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L’inizio della discesa

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di Franz Krauspenhaar

1.Come si chiama quell’attrice del cazzo, l’americana che sembra un’inglese, quella del tipo manico di scopa, tipo non mi toccare che mi sguincio? Ah ecco, sì, ora ricordo: si chiama Gywneth, Giywenet, Gwyneth, insomma G.- qualcosa- Paltrow. Puttana schifosa! La ucciderei con le mie stesse mani, lo giuro. Guardala qua, in copertina, Upper West Side – al massimo zone limitrofe; la porca schifosa non me lo farebbe tirare nemmeno con un cuba libre corretto Viagra di due litri e mezzo sborra inclusa – inclusa nel cuba, ovvio. Cazzo, l’antipatia femminile ultimamente è salita alle stelle. Antipatia glamour. E guardale un po’ tutte queste puttane, tutte uguali col loro ombelico di fuori e il loro merdoso piercing al naso, fica, ombelico, culo, e il pantalone a vita bassa, o mediobassa, e che cazzo ne so, ma insomma eccetera, eccetera, eccetera. V’abbasso io la vita, stronzette del cazzo, vi falcio e vi mieto. E vi mato… Mato Grosso così. Calembour inutile. Inutile tutto. Vita schifa, sì, troppo.

è proprio dai prodotti di nicchia che guadagna più soldi

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dscf0537.JPG di Gherardo Bortolotti

Contro la supposta orizzontalità della rete esiste un controargomento statistico, rappresentato da una curva di distribuzione che si presenta continuamente quando, nei sistemi umani, ad una libera scelta viene offerto un ampio spettro di possibilità. Questa curva vede una minima porzione dello stesso spettro ottenere un consenso sproporzionato. Nel caso dei blog, per esempio, si ha che solo una minima parte degli stessi viene visitata da un numero ingente di navigatori mentre la stragrande maggioranza della blogosfera è caratterizzata da un rapporto blog/frequentatori piuttosto scarso.

Go Nagai alla Sapienza!!!

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Dopo Sud e Nord, Go Nagai accontenta anche i fan del Centro Italia con un incontro presso il prestigioso ateneo! Non capita tutti i giorni di avere Go Nagai in Italia e per l’occasione gli staff di Comicon e di d/visual hanno voluto farsi in tre per accontentare tutti i fan della penisola! E questa volta lo fanno grazie alla partecipazione di un nome d’eccezione, quello dell’Università degli Studi di Roma che ha offerto il prestigioso spazio dell’Aula Magna per l’incontro col Maestro! Merito anche delle radici “fumettistiche” della facoltà di Studi Orientali dell’ateneo: la prof. Maria Teresa Orsi è una delle massime autorità italiane sul manga sin dai tempi in cui la maggior parte degli italiani credeva che fossero una sorta di frutto tropicale; in particolare il suo studio sul fumettista Yoshiharu Tsuge rimane una pietra miliare della saggistica relativa ai fumetti giapponesi.

El boligrafo boliviano 2

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di Silvio Mignano

24 gennaio 2007

È il giorno delle Alasitas. L’idolo aymara Ekeko, che salvò dalla fame La Paz assediata dagli ultimi Incas nel 1781, invade oggi le piazze della città con un esercito di artigiani e venditori che espongono migliaia di incredibili miniature di qualsiasi cosa possa venire in mente. Dollari americani ed euro perfettamente riprodotti in scala, edizioni dei giornali, certificati di laurea e di proprietà che entrano nel palmo di una mano, passaporti poco più grandi di un polpastrello, casette tascabili con i loro bei giardinetti rettangolari, automobiline, manine, bebè, cucinini, pentolini, rane e rospi, rane e rospi dovunque, perlopiù dorati.

Una identità a misura di vittima

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di Daniele Giglioli

L’identificazione con la vittima è diventato il principale generatore di identità nella coscienza contemporanea, l’unico dispositivo discorsivo in grado di dar voce non tanto a un bisogno di avere (diritti, sicurezza, giustizia), quanto piuttosto a un desiderio di essere. Solo nella forma cava della vittima troviamo oggi un’immagine verosimile, anche se rovesciata, della pienezza di essere a cui aspiriamo: l’immaginario della vittima ha finito per assumere il carattere di quella che Furio Jesi chiamava una «macchina mitologica», una macchina che a partire dal centro vuoto di una mancanza genera incessantemente una mitologia, un corpus di figure capace di soddisfare un bisogno che proprio da quel vuoto ha tratto origine.

Il ritorno

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di Roberto Saviano

Ci sono dei momenti in cui hai l’impressione di attraversare il tempo diversamente, come se secondi e minuti si unissero in una specie di coltre, costringendoti a comprendere che ogni momento ti resterà tracciato nella memoria. Vivere il ritorno televisivo di Enzo Biagi è uno di quei momenti. Quando Loris Mazzetti, giornalista e regista, mi ha portato l’invito di Enzo Biagi ad andare in trasmissione avevo compreso la necessità di quest’incontro, la necessità di partecipare al ritorno di qualcosa che era stato spezzato piuttosto che interrotto.

Una nuova forza trasversale

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[Da “Il libro di Kipli”, 1992]

Se hai capito chi siamo,
sai che il sistema della partitocrazia è vecchio
e va sostituito con qualcosa di nuovo,
ma non da altre piccole formazioni che si aggregano
e si disfano da una legislatura all’altra…
Perché, se hai capito chi siamo,
sai che i partiti vanno riformati dall’interno,
sai distinguere tra demagogia e progetti,
che è giusto parlare di onestà,
ma non è onesto farne uno strumento elettorale.
Se hai capito chi siamo,
sai che non amiamo i nostri partiti,
ma ci restiamo dentro;
che se voti il nostro partito,
forse stai votando contro di noi,
e se voti un partito avversario,
forse stai votando per noi.
Se hai capito chi siamo,
conosci la gente che vuole unirsi nelle idee,
ma rimanere divisa nelle ideologie…
Se hai capito chi siamo,
spiegacelo!

Dalla poesia alla paesologia

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di Franco Arminio

per Elena e Gianni

Ho pubblicato la mia ultima raccolta di versi una decina di anni fa. In questo periodo ho scritto tante di quelle che usualmente si chiamano poesie e ho tentato molte volte di metterle insieme in un nuovo libro. Il risultato non mi ha mai convinto. Ho provato anche a fare una raccolta che mettesse insieme testi inediti e testi pubblicati in volume e il risultato è stato ancora più sconcertante.
Così mi sono fatto l’idea che oggi la poesia possa solo essere presentata a piccole dosi o nascosta in altri organismi. Nei miei due ultimi libri in prosa compaiono molte poesie e mi sembra che stiano bene. Il prossimo libro sarà tutto in versi, sono versi che però hanno fin qui vissuto sempre in forma di prosa. Quando me li leggeva il mio amico Mimmo Scarpa la sua cura maggiore era proprio nel depennare le frasi liricheggianti. È curioso che alla fine venga fuori un libro di poesia (almeno secondo il parere di un bravo poeta come Umberto Fiori) proprio grazie a questo sistematico espianto del poetico dalla pagina.

Nono quaderno italiano

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Milano, martedì 24 aprile 2007, ore 21:00
Casa della poesia, Palazzina Liberty [ Largo Marinai d’Italia ]

presentazione di
Poesia contemporanea. Nono quaderno italiano
Marcos y Marcos, aprile 2007

a cura di Franco Buffoni

saranno presenti i poeti
Alessandro Broggi, Maria Grazia Calandrone, Mario Desiati,
Massimo Gezzi, Marco Giovenale, Luciano Neri, Giovanni Turra

interventi di
Franco Buffoni, Umberto Fiori, Fabio Pusterla e Cecilia Bello Minciacchi

Sull’avventura dei baldusiani

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baldus-copertina.jpg di Massimo Rizzante

Marginali incompatibili moderni

Adesso che sono qui, dieci anni dopo, in questo lugubre inverno padano, fitto di nebbie e privo di sole, a sfogliare i dieci numeri bianchi e neri, punteggiati a volte di rosso, verde e blu, di Baldus (1990-1996), l’ultima rivista letteraria italiana del XX secolo, sono preso da nostalgia.

Il letto di Procuste e la Cura Ludovico #2

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di Giorgio Vasta

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La prima intervista è a Paola Gallo, editor della narrativa italiana in Einaudi.

Proviamo a partire da una definizione secca: che cosa si intende per editing?

L’editing è il lavoro che viene svolto su un testo dopo averne stabilito la pubblicazione, e prima di darlo alle stampe. Consiste, sostanzialmente in una lettura: professionale, approfondita, simpatetica, sempre fondata sull’ascolto. Anzi, consiste in un imprecisato numero di letture, che procedono per strati.

Il letto di Procuste e la Cura Ludovico #1

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di Giorgio Vasta

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Negli ultimi due mesi si è più volte tornati a discutere di editing e di sistema editoriale (qui il link a un articolo che rimanda ai pezzi che hanno dato l’abbrivio alla discussione; mentre invece qui, qui, qui, qui e qui le ulteriori evoluzioni, fino alle più recenti). Quello che mi ha sorpreso è, con le dovute eccezioni, l’omogeneità di consenso nei confronti di quelle posizioni – che si vorrebbero critiche ma risultano soprattutto paranoidi e poco informate – secondo le quali l’editing è un dispositivo di normalizzazione del testo e il sistema editoriale una brigata di cialtroni che oscillano tra l’incompetenza e l’affarismo più bieco.

L’anti-piretico salverà il romanzo italiano

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di Michele Riccardi

Dopo i farmaci al supermarket anche i farmaci nelle librerie? Il decreto sulle liberalizzazioni, convertito in legge nei giorni scorsi, non finisce di stupire e tocca da vicino il mondo dell’editoria. Il cosiddetto “pacchetto Bersani”, infatti, consentirebbe la vendita di medicinali anche tra gli scaffali di libri e, viceversa, di libri in farmacia.

La Merca, romanzo di de-formazione

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di Cristina Babino 

Chiara Daino, La Merca
Fara Editore, 2006 (€ 12,00 – pagg. 132)

La Merca è un romanzo di de-formazione. Atipico, coraggioso, sperimentale.
Esperienza (di vita) ed esperimento (letterario) si fondono in quest’opera forte e disturbante, capace di affrontare con disarmante sincerità – brutale a tratti, e a tratti struggente – la tormentata realtà delle persone affette da disturbi del comportamento alimentare (d.c.a.). Tema di enorme, dolorosa complessità, eppure spesso dibattuto a sproposito, confuso e frainteso tra fatti di cronaca, analisi psicologiche da salotto televisivo, frettolose disamine sociologiche.

Juke Box (osez Josephine)

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Osez Josephine
di
Alain Bashung

à l’arrière des berlines
on devine
des monarques et leurs figurines
juste une paire de demi-dieux
livrés à eux
ils font des petits
ils font des envieux

(trad. Furlen)
sui sedili posteriori delle berline
s’indovinano
monarchi con le loro figurine
appena un paio di semi dei
consegnati a se stessi
fanno piccoli
fanno invidia

Antonio Pizzuto 1893 – 1976

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Fondazione Antonio Pizzuto – SIAE – Sindacato Nazionale Scrittori

invitano alla proiezione del film

Antonio Pizzuto 1893 – 1976

di Nosrat Panahi Nejad

a conclusione delle celebrazioni del 30° anniversario della scomparsa dello scrittore.

interverranno:
Maria Pizzuto, presidente della Fondazione Antonio Pizzuto, Nosrat Panahi Nejad, curatore della rivista Quaderni Pizzutiani, Gian Maria Molli, giornalista Rai.

Giovedì 19 aprile, ore 17:00, sala Burcardo, via del Sudario 44, Roma

Ti prendo e ti sbatto fuori

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di Marco Mantello

[questo articolo uscirà sul prossimo numero de il maleppeggio, redivivo]

Sono almeno quindici anni che non vado al Branca. È un ex centro sociale mutato in discoteca-cooperativa. Hanno fatto anche il cinema, la sala prove per i pischelli e all’ingresso paghi un prezzo popolare. Tanta gente dell’autonomia operaia è sopravvissuta in questo modo: trasformandosi in mercato sociale. Una scelta meno forte del Toretta della Torre e un po’ più lungimirante del Sisto Quinto, l’altro CSOA storico di Roma Nord. Adesso è diventato un Todis Discount: il reparto frutta dovrebbe coincidere con la saletta Caos, dove nei primi anni Ottanta hanno ammazzato un compagno che si chiamava Valerio Vive. Al parco delle Valli c’è anche un viale Valerio Vive (vittima della violenza), del tutto speculare a un viale Paolo Vive (vittima della violenza), che sta a Villa Chigi, in zona Fronte della Gioventù. Vittima della violenza non significa che i morti sono tutti uguali. È peggio: significa essere separati da un ponte, che in sé è qualcosa che unisce. Significa avere la stessa ditta di manutenzione che ti ripara il fondo, lo stesso piano regolatore, lo stesso sindaco scrittore che ti inaugura tagliando il nastro.

Ladyhawke ladyhawke

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di Francesco Longo

Michele Mari è uno dei più grandi scrittori italiani viventi. La sua opera, per dirne una, compare già nelle storie della letteratura italiana. È un raffinato e ruvidissimo romanziere che ha dato vita a libri di culto, tra cui forse il più imponente e indimenticabile è Rondini sul filo (Mondadori 1999). Oggi Einaudi pubblica il suo libro di poesie, intitolato Cento poesie d’amore a Ladyhawke.

Chinatown 2

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di Fabio Santopietro

Abito alla cosiddetta china town da poco più di un anno in una bella casa borghese, in effetti la prima della mia vita e che se non fosse per la donna con cui vivo non potrei neanche permettermi. La casa sta addirittura su due piani. La mia è la visione di superficie del cittadino qualunque. Non ho fatto indagini, domande, ricerche o interviste. E le cose che sul tema ho ascoltato di solito mi sono state riferite da altri e di loro iniziativa. E non sono nemmeno molte.
Leggendo un articolo apparso sul “Corriere della Sera” un paio di giorni dopo le manifestazioni e gli scontri che hanno movimentato il quartiere scopro con sorpresa che qui i residenti sarebbero italiani al 95 per cento. In effetti non è quello che si vede andando a zonzo. Ho il sospetto che sia una cifra gonfiata allo scopo di rendere ancora più “duro” constatare che la stragrande maggioranza dei negozi sono invece gestiti da cinesi. Scarpe, mutande – di mutande c’è una varietà fantastica, mezze dozzine di esercizi che vendono solo mutande per lo più coloratissime – film di produzione orientale, internet point, vestiti, e sono di solito inaccessibili perché a quanto pare vendono solo all’ingrosso, mentre fino a una decina d’anni fa la zona di Paolo Sarpi era una specie di propaggine del centro per gli acquisti privati.
L’aggettivo duro l’ho messo fra virgolette perché, nello stesso articolo, così un’intervistata diceva del vivere in un quartiere che conta quattro scuole e nemmeno una cartoleria. È sorprendente che per quella signora sia duro vivere in quartiere senza cartolerie. Addirittura duro.

Postumi. Lo scrittore dopo la sbronza della fine della storia

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dscf0522.JPGdscf0506.JPG di Andrea Inglese

I veri bevitori sanno che uno dei problemi classici a cui si trovano confrontati è non tanto come evitare una sbronza, eventualità per lo più impossibile, ma come uscire da una sbronza, senza danni eccessivi e gestendo alla meglio i postumi da essa provocati. Fuoriuscire da una sbronza è quindi una questione di strascichi, del miglior modo cioè di portarsi dietro, nel mondo sfumato e complesso della sobrietà, detriti e frammenti dei grandi entusiasmi provocati dall’alcol. I postumi, quindi, hanno a che fare non semplicemente con gli ematomi o i dolori fisici, provocati da cadute o soggiorni mattinali nei fossi, ma con il down, lo sprofondo emotivo dato dal confronto tra la concezione di destini sublimi ed eroici, e l’evidenza di faccende prosaiche e seccanti. L’apice della sbronza avviene nei cieli dell’entusiasmo, i postumi nel rasoterra delle pozze di vino da asciugare.