Giovenale a caccia di trama
di Leonardo Canella
1.
Marco Giovenale è stato per me questa estate una piccola mano disegnata fra rosso e blu e giallo. Sulla copertina bianca di La gente non sa cosa si perde (Tic editore). Questa estate. Io questa estate ho visto quella manina, quei colori in quel piccolo libro che mi ero portato in viaggio. E ho sentito la vita che ci sta dentro. In quel libricino di 52 pagine che ti consiglio di prendere. Prendilo.
2.
Dentro le 52 pagine ci sono 39 numeri, da 1 a 39. Sotto quei numeri, un testo. Vai al testo 17. Trovi la parola “bananette” e poi ancora “bananeto” (venti righe sotto) e poi “banano” (quaranta righe sotto). In mezzo, tanta vita, vita che passa dal 2005 al 2011 con un lei e un lui che sono nel tempo impiegata, professore, gestore, dentista, lei fa i turni, lui il pane (in casa). Quelle sessanta righe di testo hanno una struttura definita, come vedere di un palazzo in costruzione lo scheletro in cemento armato.
3.
Una novità, questa. Affiora prepotente una trama, una struttura. Certo “dimenticarsi mentre si scrive”, mettersi al volante della scrittura senza sapere contro quale muro si andrà a sbattere. Ma un muro di contenimento – il bananeto di cui sopra – alla fine c’è: “dunque una costante, ma se è costante è prevedibile, e se è prevedibile c’è strada in vista”. Anche se “poi si cancella, rimuove tutto il prima, o no” (idem). Per chi ci ha giocato (primi anni Ottanta) è tutto “come il vecchio snakes da pochi pixel, dissipa la parte che precede e gli si dissipa l’orizzonte avanti”.
4.
Vai a pagina 19, testo nove. Si parla di tempo e di spazio “l’incertezza che dà il tempo per me non ha uguali”. La dimensione del tempo è viva, inafferrabile: ed è viva soprattutto durante l’atto creativo, priva di coordinate, di misure (“il tempo io non lo ricordo”). Lo spazio è invece l’opposto, lo spazio è preciso e geometrico. Rispetto al tempo, vivo, lo spazio è morte, “preferirei che non ci fosse lo spazio anche se ho sempre bisogno di molto spazio”. Tu che leggi il testo 9 pensi di avere capito. Hai capito che questo è un inno alla vita fatto attraverso la dimensione del tempo. Anche io ho avuto la tua stessa impressione, ho pensato di avere capito. C’è dunque una trama nel testo, c’è un filo che si dipana dalla prima all’ultima riga. Forse in più rispetto a te che hai capito io però ho capito che proprio qui, nella sensazione di avere capito, c’è la fregatura che Marco ha messo per noi. Se hai capito vivi infatti nella dimensione geometrica dello spazio che parcellizza e misura con la mente. Sei hai capito questo testo numero 9 forse sei morto. Se invece non l’hai capito vivi di certo nella dimensione viva del tempo, indeterminata e inafferrabile. Che non si ricorda. E ricominci a leggere dalla prima riga, e sei vivo perché non hai capito. È ancora “il vecchio snakes da pochi pixel che dissipa la parte che precede e gli si dissipa l’orizzonte avanti” che hai trovato a pagina 51 (un (festo per il XXI secolo)). Non a caso, un manifesto.
5.
Ti dico quello che penso prima di consigliarti un altro testo di La gente non sa cosa si perde: Giovenale in questo piccolo libro sta esplorando la dimensione della trama, sente che adesso ne ha bisogno, sente che ha bisogno di cercare lì. Ma sa che è rischioso perché fissare una trama, stendere un filo con cui guidare il lettore è una dichiarazione di finitudine, di limite. E in fondo di morte (per la letteratura sperimentale). Lui la pensa così, ed io la penso come lui. Forse però lui lo pensa più di me, ed io lo penso meno di lui. Un po’ diversi, apparteniamo alla stessa generazione. Marco sta dalla parte del vecchio snakes di pochi pixel (vedi sopra) che “dissipa la parte che precede e gli si dissipa l’orizzonte avanti”. Io, nelle nughette, condenso la trama e la faccio collassare. Stessa aria, aria di famiglia.
6.
Adesso vai al testo numero 7. Una conferma. Trovata la scatola di entrata Marco ti dice che “basta chiaramente poi semplicemente seguire il filo rosso e tutti gli altri”. Dato un inizio, la trama prosegue, però meno lineare. Quanto, lo decide l’autore. Un autore che è alla ricerca della trama perduta. Marco ti dice questo, lo abbiamo già visto, e ti presenta i modi con cui puoi trovare la tua “scatola di entrata”, l’inizio della tua storia: 1) “fuori dalla porta”, 2) “calarti dall’alto”, 3) “chiedere ai parenti”. Sorridi e ti viene voglia di iniziare una storia, di trovare la tua scatola di entrata. Prima però vai al testo numero 21 di pagina trenta. È poche pagine dopo.
7.
Qui si parla di metrica – veniamo alle strategie da adottare – quella metrica che è un “raffinato, tramato complesso centrino all’uncinetto venti centimetri per venti”. Su di te, che sei nudo. E c’è chi dice che stai bene “che rigoglio, che ragnatela di intrecci”. E c’è che tu pensi invece che è meglio altro. Decidi tu e poi vieni al testo 22.
8.
Se hai deciso di usare la metrica agli incontri pubblici avrai ‘regolarmente’ una purezza verticale in testa. E sarai diverso, sarai cambiato. E sarai in grado di disegnare con i contorni molto nitidi, precisi. Nitidi e precisi magari per le metrica che ti sei portato dietro. Eri un amico, lo eri perché Marco ti dice che lui rimane invece per poche idee sfocate, sfocatissime. E preferisce essere agli incontri pubblici senza piuma in testa (altro che metrica). Forse fai bene a non credergli del tutto, però il testo numero 22 è bellissimo. E malinconico.
9.
Passiamo al romanzo annunciato dal testo numero 31. Si ipotizzano due capitoli e ti aspetti di saperne di più però temi la fregatura. E cominci. Alla fine delle tredici righe sai che per te Giovenale ha ritagliato il ruolo del predatore che ha appena mangiato pezzi di romanzo. In bocca ti rimane una sapore strano, acre, di ingredienti che fanno a cazzotti dentro una stessa ricetta. La trama c’è ed è come quando vedi sull’asfalto lattine vuote e pezzi di carta e pensi alla storia che li ha portati li. Adesso sappi solo che saw, che poco prima era sandwich, inzuppa la cicloparaffina e va a controllare il termografo della caldaia. Il secondo capitolo è sintetizzato alla pagina successiva. Vai a leggerlo da solo.
10.
Mi fermo qui. Ti ho dato una chiave per interpretare La gente non sa cosa si perde. Se hai capito, forse adesso tu sai cosa la gente non sa cosa si perde. Forse la gente non sa che perde una trama alla disperata ricerca del suo autore.