Rainer Maria Rilke nella traduzione di Raffaela Fazio

Nota di Michael Dallapiazza

Rainer Maria Rilke: Silenzio e tempesta. Poesie d’amore. Introduzione, selezione e traduzione di Raffaela Fazio, Marco Saya Edizioni 2019.

Già il titolo incuriosisce. Poesie d’amore? Rilke, in realtà, non è noto come un autore di poesie d’amore. Questo lo accomuna a Brecht, che poi, a un esame più attento, si scopre aver scritto numerosi testi del genere, fino alla poesia “pornografica”. Ma cosa significa in fondo poesia d’amore? Espressione di un’esperienza personale? Riflessione lirica sui concetti dell’amore? Il darsi, il perdere se stesso? O anche desiderio di autoconservazione, e preoccupazione, timore davanti alla supremazia dell’amore? Tutto ciò può essere rintracciato in questa ampia e curata selezione di poesie appartenenti a (quasi) tutti i periodi creativi di Rilke, a partire dalle poesie di Advent (1897) dell’allora poeta ventiduenne, risalenti all’anno in cui incontrò Lou Andreas-Salomé. La scelta di testi effettuata da Raffaela Fazio mostra Rilke in una luce che forse è nota solo agli intimi frequentatori della sua opera, e ciò che la traduttrice si augura nella prefazione è vero: più il lettore si addentrerà nella poetica rilkiana, più scoprirà un’atmosfera particolare – e strana – di sospensione tra luce e oscurità, desiderio di possesso e libertà. E chi già conosceva lo Stundenbuch, composto tra il 1899 e il 1903, iniziato nel periodo di stretta vicinanza a Lou Andreas-Salomé e terminato dopo la separazione da lei e il matrimonio con Clara Westhoff – diventato poi una raccolta di poesie rivolte da un monaco a Dio – ora forse lo percepirà in modo diverso. Il linguaggio religioso è allo stesso tempo il linguaggio dell’amore, un po’ come nel “Minnesang”, e, se compreso in questa ambiguità, risuona quasi provocatorio, perché in alcuni testi il “tu” è riconoscibile nel suo riferirsi a Dio, ma potrebbe anche essere rivolto a una donna. Raffaela Fazio traspone le poesie di Rilke con una speciale sensibilità alla musicalità dell’originale. La poesia, in particolare quella di Rilke, è in realtà intraducibile, dal momento che è pressoché impossibile esprimere in un’altra lingua caratteristiche formali specifiche quali rima, metrica, assonanze e addirittura frequenti allitterazioni. Tentare di farlo ad ogni costo distruggerebbe la poesia, ma tentare di farlo con audacia e senza forzature, nei limiti del possibile, è il dovere del bravo traduttore. Questo è quanto mette in atto la presente raccolta, in modo insolitamente convincente. Raffaela Fazio riesce a rendere giustizia alla forma molto diversa che caratterizza i vari componimenti rilkiani, dai testi che presentano una struttura più rigorosa a quelli che fluiscono quasi come prosa poetica. E ciò non può essere certamente detto di tutte le traduzioni di poesia tedesca, che negli anni si sono susseguite.

Una selezione di poesie dal libro:

Das Land ist licht und dunkel ist die Laube,
und du sprichst leise und ein Wunder naht.
Und jedes deiner Worte stellt mein Glaube
als Betbild auf an meinen stillen Pfad.

Ich liebe dich. Du liegst im Gartenstuhle,
und deine Hände schlafen weiß im Schooß.
Mein Leben ruht wie eine Silberspule
in ihrer Macht. Lös meinen Faden los.

La campagna è chiara, il pergolato scuro.
Tu parli piano e un miracolo è imminente.
La mia fede dispone ogni tua parola
come sacra icona sul viottolo silente.

Ti amo. Sulla sdraio del giardino sei distesa;
dormono in grembo, bianche, le tue mani.
Spola d’argento, la mia vita riposa
in loro potere. Fa’ che il filo si dipani!

***

So milde wie Erinnerung
duften im Zimmer die Mimosen.
Doch unser Glaube steht in Rosen,
und unser großes Glück ist jung.

Sind wir denn schon vom Glück umglänzt?
Nein, uns gehört erst dieses Rufen,
dies Stillestehn auf weißen Stufen,
an die der tiefe Tempel grenzt.

Das Warten an dem Rand des Heut.
Bis uns der Gott der reifen Keime
aus seinem hohen Säulenheime
die Rosen, rot, entgegenstreut.

Delicato come la memoria,
nella stanza il profumo di mimose.
Ma la nostra fede è nelle rose,
la grande gioia giovane ancora.

Il suo splendore già ci circonda?
No, a noi spetta questo chiamare,
sostare immobili sui bianchi scalini
con cui confina il tempio profondo.

Ai bordi dell’Oggi ci spetta l’attesa
fino a che il dio dei semi maturi
dal colonnato dell’alta dimora
ci sparga davanti, rosse, le rose.

***

Der Abend ist mein Buch. Ihm prangen
die Deckel purpurn in Damast;
ich löse seine goldnen Spangen
mit kühlen Händen, ohne Hast.

Und lese seine erste Seite,
beglückt durch den vertrauten Ton, –
und lese leiser seine zweite,
und seine dritte träum ich schon.

La sera è il mio libro. Un vermiglio
bagliore di damasco la riveste;
ne disserro i dorati fermagli
senza fretta, con mani fresche.

Leggo la prima pagina scoprendo,
lieto, il suo tono familiare,
più sottovoce leggo la seconda,
la terza l’inizio già a sognare.

***

Liebeslied

Wie soll ich meine Seele halten, daß
sie nicht an deine rührt? Wie soll ich sie
hinheben über dich zu andern Dingen?
Ach gerne möcht ich sie bei irgendwas
Verlorenem im Dunkel unterbringen
an einer fremden stillen Stelle, die
nicht weiterschwingt, wenn deine Tiefen schwingen.
Doch alles, was uns anrührt, dich und mich,
nimmt uns zusammen wie ein Bogenstrich,
der aus zwei Saiten eine Stimme zieht.
Auf welches Instrument sind wir gespannt?
Und welcher Geiger hat uns in der Hand?
O süßes Lied.

Canto d’amore

La mia anima come trattenerla,
che la tua non sfiori? Come elevarla,
sopra di te, ad altro? Ah quanto vorrei celarla
in qualcosa che si è perso nell’oscurità,
in un luogo estraneo, silenzioso
che non seguiti a vibrare, al vibrare
delle tue profondità.
Ma tutto quello che ci tocca, insieme
ci prende come un arco che produce
da due corde una sola voce.
E noi siamo tesi su quale strumento?
Quale violinista ci tiene nella mano?
O dolce canto!

***

Der Tod der Geliebten

Er wußte nur vom Tod was alle wissen:
daß er uns nimmt und in das Stumme stößt.
Als aber sie, nicht von ihm fortgerissen,
nein, leis aus seinen Augen ausgelöst,

hinüberglitt zu unbekannten Schatten,
und als er fühlte, daß sie drüben nun
wie einen Mond ihr Mädchenlächeln hatten
und ihre Weise wohlzutun:

da wurden ihm die Toten so bekannt,
als wäre er durch sie mit einem jeden
ganz nah verwandt; er ließ die andern reden

und glaubte nicht und nannte jenes Land
das gutgelegene, das immersüße –
Und tastete es ab für ihre Füße.

La morte dell’amata

Sapeva della morte ciò che è noto a tutti:
che ci afferra e scaglia nel silenzio muto.
Ma quando lei, non strappatagli d’un tratto,
no, piano dal suo sguardo allontanata,

scivolò via verso ombre forestiere,
e in quelle lui avvertì, come una luna,
il sorriso di ragazza e la maniera
che lei aveva di fare il bene,

gli divennero i morti familiari,
come se fosse ognuno suo congiunto
grazie a lei; lasciò che parlasse la gente,

non credette, chiamò quel paese buono,
di eterna dolcezza. E tastandone il suolo
vi andò cercando dell’amata le impronte.

***

Leda

Als ihn der Gott in seiner Not betrat,
erschrak er fast, den Schwan so schön zu finden;
er ließ sich ganz verwirrt in ihm verschwinden.
Schon aber trug ihn sein Betrug zur Tat,

bevor er noch des unerprobten Seins
Gefühle prüfte. Und die Aufgetane
erkannte schon den Kommenden im Schwane
und wußte schon: er bat um Eins,

das sie, verwirrt in ihrem Widerstand,
nicht mehr verbergen konnte. Er kam nieder
und halsend durch die immer schwächre Hand

ließ sich der Gott in die Geliebte los.
Dann erst empfand er glücklich sein Gefieder
und wurde wirklich Schwan in ihrem Schooß.

Leda

Tanto era bello, che il dio provò quasi spavento
quando entrò nel cigno, preso dall’affanno;
turbato in lui scomparve. Ma già l’inganno
lo spingeva all’atto, prima di saggiare il sentimento

di quel sé, ancora inesplorato. E lei, dischiusa,
nel cigno riconobbe colui che a lei veniva.
Seppe all’istante quello che chiedeva:
il dio chiedeva una sola cosa

la stessa che lei più non poté celare, confusa
nella propria reticenza. Egli discese e, premuto
il collo sulla mano di lei sempre più arresa,

si lasciò andare nell’amata. Solo allora
si accorse delle piume e ne fu lieto.
Nel grembo suo, si fece cigno il dio, davvero.

[Michael Dallapiazza, nato a Frankfurt am Main nel 1954 e stabilitosi in Italia negli anni ottanta, dal 2014 è professore associato confermato di Letteratura Tedesca all’Università di Bologna. Precedentemente ha insegnato Filologia Germanica presso le Università di Trieste e di Urbino. I suoi temi di ricerca: letteratura tedesca del 900; letteratura interculturale; Mittelalterrezeption; letteratura cortese; teorie letterarie; deutsch-italienische Literaturbeziehungen; Boccaccio in Germania. Al suo attivo ha numerose pubblicazioni e monografie.

Raffaela Fazio, nata ad Arezzo nel 1971, risiede a Roma dove lavora come traduttrice. Ha trascorso dieci anni in vari paesi europei, laureandosi in lingue e politiche europee all’Università di Grenoble, e specializzandosi presso la Scuola di Interpreti e Traduttori di Ginevra. Rientrata in Italia, ha conseguito un diploma in scienze religiose e un master in beni culturali presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Nel campo dell’iconografia, ha pubblicato: Face of Faith. A Short Guide to Early Christian Images (2011). È autrice di vari libri di poesia. Tra gli ultimi: L’arte di cadere (Biblioteca dei Leoni, 2015) con prefazione di Paolo Ruffilli; Ti slegherai le trecce (Coazinzola Press, 2017); L’ultimo quarto del giorno (La Vita Felice, 2018) con prefazione di Francesco Dalessandro; Midbar (Raffaelli Editore, 2019) con prefazione di Massimo Morasso; Tropaion (Puntocapo Editrice, 2020) con prefazione di Gianfranco Lauretano e postfazione di Sonia Caporossi; A grandezza naturale. 2008-2018 (Arcipelago Itaca, 2020) con prefazione di Daniele Barbieri. Si è occupata di Rainer Maria Rilke, selezionando, traducendo e raccogliendo una parte delle sue poesie d’amore in Silenzio e Tempesta (Marco Saya Edizioni, 2019).]

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2 Commenti

  1. Grazie! Grazie per ogni parola buona spesa nel nome di Rilke! Sono più di trent’anni che lo leggo e continuo, da allora, a proporre il suo nome, i suoi versi. Diceva il suo Brigge: …”i versi non sono, come crede la gente, sentimenti… sono esperienze.” Esperienze che risuonano nel profondo e, dunque, vanno ascoltate. Così, i versi di Rilke vanno letti quietamente, hanno bisogno di spazio intorno per diffondersi, echeggiare, devono cadere nel nostro profondo e, lì,
    ac-cadere… come in queste felici proposte.

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Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).
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