese. Si tratta di materiali ancora inediti. In anteprima su NI e con l’ accordo di Renata Prunas che si è aggiunta ai nostri sostenitori lettori, ve ne propongo un breve estratto. In queste poche frasi si respira amicizia. Come dovrebbe essere per ogni comunità letteraria. Come lo è per molti di noi indiani. Essere amici significa anche incazzarsi, mandarsi a quel paese ma poi riprendereil dialogo , magari facendo passare un pò di tempo, liddove si era interrotto. Buona lettura.

16/19/20 Agosto 1948, Milano
Caro Pasquale,
ieri mattina provai una delle più belle ore che conosco da quando sono a Milano. In portineria c’era una grossa lettera, tutta piena di disegni e di firme, una lettera dei miei amici di Monte di Dio, una lettera che stavo aspettando come nel deserto, come nel deserto si aspettano i soccorsi per non morire.

Il porcile sovrano

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di Marco Rovelli

Pasolini lo si celebra in un cinema che sta per essere chiuso grazie al multisala che hanno costruito accanto, è il mercato baby, e così addio al cinema Garibaldi che da fuori si fatica a distinguerlo da un negozio, e addio al suo odore di muffa. E’ qui che veniamo a vedere il Porcile di Pasolini, ed è giusto così. Siamo in due. Nella sala c’è solo un’altra persona. Rumori di sedie spostate, da sopra le nostre teste. Forse sono le tracce sonore dell’ufficio che riempirà, tra poco, questo spazio vuoto. Inizia Porcile.

Catena di Sanlibero 308

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riccardo orioles
La Catena di San Libero
31 ottobre 2005 n. 308
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Due lettere. La prima e’ di un militante antimafioso calabrese piu’
o meno della mia eta’. La seconda di un ragazzo che dieci anni fa
era nella baracca SicilianiGiovani-L’Alba-ecc., di cui vi ho parlato
altre volte. Si chiamano uno Giovanni e l’altro Carlo.

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