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Esplorando Beckett

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[È da poco uscito il n° 35 di Testo a fronte interamente dedicato a Samuel Beckett e curato da Chiara Montini e da me. Inserisco qui la presentazione della sezione da me curata e il sommario del numero. Di seguito posto il mio intervento su L’innominabile. A. I.]

Il brusio della lingua

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premessa di a. s.

Non di sola complementarità vive il fisico. Parecchi lustri fa mi sono nutrito per vari lustri di fantascienza che chiamerei ‘classica’, oggi mi pare scarsamente amata. In uno dei romanzi del ciclo della Fondazione di Asimov, forse “L’altra faccia della spirale”, o forse quello successivo, nel quale comunque si parlava della Seconda Fondazione, si descrive il funzionamento del Consiglio di questa Seconda Fondazione. Citando a memoria ormai lontana, direi che Asimov descrive il funzionamento di quel Consiglio come una specie di brusio apparentemente incomprensibile. Occorre sapere che tutti i Consiglieri avevano ‘poteri mentali’
Molti anni dopo, cioè di recente, ho letto, e riletto, Il brusio della lingua, un saggio di Roland Barthes, che mi ha irresistibilmente fatto riaffiorare il lontano ricordo. Ma a parte l’occasione, questo breve saggio – che dà il nome alla raccolta con lo stesso nome, pubblicata da Einaudi nel 1988 – mi piace talmente che non resisto all’idea di condividerlo con i frequentatori di Nazione Indiana. Mi scuso con quelli che l’avranno già letto e riletto. Eccolo qua:

““La parola è irreversibile, questa è la sua fatalità. Ciò che è stato detto non può più essere modificato, se non aumentandolo: correggere vuoI dire qui, stranamente, aggiungere. Parlando non posso mai cancellare, sopprimere, annullare; tutto quel che posso fare è dire «annullo, cancello, rettifico» – insomma, ancora parlare. Chiamerò «balbettio» tale singolarissimo annullamento per via di aggiunte.

La caccia

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di Marco Rovelli

La sezione è ancora quella del Pci. Uno stanzone con del materiale vario accatastato in fondo, vicino alla porta, dall’altro lato un vecchio tavolo, con a sinistra una bandiera del Pci, aperta, dispiegata, e a destra una televisione. Davanti alla televisione, o meglio sotto, ché la televisione è poggiata su un ripiano a due metri da terra, è seduto un vecchio iscritto al partito. Io gli siedo accanto, ai piedi una stufetta elettrica, e lui smette di guardare la tv, ci mettiamo a parlare, e mi racconta di quando il suo maestro se ne andò a Varese che lui aveva quattordici anni e gli aveva lasciato la forgia, e lui doveva sostenere la clientela di tutti i contadini della zona, e fare falci zappe e roncole per tutti.

Mi saluto a salve, mi sputo addosso

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di Elio Paoloni

Occorrerebbe un’indagine: com’è che a Potenza, capoluogo in altitudine di una depressa regione meridionale, si affollano scrittori spiritosi, ironici, leggeri? L’altitudine non incoraggia il sorriso, di solito: Franco Arminio, quando non è troppo depresso, ci ricorda i tassi record di suicidio della sua Irpinia. A Potenza, invece: Gaetano Cappelli, Camillo Langone (domiciliato altrove, ma insomma), Giancarlo Tramutoli.

Io sapevo un’altra cosa

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di Tommaso Giagni

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Io sapevo che a Roma ci andavo a fare il cameriere in un caffè importante vicino Piazza Navona. Fuori si sente il traffico, e il mio letto è grande e caldo. Era tutto diverso, giù, ero diverso anche io. Non mi va di tirare via il lenzuolo; e non lo tiro proprio via, perché oggi la giornata è libera. Giù al mio paese, che è un posto da dove se ne vanno tutti, per non accontentarsi e fare una vita di merda, non ci stavo bene neanch’io. Me l’ha detto ieri sera, Berto, che oggi la giornata era libera, me l’ha scritto per cellulare, e sono stato contento così. Fino a prima di venire qui, pensavo che il mio era solo un problema con i posti piccoli, con le persone dei posti piccoli. Ci sono altri -quelli che ci sono entrati sulle gambe loro, per una scelta dall’inizio- che vorrebbero lavorare sempre, perché fai più soldi; ma quando succede a me, di essere libero, sono contento.

Hostelbro

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di Christian Raimo

A Hostelbro, a metà mattina non piove, ma è come se avesse appena smesso. L’aria è sospetta. Si potrebbe analizzarne la composizione come si fa con le acque minerali: tracce di… Le nuvole sono state trasportate in cielo con delle funi. E prima o poi qualcuno potrebbe anche riavvolgerle, o mostrarci come davvero sono fatte all’interno. Abbiamo viaggiato un giorno e mezzo. Treno più treno più treno più treno. Tre cambi, sonni interrotti, e un odore di melassa lungo la trachea che fra qualche minuto diventerà onestamente mal di gola. Ieri mattina alla stazione ci ha accompagnato Maude. Venuta a salutarmi, a salutarci. Aveva una maglietta nera che mi sembrava messa apposta, un atto d’accusa consistente nella semplice mancanza di colore. Mi ha baciato sulle labbra e poi io ho notato bene che non si avvicinasse alla bocca di Marco. Aveva gli occhi come due spilli, qualcosa di sinistro che era troppo presto, mattina, e non mi andava di chiederle.

ii ss

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pratt institute – school of architecture – rome program
invites you to view

 

ii ss
collaborative works : mixed media drawings and text by

 

hermine ford and kathleen fraser

inaugurazione: 3 aprile 2007 ore 17:30
piazza s. apollonia 3, trastevere roma

 

viewing hours will continue:
april 4 and 5, 17:30 to 20:30

+

Juke box/eco-lit-rap!

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di dj Bonobo

[per ascoltare “ti circonda la natura” cliccare qui]

Gli uccellini cantano saltando sopra i rami
li senti che ti chiamano non sono poi lontani.

Li senti intorno a te ma non ne hai paura
perché loro appartengono al mondo e alla natura.

Son proprio come il ragno che vive in casa nostra
come lo scarrafone che non senti e non si mostra

Il posto

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di Franz Krauspenhaar

Cara mamma, finalmente ho trovato un po’ di tempo e di pace per scriverti. Torino non pensavo fosse così bella. C’è quella tranquillità movimentata che a Milano non potrà mai esserci. Milano: il posto più inutilmente esagitato del mondo. Comunque, tutto bene. Col lavoro mi sto ambientando, ci vuole del tempo, lo sai. Eh sì, tu lo sai, sì, che mi hai visto crescere in tutti i sensi, in quegli anni 60 di frenesia composta, la frenesia del boom, lo scoppio della bomba della speranza felice. Ricordi quel film che parlava di Milano e del lavoro? Il posto, si chiamava. Lo vedemmo insieme il giorno che chiusi con quello di Monza. Ero furioso. Io prima avevo riso sguaiatamente per scaricare la tensione, e tu mi dicesti: ma che ti succede? E io: niente. Poi mi venne ad abbracciare malignamente una stretta di malinconia, e così mi venne in mente quel film. Quando sono triste non ho voglia di cose allegre, in questo sono coerente, sono coerente nelle voglie.

Bacheca di aprile 2007

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aggiornamento: abbiamo di nuovo i feed completi (3/4/2007) (grazie a Frank Helmschrott, via Andrea Beggi)

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Complementarità e dintorni 6 – la volpe e l’uva rivisitate

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di Antonio Sparzani

“Questa è dura da digerire, per cui vi lascio digerire con calma. È un nuovo paradigma che, per così dire, abbassa il grado di conoscenza che possiamo, anche in linea di principio, avere di un oggetto microscopico. In linea di principio.”
Così si concludeva la quinta rata della complementarità, che trovate qui.
Però, prima di proseguire nella variopinta saga della complementarità quantistica è meglio dire qualche cosa sulla matematica, perché mi era parso, dai commenti precedenti che qualcuno non distinguesse abbastanza tra fisica e matematica, e invece, pur essendo la fisica di oggi letteralmente intrisa di matematica, tuttavia è buona cosa tenerle distinte, quanto a ruoli e metodi.
Senza farla lunga:

Beckett chi?

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di Nicola Lagioia

Niente come un capolavoro è capace di mandare su di giri la bussola dell’interpretazione. E pochi, pochissimi capolavori letterari sono stati in grado, nella loro inafferrabilità, di fornire ai propri destinatari uno specchio in cui guardarsi, riconoscersi, rimanere sgomenti come ha fatto la Trilogia di Samuel Beckett. Ovvero Molloy, Malone muore, L’innominabile, i tre romanzi con cui il genio irlandese porta a compimento per la prima volta, e una volta per tutte, l’incredibile operazione che lo proietterà nel cuore del canone occidentale. Compie cioè il miracolo dei grandi: bruciare i ponti col passato per fare di quello stesso passato – bruciato, trasfigurato, distrutto, e dunque posseduto più che mai – lo strumento di una nuova fondazione.

A metà

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di Flavia Ganzenua

Seduta sul letto, in sottoveste, mia madre si infila i collant color carne. Sorride, i capelli mangiati dal sole che devasta la finestra. Li arrotola e li infila. Mi accuccio davanti a lei, coi talloni affondo nello scendiletto. E’ infeltrito, punge, mi sfrega gli slip. Non riesco a tenere gli occhi aperti, la guardo a fatica. La luce ormai ha ingoiato quasi tutta la stanza. Ho il grembiule trasparente. Mia madre è a metà, immobile, spuntano solo le braccia e le gambe. Le sfioro le calze, il nylon luccica, si squaglia, si incolla alle dita. Corro via. La camera si accartoccia. La voce di mia madre stona, si assottiglia. Gratto via il suo fard da sotto le unghie. Lo lecco. Si incolla al palato. E’ così che arrivo in ufficio col suo fard tra i denti. Bevo e sa di fard, fumo e sa di fard, parlo e sa di fard.

FELIX

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sabato 31 marzo alle ore 20:00

a Roma, presso la Camera verde

(editrice e centro culturale diretto da Giovanni Andrea Semerano)

si presenteranno i primi due libretti della collana FELIX.

Si tratta di E l’amore fiorirà splendidamente ovunque, di Michele Zaffarano; e di Soluzioni binarie, di Gherardo Bortolotti.

Presenti (e leggenti) gli autori.

La camera verde si trova in via G. Miani 20, nel quartiere Ostiense (tel: 06 57 45 085).

Saremo lì dalle otto in avanti. Accorrete in massa.

Da: La macchina responsabile – 2007

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di Maria Grazia Calandrone 

Da: APOCALISSE DELL’ANIMALE GRANDE (poema sulla guerra di trincea)

Nel fronte interno srotolano i dispacci sotto lampade da miniera e l’ignoto attraversa il paese come filo spinato che sente
battere la pala dei fanti, lo smalto
delle gamelle contro la latta
e metri d’aglio. Maria, abbiamo
del gran danno nella testa
sporca di bestia che scappa
sottoterra, abbiamo nella groppa il crollo dei muli
sotto il peso plebeo dei materiali. Dammi il cuore
Maria, perché il tuo cuore
pesi come la terra tra le mani
mentre io ti raggiungo sotto il pericolo. Maria, con i pensieri
che non smettono mai di pensarmi, anche dopo
tienimi a te, al mio posto
sulla terra dei nomi. Solo tu
sai il mio nome Maria, perché il mio nome è all’orlo
della tua gola, bianco
come un affogato nel canale
sepolto nel tuo bianco che rinviene. Anche dopo,
stanotte, quando io sarò cenere, pronunciami Maria con il tuo corpo.

Proud Mary

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di Davide Vargas

26 dicembre 2006
Castelvolturno
ore 10 – 14
temp. 15°

Una macchina è ferma con gli sportelli aperti, e più avanti una sagoma umana avanza verso la spiaggia trascinando un sacco di plastica gialla fino a scomparire dietro i cespugli punteggiati di borragine.
Nel silenzio oscuro forse si distingue il rumore del motore acceso.
Un timore consueto suggerisce di andare oltre.

Da “Visas”

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Di Vittorio Reta

Ancora concava cangiante la retina abusata da quando
Popolavamo una distensione da obitorio,
lo stesso pa(e)saggio di poltrona arabescata, le fibrille, i prolungamenti
dell’occhio perso tra i vetri e le bobine di
qualche fisso landscape e per n volte a quanto siamo?
di ciascun numero senza passaggio atto a individuare un punto più
spesso elaborati attraverso scienze statistiche ricorrendo a precisi
valori numerici, seguendo molliche di pane
e ritagli nel ferro, fino al mattatoio convenuto
per tempo o quasi
dando giuste le coordinate e i kilocicli in pacchi di
specimens di azioni in borsa e quatti quatti per
chissà quale ennesima potenza dello   stesso numero
aumentato di una la solita cerniera di
piombo della graduatoria senza batter ciglio
e nello stomaco rotonda
			quanti kilowatt   di berillo? 

Amsterdam Suite

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di Demetrio Paolin

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Il mare del Nord è grigio come la schiena di un mulo e ugualmente ostinato: le sue onde sembrano calci. Siete, tu e una tua amica, su questa spiaggia ampia e deserta e guardate il mare. C’è una luce diversa. Pensi che il sole cada più obliquo e che è colpa di questo diverso angolo d’incidenza se t’inghiotte un limbo di luce soffusa, caldo tepore da lampadina.
Mentre l’acqua continua la sua fatica, voi parlate delle vostre famiglie. Dovete urlare, però. Il vento è così forte che nasconde il suono della voce e la sabbia va negli occhi. Per resistere al lavoro usurante del vento, cominciate a camminare sulla spiaggia e racconti ad Alice una storia che ti gira in testa.
*

A Gamba Tesa /Ivan

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immagine di Ben

Per Nazione Indiana
di
Ivan
In politica, nella vita quotidiana o nella critica letteraria, il pessimista si deve sentire troppo spesso un bandito, oppure un idiota. Il disprezzo del pessimista, operato da un ottimismo demente e conformista ma non privo di forza, non vuole intendere ragioni: si nega al pessimista ogni competenza a pronunciarsi sulla contemporaneità, e per non replicare lo si dileggia.

10 autrici & 10 autrici (letture di poesia)

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POESIA A ROMA: 10 AUTRICI & 10 AUTRICI.
LETTURE & CONVERSAZIONI

Giovedì 29 marzo: Laura Pugno / Adrienne Rich

Roma, Teatro Argentina, ore 20:45
ingresso libero

RASSEGNA A CURA DI VALERIO MAGRELLI

La pozzanghera

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di Marino Magliani

Ho conosciuto il porto di IJmuiden nel 1988, le navi arrivavano  sui moli piene di aringhe e sgombri, di pezzi di carne, di casse di frutta. Facevo parte della folta squadra di scaricatori che faticavano in nero. Cento fiorini al giorno, ma erano sempre dieci ore  anziché otto, senza sicurezza, con poche pause.