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Venezuela: chi manovra l'”opposizione studentesca democratica”? Ovvero, un autosputtanamento che rimarrà storico

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[Le riviste online non sono isole, ma luoghi di passaggio, e magari di affratellamento. Perciò riproduco questo scritto pubblicato da Valerio Evangelisti su Carmilla, parte essenziale di un discorso che si snoda “in rete”: conviene tornare ad approfondire una questione a mio parere decisiva, impostata, su NI, da un recente post di Francesco Forlani. m.r.]

di Valerio Evangelisti

Ricapitoliamo i fatti, già esposti in dettaglio qui e qui. Il 31 maggio scade la concessione dello Stato venezuelano al canale televisivo RCTV. Il governo del Venezuela decide di non rinnovarla, e di cedere le frequenze a una nuova tv non commerciale (“di strada” o “di quartiere”, la definiremmo in Italia).
Immediatamente, i corifei del neoliberalismo iniziano a starnazzare come galline. Si accusa il governo venezuelano, e in particolare il suo presidente Hugo Chávez, di avere chiuso un canale televisivo vicino all’opposizione, per motivi solo politici. Sarebbe la conferma che in Venezuela regna una dittatura.
Certo che i motivi erano politici. Nel corso del tentato colpo di Stato del 2002 RCTV aveva apertamente appoggiato i golpisti, ospitato nei propri studi loro riunioni, mandato propri tecnici a chiudere il canale 8, allora l’unica fonte di comunicazione televisiva in mano al governo.

Gentilissimo Vittorio Sgarbi

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di Gianni Biondillo

Gentilissimo Vittorio Sgarbi,
le parlo non come scrittore ma come cittadino, come un milanese che scrive all’assessore alla Cultura della sua città. Quello che siamo, in fondo.
Certe volte avere ragione, certe volte poter dire “lo sapevo, ve l’avevo detto io”, certe volte fregiarsi di una lungimiranza da Cassandra di quart’ordine è cosa davvero poco piacevole. Avrei preferito avere torto. Avrei preferito essere smentito.

Juke Box : finalmente LIBERO!

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All’amica che tra qualche ora potrà riabbracciare il suo papà.
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CANTA CANTA
di
Francesco de Gregori

Adesso finalmente è fuori,
libero come una bandiera al vento,
agli amici di un tempo,
manderà certamente una cartolina,
magari da Pisa, Torino, Milano.
Adesso, può vendere e comprare,
farsi una donna se vuole,
anche affittare una stanza
con vista sul mare,
nessuno lo può condannare,
per quel poco di voglia rimasta di fare l’amore.
Come un cane nella pioggia,
quest’uomo se ne va.
Voglia di piangere è poco,
davanti a tutta questa libertà.

Da: Album feriale

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di Maria Pia Quintavalla

Dalla torretta.

Dalla torretta, svelta sotto il cappotto/ e i documenti (falsi? veri?)/ e lei non vista, che guardava. L’uscita l’aveva occhieggiata negli anni, /le gambe vezzeggiate e denudate,/come un amante.

Berlusconi paga Leopardi

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(Pubblico questo pezzo già apparso su “il primo amore” il 5/06/07. La faccenda di cui Antonio Moresco parla ha suscitato anche in me una serie di riflessioni, che in alcuni punti non concordano con quelle da lui esposte. Ad esempio, non posso impedirmi di pensare neppure un istante che il principe dà con una mano quello che con l’altra ha abbondantemente preso, così come accade a tutti i plurimiliardari filantropi e agli stati ricchi che aiutano con doni i paesi che hanno in precedenza impoverito. Ma davvero non ha senso fermarsi qui. Moresco ci presenta un paradosso reale e innegabile, che risuona in modo particolarmente familiare per chi vive in Francia in questo momento. La destra, pur restando più che mai se stessa, riesce a scippare alla sinistra iniziative, temi, a volte prestigio culturale. Su questo vale davvero la pena di riflettere spregiudicatamente. A. I.)

di Antonio Moresco

Abbiamo appena letto sul quotidiano Libero che Silvio Berlusconi coprirà per intero la cifra necessaria a tradurre la parte restante dello Zibaldone in lingua inglese (100.000 euro).
Visto che questa battaglia è partita dal Primo amore non possiamo che essere contenti di questa rapida conclusione.
Per quanto mi riguarda, non ho nessuna difficoltà a ringraziare sinceramente Silvio Berlusconi per questo gesto, senza che ciò sposti di un millimetro la mia opinione generale su di lui.

Le voci la città

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Fiesole – Basilica di Sant’Alessandro 7-10 giugno 2007
– meeting delle scritture e dei giovani scrittori
(laboratori di scrittura/poetry slam/reading/tavola rotonda)

LE VOCI LA CITTÀ
La scrittura per ripensare spazi e accessi

Il Comune di Fiesole, nell’ambito del progetto “GiovaniLibri” promosso da Anci, Ministero delle Politiche Giovanili e Ministero per i Beni e le Attività Culturali, organizza per il prossimo mese di giugno un meeting dedicato alla scrittura e ai giovani scrittori.

Volkspark, Neukölln (con lo spettro di Vollmann e i cani)

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di Marco Mago Mantello

Se il suo footing la domenica mattina
le fa un petto piú solido e rosso
nonostante il colore del cielo
quando piove diventa aspirina

Se quel naso non ti lascia respirare
e la bocca ti mutila e scava
senza filo spinato né fosso
Se pensavi di chiuderla a chiave

e scordartela per quattro settimane
dentro un piccolo e stonato carillon
di sicuro la tua donna è jugoslava
o si chiama Marina Manón.

Da « Amnesia del movimento delle nuvole »

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dscf0752.JPG Di Maria Attanasio

Libero mercato

Che altro
nella notte dei lunghi coltelli
se non un privato gioco di rime
per rimuovere l’immagine ostinata:
occhi polmoni arti riciclati al dettaglio.
Il resto in straboccanti discariche.

*

Fado, “cantare il proprio destino”

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LIBRERIA ARCHIVI DEL ‘900
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Mercoledì 6 Giugno ore 18:30

Ottavo appuntamento del Ciclo di Incontri “VOCI DAL MONDO”

Fado, “cantare il proprio destino”

Con Anna Lamberti-Bocconi e Francesco Marcheselli

Furlen vs Josè Muñoz

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E’ una vecchia intervista di cui parlavo con Andrea Barbieri ieri alla presentazione della rivista Il Primo Amore. Alla redazione di questa bellissima iniziativa faccio tutti i miei auguri. Al Barbieri dedico questo dialogo pubblicato per Zona Editrice circa un secolo fa , con la speranza che la smetta di essere un persecutore per dedicarsi di più a quel che ama. E se glielo chiedo è perché tanto lo so che non mi ascolterà. effeffe

“Brindate, o femmine di malaffare…”
Dialogo di Francesco Forlani con Josè Muñoz

Incontro Josè Muñoz in un caffè: “L’atmosphére”, hautlieu della cultura underground parigina, ad uno sputo dal canal st. Martin. Di lui è appena uscito ed è stato accolto con entusiasmo, il bellissimo Carnet argentin “Buenos Aires” presso l’editore Alain Beaulet. Un’opera
di intensa potenza espressiva, leggera ed allo stesso tempo grave come passi di tango, arcaica e straordinariamente moderna, con un impiego del colore, per un autore del bianco e nero, assolutamente inedito, bref… un’opera d’arte…

Lo sguazzo dell’ardire e dell’osare

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apparenza.jpg di Gianluca Veltri

Dopo l‘estate, quando l’autunno è giovane e ancora soleggiato, non tanto rassodato e ingrigito, l’appuntamento era fisso: se era un anno pari, dal 1986 al 1994, usciva un disco di Lucio Battisti, con parole di Pasquale Panella. Fu un’epopea recente della nostra musica leggera, in principio sottovalutata, poi vissuta con culto carbonaro. Solo post-mortem esplosa tardivamente e riconosciuta in tutto il suo valore. Perché fu una tribù, quella battistian-panelliana.

Roth e Dylan e l’elogio del cattivo carattere

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di Nicola Lagioia

“Non sono venuto al mondo per renderle la vita facile”, ha dichiarato Philip Roth poco prima dell’uscita di Everyman a un giornalista che gli faceva notare come la conversazione appena conclusa non fosse stata un’esperienza rilassante. “E’ un grande scrittore, ma forse era meglio non incontrarlo…”, questo invece è il coro sollevatosi lo scorso aprile alla Columbia University in occasione del conferimento a Roth del Grinzane Master Award, dopo che l’autore di Pastorale americana aveva trattato la maggior parte dei presenti alla stregua di fastidiosi soprammobili parlanti limitando il discorso commemorativo per Primo Levi a qualche stralcio di una sua conversazione con lo scrittore torinese pubblicata da anni.

Pasquale Panella vs Enzo Carella

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CANZONI E CANZONI
di
Pasquale Panella

C’è felicità, e c’è tutta la musica,
c’è la felicità che non sarebbe il caso, che non sarebbe ora,
che non sarebbe aria, ma c’è,
c’è quella felicità di una pezza, la canzone, che uno la tira
in un verso, l’altro nell’altro
e la pezza si strappa come un sorriso strappato, non facciamola
lunga, non facciamola troppo pesante,
c’è già tutta la musica, e la musica è gli anni, tutti gli anni
suonati per anni nelle canzoni, ci sono
gli anni del pianoforte, gli anni delle tastiere, dei fiati che danno
l’anima in un soffio, delle fisarmoniche
che girano il mondo, gli anni delle chitarre, delle chitarre
sole e delle chitarre che s’aprono come
ventagli armonici, gli anni dei timpani sinfonici e gli anni
dei batteristi ossessionati dal tempo degli anni,
dei bassisti pensosi, che con le dita sembra che corrompano
le note come biglie del lotto dentro un cappello,
dei violoncellisti che con la punta dell’archetto tentano la gonna
della concertista suonatrice di triangolo…

Lavoro

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dscf1085.JPG di Jacopo Galimberti

Due antenati

Braccia arrossate che ammassano il letame, ma sono lasciate a pascolo 
per gli insetti. Braccia ricchissime, che mescolano malta e latte,
che castrano il gallo che inalano il catrame, braccia con la rivoltella e il chiodo
che dilania il cranio del maiale. Braccia che hanno perso un dito nella fresatrice, 
intirizzite, ricchissime, all'alba bevono 
caffè e uovo.

Io sono con Chavez (grazie a Panorama)

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In un articolo apparso su panorama.it, intitolato Chavez chiude la più importante televisione privata del Paese, Paolo Papi scrive tra le altre cose:

“La frequenza del Canale 2 sarà ora occupata ora da Tves (Televisora Venezolana Social), la neonata televisione pubblica del Venezuela. Secondo Caracas sarà una tv “pubblica, pluralista, educativa, partecipativa”. Per capire che cosa effettivamente significhi, basta cliccare su Television Sur (Telesur), la tv satellitare latinoamericana di ispirazione bolivarista (cui hanno già aderito Bolivia, Ecuador e Argentina) che alcuni commentatori hanno già definito la Al Jazeera sudamericana per i suoi toni molto critici nei confronti dell’amministrazione Bush. Oggi il sito di Telesur si apre con l’immagine della neo-direttora di Tves Lil Rodríguez. E un attacco che così recita: “I venezuelani hanno celebrato oggi la nascita della nuova Televisora Venezolana Social, la prima tv pubblica del Paese”

Una gran bella notizia, no?
Ecco perchè, grazie a Panorama sono con Chavez. A proposito, Hugo, a quando un viaggio da noi in Italia?
Effeffe

BIG non deve morire!

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[Seguo con trepidazione quello che sta NON accadendo a BIG (la Biblioteca In Giardino). Qui di seguito una nota scritta da Leonardo Pelo e i ragazzi di No Reply, tratta dal loro sito. G.B.]

Sappiamo che “La Biblioteca in Giardino” (manifestazione culturale che si è svolta per 8 anni tra giugno e luglio nei giardini delle biblioteche rionali di Milano) non è uno dei problemi principali d’Italia. Anzi, in una ottica relativa, non è nemmeno un problema. Però, forse, è un buon paradigma di quello che sta succedendo a Milano.

Abbiamo inoltrato -come da prassi- la nostra proposta all’Assessorato alla Cultura nel dicembre 2006, continuando a fornire specifiche e approfondimenti, come richiestoci dagli uffici comunali, fino all’aprile 2007.

Bacheca di giugno 2007

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Usa pure questo spazio per segnalazioni e proposte.

Itinerari Indiani / Cantar maggio a Pracchia

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di Marco Rovelli

Pracchia è un grosso borgo delle montagne pistoiesi. Ai tempi del Granducato era sede di una dogana che segnava il confine con lo Stato Pontificio. Perciò, su quelle montagne pistoiesi, i preti non sono visti di buon occhio. Mio bisnonno è stato scomunicato dall’altare, mi diceva lo scorso anno un ragazzo, Perché era socialista e s’era fatto cremare, hanno scomunicato lui e tutta la sua famiglia. Domani a Pracchia si canta il maggio (domani è il 2 giugno, e si canta il maggio passato, e quello che verrà, ma ogni giorno è buono per un maggio, è lo spirito sempre verde che fa la differenza…).

Dal carcere di Bacau (3)

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tigreforestdi Helena Janeczek

Pare che sia sempre lo stesso viaggio che mi tocca fare: quando, appena raggiunti i diciott’anni, scappai da mia padre che dopo la morte di Ceauşescu mi aveva mandato a chiedere soldi e rubare in case e macchine a Praga, a Brno, persino in Slovacchia e Jugoslavia. Quando braccato da voi sbirri italiani ero stato così stupido da andare fino a Plopana per vedere mia madre davanti a quella cosa che prima non c’era, il televisore a colori, sola e troppo sbronza per alzarsi, riconoscermi e venirmi ad abbracciare, quando cercai le tombe di mio padre e mia sorella Mariana, quando lì davanti non vidi altro che la bambina tunisina che implorava Madre di Dio, Madre di Dio, fammi la grazia, non lasciarmi tornare a casa a mani vuote.
E l’ultima che vi ho già detto.

Il romanzo dello scrittore più grande al mondo

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di Franz Krauspenhaar

Il Maestrale è una casa editrice sarda specializzata in libri di alta qualità. Alessandro De Roma, l’esordiente trentasettenne di questo Vita e morte di Ludovico Lauter, (Nuoro 2007, pp.340, euro 14,00; www.edizionimaestrale.com), parte dagli stessi nastri di partenza di Salvatore Niffoi, e potrebbe fare lo stesso percorso, perché la stoffa c’è. Dunque si parlava di Sardegna. Possiamo parlare di regione nel senso comune del termine, nel caso dell’isola per eccellenza?  Essa è terra di silenzi pieni di significato, di una durezza che è in realtà spietata coerenza; poco o nulla italiani, i sardi, ma  pienamente radicati dentro loro stessi.

Dal carcere di Bacau (2)

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forest2.jpgforest91.jpg di Helena Janeczek

Io non volevo ammazzare la bambina! Io non volevo! Io non volevo scoparmi la bambina e non volevo farmi inculare né dalla vecchia checca di infermiere né da nessuno, io non volevo essere un frocio pervertito, io non volevo! Volevo sposare la mia fidanzata, volevo trovare una casa, volevo i soldi, io non volevo essere uno zingaro fetente che resterà sempre con le pezze al culo, volevo essere ricco e bello e rispettato, volevo i vostri soldi, volevo essere come voi!
E se non avessi avuto questa qui, se non avessi la mano destra rovinata, ci sarei riuscito, giuro! Ve lo giuro sulla tomba di mio padre.
Avevo sette anni quando mio padre ordinò a mio fratello che doveva portarci a fino a Budapest, me e il mio fratellino che ne aveva cinque, perché mio fratello, il più grande, gli aveva detto che ci sarebbe stato una cosa enorme, un grandissimo concerto di una band famosa in tutto il mondo che per la prima volta veniva a suonare in un paese dell’Est, e allora sarebbero arrivati a sentirli da ogni parte, persino dall’Unione Sovietica e dalla DDR, e sarebbero arrivati tutti i ragazzi più ricchi dei nostri paesi, i figli dei quadri e dei generali, forse persino i figli del nostro Conducator.