Carnezzeria di Emma Dante – Sud Costa Occidentale
di Mariagiovanna Stabile, con tre domande alla regista Emma Dante
Ricevo ancora segnalazioni per la lista della spesa (vedi qui). Ricordo che si tratta di scegliere qualcosa di molto bello, letto, visto o ascoltato in Italia negli ultimi quattro anni, farne una breve scheda (massimo 2000 caratteri) e, volendo, porre tre domande all’autore o autrice: sarà mia cura cercare di mettermi in contatto e richiedere le risposte.
Scrivete a listadellaspesa@yahoo.it. T.S.
Per la “lista della spesa” segnalo Carnezzeria, regia di Emma Dante, compagnia Sud Costa Occidentale, tuttora in scena in Italia e in Europa.
Ho sempre pensato di conoscere abbastanza il linguaggio teatrale, se non altro per aver visto un po’ di spettacoli in giro per Milano. Devo dire però che questo spettacolo da una parte mi ha messo in difficoltà, dall’altra mi ha lasciata ammirata, per l’operazione di vertiginosa sintesi “linguistica” o meglio espressiva, che si compie durante l’azione sul palcoscenico. La narrazione del soggetto dell’opera (la quotidiana macelleria che si compie all’interno di una famiglia del Sud, tra inconfessabili abusi del padre sui figli, dei figli sulla sorella) è totalmente affidata alla mostruosa bravura, al corpo degli attori, capaci di raccontare una storia così abominevole quasi senza parole, quasi solo col corpo, col suo disagio, col sudore.
In una scena apparata come per una festa religiosa del Sud, con lumini funebri e luminarie sospese, Nina, una giovane donna in abito da sposa, e palesemente gravida, attende con i fratelli l’appuntamento con uno sposo che possa nascondere la colpa, la gravidanza frutto dei loro rapporti incestuosi. La ragazza, una bravissima Manuela Lo Sicco, porta per tutto il tempo con evidente fatica una pancia pesante, che le butta indietro la schiena , le fa assumere un’andatura grottescamente sbandata,e che ogni tanto la costringe a gonfiare le guance e a strabuzzare gli occhi (occhi liquidi, buoni e stolidi di vacca, secondo la definizione della regista). Nella fascia del vestito che stringe la pancia, Nina conserva le foto di famiglia, i ricordi angosciosi delle violenze subiti, le testimonianze dello stupro del padre sui fratelli, agitatissimi dal compito impossibile di coprire ogni traccia del passato: con il velo del vestito, alla fine, Nina si impiccherà, per uscire di scena, senza aver avuto un gesto di ribellione, o un cenno di consapevolezza.
Uno spettacolo duro, velocissimo, che lascia senza fiato: la fatica di capire la narrazione rarefatta ed ellittica si combina con il disgusto, e con la sensazione di vivere in prima persona il peso che schiaccia la protagonista.Una bellissima prova, e per me la rivelazione di un linguaggio assolutamente originale.
Tre domande per la regista Emma Dante:
Dove ricerca le sue storie?
Cara Mariagiovanna,
le mie storie non le cerco. Stanno. Si tratta solo di evocarle. Palermo le scrive per me. E i miei attori le macinano tra i denti come carnivori.
Pensa che uno spettacolo così raffinato sia troppo “difficile”, o crede che possa essere proposto anche ad un pubblico non selezionato (la provincia del Sud, ad esempio, dove ogni novità è guardata con sospetto…)?
Carnezzeria non è uno spettacolo raffinato: è volgare, sgraziato e scomodo. E quindi penso possa andare bene per tutti.
Lavora solo col teatro, o usa altri mezzi espressivi?
Mi piacerebbe fare cinema ma per il momento scrivo per il teatro. Chissà, un domani, magari dipingerò un quadro o inciderò un disco… mi è sempre piaciuto cantare. Non lo so, per ora sono ferma sull’orlo di un precipizio, cioè sto in proscenio di spalle al pubblico e guardo…
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Ho visto CARNEZZERIA, ho visto MEDEA, Emma Dante è davvero il talento per eccellenza del teatro del nostro tempo. Ora mi andrò a godere la scimia…tratto da Landolfi…”Le due zittelle”