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Italia-USA, 1-1

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di Roberto Santoro

“Heidegger fu acerrimo nemico di quello che chiamava ‘amerikanismus’, e che, a suo avviso, indeboliva l’anima europea. ”
(Buruma & Margalit)

“Hanno voluto la guerra e la guerra hanno avuto.”
(Giampiero Galeazzi)

La partita tra Italia e Stati Uniti ha fatto emergere il diffuso pregiudizio antiamericano, quella malcelata repulsione, che gli italiani nutrono verso gli yankee. A destra e a sinistra.

Leggendo i quotidiani del prepartita (Corriere dello Sport, Gazzetta dello Sport, la Repubblica, il Giornale, il Manifesto) e ascoltando i telegiornali (per esempio quello di Italia 1), e le trasmissioni delle redazioni sportive (dalla Rai a Mediaset), emerge un’immagine “disumana” della squadra guidata da Bruce Arena.***

Il fante atlantico

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Gian Micalessin embedded a Falluja

terza puntata de “Il giornalismo italiano e l’Islam”
un’inchiesta di Roberto Santoro
[leggi la prima e la seconda puntata]

“E ora che ci faccio io tutto solo?”
“Lascia che ci pensi io, piccolo Berretto Verde”.
Berretti Verdi

logotipo Razzismi QuotidianiUn reporter di razza non sopporta l’odore di mocassini delle redazioni, preferisce scorrazzare in medio oriente in cerca d’avventura.
Mai una volta che sia rimasto in hotel, sempre fuori, a caccia di notizie, nella convinzione che basta un passo fuori dalla stanza per scoprire qualche eccitante novità.
Nel 1983, ventenne, Gian Micalessin era in Afghanistan con l’amico Fausto Biloslavo. I due hanno un remoto passato di militanza nella destra triestina e Biloslavo – ex Fronte della Gioventù – durante i suoi vagabondaggi è stato imprigionato e torturato dai sovietici, passando dai campi di addestramento dei falangisti ai tempi della guerra in Libano.
La coppia di giornalisti ha fondato la Albatross Press Agency, un’agenzia di stampa estera che con i suoi reportage di guerra si è guadagnata prestigiose collaborazioni con CBS, NBC, “Liberation”, “Der Spiegel”, “la Repubblica” e il “Corriere della Sera”.
Oggi Micalessin scrive per “il Giornale”. Le sue crude corrispondenze dal fronte iracheno raccontano il dopoguerra dal punto di vista del giornalista embedded, che si muove al seguito delle truppe americane.

Germania-Polonia, 1-0

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logotipo Razzismi Quotidianidi Helena Janeczek

“Jeszcze Polska”, dico quando alza la cornetta. Sono le prime parole dell’inno nazionale: “La Polonia non è ancora sconfitta, finché noi viviamo”. Mia madre ride, poi mi aggiorna sul fatto che i polacchi secondo lei stanno giocando bene. Sono le dieci e qualcosa, dodici minuti del secondo tempo di Germania-Polonia, zero a zero. Parliamo con l’ansia di perdere di vista i nostri televisori, col tipico pensiero magico che se smetti di fissare la porta, l’avversario piazzerà il gol temuto.
“Ah, se lo sapessero i miei jiddn”, sospira mia madre, prevedibile e civetta, “che faccio il tifo per questi antisemiti.”

L’allodola lulu

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di Dominique Dussidour

Il maschio scorge la femmina tra due fili d’erba. Si precipita su di lei, la afferra per le articolazioni del collo, le piega il corpo in due, la sbatte al suolo con forza. Malmenata, scossa, fatta oggetto di violenza, stordita, la femmina acconsente. Il maschio esplora a lungo il corpo della femmina. Quando trova l’orifizio adeguato vi inietta il proprio sperma. Si scuote, si allontana. La femmina si riprende poco a poco. Scuote la testa, si stira, muove le zampe, le antenne. Si allontana a sua volta.

Scrittori e scriventi libri. Ragionamento intorno all’idea di ricerca letteraria

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Di Andrea Inglese

“Sbarazziamoci di questa nozione di una corrente principale nella storia e rendiamoci conto che stiamo andando in diverse direzioni. Noi stessi. Penso che una cosa ragionevole da fare – se abbandoniamo anche la competizione – è fare cose che nessun altro sta facendo, essendo allo stesso tempo informati, naturalmente, su cosa altri stanno facendo; migliorando le nostre comunicazioni in modo da poter sapere cosa sta accadendo, per poi fare qualcosa di nuovo, a cui nessuno si stava dedicando”.
(John Cage, da Lettera a uno sconosciuto, a cura di Richard Kostelanetz, Socrates, 1996)

Lettera Aperta al Presidente Giorgio Napolitano

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Il 19 giugno 1901 nasceva Piero Gobetti. L’anno scorso, i fatti.
Piero Gobetti, morto a Parigi a soli 25 anni, è sepolto al cimitero del Père Lachaise. Fino a poco tempo fa, c’era una piccola lapide messa provvisoriamente dalla famiglia, con il nome e le date di nascita e morte. Da qualche mese, c’è una nuova targa, messa dal governo Berlusconi: dal testo proposto dalla famiglia (e sottoposto al presidente Ciampi) è stato tolto ogni riferimento all’impegno politico di Gobetti e alle cause della morte. La parola “antifascista” non compare. Anche se la proposta del Centro Gobetti, approvata da Ciampi, era di mettere una frase di Norberto Bobbio – “credeva in coloro che hanno sempre torto perché hanno ragione, nei vinti anche se non saranno mai vincitori, negli eretici, che soccombono di fronte agli ottusi amministratori dell’ortodossia, nei ribelli, che perdono sempre le loro battaglie contro i potenti del giorno” – accanto a una dello stesso Gobetti – “mon langage n’était pas celui d’un esclave”. La lapide avrebbe dovuto concludersi con: “In ricordo di Piero Gobetti (Torino 1901 – Parigi 1926), oppositore del fascismo, morto in esilio”. Ma ogni riferimento all’antifascismo e alle circostanze della morte è scomparso.
Anna Maria Merlo, corrispondente de “il manifesto”

L’umano cagnesco

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lager italiani.jpgdi Marco Rovelli

[eccovi un racconto di Rovelli tratto da Lager italiani, con alcuni tagli per non renderlo troppo lungo da leggersi su monitor. Tra le altre cose, nella sua prefazione al libro, Erri De Luca dice: “Questi racconti sono la versione moderna della Storia della colonna infame di Manzoni. Oggi si condannano senza alcun grado giudiziario degli essere umani a scontare pena in un recinto di appestati.”]

Jihad è nato in Palestina.
Ha vissuto in un campo profughi in Libano.
Ha fatto ventun anni di galera a Rebibbia.
Però dice: Trovarmi in un CPT è stata l’esperienza forse più traumatica di tutto il mio percorso di vita.

Seconda cattedra per i Diritti Umani del P.E.N.

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16-17-18 giugno 2006

Cattedra dei Diritti Umani dello Scrittore

Fondata nel 2005 sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica Italiana
e in collaborazione con UNESCO
Seconda edizione
Milano, 16-17-18 giugno 2006

“Libertà di Espressione, Potere e Terrorismo”
Centro Congressi  “Palazzo delle Stelline”
Corso Magenta, 61 – 20123 Milano (Italia)

Patrocinio: Provincia di Milano – Fondazione CARIPLO

Razzismi quotidiani

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Un progetto aperto di Nazione Indiana

« Razzismi quotidiani » nasce dalla proposta di un lettore, Roberto Santoro, di condurre un’inchiesta sulla visione dell’Islam nei media italiani. Attorno a questo progetto si è creata, in seno a Nazione Indiana, una sorta di micro-redazione spontanea: Jan Reister, Mattia Paganelli (che ha anche disegnato il logo), Andrea Inglese ed Andrea Raos. Nell’arco della pubblicazione dello studio di Santoro pubblicheremo anche noi saggi e riflessioni correlati, accomunati dallo stesso banner.

R.V.P./ CENERE ALLA CENERE

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Di Gaja Cenciarelli

Fuoco. S’infuoca. Si va a fuoco. Fuoco, acqua acqua fuocherello, acquazzone, incendio. Fuoco di paglia. Fuoco fatuo.
«Si va a fuoco». Dice la donna con le mani punteggiate da piccole chiazze marroni chiaro e l’orologio d’oro. E ciacola come a rincorrere le lancette dei secondi, come se il tempo non fosse mai abbastanza per chiarire i concetti. Li affastella, uno sull’altro, una pioggia torrenziale di affermazione del sé, la lingua come atto creativo di nonsense.
Il fuoco di fila delle sue parole.
La donna con le gambe nude fino alle cosce e le unghie smaltate di porpora risponde: «È un forno».
Lui è vecchio, di quella vecchiaia che ti divora da dentro, scarnifica le ossa e lascia solo il guscio, vuoto e raggrinzito dalla violenza del risucchio interno. Il suo esser vecchio non si può nemmeno barattare con la dolcezza, l’etereità della parola anziano. Ha una camicia di flanella a scacchi blu e verdi e delle donne non vede la faccia perché è curvo, la testa incassata tra le spalle, guarda in basso e si tira continuamente i polsini, finché i pollici non scompaiono sotto gli scacchi.

Sul ring con Jack London

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di Nicola Lagioia

Aggirare i critici

Che cosa può imparare uno scrittore della mia generazione (quella cresciuta senza Dio e senza Marx) leggendo Jack London? Molto, moltissimo, a patto di disfarsi di quella sfortuna e fortuna critica – smorfie di sufficienza e successive riabilitazioni – che è indebitamente cresciuta per decenni intorno all’autore di Martin Eden, Zanna bianca e altre pietre miliari della letteratura di tutti i tempi, tra cui questi racconti solidi e traboccanti di vita.

Il trust orientalista

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logotipo Razzismi Quotidianiseconda puntata de “Il giornalismo italiano e l’Islam”
un’inchiesta di Roberto Santoro
[leggi la prima puntata]

In Italia ho incontrato alcuni giornalisti. Mi hanno riconosciuto, abbiamo fatto quattro chiacchiere. Gli ho chiesto quale fosse stata la loro impressione dell’Iran rispetto alle informazioni che avevano avuto prima di partire, e mi hanno detto di aver trovato una realtà completamente diversa da quella che immaginavano.
Abbas Kiarostami

Il Foglio, il Giornale, Libero. Tre quotidiani che per rifondare il “Nuovo medio oriente” hanno rispolverato la vecchia biblioteca coloniale, stringendo un patto d’acciaio con il cristianesimo rinato in nome della libertà. Nello stesso tempo, sfruttano i più avanzati discorsi politici postmoderni – la battaglia per i diritti civili, l’emancipazione della donna, la contestazione giovanile, l’importanza attribuita alla storia subalterna – per giustificare l’interventismo democratico nei paesi arabi.[1]

Superficie della battaglia

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mg1177c.2006.jpgGiovedì 15 giugno 2006, ore 21:00

Camera verde, Roma
presentazione di
Superficie della battaglia

di Marco Giovenale

Sette fotografie e sette poesie inedite, in edizione a fogli sciolti:
microraccolta di cartoline in cofanetto
*
Centro culturale La camera verde
via G. Miani 20 (Ostiense)
tel. 06 57 28 94 540

[foto di M. G.]

1923-2006

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Il giornalismo italiano e l’islam

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logotipo Razzismi Quotidianiun’inchiesta di Roberto Santoro

Introduzione

Il Foglio, il Giornale, Libero. Tre quotidiani che per rifondare il “Nuovo medio oriente” hanno rispolverato la biblioteca coloniale, stringendo un patto d’acciaio con il cristianesimo rinato in nome della libertà. Sotto l’apparente imparzialità, e uno stile accattivante, i giornalisti italiani nascondono il consueto pregiudizio politico sull’Islam: siccome ne scrivono, pensano di conoscerlo davvero.
Gli stereotipi sul mondo arabo e musulmano appaiono anche nei giornali liberal e di sinistra. Il nostro obiettivo, dunque, sarà fare chiarezza: da una parte all’altra dello schieramento politico e culturale. Partecipate al dibattito per scoprire quali sono i loro – e i nostri – pregiudizi. Il metodo è la rassegna-stampa, le ricerche di archivio. Come diceva il vecchio Missiroli: “In Italia niente è più inedito dell’edito”

Leggendo Sennett

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Sennett.jpg Lettura di Richard SennettLa cultura del nuovo capitalismo (Mulino, pp. 145, traduzione Carlo Sandrelli)
fatta da Antonio Donghi

Iniziamo con il chiarire che questa nuova cultura è limitata ad una ben definita fascia di popolazione dell’occidente ricco. Il problema – parliamo di problema perchè riteniamo che questo tipo di cultura sia un grave danno per tutti – è che anche chi da questa cultura non è direttamente toccato non può fare a meno di risentirne gli effetti. Nel nostro mondo, tutto è connesso.

Solo una donna e un bambino

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Meditazione per indiani/e e non.

Il telegiornale dell’altroieri dava con risalto la notizia dell’eliminazione del “feroce terrorista” Al-Zarqawi, sottolineando la raffinatezza chirurgica dell’operazione, dato che le vittime civili, configurabili come “danni collaterali”, erano assai poche e tra esse solo una donna e un bambino.

Personalmente credo che un paese nel quale di fronte ad una affermazione del genere non si solleva spontaneamente e immediatamente uno scandalo che porti come danno collaterale la caduta di molte teste, stavolta naturalmente metaforica, sia un paese già caduto in una buia barbarie.

Ciao, Enzo

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[Enzo Siciliano è morto ieri. Aveva 72 anni. Stamattina, alle 11, nella camera ardente allestita nella Protomoteca del Campidoglio lo ricorderanno Walter Veltroni, Alfredo Richelin e Mario Desiati. In Rete e sui giornali ci sono decine di pezzi, necrologi, commemorazioni. Qui apriamo solo un piccolo spazio dei commenti, per chi voglia ricordarlo o raccontare l’esperienza di lettore dei suoi libri e dei suoi articoli. La foto di Siciliano pubblicata in questa pagina è di Elisabetta Catalano. P.S.]

Avanziamo sempre più nel passato

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Kenzaburo Oe
risponde a Massimo Rizzante

Massimo Rizzante
Signor Oe, vorrei ripercorrere con lei il suo itinerario romanzesco, anche se come lettore occidentale credo che mi manchino diversi codici per entrare nella sua opera. Malgrado abbia vinto il Premio Nobel nel 1994, molti romanzi (senza contare le novelle, i racconti e le raccolte di saggi letterari e politici) attendono ancora di essere tradotti. Non me lo spiego. Si deve forse al fatto che “l’ambiguo Giappone” di cui ha parlato nel discorso pronunciato a Stoccolma fa a pugni con l’immagine kitsch che l’Occidente ha della sua nazione?

Kenzaburo Oe
Oggi la letteratura giapponese contemporanea è ampiamente tradotta nelle più importanti lingue occidentali. Accanto alle opere di Haruki Murakami, che riscuotono un successo mondiale, i lettori possono accedere non solo agli scrittori della generazione precedente alla mia – Junichiro Tanizaki, Yasunari Kawabata, Yukio Mishima –, ma anche a molti autori della generazione successiva, come ad esempio a Yoko Ogawa.

Juke box / Louis Sclavis

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immagine di Ernest Pignon Ernest

IL MURO DEL SUONO
Louis Sclavis

Naples’ walls è, come tutti i progetti che spesso realizzo, la cristallizzazione di un insieme di frammenti che si manifestano in differenti momenti e che conservo nella testa fino a quando non mi appaiono come un tutt’uno.
Ho incontrato Ernest Pignon-Ernest una ventina d’anni fa in occasione del festival di Uzeste; lui aveva realizzato un lavoro sul concerto barocco eseguendo dei ritratti di compositori che poi venivano appesi alle finestre del paese: una sorta di parco musicale. Ci siamo poi rivisti in diverse occasioni come alla festa dell’Humanité e altrove; così ho imparato a conoscerlo e a scoprire i suoi lavori fatti a Napoli e quelli realizzati sulle cabine telefoniche di Lione.
In occasione di un reportage dedicato a lui mi chiese di occuparmi delle musiche; mi sorprese la facilità con cui riuscii a comporre.
Quell’esperienza mi ha fatto capire che un giorno avrei realizzato qualcosa partendo proprio dal suo lavoro.

Douce France/ Sempé

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Proprio come un disegno di Sempé *

di

Benoît Duteurtre
trad. Francesco Forlani

Quel giorno, mi trovavo in compagnia di un amico su una spiaggia del Mediterraneo. Il paesino e il suo campanile, aggrappati alla montagna, emergevano da una miriade di palazzine, costruzioni moderne, residenze turistiche, appartamenti multiproprietà, come un nocciolo d’autenticità nel cuore dell’industria del tempo libero.

Non lontano da noi, sulla sabbia- ancora molto poco frequentata in quel mese di maggio – una donna non molto bella, distesa sull’asciugamani, prendeva il sole in due pezzi. Portava occhiali rotondi, un cappello di paglia, e curava l’abbronzatura ascoltando le notizie. Il minuscolo apparecchio radiofonico (con l’antenna tirata su, molto più grande dello stesso apparecchio) gracchiava ininterrottamente,mentre trasmetteva il bollettino meteorologico(anche lì faceva bello) la guerra dei Balcani (sulla spiaggia tutto era calmo), la crisi della Borsa ( trascorrevamo qualche giorno – tutto spesato – in un Grande Albergo di Montecarlo, a tal punto che la crisi della Borsa aveva solo attraversato le nostre coscienze).

Ed ecco che all’improvviso, il mio compagno, indicando la donna e l’insieme della scena, mi sussurra all’orecchio:
Proprio come un disegno di Sempé.