di Antonio Sparzani
Confesso che mi sarebbe piaciuto sedere tra i mardistes, personaggi più o meno celebri, abituali o di passaggio – tra cui Claudel e Valéry, Gide e Huysmann, Verlaine e Oscar Wilde, che frequentavano il martedì sera la casa di Mallarmé in rue de Rome, a Parigi. Mi immagino una grande sala, luce di candelieri, divani, fumo, bicchieri e mi fantastico anche una voce scura, discreta ma tesa, bassa ma penetrante, che vagabonda lenta su terreni impervi, mandando ogni tanto bagliori inaspettati. L’atmosfera è ancora simbolista e non ancora decadente, Mallarmé ha molto da dire in quel suo modo oscuro, con pause, incisi sorprendenti, riprese continue, una sintassi rocambolesca.
A chi scrive, per professione o per hobby, o per piacere, vorrei sottoporre questo passo delle Divagations, che costituiscono una traccia scritta del fenomeno, certo assai più ricco di quanto questa traccia possa raccontarci, di quei martedì sera. Non mi azzardo a tradurre – ma se i nostri francesisti ci si provassero ne sarei ben felice – un simile testo: sono anzi certo di non capire tutto il detto, figuriamoci il non detto. Tuttavia qualcosa mi sembra colpire un punto.
Écrire –
L’encrier, cristal comme une conscience, avec sa goutte, au fond, de ténèbres