Le poesie giovanili di James Joyce
[È appena uscito per Castelvecchi Musica da camera, raccolta di poesie giovanili di James Joyce, a cura di Andrea Carloni, in edizione con testo a fronte e postfazione di Enrico Terrinoni. Ne pubblico una piccola anticipazione. ot]
«Che cosa ammirava dell’acqua Bloom? La sua universalità;
l’equità democratica e la naturale costanza nel cercare il proprio livello […]
il suo saper essere perseverantemente penetrante».
[da Ulisse, citato nella postfazione]
XXXII
Scesa è la pioggia tuttavia.
O viene sugli alberi ingordi:
Grasse le foglie sulla via
Dei ricordi.
Restando un poco per la via
Dei ricordi noi ce ne andremo.
Vieni, al tuo cuore, cara mia,
Parleremo.
XXXVI
Odo un’armata sulla terra caricare,
E un tuono di cavalli che si tuffano, schiuma ai ginocchi:
Dietro di loro, arroganti, in armature nere,
Sdegnando le redini, con fruste fluttuanti, stanno gli aurighi sui cocchi.
Loro gridano fino a notte i loro nomi di battaglia:
Io gemo nel sonno per quelle risa che lontane stanno vorticando.
Fendono l’oscurità dei sogni, una fiamma che abbaglia,
Sul cuore come un’incudine, risuonando, risuonando.
I lunghi verdi capelli loro scuotono trionfanti:
Urlando sul mare emergono dalla costa correndo in volo.
Cuore mio, non più hai saggezza per quanto ti tormenti?
Amor mio, amor mio, amor mio, perché mi hai lasciato solo?
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Dalla postfazione di E. Terrinoni:
Tradurre la poesia si può solo con la poesia. E quando questo avviene si affaccia alla finestra il miraggio di un miracolo. Le parole non sono più imposte, ossia, non sono più finestre (se mi è consentito giocare di ambiguità lessicali), ma sono quello che c’è oltre. Quello che si vede di nuovo, quello che si sente di nuovo. Aria nuova, parole nuove, mondi nuovi. Eccolo, il miracolo della traduzione.
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Molto belle, a naso il lavoro di traduzione mi sembra ottimo.