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Rete!

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Lunedì 26 marzo 2007 – ore 21

LETTURE INDIANE

RETE

a cura di Nazione Indiana

Nazione Indiana è uno dei più importanti blog letterari italiani, ed è attivo dal 2003. Nel giro di poco tempo è diventato un punto di riferimento per chi fa cultura, in rete e fuori dalla rete. Al momento su Nazione Indiana sono disponibili oltre duemila articoli, tra racconti, poesie, recensioni, reportage e saggi brevi. Nazione Indiana è una struttura mobile, priva di un centro statico, composta da una ventina di redattori sparsi per tutta Italia e anche all’estero. I redattori di Nazione Indiana sono romanzieri, poeti, critici, saggisti, scienziati, artisti e videomakers. Ogni redattore pubblica i propri interventi e ha facoltà di pubblicare anche interventi di autori che non fanno parte della redazione, creando una rete che supera le classiche barriere disciplinari ed editoriali.

È su questo tema, “Rete”, che si incentra l’incontro che Nazione Indiana ha organizzato presso il Circolo dei Lettori di Torino per lunedì 26 marzo alle ore 21.

Interverranno con letture, performance canore e teatrali Andrea Bajani, Francesco Forlani, Marco Rovelli e Antonio Sparzani, presentati da Giorgio Vasta.

Versetti dal paese d’argilla

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di Franco Arminio

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per E.

non sono mai riuscito a dimenticare
che già qualche mese prima della fine
mia nonna mi chiedeva di prendere un fiammifero
e darle fuoco sulla schiena.

sono vedovo.
ho due figli maschi e una femmina.
dieci anni fa sono tornato dalla svizzera.
oggi compio sessant’anni e non lo sa nessuno.

Da “EPIFANIE”

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Di Alberto Casadei

III

Viareggio, Pineta di Levante (h. 21.46 del 2 luglio 2005)

Il rosso, il verde, l’azzurro, l’arancio
formano un bruco
scavato. Sussistono
urli e silenzi, giochi
infantili.

Il bambino fa uno slalom
tra sacchi di gomma colorata.
Il pino è bloccato fra le
plastiche modellate, pezzo antico
nell’oggi.

La via della terra
è azzurra puntinata
con cuori
a rilievo.

Si attende solo
il fischio di chiusura.

Discesa negli inferi di un cronista padano

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Franz Krauspenhaar intervista Valter Binaghi

Un romanzo inquietante sulla contemporaneità che qualcuno potrebbe con leggerezza chiamare semplicemente thriller ma che è decisamente qualcosa di più. “I tre giorni all’inferno di Enrico Bonetti, cronista padano”, Sironi, pagg.406, euro 17,00, è un romanzo che sfugge alle catalogazioni, è una sorta di viaggio post-iniziatico alla ricerca del male pervadente la società e le anime che di questa società sono in svariatissimo modo latrici.

Lo squalo e la torpedine

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zucca2.jpgaristotele.jpgdi Alessandra Lisini

Diego Zucca
Essere linguaggio discorso – Aristotele filosofo dell’ordinario
Mimesis Edizioni, 2006
euro 29, pagg.391

Se è vero che nella sua svolta linguistica la filosofia contemporanea ha ricondotto con forza la realtà e l’esperienza della realtà al linguaggio, giungendo talora a tassonomie altamente specializzate, scientifiche, dimenticando però che il punto di partenza è sempre la “vulgaere Verstaendnis” – così pare suggerire Luigi Ruggiu nella prefazione -, allora recuperare Aristotele e comprenderne passo passo categorie, punti di omologia o collisione con i contemporanei e i predecessori (Socrate, Platone, i monisti, i sofisti) potrebbe non essere un’operazione anacronistica o gratuita.
Per definire un Aristotele “filosofo dell’ordinario” Zucca ha quindi provato a ripercorrere con rigore filologico e coraggio sinottico il metodo dialettico aristotelico, evidenziandone l’importante ricaduta non solo sul linguaggio ordinario ma anche sul discorso scientifico.

E’ primavera

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Sono un po’ stanco, dormo poco ultimamente. Fa freddo a Milano, ma c’è un bel sole. E’ primavera. Anzi: sono quattro primavere ormai. Venerdì porto la famiglia sull’isola di Sant’Erasmo. A me basta davvero poco per sentirmi felice.
Anche una frase banale, come: “vi voglio bene”.

la scatola liquida

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microfestival contemporaneo d’arte

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dal 24 al 31 marzo
chiesa sconsacrata S. Giorgio
Jerago (Varese)

ingresso libero

 

PROGRAMMA

Oh, Frantisek!

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Di Damiano Zerneri

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(pratica di campionamento e remix su brani/momenti tratti
dai primi due capitoli di Der Prozeß di Franz Kafka)

Certo non ci si poteva credere. Come fai a pensare che c’è gente che va in giro bardata dentro certe tenute attillate che stanno nel mezzo tra la giubba da pesca e la guaina/guttaperca dell’incursore acquatico. Senza distintivo, questi due attillati mi mangiano la colazione. Li mando a fare in culo per niente affabile e loro neanche una piega. Mostratemi le credenziali, gli dico. Loro mi mettono davanti al naso un foglio imperial-regio con sopra l’ologramma dell’Inquirenza. Allora a malincuore mi tocca di rispondere, prego, accomodatevi. Sto con le brache del sonno, ma accomodatevi. Non glielo dovevo comunicare che mi chiamo Jozef K.?

Inedita poesia: Saturnino Primavera

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Tre poesie
Storie da raccontare
nel silenzio delle notti bugiarde.
Storie da scrivere col sangue
e con le parole,
su questo bianco muro del Sud,
vivo da sempre e cancellato da tutti.
Da sempre, il vento ha mietuto
nella notte i fiori
dal grido vivo.

Storie da raccontare ancora
di pianto silenzioso, minuscolo,
che si nasconde in noi,
dietro di noi, lontano da noi,
vicino come un palpito
e cerca tra queste pietre
un grido, un sorriso perduto,
una parola cancellata,
un brivido di vita.

AFIA

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di Alessandra Galetta

Io ho ammazzato un uomo. Non gli ho messo le mani al collo e ho stretto fino a fargli schizzare via la vita insieme agli occhi e nemmeno gli ho strappato il cuore.
In effetti ora che lo racconto mi accorgo che ammazzare non è la parola esatta.
Dal libro di diritto che ho letto nella biblioteca di Padre Riotta posso dire che la colpa di cui mi sono macchiato porta il nome di omissione di soccorso (e c’è stata anche un’appropriazione indebita date le circostanze) che la legge punisce anche se con pene meno severe di un assassinio.

La verificabile leggerezza del giogo

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di Christian Raimo

Paola ha il volo fra tre ore, ha già raccolto tutta la sua roba, ha ritirato il passaporto alla reception e all’improvviso si è spogliata e si è buttata a peso morto sul letto e ha aspettato che anch’io facessi la stessa cosa. In questa stanza d’albergo che sa di colla da carta da parati e deodoranti d’ambiente e una specie di odore accumulato che sono le reliquie olfattive dei clienti che furono, respiriamo per minuti e minuti, stanchi della giornata e dei nostri occhi e di noi, e ognuno non vorrebbe più essere se stesso e neanche l’altro.

Juke Box (My Generation)

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My Generation – The Who – 1965

People try to put us d-down (Talkin’ ‘bout my generation)
Just because we get around (Talkin’ ‘bout my generation)
Things they do look awful c-c-cold (Talkin’ ‘bout my generation)
I hope I die before I get old (Talkin’ ‘bout my generation)

This is my generation
This is my generation, baby

La gente cerca di metterci sotto (parlando della mia generazione)
Solo perché noi gli stiamo intorno (parlando della mia generazione)
Le cose che loro fanno sembrano terribilmente fredde, (parlando della mia generazione)
Spero di morire prima di diventare vecchio (parlando della mia generazione)

Questa è la mia generazione,
questa è la mia generazione, baby

Il padre degli animali

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andreadiconsoli.jpg di Gianni Biondillo 

Andrea Di Consoli, Il padre degli animali, Rizzoli, 2007 

Libro difficile quello di Andrea Di Consoli. Non certo per la scrittura, che, certo, non ammette sconti, è alta, nobile, per nulla sciatta ma che, allo stesso tempo, si distende senza mai davvero essere autoreferenziale. Il Padre degli animali è un romanzo difficile per la durezza, per la sensibilità, per la crudele onestà degli enunciati. È un libro sulla maledizione del ritorno. Il nostos greco, la sua inevitabilità e, perciò, il suo essere intimamente tragico.

I luoghi oscuri

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foto di Mauro Baldratidi Mauro Baldrati

La parola d’ordine di noi fotografi milanesi, o forse l’ossessione, in quegli anni dove tutto sembrava possibile, e ogni opportunità concessa, era: la ricerca della bellezza a tutti i costi.

Eravamo spinti, trascinati da questo desiderio di dare forma e immagine alla bellezza umana, femminile e maschile; era una ricerca fine a se stessa, nulla più di un desiderio istintivo, forse rozzo, certamente non consapevole che faceva di noi dei navigatori un po’ sperduti, alla deriva, in cerca di fiducia, di lavoro, di avventure.

La moneta

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di Giovanni Meola

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Li presento,li accompagno,li dispiego davanti ai loro occhi e poi aspetto che loro si accorgano della loro bellezza,se la bellezza c’è.
Gli spettacoli per gli studenti sono oggettini da manipolare con attenzione e cura.
Soprattutto a Napoli.

Intermezzo frettoloso (sconsigliabile)

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di Paola Lovisolo

si mise allo scrittoio.
provò la penna se funzionava.
si chinò per grattarsi una caviglia.
alzandosi, trovò il foglio accartocciato.
proprio ben appallottolato come uscito da un gesto di rabbia.
si chinò di nuovo e subitamente si rialzò.
il foglio era lì ma non più accartocciato.
anzi. bello liscio, bianco, nuovo.

Accusativo del soggetto

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di Antonio Sparzani

Una vera eresia, si sarebbe detto ai tempi del latino e del greco, e ancora adesso si direbbe per il tedesco e il russo e varie altre lingue anche europee. L’accusativo, con questo nome che sembra sottintendere una minaccia, è il caso del complemento oggetto, ciò che subisce l’azione, non di chi la fa, del soggetto

Come ribadiscono nel loro bel libro, I sette vizi capitali (Einaudi, 2000), Carla Casagrande e Silvana Vecchio, la civiltà occidentale comincia con l’ira, la ménis, davvero la prima parola della nostra letteratura..

Mènin aèide theà Pelèiadèo Achilèos, (uso l’accento metrico e non quello grammaticale, e anche una traslitterazione un po’ grossolana) così suona l’incipit dell’Iliade, che non è, come ci hanno forse raccontato a scuola, la storia della guerra tra Achei e Troiani, ma è la storia dell’ira di Achille.

Poesie

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di Pierluigi Lanfranchi

ESIODO

Nell’estate della grande canicola
crepavano disidratati i vecchi.
Gravi i danni alla produzione agricola.
Spighe riarse in cima agli stecchi

sfarinavano tra le dita. I becchi
dei corvi dentro i frutti del fico
infilzavano cenere. Lo specchio
retrovisore metteva in pericolo

come una lente ustoria il bosco.
Vuote le fonti, le cisterne, i pozzi.
Chiuse le imposte. Esauste le mosche.

Aprendo i rubinetti e accostando
l’orecchio potevi sentire il rantolo
della terra salire a singhiozzi.

Siamo sempre stati separati. Decimo quadro: Roques-Hautes (fine)

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di Sarah Kéryna

traduzione di Andrea Raos

– Ti ricordi quando andavamo a Roques-Hautes?
Roques-Hautes, te ne ricordi?

– Oh beh, sì!
Se me ne ricordo!
Ah! Roques-Hautes!
Ah sì!
Di questo me ne ricordo bene.

Oh! Quanto ci si stava bene!
Ci si riposava bene.
Ci andavamo quasi ogni sera.

– Sì, ogni pomeriggio, addirittura.
– Ogni pomeriggio. E poi, mangiavamo lì?
– Sì, la pizza!
– La pizza!
– Ti ricordi?
– Sì, delle grandi pizze.
Ero io che andavo a prenderle.
Delle pizze al forno a legna.
– Delle pizze al forno a legna.
– Ah sì! Di questo mi ricordo.
– Erano buone.
– Ah sì!
E poi, delle volte c’eravamo solo noi a Roques-Hautes,
in quel grande coso… completamente vuoto.
Sembrava Gavarnie, nei Pirenei.
Si sarebbe detto che eravamo isolati
da tutto.

Allora, delle volte, ero angosciata.
Non dicevo niente, ma ero angosciata.

Prometeo

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n Di Andrea Inglese

Sto quasi dormendo, ma il vecchio riesce a sorprendermi sempre. Appena prima del sonno, sbuca fuori con la sua faccia giallastra, i capelli bianchi e stopposi, le occhiaie da grande onanista. Non so come faccia, chi possa avergli dato le chiavi di casa mia, non so davvero come, eppure puntuale, quando credo ormai di dormire, lui si presenta, si siede in fondo al letto, e quasi mi storce un piede, poggiandovi sopra noncurante il suo culo appiattito. Vecchia faina, volpe, donnola, felino avvelenato da chissà che lussuria, o risentimento, o smania di parassitare le menti.

Porca miseria!

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porcamise.gif di Andrea Bajani

Chi non ha il senso dell’orientamento non riesce e mettere insieme le cose. Tende a ragionare per piccoli frammenti topografici, costruendosi delle geografie ridotte, dei piccoli spazi di manovra. È sempre alla mercé di qualcuno che, custode della visione d’insieme, si prenda carico del suo disorientamento e lo traghetti altrove, in un’altra sezione topografica. Chi possiede la visione d’insieme è in una posizione di potere, nei confronti del disorientato. Mantenere il disorientato nel suo disorientamento è garanzia di predominio, di egemonia.