Memorie – Vincenzo Consolo

Memoria, memorie

Introduzione di Claudio Masetta Milone

al libro “Memorie” di Vincenzo Consolo (Dante & Descartes, 2020)

Avrei potuto, o potrei, giunto alla mia età, riempire pagine e pagine di ricordi, di memorie, ricostruire, al di là d’ogni validità letteraria, un tempo perduto, stendere una mia, un’umile, piccola recherche. Ma non è questo il moto e lo scopo del mio scrivere.” (V. Consolo, “Memorie”, da La mia isola è Las Vegas, Mondadori, Milano, 2012, pag.)

 

La memoria. Le memorie. Patrimonio del singolo e della comunità, presupposti per l’edificazione di un’identità collettiva.

Che la memoria sia sempre stata centrale nella tessitura del discorso letterario di Vincenzo Consolo lo testimonia l’ansia di alimentarla che il maestro manifestava ogni volta che scendeva a Sant’Agata da Milano.

Memoria significava per lui fermarsi ad ascoltare. Ma ad ascoltare che cosa? La lingua delle origini, prima di tutto, quel dialetto santagatese che lui non praticava, fatta eccezione per qualche parola che gli sfuggiva di bocca soprattutto quando era arrabbiato. Quel dialetto, quel lessico familiare, quei suoni antichi facevano riemergere in lui il desiderio inarrestabile di ricongiungersi al paese abbandonato anni prima per migrare al nord, gli rendevano indispensabile informarsi su tutti gli accadimenti intercorsi tra le sue visite. Chiedeva di sapere, Vincenzo, di sapere della gente del borgo e delle sue vicissitudini, delle contrade vicine, della corona dei Nebrodi che abbraccia Sant’Agata e la divide dalla Sicilia dell’entroterra e poi dalla Sicilia ribollente delle zolfare agrigentine. Ma sapeva disegnare un arco ben più ampio di questo: da Sant’Agata ai Nebrodi, alla Sicilia tutta, all’Italia nella sua dimensione mediterranea, al mondo.

Chiedeva informazioni, Vincenzo. E aveva un cruccio, che riproponeva tutte le volte che domandava del paese: ha riaperto la libreria? c’è ancora la biblioteca?

Se si fa memoria non si può prescindere dalla letteratura, dalla narrazione, e libreria e biblioteca sono il cuore di questa dimensione. Fare memoria significa essenzialmente narrare e il maestro seduto ad ascoltare i racconti di Sant’Agata ne è l’immagine emblematica. L’ascolto dei fatti santagatesi era lo scoglio da cui, ogni volta, la narrazione spiccava il volo, nello spazio e nel tempo. Da Sant’Agata alla Sicilia tutta, all’Italia, al Mediterraneo e oltre, si diceva. Ma anche dal presente al passato – o sarebbe meglio dire ai passati – dell’isola. L’esercizio della memoria come narrazione, infatti, non poteva prescindere per un siciliano dal ripercorrere l’intreccio di fili etnici e culturali che in Sicilia si sono magnificamente aggrovigliati. Il filo greco, però, nella dimensione narrativa e culturale di Vincenzo Consolo, risultava dominante. “C’è più arte greca in Sicilia che in Grecia!”, amava ricordare.

Sì, amava parlare dei Greci, il maestro. E della cultura mediterranea che, diceva, si è sempre sviluppata sotto il segno dell’accoglienza. I fatti di cronaca odierna, l’innalzamento di barriere laddove un tempo c’erano spiagge d’approdo di innumerevoli naufraghi che, una volta a terra, nella sua Sicilia, potevano dirsi sicuri di trovare accoglienza, lo avrebbero fatto urlare di sdegno e vergogna.

Amava cercare i segni di questa antichissima tradizione di accoglienza siciliana. Si entusiasmava di fronte alle prove dell’avvenuta integrazione, su suolo siciliano, di culture e tradizioni diverse.

Una di queste storie era quella della Madonna di Tindari. Spiaggiata dalle onde del mare sulle coste messinesi, custodita dentro una scatola di legno, è stata accolta, – lei, Madonna nera – dai fedeli dell’isola, che le hanno innalzato un santuario. Una Madonna nera, accolta e venerata nel cuore del Mediterraneo. Aveva una collezione di santi neri, Vincenzo. Amava quella collezione come simbolo di felice integrazione.

Fu profetico su questi temi: aveva ampiamente previsto la deriva d’odio a cui stiamo assistendo. Presagiva un nuovo innalzarsi di muri, laddove c’erano un tempo quelle spiagge d’approdo e d’accoglienza per i naufraghi scampati alla furia del Mediterraneo.

La memoria, infine, la memoria attraverso la narrazione era per lui fatto da condividere. In modo particolare con i giovani, a cui si rivolgeva, verso i quali amava riversare il racconto della Sicilia, della storia, ma soprattutto della letteratura.

Avrei potuto riempire pagine e pagine di ricordi, scrive il maestro, e comporre così una mia personale recherche. Lo ha fatto, direi: le tracce di questa composizione sono disseminate lungo tutto il suo percorso narrativo.


Claudio Masetta Milone  (Sant’Agata di Militello 1957). Ha collaborato con Vincenzo Consolo e con la moglie Caterina Pilenga (a cui era legato da affettuosa amicizia). È curatore del sito VincenzoConsolo.it e della pagina facebook dedicata allo scrittore siciliano. È socio fondatore dell’Associazione amici di Vincenzo Consolo. Ha curato le seguenti pubblicazioni: la prima raccolta di poesie di Vincenzo Consolo Accordi  (Zuccarello Editore 2015),  Vincenzo Consolo Una poesia (Edizioni Pulcino Elefante 2020), Memorie  Storie in trentaduesimo (Libreria Dante & Descartes 2020).  Nel 2012 ha vinto la Prima edizione del concorso nazionale “Doppio d’autore -La poesia incontra l’arte” (Associazione culturale The artship).

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