mezzogiorno di fuoco [scuola/2]

di Chiara Valerio

Vado convincendomi di essere molto più forte di quanto mai potessi credere, perché, a differenza di tutti, me la sono cavata con la semplice stanchezza. (…)
lo spiritello che mi porta a cogliere il lato comico e caricaturale di tutte le scene era sempre attivo in me e mi ha mantenuto giocondo nonostante tutto.

A. GRAMSCI, ECCO USTICA, 9 XII, 926

Gen.mo sig. Ministro della Pubblica Istruzione,
sono una docente di scuola secondaria e vorrei sottoporle una questione che potrebbe apparire oziosa. Se io insegnassi retorica invero lo sarebbe perché a sentirla raccontare ha tutto l’aspetto di un esercizio, o di un apologo, ma non lo è Signor Ministro o Dottor Ministro o chiunque lei sia causa repentini cambi di governo, no, no, non è retorica, è vita vissuta e sdegno ingoiato. Ieri l’altro ero in terza, una classe allegra e problematica e appena disinteressata alla mia disciplina, col gesso in mano e il modello maltusiano in bocca. Forse la definizione esotica, forse il sole che fendeva il pulviscolo disegnando il sol dell’avvenir, ma per la prima volta ho colto un barlume di diffusa curiosità nella giovane platea. Così mi sono infervorata e rabbonita confortandomi con A questo interesse seguirà un profitto e al profitto una soddisfazione e alla soddisfazione una voglia di averne ancora e alla voglia di averne ancora la possibilità di intendere e partorire il mondo attraverso lo studio.

E solo dal modello maltusiano! Che tra l’altro descrive l’andamento di una popolazione in un territorio che presenti risorse illimitate. Erbivori con erba infinita. Carnivori con carne infinita. Macchine da corsa senza bisogno di pit stop. Programmi scolastici da svolgere con studenti volenterosi e senza orario. Ovviamente Signor Ministro il modello maltusiano è una approssimazione ben rozza della realtà ma è spensierato e strafottente e in questa esatta misura è giovane. Forse alle orecchie degli studenti è arrivata l’eco di questa giovinezza e perciò mi scrutavano attenti e silenziosi. Curiosi Signor Ministro.

Io mi rendo conto che la curiosità non è una voce di bilancio e quindi non trova spazio nella gestione della nostra scuola, ma mi guardavano proprio curiosi e mi creda era una bella sensazione. Fatto sta che a un certo punto, appena prima che suonasse la campanella, qualcuno ha bussato alla porta. Io ho risposto Avanti, forse piccata, forse solo dispiaciuta che un pugno qualsiasi sul legno avesse rotto l’incantamento. La porta si è aperta e sono entrate due ragazze. Due ragazze qualsiasi Signor Ministro, con gli orecchini a stella e la felpa a righe orizzontali, le scarpe basse e i jeans avvitati intorno alle caviglie. Due ragazze qualsiasi e sorridenti, una riccia e una liscia. Come le sfogliate Signor Ministro. Una liscia e una riccia. Si sono fatte avanti e io arretrata per far spazio e anche curiosa di sapere dove volessero andare. La liscia mi ha domandato Può uscire una ragazza siamo nel gruppo di lavoro insieme, poi ha fatto un altro passo e additato il primo banco. Ha puntato il dito e detto Quella!.

Deve sapere Signor Ministro che oggigiorno l’autogestione si concorda con gli studenti dopo che gli studenti hanno stabilito tra loro quanti gruppi di lavoro formare e su cosa. Io che conosco tutti questi concordati ma tendo un poco a ignorarli, ma è un mio problema, ho risposto No. Forse ferma, forse cruda, forse senza aggettivi e esclamazioni. In questa scuola Manga, che ha da pure da leggersi al contrario, le esclamazioni e le onomatopee sono importanti. Ho replicato un No secco e aggiunto La prego esca, stavo spiegando e lei mi ha interrotto. Se fossi stata io al posto della studentessa, e mi creda, non sono molti anni che ho lasciato le superiori, avrei fatto un passo indietro e sarei uscita, forse turbata, forse mugugnando improperi ma sarei uscita. La liscia invece ha cominciato a polemizzare sul fatto che il gruppo di lavoro è importante, che me lo aveva chiesto, che era un suo diritto e altre derive democratiche del genere. Io allora per tagliar corto e sfruttare l’ultimo barlume di curiosità rimasta, anche se la rissa è un catalizzatore a qualsiasi latitudine d’età, di censo e di ruolo, ho afferrato la maniglia e compostamente chiuso la porta. Più per cavalleria e modo che per fretta. E già m’ero voltata verso i banchi, per riannodare il filo e il concetto, che sento la liscia pronunciare in corridoio e in tono sostenuto Questa poi è maleducazione!.
Molto esclamativa Signor Ministro.

Maleducazione Signor Ministro, maleducazione! Ho riaperto la porta e domandato quali fossero il suo nome e la sua classe. Mi ha risposto di tre quarti, continuando a camminare, Elisa quarta elle, e io Bene Elisa quarta elle dopo mi accompagna in presidenza. Ho chiuso la porta e rinfoderato il gesso perché intanto la campanella era suonata e la mia ora finita e il modello maltusiano rimasto sospeso tra parole e funzioni esponenziali. Se infatti il mio compito si limitasse alla parola avrei potuto dirmi soddisfatta ma io devo introdurre modelli e i modelli chiamano simboli. Questo è. Ho afferrato i registri e sono uscita.

Signor Ministro, se lei fosse stato in quel corridoio con me si sarebbe rabbuiato molto di più di quando le presentano davanti agli occhi le proposte di tagli all’istruzione. La quarta elle stava tutta schierata intorno a Elisa. Sembrava Mezzogiorno di fuoco. Se questi studenti conoscessero qualcosa oltre alla loro personale e autoreferenziale visione del mondo intessuta di programmi televisivi a basso costo e largo consumo e gadget ipertecnologici e design io avrei potuto parlare e dire Lasciamo cadere i cinturoni e passiamo al saloon a discutere. E invece, pur tenendo uno sguardo fermo e vuoto di protervia, mentre passo nel mucchio tentando di non urtare la sensibilità e le spalle di nessuno, sento Elisa che mi chiede Allora ci andiamo in presidenza o no?.

Signor Ministro si rende conto che le derive democratiche sono pericolose e creano capetti e incertezza?. Elisa è un capetto e io la musa dell’incertezza. Mentre punto gli occhi su Elisa penso che il problema sta nel fatto che io sembro e mi comporto come una studentessa, che io con i miei jeans e le scarpe basse non ho un aspetto autorevole e peggio, peggio ancora Signor Ministro!, io penso che l’autorità sia deleteria nella gestione dei processi di conoscenza.
A meno che uno non l’abbia avuta con l’onore delle armi. Mentre punto gli occhi negli occhi di Elisa e gioco a Mezzogiorno di fuoco io penso pure che dovrei entrare in quarta elle afferrare il registro e segnare una nota disciplinare. Ma non lo faccio perché Elisa non vuole una nota ma solo fare un giro in presidenza e io muoio dalla voglia di sentire la sua versione. Sempre la versione. Nemmeno fossimo in una perenne prova di latino. Così dico Andiamo e accelero. Mentre accelero mi innervosisco perché è tutto sbagliato. È tutto eccessivo. Che una donna adulta non condiscende ai capricci. Che certi No vanno pronunciati a voce alta. Quando entro in presidenza Elisa incrocia le braccia, lo farei io pure se non fossi oberata di registri libri e giacca a vento.

Espongo la questione cercando di mantenere toni neutri, mi aspetto da Elisa silenzio e dal preside manforte. E invece Elisa dice che l’ho spinta, usa il verbo spingere Signor Ministro, come se io le avessi messo le mani addosso, e al mio farglielo notare rincara con Mi ha buttata fuori.
Io strabuzzo, le chiedo se gli studenti sono obbligati da qualche statuto a porre domande retoriche. Elisa non sa che cos’è una domanda retorica e non me lo chiede, e non lo sa perché continua imperterrita in una polemica che pretende ragione. Il preside cerca di calmare le acque e di rispondere al telefono che sono comunque due cose assai impegnative da fare contemporaneamente, non solo per me, e dice a Elisa di avere esagerato.

Io le chiedo Signor Ministro, ma una ragazza che utilizza a sproposito le parole può forse essere redarguita con il verbo esagerare?. Elisa non ha capito cosa significa esagerare, non ha capito dove e a che punto lo ha fatto. Elisa capisce giusto e sbagliato ragione e torto. Che gli studenti sono i clienti che hanno sempre ragione. Che le attività parascolastiche rimangono valide anche se l’istituzione scuola vacilla.

Elisa non ha capito e infatti io mi volto per andarmene e lei mi parla dietro mentre io cammino svelta svelta per non mettermi a urlare. E passare dalla parte del torto, da quella che ha i nervi a pezzi perché si alza ogni mattina alle cinque, e fa mille cose perché chi si ferma è perduto, ed è acida perché sta sempre sola e per non dire altro, e intransigente perché legge troppo, e se la prende a cuore perché è il primo anno di cattedra annuale. Meglio camminare svelta svelta. Il giorno dopo Elisa partecipa al gruppo di lavoro sulla violenza. Sulla violenza Signor Ministro!, e a me scappa da ridere ma lo faccio da sola e in silenzio e capisco che siamo diventati bravissimi a spostare i problemi molto oltre le aule, lì dove li trascinano i media, nelle strade delle metropoli, nel sud est asiatico, nella fame e nella pace nel mondo, nella guerra in medio oriente e negli incidenti sulle strade e non riusciamo a riportarli tra i banchi. Non riusciamo a tenere chiusa la porta dell’aula. Ma hai visto quanta scuola su YouTube? Chiusa, stagna. Nemmeno per un ora. Nemmeno per spiegare compiutamente che studiare aiuta a vivere, che capire serve a non essere mai soli, non riusciamo a fornire modelli che non siano definiti per negazione. Elisa partecipa a un gruppo sulla violenza e non suppone in sé atteggiamenti violentissimi e ottusi e faccendieri e io ho fallito due volte. Perché me ne sono accorta e non ho avuto parole per dirglielo.

Mi rendo conto che nemmeno la comunicazione tra studente e docente è una voce di bilancio e quindi non deve rientrare nelle mansioni della scuola odierna ma almeno è possibile istituire un corso di aggiornamento per guardiano diurno delle masse studentesche?. Perché solo un guardiano potrebbe corrispondere all’interlocutore che Elisa ha in testa, un professore non ha parole, solo immenso sconcerto. E adesso vado. Buone cose Signor Ministro.

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21 Commenti

  1. mah, personalmente mi sono laureato in giurisprudenza, ma se dovessi dire che la scuola mi ha insegnato qualcosa, mentirei. Solo per puro caso, nonostante la mia laurea, in questo momento mi trovo in un ufficio piurrosto che in fonderia.
    Nonostante il mio titolo di studio sono passato attraverso una decina di lavori temporanei in cinque anni.
    La giovane elisa del raccontino troverà un buon lavoro, qua in Italia, non certo grazie al titolo di studio ma bensì grazie a qualche bella raccomandazione. Se vuole che sia premiato il suo merito le coviene cambiare paese.
    la professoressa invece mi sembre un personaggio un pò pedante e pieno di sè, privo di senso dell’ umorismo

    Ai giovani consiglio: se volete ritardare l’ entrata in fabbrica, studiate il più possibile, ma sopratutto per conto vostro, leggendo molti ottimi romanzi, ad esempio…
    Ultimo libro consigliato: il contagio, di walter siti. un capolavoro che non vi faranno mai leggere a scuola

    p.s. una lettera indirizzata alla gelmini, che per diventare avvocato si è trasferita a reggio calabria? Suvvia…
    Meglio scriverla direttamente al padrone dell’ italia.

  2. io invece a scuola ho imparato tanto. perciò mi dispiace quando viene presentata e descritta come un luogo in cui, salvo casi particolari, non si impara/insegna più nulla. io penso, che in positivo, o in negativo, la scuola sia un posto pieno di energie. anche Elisa in mezzogiorno di fuoco è piena di energie. :-)
    chi

  3. Sono perplesso da questa lettera. Già la precedente, con la querelle sulla questione del ‘minutaggio’, mi pareva una faticosa arrampicata; qui invece, siamo in piena parete con i chiodi che stanno cedendo e alla stessa corda sono aggrappate sia la professoressa, sia la studente. Però non capisco cosa c’entri la Ministra; qui, l’oggetto oscuro della situazione, mi pare il Preside che se la cava con un ‘esagerato’.
    Ma i Presidi non sono stati equiparati (scusate se dico una stronzata e confermatemi o smentitemi) ai Dirigenti della Pubblica Amministrazione? E un Dirigente deve dirigere: un dirigente ha l’obbligo, per il ruolo, lo stipendio, la posizione, di sapere cosa fare e quando farlo. Altrimenti non è un dirigente; al massimo un dirigibile.

    Blackjack.

  4. non so, non credo che dire “esagerato” infici la dirigenza o dirigibilità o digeribilità del preside. che dici blackjack?. beh, possono essere faticose arampicate, è vero. l’amenità è che sono faticose arrampicate assai reali.
    chi (the gambler, pick a coin!)

  5. La “ministra” c’entra perché ignora tutto quello che sta fuori dalle voci di bilancio, tra cui quello descritto dalla prof. E così facendo avvalora la visione di una scuola erogatrice di servizi “democraticamente” massiva, come vissuta da Elisa quarta elle.
    Se uno studia anni e non impara niente, non è detto che dipenda dalla scuola.
    Un saluto alla Valerio che continuo a leggere con piacere ( ti ho salutato sotto la tenda di radio tre a Mantova, ricordi?)

  6. Oltre che il luogo del (possibile) apprendimento, che pur condiziona le modalità di esistenza, la scuola è il luogo della formazione dei ricordi: i più persistenti, a volte i più feroci. Sono parimenti una modalità dell’esistere, più intensa quanto più la vita procede. Forse senza accorgersene, un docente scrive una pagina incancellabile del libro di ogni alunno, una di quelle che non smetterà di rileggere “quando ormai nulla più importa” (come dice J.C.Onetti). Non è una responsabilità più gravosa che quella di inculcare un paradigma?

  7. credo che da questo punto di vista la cosa più significativa che io abbia letto è Gioventù senza dio di Odon von Horvat. scuola, ricordo singolo e aspettative condivise nella germania nazista.

  8. “Signor Ministro, se lei fosse stato in quel corridoio con me si sarebbe rabbuiato molto di più di quando le presentano davanti agli occhi le proposte di tagli all’istruzione.”
    Non credo si rabbui.

    “Che una donna adulta non condiscende ai capricci. ”
    Si limita a farli.

    “se non fossi oberata di registri libri e giacca a vento.”
    Allora non hai proprio l’aspetto di una studentessa.

    “Elisa capisce giusto e sbagliato ragione e torto.”
    Una ragazza che sa deformare la realtà non può essere così limitata.

    “Il giorno dopo Elisa partecipa al gruppo di lavoro sulla violenza. ”
    Perché, finora che aveva fatto?

    “Buone cose Signor Ministro.”
    Io qui ci aggiungerei un ‘salutame a soreta’. Che ci sta sempre bene e che pure Elisa lo capisce.

    Comunque, secondo me, il fatto che hanno proibito ai professori di paventare la bocciatura significa solo che ora devono passare alle minacce di morte.

    Buone cose ai ministri e alle minestre, che entrambi sono un gran pasticcio.

  9. Chiara, il punto, in questo caso, ma posso prendere una cantonata tremenda, è che il Preside si è limitato a un ‘eagerato’. Poi, magari, vedo la questione in modo diverso, ma non mi pare che c’entri nulla, questo episodio, con la politica scolastica generale.
    Quella, non potrà mai definire i dettagli e, fino a quando non ci saranno persone in grado di gestire con cognizione di causa i dettagli, qualunque politica sarà inutile.

    Only a coin? That’s for joke; take 5 figures please, and bet your first finger!

    Blackjack.

  10. Chiara, non so entrare nella testa dei ragazzi di oggi, ma credo che la loro apparente sicurezza sia solo apparenza con un bel pò di maleducazione di cui forse non si rendono conto.
    Da quanto scrivi direi che l’autorevolezza tua c’è e forse i dubbi sul modo di esercitare “l’autorità” invece è giusto averli.
    La prossima lettera perchè non scriverla ai tuoi studenti?
    Secondo me meglio parlare con loro che con il ministro.
    Comunque un bel pezzo.
    Un saluto

  11. grazie nadia!,
    è il fatto che io mi fido ciecamente degli studenti. e assai meno di viale trastevere. e così scrivo al ministro. gli studenti hanno di solito tempo testa e coinvolgente albagia, e le cose possono capirle da soli. ma non è una cattiva idea scrivere agli studenti, no, no…
    grazie ;-)
    chi

  12. Bellissimo! Brava Chiara.
    Ce ne fossero di insegnanti così ( tra l’altro, giusto uno col frizzante nick delusion può trovarla priva di umorismo ) !

  13. Perdonami Chiara, ma non ho capito se questa è biografia o finzione. Nel dubbio, la considero finzione. E in questa finzione sto con Elisa. Ai bambini e ai ragazzi credo che occorra sempre motivare un rifiuto. Quando chi esercita un ruolo di potere (e noi insegnanti lo esercitiamo) dice un No senza motivarlo – è sano e giusto non indietreggiare. Dopodiché – si apre tutto uno scenario che condivido, sulle caratteristiche di questa generazione (un’apparenza di sicurezza che nasconde una grande fragilità…), sulla scuola come azienda con “utenti” e che offre “servizi”, ecc. Resta però il fatto che in questa narrazione il punto d’inizio è quello.

  14. ehi marco, l’episodio, con toni un po’ isterizzati, è accaduto davvero [come chioserebbe svetonio :-)]. sulle motivazioni dei no possiamo discutere, e anzi dovremmo inserire una categoria in Nazione Indiana. In questo caso, nell’immediatezza della porta che si apre e spacca l’aria, mi era subito dispiaciuto che per motivare il no (autoevidente) a una persona avrei dovuto erigere un no enorme (e interrotto) a una intera classe lì, in bilico, sul filo dell’attenzione.
    e questo.
    chi

  15. Da insegnante – so bene che i rapporti tra un insegnante e la sua classe sono fatti di quell’intimità difficilmente comprensibile ad “altri” che c’è anche in rapporto d’amore – non a caso sono stanze in ambedue i casi, a spazializzarli, e una porta chiusa a segnare il discrimine – dunque la mia osservazione non era certo da intendersi ad personam…
    Per il resto sì, ci vorrebbe una categoria intera… ;-)

  16. credo che i NO sia più difficile dirli che riceverli, men che meno accettarli. idiosicrasia del rifiuto che coglie (impreparato) prima di tutto chi deve imporlo. per questo i NO debbono sempre essere motivati. fondati su una motivazione, ponderati, argomentati e vittime eventualmente della stessa fallacia che affetta le ragioni. non so invece se le motivazioni debbano sempre essere dispiegate. l’attitudine “maieutica” di un rapporto forzatamente gerarchico non è tradita dalla consegna del compito di capire. di ricostruire le ragioni, le motivazioni, con l’alea dell’impossibilità e la felice eventualità del disaccordo.

    che bella l’osservazione di marco “…i rapporti tra un insegnante e la sua classe sono fatti di quell’intimità difficilmente comprensibile ad altri che c’è anche in rapporto d’amore – non a caso sono stanze in ambedue i casi, a spazializzarli, e una porta chiusa a segnare il discrimine…”
    ed è altrettanto insidioso e invasivo insistere con l’intromissione: difficile leggere o vedere di scambi di corpi o di individualità che siano autentici e credibili e visivi e tattili. vale per il cinema come per la letteratura.
    la valerio ci restituisce egregiamente squarci luminosi di scuola (1 e 2), e la racconta che potrebbe anche non essere scuola. ha spessore e sguardo sempre diretto. siamo lì, dentro, a osservare, non stiamo filettando l’occhio sul buco della serratura. ci sono persone non tropi di carta.
    ora che facciamo, la aspettiamo sul fronte dell’erotismo? fuori dalle aule, va sans dire.

  17. è vero, questa osservazione è bellissima, concordo con matisse.
    “…i rapporti tra un insegnante e la sua classe sono fatti di quell’intimità difficilmente comprensibile ad altri che c’è anche in rapporto d’amore – non a caso sono stanze in ambedue i casi, a spazializzarli, e una porta chiusa a segnare il discrimine…”

    beh, grazie matisse, che quanto a stanze, devi averne una tutta rossa.
    :-)
    chi

  18. Scrivi e ‘senti’ meravigliosamente bene. E certo non ti leggo solo ora o solo qui. Perché io mi accorgo del talento ben prima che la ruota di fortuna letteraria giri dalla sua parte, se mai gira. E nonostante Carver, mai troppo amato, sempre troppo poco, perché gli altri siano qualcosa facilmente. Ma non nel tuo caso, ché hai urgenza, stimolo, centro e folgorazione autentica. Biograficamente o finzionalmente. Che differenza fa poi? Che differenza fa nello stile, stiletto, nell’effetto?

    Ma leggiti l’immensa, assoluta tua omonima Anna K. Valerio, che non lotta contro la deriva democratica (ricordo di passaggio che Platone considerava la democrazia la degenerazione della timocrazia, che era comunque il governo peggiore possibile) dovendola pure difendere ad un tempo. Sarebbe tutto più facile.
    Si tratta solo di riorientarsi, Chiara, e magari si cita infine, un esergo più cardiaco e meno psichico, qulcosa che avvicini più alla piazza silenziosa del sentire,(dove il centro è la periferia e lo spazio è proprio, riposto e maltusiano ad un tempo) che non alla piazza gesuitica del proselitismo crtitico storico.
    Un caro saluto, anche se non ci conosciamo.

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