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Storia di una strada

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 di Sergio Garufi

 storia di una strada.jpgLa vecchia strada della Valcellina in Friuli, che fu un tempo via di servizio alla diga, ma anche percorso che collegava i paesi della valle alla pianura sottostante, è la protagonista del bel volume fotografico di Max Rommel corredato dalle ottime prose di Marissa Morelli (Storia di una strada, pp.108, euro 25, M&B, 2004). Le immagini in bianco e nero dei paesaggi attraversati dalla strada e dei volti che la calcarono ci restituiscono lo spirito più autentico del luogo, che non è altro che una memoria profonda, che conserva e tramanda le tracce mnestiche di un passaggio, qualcosa che lascia un segno sulla materia inerte e con quel segno le infonde vita.

Il ritmo delle cose

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di Evelina Santangelo

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“Un uomo che aveva stabilito di fare una cosa e si trovò a farne un’altra diversa che non aveva nessuna importanza”. Così si potrebbe sintetizzare, usando i pensieri stessi di Noel Boyle, protagonista di The swing of things (pubblicato in Italia, con il titolo Il ritmo delle cose, dall’editore Sartorio, pp.334, €16,00), la storia raccontata, ma sarebbe meglio dire, agglutinata tra le pagine del secondo romanzo di Sean O’Reilly, considerato dal prestigioso “Irish Time”, nonostante la giovane età, tra i cinquanta migliori romanzieri irlandesi di tutti i tempi.

MM1, linea rossa (sangue)

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camminamilano  di Piero Colaprico 
  

Mi piacerebbe che fosse una specie di gioco. Un gioco semplice, tesoro, e poi si vince qualcosa. Si fa così: io dico il nome di una fermata del metrò e tu e gli altri raccontate quello che vi viene in mente. Per esempio: San Babila. Magari mi parlate delle fontane sbilenche e delle targhette dei prezzi nei negozi alla moda, oppure citate i teatri della borghesia e la chiesetta dove venne battezzato Manzoni, le iper-moto posteggiate sghembe o una modella che rideva. Dai, accontentatemi, che vi costa?
Ognuno, dal nostro tunnel ondeggiante del metrò, prova a farci vedere gli scorci colorati della Milano del piano di sopra. Potete tentare di scopiazzare Stendhal, Buzzati, Testori. Ma per me…
Per me può essere molto diverso, ragazzi.

da “Tic”

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docciamare_w.jpg di Emanuele Kraushaar

Non chiedere la marmellata alla mamma, per l’amor di Dio

In collegio ogni volta per prendere la marmellata eravamo costrette a vestirci da piccole pagliacce e fare lo spettacolino solito che la Madre Superiora ci diceva: “Les plaisirs sont doux” e poi ci faceva credere di essere speciali e che Dio voleva bene solo a noi. E che a noi sole dava la marmellata.
Per questo ogni volta che mio figlio mi chiede la marmellata, ho quello scatto che sempre lo terrorizza e l’altro giorno, mentre andava a scuola, mi sono accorta che ha già un ciuffo di capelli bianco come la neve.

Dicono di noi

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(Riporto un articolo di Franz Haas apparso il 10 Maggio 2006 sulla Neue Zürcher Zeitung col titolo “Lolite e capolavori. L’assenza di una critica letteraria in Italia)

Non passa settimana che il più importante quotidiano italiano non proclami l’uscita di un nuovo capolavoro letterario. L’ultimo caso è il magro romanzo di un autore anonimo che vorrebbe emulare in modo penetrante Lolita. E altrettanto imbarazzante è l’ approvazione entusiastica che il libro ha riscosso, ovverosia l’assenza della critica letteraria.

Dialogo sull’entropia – 2004

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Vagando negli archivi di Nazione Indiana con la macchina del tempo, che trovate nella colonna di destra, ho scoperto una conversazione di due anni fa tra Antonio Sparzani e Dario Voltolini che divulga piacevolmente entropia e concetti della Fisica. Me la sono gustata e la ripropongo con un indice a chi non la conoscesse già:

Ladri d’inverno

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di Maurizio Rossi

Alla villa ancora fredda, dai larghi camini accesi una sola volta all’anno, le grandi vampate rossicce risalivano riverberando fameliche lungo i muri, sparpagliandosi in rivoli e tentacoli di calore che facevano più pungente la sera e turbate le ombre. Davano la caccia all’umido e al chiuso di muffa raccolti dentro macchie bigie che sapevano di stantio, di vecchi mobili cerati e di nascondigli a cassettoni per i fucili lucidati e gli scovoli, le cartucce e i proiettili, le bombe e i razzi.

Voyeurismo e flânerie

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di Sergio Garufi

acconci.jpgIn un’intervista recente, parlando a proposito del suo ultimo libro intitolato Finestre di Manhattan, Antonio Muñoz Molina ha detto che “la situazione perfetta per uno scrittore è quella di poter vedere senza essere visto. Io non mi stanco mai di stare alla finestra o di passeggiare”. La frase dell’autore andaluso non è particolarmente arguta o memorabile, e tuttavia ha il pregio di indicare due tra i più diffusi modelli rappresentativi del Realismo nell’arte e nella letteratura contemporanee. Gli incunaboli di questi modelli risalgono più o meno agli stessi anni (1835-40), e sono dei racconti ambientati a Londra opera di scrittori americani. Si tratta de L’uomo della folla di Edgar Allan Poe e di Wakefield di Nataniel Hawthorne.

Il Leviatano

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s37.jpgovvero Il migliore dei mondi

di Arno Schmidt

traduzione di Rosanna Berardi Paumgartner ed Emilio Picco

[Presento un ampio estratto di uno dei racconti più importanti di Arno Schmidt, pubblicato in Italia nel 1966 e ormai introvabile.
*
Berlino, 20 maggio 1945. Sotto gli incessanti bombardamenti russi, si riunisce un’improvvisata compagnia composta da un sottufficiale della Wehrmacht allo sbando (la voce narrante), Hanne (suo platonico amore di gioventù, casualmente ritrovata), un pastore protestante accompagnato da moglie e figli, due Hitlerjugend, alcuni anziani e qualche bambino. Insieme si impadroniscono di un treno e tentano di allontanarsi dalla città.]

(…)

Udite, udite: Un soldato chiacchierava con i ragazzetti della Hitlerjugend (e le ragazze del BDM annuivano convinte): «Abbiamo ancora delle risorse; vinceremo. Il Führer sta seguendo una tattica ben precisa: prima li attira tutti nella trappola, e poi interverranno le armi segrete». Uno dei ragazzi interloquì: «Del resto, Goebbels ha affermato testualmente: “Quando ho visto l’effetto delle nuove armi, mi si è fermato il cuore”. E fra tre anni tutto sarà di nuovo ricostruito, più bello. I progetti stanno già tutti bell’e pronti nella scrivania del Führer». E così via. E i loro occhi balenavano come vetri di manicomi in fiamme! Sarei felice, se il genere umano avesse fine. Nutro la ben fondata speranza che entro i prossimi – facciamo – cinquecento o, al massimo, ottocento anni esso si sarà autodistrutto completamente. E sarà una cosa ben fatta.

“Lavoro da fare” di Biagio Cepollaro

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E’ uscito l’ultimo libro di Biagio Cepollaro: Lavoro da fare (2002-2005) www.cepollaro.it/LavFarTe.pdf
con postfazione di Florinda Fusco.

ora ti tocca prendere
questo dolore rancido
e portartelo ovunque
con te: puzza, certo,
come ogni cosa che viva
è andata a male senza
per questo sparire
ma non hai scelta:
è roba umana comunque

Tempo e dolore nella società degli uomini

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di Stefano Petrocchi

“Lo Scellerato” per l’Accademia degli Scrausi

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I ragazzi sono tornati a scuola, come ogni anno a settembre. Il tempo a una certa età sembra scorrere in modo circolare: cambiano i luoghi delle vacanze, i professori, le materie di studio, eppure tutto riposa su una struttura immobile. Per questo, contrariamente a quanto si pensa, il primo giorno di scuola, la prima sigaretta, il primo bacio sono tanto importanti quanto i secondi. Nessuno potrebbe crescere se non ci fosse la possibilità di una seconda volta – credere in un tempo reversibile è il privilegio e la necessità del non essere adulti.

Gli amici della Canottieri Lazio – una fiction dai primi anni ’90

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Ripubblico questo pezzo al limite del sentimentale uscito due anni fa sulla rivista “accattone”

di Christian Raimo

Giochiamo a calcetto il giovedì. A parte ieri che era partita di torneo, in genere è dalle undici a mezzanotte, sul campo coll’erbetta vera, che manco a Manchester ce l’hanno così. Siamo sempre i soliti più o meno, con alcuni ci conosciamo dall’università. Le squadre anche, sono pressappoco le stesse, e ormai si sono standardizzati anche i ruoli, i nomignoli, e il gergo dello spogliatoio. Io sto in porta, e gli altri che stanno con me sono Attilio, Cesare dietro, Renato e Giovanni davanti.

“Ci vediamo domenica pomeriggio a Booty Bay, per la gara di pesca!”

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 di Matteo Esposito

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Booty Bay è un villaggio di pescatori all’estremo sud delle terre occidentali; poche case di legno forse ricavato da vecchie navi sono ammassate l’una sull’altra, a semicerchio, nella baia che guarda le spalle alla grande statua del goblin-cristo-redentore. Il cielo è blu, limpido, alla sera si fa rosso fuoco e la notte le stelle scintillano sopra un mare sempre calmo. Tutte le domeniche un goblin lancia la sfida della Fishing Extravaganza: il primo che gli porta quaranta esemplari di una certa specie, pescati sulle spiagge di Stranglethorn Vale, si aggiudica un bel premio.

Prima della pensione

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di Thomas Bernhard

dal 4 al 21 maggio

al Teatro Aperto

La piega delle cose

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 di Paolo Cesano

 Hirst.jpgCon un’acrobazia sproporzionata alla pochezza del tuffo, il creativo pluripremiato James Fortezza, freschissimo vincitore di un oro a Cannes nella categoria Toieltry, che bissava l’oro di un mese prima al potentissimo One Show, l’ottimo Eurobest di dicembre, il prestigioso, inaccessibile Silver Award al D&AD di Londra e che avrebbe fatto incetta di argenti tra Clio Award, New York Festival e Art Directors Club Europe, non senza un certo rammarico sul bronzo rimediato al pur sempre importante London International Advertising Award, altrimenti detto LIAA, schiuse la lastra azzurro screen-saver della piscina riemergendo con una teatralità che, coesa alla schiuma e all’incandescente rifrazione della superficie, imprimeva a quel portarsi indietro il ciuffo ancora folto un che di goffamente divino, volendo con essa lasciarsi alle spalle anni di studiate fatiche per trovare se stesso, nei termini di una fisicità adulta, comportamentale, che spegnesse, come fosse da anni un fosco ma liberatorio presentimento, ogni velleità esistenziale.

il Cairo a Milano

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bambini“In uno stabile di inizio secolo, a Milano, convivono famiglie che arrivano da ogni parte del mondo e che hanno saputo integrare le loro “differenze” creando un microcosmo di grande modernità sociale. 35 artisti internazionali tra i più noti nell’impegno sociale, si confrontano con gli abitanti, creando installazioni Site Specific negli appartamenti, cantine, cortili, solai e sui ballatoi divententando tappe di un percorso di integrazione culturale e sociale specchio della città post-contemporanea, dove il rispetto delle differenze è OPERA e AZIONE della cultura.”

Da giovedì 11 a domenica 14 maggio a Milano in via Boiardo 11, MM1 Turro dalle 16 alle 20 ingresso libero.

Informazioni, programma, artisti e documenti su Il Cairo.

Da “Triaca del discount”

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di Jérôme Mauche

traduzione di Andrea Inglese

Giugulare

È l’avventura più strana che sia mai accaduta a qualcuno, non avevo soldi ma dovevo assolutamente partire con la morte nel cuore e, siccome nessuno poteva in quel periodo aiutarmi, mi sono decisa a fare l’autostop, cosa che ho sempre considerato estremamente pericolosa, ma che ci andassi o meno era già questione di vita o di morte, in effetti pensavo che avrei fatto meglio a rinunciare, visto che corrergli dietro era davvero una cattiva idea perché incredibilmente mi ha mollato appena siamo arrivati, ma è un’altra storia, quindi mi sono piazzata lungo la strada e dopo due minuti, in ogni caso, un’automobile si è fermata e mi sono sentita sollevata vedendo che si trattava di una donna con un bambino dietro nel seggiolino apposito, il che mi ha rassicurato,

Chigurh

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di Giordano Tedoldi

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Da giorni, quasi un mese, sono fuori di me. Sono nel personaggio di un libro. Lo so che sono lui, che ho i suoi stessi atteggiamenti, do le sue stesse risposte e, molto importante, riesco addirittura a guardarti proprio come fa lui. Il che, per te che mi vedi, che mi trovi davanti alla tua strada, è una mezza disgrazia.

Che io e te prima o poi dobbiamo morire, è ovvio, perciò il mio sguardo non può piacerti. Ci si guarda sempre come in un duello, anche se il colpo ti finirà, o mi finirà, domani, o tra molti anni a venire. Con i sensi di colpa ho chiuso. Un fratello di sangue mi dice: “Non sai quello che ho fatto per te”, e io rispondo: “Sì, mi hai guardato morire”. Dev’essere tra le pieghe di queste battute che si nasconde il perché di questo cambiamento: che da giorni, quasi un mese, io sono Anton Chigurh.

Le suicide de Paris

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di Giancarlo Liviano

Oggi.

Se ne sta in disparte, segregata nel suo camerino, e sa bene che susciterà sensazioni forti stasera.
È bella, Paris. Porta il nome di una grande capitale europea. È così magra e lunga che sembra un chiodo da bara, e la sua silhouette è un parossismo d’armonia, con i seni polposi e incolonnati in un attillato corpetto nero, un doppio cannone sanguinario che atterrisce il suo obiettivo.
La forza eccitante contenuta in un seno. Non ha un’anima, eppure scatena un fremito brutale in chi lo sta osservando. Brilla attraverso lo schermo senza che si possa toccare, un bel primo piano ultra-ravvicinato che svela perfino le striature più impercettibili che solcano l’epidermide. Produce un anelito bestiale, subito strozzato da un rigurgito antagonista. È l’intervento della coscienza repressiva, rigorosa nella propria puntualità, il ricatto che riporta alla propria condizione incessante. L’immagine è voyeuristica e allo stesso tempo perentoria. Ti dice che non stai facendo nient’altro che desiderare qualcosa che non potrai mai avere.

Tentativo di mediazione attraverso l’analisi e la discussione dei punti di vista espressi in modo virulento nella recente polemica comparsa su Nazione Indiana tra Michelangelo Zizzi e Christian Raimo

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di Gianluca Gigliozzi

Di solito non m’impiccio di polemiche; di solito la polemica è pane per i denti degli addetti ai lavori; il sottoscritto invece non scrive per nessuna redazione, non occupa alcuna posizione di potere nell’ambito editoriale o culturale in genere, né, fino a prova contraria, aspira ad occuparne, occupandosi di tutt’altro. Quello che segue è (vorrebbe essere) soltanto un esperimento di civiltà: tentare una mediazione razionale laddove finora c’è stato soltanto scambio pulsionale.

Tutto il mondo…

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di Nancy Spector

traduzione di Mattia Paganelli

[Ho pensato di tradurre questo articolo apparso su Freeze di Aprile perché parla di argomenti che mi interessano nonostante non li condivida completamente, ma che trovo comunque stimolanti. Mi piace anche metterlo in parallelo all’articolo di Carla Benedetti (‘Concentrazione totalitaria di un’idea di Arte’), apparso su Il Primo Amore, perché credo ne svuoti il senso: la critica da lei mossa sarebbe giusta se non fosse indirizzata a una collezione di artisti che ormai non possiamo più considerare ‘contemporanei’, e che sono dunque assimilati nel sistema commerciale e museale in modo relativamente inoffensivo.
Mi scuso per lo stile brutalista della traduzione. m.p.]