Adriano Spatola: il testo è un oggetto vivente
«A trent’anni dalla scomparsa di Adriano Spatola tante conquiste sono state ormai acquisite e ben digerite dai media. La scrittura verbo-visuale non fa più rumore. Tantomeno scandalizza. Basti pensare alle acrobazie tecnicamente impeccabili della pubblicità televisiva. Ma la lezione di Spatola ci mette in guardia e ci indica che le strade percorribili ancora oggi sono quelle caratterizzate dal forte atteggiamento critico, quelle che considerino a pieno la materialità del linguaggio, che sfuggano alle limitazioni del mercato, che sappiano ben distinguere tra multimedialità e intermedialità, che garantiscano sempre un’alternativa al sistema linguistico istituzionale, nel senso che sappiano costruire il linguaggio, così come diceva Max Bense: “Scrivere significa costruire il linguaggio, non spiegarlo”».
Così si conclude Guarda come il testo si serve del corpo, l’introduzione che Giovanni Fontana ha dedicato alla ristampa di tutta l’Opera poetica di Adriano Spatola, da lui curata per [dia•foria. Negli ultimi decenni la “grande” editoria non ha fatto altro che scongiurare la peste dell’informe, riparandosi in un mestiere della cancellazione per cui la letteratura sperimentale della seconda metà del secolo scorso non è di fatto esistita, se non come concrezione o come quanto minaccia di riapparire: il verificarsi dell’inverificabile, qualcosa a cui non si può che continuare a dare la morte per impedirne il ripetersi. Accogliamo dunque con gioia questa ripubblicazione che -insieme alle recenti ristampe di autori come Emilio Villa e Corrado Costa– manifesta un ritrovato interesse per quella poesia che si è posta sempre al di là di ogni presa di potere, e che proprio per questo rappresenta ancora oggi un’indicazione primaria su quella che deve essere la vitalità del fare poetico.
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Ospito qui una raccolta di estratti dal libro, per gentile concessione dell’editore.
da L’Ebreo Negro
(Scheiwiller-All’insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1966)
5.
e ripetere il mito della creazione
gettare gli uomini dietro le spalle perché si tramutino in pietre
il sacerdote prega il seme divino (energia)
(sole) semen encefalo d’ogni forma di vita
tempo (fuoco) causa divina (vis viva) ameba eterno nel nucleo che si scinde
universi bruciati e ricreati – molteplici nell’uno del ripetersi (actus)
(energia) materia assunta alla città di dio
pòlio costante d’ogni protoplasma
signore del negativo e del positivo del numeratore e del denominatore della parte e del tutto
(ovum) basterà uno scatto per PROLIFICARE
(semen) fecondazione (fission) nel tuo corpo concepirai
(i nuclei avranno massa totale inferiore all’originaria)
fission fecondazione le mani dell’uomo riproducono dio (l’ovum si scinde)
aria fuoco luce (sole che adorano)
da Majakovskiiiiiiij
( Geiger, Torino, 1971)
3.
ma il testo è un oggetto vivente fornito di chiavi
la cruda resezione il suo effetto l’incredibile osmosi
è questo il momento che aspetti comincia a tagliare
guarda come si tende e si gonfia sta per scoppiare
è l’immatura anaconda si morde la coda strisciando
odore della palude odore coniato da fiato di fango
un libro un quaderno una penna un desiderio indolore
senza parole
da Algoritmo
(Geiger, Torino, 1973)
da Diversi Accorgimenti
(Geiger, Rivalba, 1975)
3.
Democrazia una parola
ovviamente trascurabile origine
scopertamente risibile
e irrisibile il peso della menzogna
la confessione riconducibile alle radici
precaria amarezza
o teodulia.
4.
Democrazia una parola
dubbiosamente sconfessabile
felicemente confermabile
e riconfermabile la prognosi esatta
la delazione
riducibile alla più breve distanza
planetaria misericordia
o teologia.
da La piegatura del foglio
(Guida, Napoli, 1983)
9. Settembre, forse
Il teatro si chiude al tramonto nell’autopsia
è un terriccio cosparso di scaglie di limatura
radiazioni cromatiche di un’oratoria eccessiva
qualcosa di magnetico e fulvo sopra l’intonaco
esalazione fumosa stagnante e combustibile
come un odore di sottobosco un po’ marcescibile
così aromatico e greve così gradevole al fiuto
dell’animale insediato nella propria goffaggine
parlo dell’animale che ride con un po’ di malore
delle sue uova avvolte in un sudario di lino
sono cellule immerse in un vino scontroso
intenerito per le vere verità che verranno
in settembre il nono mese dell’anno
da Altri Testi
(In Giuliano Della Casa, Alfabeto, Geiger, Torino, 1973)
Alfabeto
Arcobaleno sopra la limpida
Balestra sospesa sulla porta sulla
Capsula saldata proprio al centro il
Domicilio dell’alfabeto la pronuncia dell’
Enunciata parola o la
Figura esattamente contornata nel
Geroglifico scolpito nell’intonaco:
Ha trascritto e riscritto l’
Imboccatura bianca e nera del
Labirinto la specie labile del
Mondo abitabile disabitato nella
Negazione assoluta nella nozione astratta l’
Organismo sillabico il singolo
Palpabile oggetto leggibile sulla carta
Quadrettata da sinistra verso destra nella
Radice chiara del
Segno
Taglio
Ultrasuono
Visibile
Zeta
Adriano Spatola col figlio Riccardo