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Depois di Cecìlia Meireles

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Depois…

Depois que se navega,
a algum lugar, enfim, se chega …
– O que serà, talvez, mais triste.
Nem barca, nem gaivota:
somente sobre-humanas companhias.

Dopo

Dopo aver navigato
in qualche luogo, alfine, si arriva …
– Questo forse darà malinconia.
Non più barca né gabbiano:
solamente sovrumane compagnie.

di Cecìlia Meireles (Rio de Janeiro, 1901-1964).

Buon anno a tutti. A.

Bacheca di gennaio 2006

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Se vuoi, puoi usare i commenti qui sotto come spazio per segnalazioni e discussioni a tema libero.

ULISSE n. 5/6

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È on-line il nuovo numero della rivista di poesia e pratica culturale “L’Ulisse” (www.lietocolle.com/ulisse), diretta da Alessandro Broggi, Carlo Dentali e Stefano Salvi. Il tema di questa nuova monografia pone al centro un censimento delle riviste letterarie cartacee italiane (soprattutto di poesia, ma non solo): ciascuna è presente con un articolo di presentazione e di analisi del proprio percorso. L’inchiesta ha inteso sondare il panorama e la lettura del presente che da queste traspare, l’impegno verso la poesia (nuova) e gli indirizzi di operatività che esse si danno.

Trovarsi in mezzo

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di Christian Raimo

Giovedì mattina vado a trovare Marcello in ospedale che si è tagliato le vene. Nel corridoio del reparto psichiatrico non ce n’è uno sopra i trent’anni: anche le facce si assomigliano tutte, uomini e donne, forse per l’indigestione di psicofarmaci a cui sono costretti. Quello che ha fatto il terrorismo negli anni ’70 e la droga negli anni ’80, penso, oggi lo fanno i prezzi degli affitti e i contratti a progetto.

Busi, l’infanzia rubata (e la censura)

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di Aldo Busi

23.12.2005 Montichiari
Aldo Busi per l’Unità, s,v,p,: articolo a titolo gratuito; si può pubblicare solo se integralmente e solo se oggi su domani e, ovviamente, senza proditorie prese di distanza a cappello dell’articolo medesimo; se sì, un grazie preventivo per ogni refuso risparmiatomi – ore 17: telefonata con il direttore Padellaro, dal linguaggio curial-bizantino, però, ma, se, mi dispiace, e io “Ma è il racconto di Natale per eccellenza!”: articolo respinto.

Cito da un articolo apparso ieri su un quotidiano nazionale il titolo, “Bimbo di cinque anni violentato – arrestato un giovane a Messina”, e la conclusione, “Si tratta del secondo caso di violenza contro un minore nella stessa zona. Meno di un mese fa una sedicenne di Rometta aveva denunciato di essere stata vittima…” eccetera: come è ancora possibile definire un mero minore una persona di cinque anni e assimilarla, umanamente, sessualmente e giuridicamente, a una di sedici?

A Gamba Tesa

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immagine di Man Ray, Hands on Lips

Etica del Pompino e perché
non sarà mai un’arte
nonostante Houellebcq

Del maestro effeffe

Il giornalista chiese a Maruschka Detmers
se fosse stato difficile girare la scena
del pompino.
“Era come se mi stessi succhiando il pollice”
Rispose.
A proposito del diavolo in corpo di Marco Bellocchio

Non ho ancora cominciato questo breve pamphlet che già mi chiedo se mai una parola del genere incorra in una qualche giustizia, se esista nel Codice una lista di lemmi ricercati speciali. E allora m’immagino la scena: l’aula semipiena; la giuria popolare, il giudice alto sullo scranno come in Pinocchio che con una voce cavernosa e autoritaria dica: l’imputato pompino giuri di dire la verità, tutta la verità, nient’altro- sospensione, sguardi furtivi tra gli uni e gli altri, magari in cagnesco-…che la verità.

Polar II/ Jean Bernard Pouy

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Immagine tratta da Edgar Allan Poe, “The Gold-Bug” (A-3), Dollar Newspaper, Supplement, July 12, 1843, pp. 1 and 2

La morte del Poulpe*
di Jean-Bernard Pouy

traduzione di Paola De Luca

in memoriam E. Allan Poe

22 marzo
Allora il vapore s’alzò di parecchi gradi sopra l’orizzonte e perse gradatamente la sua tinta grigiastra.
Il calore dell’aria era eccessivo, con una sfumatura lattiginosa più evidente che mai. Una violenza agitazione si produsse intorno all’aereo. Fu accompagnata da uno strano fiammeggiare del vapore in cima e da una separazione momentanea alla base. Una polvere bianca finissima, simile alla cenere – ciò che certo non era – ricadde sul Policarpov mentre svaniva la palpitazione luminosa del vapore e il commovimento dell’acqua, lontana in basso, si placava.

Polar I/ Jean Claude Izzo

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foto di Daniel Mordzinski

Il testo di Jean Claude Izzo che segue fa parte di una serie di interventi che posterò e apparsi su Sud o altrove ad opera di autori di genere. Si tratta per lo più di scrittori che partecipano di quel movimento chiamato del Polar, e che si sviluppa in Francia a partire dagli anni settanta. Come tradurre in italiano Polar? Cosa fa di un romanzo un noir o un poliziesco? Sono domande che su NI ricorrono spesso, come certi sogni. Incubi? E se si trattasse solo di letteratura? Augurando a tutti un bellissimo Capodanno dedico questa serie di testi a Gianni Biondillo e al lettore del suo Con la morte nel cuore incontrato per caso sul treno Torino- Milano.
effeffe

ASCOLTANDO IL MARE
Jean Claude Izzo

traduzione di Claudio Franchi
e Martina Mazzacurati

Da Marsiglia, osservo il mondo. È da lì – in cima alle scale del faro di Sainte- Marie, precisamente all’estremità est della diga al largo – che penso il mondo. Il mondo lontano, il mondo vicino. Che mi penso, anche.

Questo è il mio corpo

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di Christian Raimo

Lui è cattolico. E’ stato battezzato quando aveva tredici anni, per sua scelta (se si può chiamare scelta qualcosa che fai a tredici anni). Ha fatto la comunione e la cresima a diciassette. E’ diventato catechista nella sua parrocchia, per i bambini che si preparavano alla prima comunione. Da diciotto anni ha cominciato a frequentare diversi ritiri di “discernimento vocazionale”: ha pensato di poter diventare prete. Ma invece di entrare in seminario, si è iscritto ad architettura.

La terza persona

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di Paolo Cesano

La terza persona era sparita. Me ne sono accorto per sottrazione di ombre. La macchia di luce opaca intorno a noi si era notevolmente dilatata, poteva essere impercettibile o catastrofica. Un passante interrompe il vuoto elettrico, ingombrando d’azzurro il marciapiede. Ci siamo guardati intorno, poi le portiere si sono chiuse soffici, quasi all’unisono. Dentro l’auto siamo ancora più separati, come cani alla gabbia di partenza. Qualcosa di anormale nella sua tipica espressione tiepida, mnemonica con gli occhi gettati lateralmente, una consuetudine. Forse non volevo rimproverarla, il denaro la condiziona esattamente come chiunque altro, ma si cura di essere generosa intellettualmente. Guardo le sue mani e penso a una probabile comanda al ristorante, avrei mangiato cosa?

Ridendo con bonomia

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dalla Catena di Sanlibero 315, di Riccardo Orioles.

Città. C’era una volta in una città della Sicilia un giovanotto che si chiamava per gli amici Enzo ma era per tutti gli altri l’ingegner Enzo M. Difatti s’era laureato da poco tempo e ne era orgogliosissimo. “Ingegnere!”. Un giorno il nostro ingegnere incontra un vecchio compagno del liceo, che però invece di darsi alle professioni aveva deciso di far carriera in politica (doveva essere una classe di liceali particolarmente brillanti). E anche lui con successo: ma per gli amici, naturalmente, continuava a chiamarsi Nino. “Caro Enzo!”. “Caro Nino!”.

MOLOKH II

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di Angelo Petrelli

Il gelo che la minima luce traveste di sole
e cancella – o sei anche, a volte – questa mancanza
di prati clamorosi dove perire, ora/lontani, o da sempre
perduti nel gioire di gesti inesatti, felicità nel volto
presto sconvolte per venti più forti, di globi
disposti in oblii, simmetrie o di piogge o di fuochi

A cena (e a colazione, se possibile) con Eva

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di Giovanni Choukhadarian

Da Jung in avanti (almeno), il romanzo moderno, che rifiuta il mito in quanto privo di necessità ermeneutiche, col mito deve fare i conti: e se non sono miti, saranno almeno, con Weber e Jaspers, almeno idealtipi. Di recenti, però, ce n’è pochissimi. Peter Pan, su cui tutti sembrano d’accordo, con molta generosità Holden Caulfield e poi, quasi certamente, Lolita.

Il senso e la sperabile utilità di una discussione (il mio schifo, e l’animale da guardare)

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di giuliomozzi

[Pubblico questo articolo contemporaneamente qui e in vibrisse. Lascio aperti i commenti qui, e li chiudo in vibrisse. gm]

A che cosa serve, si è domandato più d’uno, una discussione come quella, abbondantissima, che è nata in Nazione indiana attorno all’articolo di Raul Montanari (pubblicato da Piero Sorrentino) Grazie, Di Canio, è proseguita in calce all’articolo di Christian Raimo Okkio al Canio, si è parzialmente spostata in vibrisse dopo il mio articolo Della più bell’acqua, e ora ha ripreso a macinare di nuovo in Nazione indiana con la ripresa, sempre da parte di Sorrentino, di un intervento di Montanari (Addenda a “Grazie, Di Canio”) già apparso nella discussione in vibrisse? A che cosa serve?
[E vedo ora che si aggiunge un altro articolo di Christian Raimo: Natale con i tuoi].
Dico subito: nei vari filoni della discussione ci sono stati interventi futili, provocatori, scemi, osceni, dileggianti, ridicoli: in una parola, interventi inutili. Ce ne sono stati come ce ne sono in ogni discussione – nel web si vedono di più, perché restano lì scritti. Questi interventi programmaticamente, intenzionalmente ed effettivamente inutili non mi interessano (per ora): sono il ronzio, il rumore di fondo.
La parte non intenzionalmente inutile della discussione, allora, è riuscita a essere effettivamente utile? Che anche in questa parte della discussione ci siano state alzate di tono, scambi di cordialità non esattamente carinissime, eccetera, vabbè: anche questo succede in tutte le discussioni. Si discute, si litiga, si equivoca, ci si spiega, eccetera. Non può essere che così; e tutto questo non inficia complessivamente l’utilità della faccenda – se un’utilità c’è.
A me sembra che la discussione sia stata utile. Per due ragioni: per due risultati positivi raggiunti.

Natale con i tuoi

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manifestazione di canio
di Christian Raimo

Allora, ieri sono andato alla manifestazione pro Di Canio davanti alla Figc. Alle tre del pomeriggio di un giorno di bailamme pre-natalizio, circa mille persone sono arrivate a via Po, vicino Villa Borghese. Quasi tutti uomini, ma di età molto diverse. Ragazzini e settantenni, qualche famiglia pronta per lo shopping. Doveva esserci anche Di Canio, ma alla fine ha preferito non andare “per tutelare lui e i propri amici-tifosi”. Ossia, se la cosa trascendeva, sarebbero forse scattate squalifiche peggiori. Al suo posto ha parlato un capo-tifoso degli Irriducibili che ha chiarito da subito che la loro era una manifestazione apolitica, che da anni ormai gli Irriducibili sottolineano la loro volontà assoluta di eliminare la politica dagli stadi, e che se hanno esposto croci celtiche e simbolame vario è stato soltanto a Livorno con lo scopo di rimettere sul tavolo il problema dei due pesi e due misure: se loro espongono il Che, allora noi non siamo coglioni e ritiriamo fuori i fuan.

Addenda a “Grazie, Di Canio”

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di Raul Montanari

[pubblico questo testo di Montanari prendendolo dai commenti di Vibrisse, in cui Giulio Mozzi ha pubblicato un post su Grazie, Di Canio. P.S.]

Buongiorno a tutti.

Sono molto grato a Giulio di avere aperto questo dibattito. Capisco cosa lo ha infastidito nel pezzo di cui state parlando; volendo stare al gioco, l’accusa di lombrosismo mi convince più di quella di razzismo, ma forse è solo perché la parola è più buffa e fa risuonare eco meno allarmanti.
Provo in pochi punti a spiegarmi, cercando di non farla troppo lunga tranne dove è necessario.

Mafia e P2

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di Riccardo Orioles

Cari lettori, la strenna che abbiamo scelto quest’anno per gli amici della “Catena” comprende alcune “vecchie” inchieste – nel file allegato – su mafia e P2. Vecchie perché uscirono sui Siciliani a metà degli anni Ottanta; ma ancora purtroppo non prive d’interesse, dal momento che dei protagonisti di queste storie alcuni sono pervenuti alle massime cariche dello Stato mentre altri, emarginati in Italia a seguito delle inchieste della stampa antimafiosa e della Magistratura, si sono poi riciclati a metà Novanta negli Stati Uniti. Dove adesso collaborano – secondo quanto pubblicato da Business Week e dal WSJ e, in Italia, solo dalla “Catena” – alla gestione della security aeroportuale per conto del governo Usa.

Scarica la raccolta Mafia e P2 di Riccardo Orioles (42 pagine, formato pdf).

Io penso che (pensieri molto robotici)

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di Franz Krauspenhaar

All’implementazione di noi robot autoevolutivi si accede
con nuove applicazioni autoassemblanti
di riprogettazione delle cellule staminali del boia.

A Lione lo sanno, mangiano lumache robotiche
e, negli scafandri della società del malessere, topi grigi con la nuca
a mezzaluna.

Okkio al Canio

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di Christian Raimo

Ieri ho finito un corso di scrittura a Parma, quindici incontri, e le persone che lo avevano frequentato mi chiedevano di trarre delle conclusioni meno tecniche del solito. Io ho provato a partire dall’articolo di Raul Montanari su Di Canio, per provare a riflettere come quello che scrive Montanari è esattamente l’opposto di quello che per me è il compito della letteratura.

Polar/ Thierry Crifo

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immagine di Alessandro Baronciani

Porca Parigi
di

Thierry Crifo
traduzione di Francesca Spinelli

Se ne sta al volante della sua Mercedes coupé, parcheggiata in rue de Seze, dietro la Madeleine, sono le tre di notte ed è gennaio inoltrato. La Madeleine, come quella di Proust e della sua memoria sepolta e dispersa, Proust che abitava qui vicino, tra l’altro, la Madeleine dell’Olympia dove Mistinguett era di casa, anche se quello era solo un cinema tra tanti altri, la Madeleine della piazza, della chiesa e di fronte, in lontananza, dopo la Senna, l’Assemblée, che le fa da gemella, da trompe l’œil ufficiale; la Madeleine del teatro, di rue de la Paix e del suo caffè, dell’Opéra e del suo fantasma; e poi, dall’altro lato, la Madeleine di rue Royale, se si getta uno sguardo dietro la facciata impenetrabile di Maxim’s e del suo defunto cacciatore, dove tanti smoking e tante scollature si sono strofinati, tra bicchieri vuotati e altri rotti, dove tanti musicisti di operetta si sono assopiti in piedi, morti viventi, sognando per notti intere finte contesse che non si sarebbero mai scopate, ma bisogna pur campare, e allora giù serate, col violino in spalla che piagnucola da sempre, davanti a tavoli di aristocratici di fine secolo, di americani straricchi, di uomini politici scaduti o in erba, di donne da prendere, accompagnare o abbandonare; la Madeleine di rue Royale, quindi, ma anche quella della Concorde e della Camera dei Deputati, addormentata, per una volta, e poi quella delle Tuileries e dei suoi appuntamenti tra uomini avidi di sessi frettolosi, e infine quella del Louvre, del suo museo e della sua piramide mitterandiana, da cui la prospettiva, valore a quanto pare borghese, lacera a modo suo il cielo e il selciato di Parigi, con uno squarcio netto e imperioso.

Licola Paradise

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di Davide Morganti

Se si attraversa Licola mare si è risucchiati dentro un day after marginale, di borgata cresciuta sulla muffa, che porta nei muri le stimmate di una città scheletrica, consumata dalla deriva. Non a caso un ragazzo, lo chiameremo Renato, mi dice, ridendo, che “Stanno meglio a Bagdad!”. Le giornate lui, una volta uscito dalla scuola di Monterusciello, le passa sul lato opposto di Licola, alle spalle del Depuratore, nella zona denominata Reginelle. “Qua – interviene un suo amico – la sera se non fosse per la luce del tabaccaio non ci sarebbe illuminazione”. A Licola mare mancano segnaletiche, non tutti gli impianti fognari sono terminati, il risanamento delle strade è labile, l’evasione scolastica diffusa.