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La violenza di genere in e oltre Amore, Rabbia e Follia

di Benedetta Faedi

Marie Vieux Chauvet, scrittrice haitiana, scriveva a Simone de Beauvoir il 16 Aprile 1967 durante il suo esilio a New York: 

Madame,
Dalle informazioni che sono riuscita ad ottenere, la si può raggiungere scrivendo direttamente a Gallimard. Questa lettera – l’aiuto che cerco da lei – inizialmente la sorprenderà. Ma avendo letto i suoi libri, so che dopo questa prima reazione, la curiosità la obbligherà ad aprire i miei manoscritti e leggerli… 

L’anno successivo, mentre il fervore rivoluzionario dilagava per le strade di Parigi, Martin Luther King Jr. e Robert F. Kennedy venivano assassinati, e le fiamme bruciavano le foreste del Vietnam, la trilogia di Marie Vieux Chauvet, Amour, Colère et Folie (Amore, Rabbia e Follia), destinata a diventare la sua opera più famosa, fu pubblicata da Les Editions Gallimard grazie all’intercessione della nota filosofa e scrittrice francese. Il romanzo aveva provocato l’ira di Francois Duvalier e delle sue milizie Tonton Macoutes che regnavano con terrore su Haiti dalla fine degli anni ‘50.  

Figlia di Constant Vieux, senatore e ambasciatore Haitiano, e di madre ebrea originaria delle isole Vergini, Marie Vieux Chauvet esordì nel 1947 con l’opera teatrale La Légende des Fleurs, pubblicata sotto lo pseudonimo di Colibri. Il suo primo romanzo Fille d’Haïti del 1954 dette inizio al suo impegno politico per il cambiamento sociale, che si sviluppò ulteriormente in La Danse sur le Volcan del 1957, ambientato durante il periodo rivoluzionario Haitiano, e in Fonds des Nègres del 1960 che racconta le disperate condizioni degli abitanti delle campagne e il loro asservimento al potere politico. Influenzata da altri scrittori Haitiani, come Seymour Pradel e Jacques Stephen Alexis, Marie Vieux Chauvet fu una fervente sostenitrice dei diritti delle donne, dei più i poveri e i più fragili, deplorando tutte le forme di disuguaglianza e gli abusi perpetrati contro di loro nella società Haitiana e invocando cambiamenti concreti. Le sue opere esplorano i temi cardine della corruzione, della cultura voodoo, della dolorosa eredità del colonialismo, delle pratiche di schiavitù, della povertà diffusa e della violenza sessuale contro le donne. 

All’inizio degli anni ’60, Marie Vieux Chauvet cominciò a ricevere regolarmente scrittori e intellettuali contemporanei nella sua casa di Bourdon a Port-au-Prince, diventando una figura primaria sulla scena letteraria Haitiana. Poco dopo, tuttavia, la crescente repressione del regime di Francois Duvalier, che acquisì ulteriore potere nel 1964 quando l’Assemblea Nazionale Haitiana gli conferì l’incarico di presidente a vita, precluse qualsiasi dissenso libertario e opposizione democratica. Costretta a sospendere i suoi salotti letterari, Marie Vieux Chauvet denunciò la corruzione e gli abusi commessi da Tonton Macoutes contro la popolazione e, in particolare, contro le donne in Amour, Colère et Folie. Una delle protagoniste del romanzo protesta contro la società patriarcale e il sessismo: “Secondo padre Paul, l’istruzione mi ha rovinato la vita. La mia intelligenza sonnecchiava e l’ho risvegliata, ecco la verità. Per questo motivo ho deciso di tenere un diario. Ho scoperto in me doti insospettate. Credo di saper scrivere. Credo di saper pensare. Sono diventata arrogante. Ho preso coscienza di me”. Parimenti alla sua eroina, Marie Vieux Chauvet non si arrese all’oppressione del potere dispotico e, malgrado il timore di rappresaglie, decise di inviare il suo manoscritto a Simone de Beauvoir in Francia per pubblicarlo. 

La prima volta che lessi Amour, Colère et Folie ero in volo verso Port-au-Prince per fare ricerca ai fini del mio dottorato. Mio padre me ne aveva regalato una vecchia copia in lingua originale prima della partenza. Era l’inizio dell’estate del 2007, anno in cui apparve la prima traduzione italiana della trilogia. Durante il mio soggiorno ad Haiti, che durò più di un anno, investigai l’incidenza della violenza contro le donne e le bambine. Il contesto attuale era sicuramente molto diverso da quello vissuto da Marie Vieux Chauvet durante il regime di Duvalier, ma la diffusa violenza di genere, la discriminazione e la stigmatizzazione che donne e bambine ancora subivano richiamava le vicende delle sue eroine. Una sera, condivisi tali similitudini con il mio coinquilino. Lui ricollegò che Chauvet era anche il cognome del proprietario di una agenzia di viaggi nel centro di Port-au-Prince. La mattina seguente, mi presentai in agenzia e scoprii, con mio grande stupore, che la giovane donna dietro il banco, che mi aveva aiutato a prenotare i voli in passato, era la nipote di Marie Vieux Chauvet. Le raccontai della mia ricerca e la convinsi ad organizzare un incontro tra me e suo padre. 

Una domenica mattina tempestata da un acquazzone estivo arrivai alla residenza Chauvet, una dimora signorile in stile coloniale. Fui accolta nel soggiorno grande e luminoso, con i dipinti ingenui e colorati alle pareti e le finestre aperte sulla pioggia battente e il giardino tropicale. Pierre Chauvet, figlio di Marie Vieux Chauvet e di omonimo padre, che era stato a sua volta un agente di viaggio, mi strinse la mano con slancio. Interrotto a tratti dal rumore di porte sbattute dal vento dietro le sue spalle, mi raccontò che la pubblicazione di Amour, Colère et Folie nel 1968 scatenò la rabbia di Francois Duvalier. Temendo ritorsioni, la famiglia Chauvet decise di acquistare tutte le copie del libro in circolazione e di contattare Gallimard per interromperne la distribuzione. Dopo la criminalizzazione della trilogia e il suo ritiro dal mercato, Marie Vieux Chauvet fu costretta a lasciare Haiti sotto le minacce dei Tonton Macoutes. Fuggì in esilio negli Stati Uniti, divorziò da Pierre Chauvet e si risposò con l’americano Ted Proudfoot. Morì a New York il 19 giugno 1973, solo due anni dopo la morte di Duvalier. Pierre Chauvet ricordò quanto fosse stato difficile per la sua famiglia vivere sotto le costanti minacce del regime e quanto fosse stato doloroso per lui crescere senza sua madre. Percepii un velo di rimprovero per il fatto che Marie Vieux Chauvet scelse di privilegiare il suo impegno politico e sociale attraverso i suoi libri rispetto alla sua famiglia. 

D’altro canto sappiamo, attraverso altre testimonianze e ricostruzioni storiche, che l’espulsione da Haiti che seguì la pubblicazione e la soppressione di Amour, Colère et Folie rappresentò per Marie Vieux Chauvet, scrittrice affermata dall’inizio degli anni 50’, un’espulsione profonda sia a livello personale che professionale. Nella sua corrispondenza con Simone de Beauvoir, infatti, rivela:  

Come scrittrice, mi confronto con enormi difficoltà: perseguitati, terrorizzati da un orribile regime dittatoriale, ci troviamo costretti a ricorrere a stratagemmi per gridare la verità! Sono 10 anni che aspettiamo, che siamo soffocati. Sono 10 anni che gli scrittori e i poeti Haitiani sono messi a tacere.  

Sappiamo anche che non fu il regime di Duvalier a censurare la trilogia e reprimerne la pubblicazione: la pressione per sospenderne la distribuzione venne dalla famiglia dell’autrice. Pochi mesi prima della pubblicazione anticipata del romanzo due membri della famiglia Chauvet scomparvero. Considerato il contesto violento e pericoloso per la sua famiglia, Marie Vieux Chauvet stessa acconsentì a interrompere la vendita della sua opera e, in pratica, alla sua censura per diversi decenni. Nel 1970, scrisse, infatti, a Simone de Beauvoir: 

Credo che la perdita della mia casa, l’esilio, la separazione da mio marito causati dal mio ultimo libro abbiano distrutto una certa spontaneità dentro di me. Il sacro fuoco è spento, almeno per ora. 

Malgrado i costi personali e professionali sopportati dall’autrice e dalla sua famiglia, quel fuoco sacro si è rivelato necessario non solo per testimoniare e ricordare le violenze e gli abusi di quel periodo storico. L’opera di Marie Vieux Chauvet e il suo messaggio sociale e politico, infatti, oltrepassano le vicende e il contesto Haitiano. La violenza di genere denunciata e raccontata in particolare nella sua trilogia rimane di incredibile attualità ovunque nel mondo. Le Nazioni Unite stimano che globalmente 1 donna su 3 è vittima di violenza fisica o sessuale; e che annualmente 243 milioni di bambine e donne dai 15 ai 49 anni subiscono violenza fisica e/o sessuale nel contesto domestico. La pandemia di COVID-19 ha intensificato ulteriormente questa incidenza. La drammaticità di tale diffusione rivela che purtroppo la violenza di genere rimane un problema senza epoca e confini.  

Il valore dell’opera di Marie Vieux Chauvet sta anche nell’avere esplicitato la dimensione politica della violenza contro le donne: utilizzata come mezzo di oppressione della popolazione e dell’opposizione in un regime totalitario come quello di Duvalier, ma anche come fonte di co-responsabilità da parte degli attuali governi democratici. Ai sensi del diritto internazionale, infatti, gli Stati hanno un obbligo positivo di salvaguardare i diritti delle donne e di proteggerle da qualsiasi forma da violenza. In altre parole, esiste una co-responsabilità dei governi in caso di omissione o mancanza di adeguata investigazione, prosecuzione, e attribuzione della pena nei confronti dei colpevoli. Malgrado la violenza di genere sia legalmente riconosciuta come violazione dei diritti delle donne, la sua dilagante incidenza suggerisce che narrazioni personali più o meno romanzate, come quelle raccontate in Amour, Colère et Folie, siano sempre più necessarie per accrescerne la consapevolezza e combattere la stigmatizzazione delle vittime. 

Qualche tempo dopo il mio incontro con il figlio di Marie Vieux Chauvet, ero al volante, bloccata nel traffico, durante l’ora più calda della giornata. Un senzatetto a torso nudo, cotto dal sole, camminava sul ciglio della strada, portando sulle spalle un sacco traboccante di cose legato tutt’intorno da una corda. Quando mi passò accanto, mi affacciai al finestrino per porgergli una maglietta che avevo sul sedile posteriore. “Madame, apportez-moi plutôt un bon livre demain (Madame, portatemi piuttosto un buon libro domani)”, rifiutò cortesemente. Il giorno dopo gli regalai la mia copia di Amour, Colère et Folie. “Merci Madame”, sorrise a denti radi, continuando la discesa con la sua casa sul dorso.

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1 commento

  1. L’argomento è sempre attuale e spunto di riflessioni, sarebbe un interessante raccogliere le testimonianze delle donne che hanno avuto problemi durante i mesi di chiusura.

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mariasole ariothttp://www.nazioneindiana.com
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