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Genesis Breyer P-Orridge: un ritratto occulturale

 

di Andrea Balietti

 

 

[Il 14 marzo è morta Genesis Breyer P-Orridge. Come omaggio e congedo, ospito qui un suo ritratto occulturale curato da Andrea Balietti, originariamente apparso sul quarto numero di T-mag. Nel testo è presente anche una selezione di collage di P-Orridge, tutti dal contenuto esplicito.]

 

-“Ogni arte è magia […]
Non esiste mezzo più potente dell’Arte per ottenere l’apparizione visibile dei veri Dei.”

(Aleister Crowley)

La nascita dell’arte deriva da un gioco; fu istinto non intenzione a guidare il primo gesto, il gesto antico del rifiuto, della vergogna di esser diventati umani, di aver sacrificato il tempo al lavoro, la seduzione alla produzione, l’animalità alla civiltà. Non fu azione ma rito, atto magico, ludico e slegato a slegare l’homo ludens, non più sapiens, dalle logiche lineari, pato-logiche, di un pensiero ancora troppo giovane per essere ingabbiato nel buio, costretto a terra, negato alle stelle.

Arte = gioco = rito = mito-l’equazione che portò l’uomo dei primordi a tracciare le prime pitture rupestri e che, in egual misura, spinse Neil Megson quindicenne ad inventare GENESIS P-ORRIDGE.
Analogamente ai primi segni petroglifici nelle caverne della storia umana, la nascita di G.P.O rappresenta un momento cruciale, punto di non ritorno nella vita di Neil, divenuto ormai memoria, esattamente come gli abitanti della preistoria paleolitica. E’ impensabile spiegare l’opera di P-Orridge prescindendo dal germe, dalla scintilla, da quel primo atto MAGICO di volontà estrema che spinse un adolescente a distrugger-si identità per costruir-si opera d’ARTE e, per GIOCO, ri-nominar-si Gene-si, a segnare l’inizio, a sognare l’ignoto.

-“Since there is no goal to this experiment other then goal of perpetually discovering new forms and new way of perceiving, it is an infinite game. An infinite game is played for the purpose of continuing play, as opposed to a finite game witch is played for the purpose of winning or defining winners. It’s an act of free will.”

(Genesis P-Orridge)

 

 

.Process-u-AL

-“Noi ci proponiamo di creare nuovi mondi, nuovi esseri, nuove modalità di conoscenza.” (W. Burroughs)

-“Il corpo è come una frase che può essere spezzata in parti indipendenti, in modo tale che il nuovo contenuto possa essere rimesso insieme in una serie infinita di anagrammi.” (J.Lacan)

-“Il primo dovere dell’uomo è quello di essere artificiale” (O.Wilde)

-“The brain it’s not linear, and existence is not linear, everything is disassembled and reassembled constantly […] And that’s why we have to keep changing, we have to keep changing ourselves constantly.”

(G. P-Orridge)

 

 

Genesis P-Orridge nasce come carattere, alter-ego, rifugio dissociato di un enfant terrible, evoluzione di una distanza naturale da persone, oggetti e situazioni già matura nel corso dell’infanzia. Il Processo ha inizio, la caricatura si fa corpo, corpo concetto, corpo oggetto di ricerca, ricerca del sé, del sé puro che non è mai lo stesso, mai sé stesso. “Make space in order to be space”: creare uno spazio significa proiettarvisi, disintegrarsi e reintegrarsi in quello stesso, farsi teatro desertico del sé dove le identità possono annullarsi o prolificare all’infinito, le impossibilità svanire e le possibilità germogliare.
Uscire fuori da sé è un atto sacro, un voto alla coscienza universale contro l’inaridita idea di personalità. Come antichi antri dipinti, contenitori magici fuori dal tempo e dallo spazio, luoghi di nascita e riappropriazione dell’arte, Genesis P-Orridge è un laboratorio archeologico, una macchina mutante che continuamente viaggia dal biografico all’archetipico, spiraleggiando tra le pieghe della memoria individuale e collettiva.
Collage vivente costantemente impegnato nella riscrittura di sé, possiamo (dis)identificare G.P-O nel suo stesso progetto artistico, un processo che per definizione non sarà mai proprio in quanto incarnato nel prodotto, proiettato nel futuro, (in)compiuto nel presente mutevole. Process is the product / Artist is the artwork: Genesis sarà sempre o non sarà mai l’autore di sé ‘stesso’.

“ E am trying to integrate my body and brain (ego) and then lose them. Negate them to sit thee deeper magickal self free to travel into other dimensions and time zones to try and retrieve or locate information and revelation and bring it back.”
(G.P-O.)

 

 

.Occult-ur-AL

-“Nego che esistano colori belli e colori brutti, forme che siano belle e forme che non lo siano. Sono convinto che qualsiasi oggetto, qualsiasi luogo, senza distinzione alcuna, possa diventare una ‘chiave di incantesimo’ per la mente a seconda del modo in cui lo si guarda e delle associazioni di idee con le quali lo si collega.” (J.Dubuffet)

– “La verità non ha mai liberato nessuno. Soltanto il dubbio potrà portare all’emancipazione mentale (A.Lavey)

-“L’uomo normale ormai sa che la sua coscienza doveva aprirsi a ciò che l’aveva disgustato più profondamente: ciò che ci disgusta più profondamente è in noi.” (G. Bataille)

 

Le radici di questa complessa (e)missione sono da rintracciarsi nella letteratura e nel collage, quando negli anni sessanta un giovane poeta amante di Dada e Surrealismo, fortemente attratto dalla controcultura beat, viene a conoscenza delle tecniche di scrittura sperimentale di William Burroughs e Brion Gysin. Da quel momento, cut-ups e permutazioni (eseguiti progressivamente su parola, immagine, suono, corpo) saranno i mezzi prediletti per destrutturare / demistificare il reale, sulla base dello slogan Burroughsiano,dogma anti-dogmatico, secondo cui “Niente è vero e tutto è permesso”. Nel Cut-Up, Genesis non vide della semplice arte beatnik-psichedelica ma la rivoluzione stessa, il primo passo per la riappropriazione del linguaggio, usato fin dall’antichità come un virus per controllare la mente dell’individuo; finalmente le parole potevano essere ricombinate per ottenere effetti inaspettati e sfruttare il loro potere a proprio piacimento. I suoi primi poemi letterari, sulla base di ciò, non furono esperimenti estetici ma congegni sovversivi dove le parole stesse e la loro posizione nella pagina venivano concepite in stati alterati di coscienza, con l’intento consapevole di creare una realtà altra fondata sulle più profonde attività della mente e dello spirito.

Con il collage le lettere divennero figure o si combinarono a queste per disperdersi nel network mondiale della mail-art sotto forma di bizzarre cartoline in cui immagini generate in un certo contesto per una data ragione, venivano trascinate in un nuovo scenario con tutt’altra funzione. I punti d’intersezione tra realtà interconnesse ma generalmente distanti, diventavano generatori simbolici, motori magici attivati a volte semplicemente dalla vista e capaci di produrre effetti perpetuabili per via psichica una volta giunti al destinatario.

Nella gran parte dei casi ad esser ricontestualizzati erano ritagli di materiale pornografico; P-Orridge non trovava questo genere di riviste particolarmente sexy di per se stesse in quanto estremamente standardizzate secondo formule convenzionali, da ciò nasceva la curiosità di estrapolarne le immagini per lasciarle dialogare con oggetti e contesti completamente inusuali in termini isotopici: è forse nell’inaspettato che è celata l’essenza di ciò che rende il sesso eccitante?

L’indagine sessuale sarà fin dall’inizio complementare a quella identitaria ed entrambe saranno volte alla lotta contro un dominio inibitorio che, attraverso l’azione dei media, atrofizza i corpi e semina scopofilia nelle menti. Oltre ogni genere, le parole fatte immagini diverranno poi carne, scrigni ermafroditi spalancati dall’orgone per indicare i varchi liquidi di una nuova sessualità. La Pandroginia sarà soltanto l’ultimo(?) stadio di un processo occulturale che è sinonimo di controculturale ma perseguito con mezzi occulti, perché occulti sono i persuasori del pensiero.

 

 

“She and I function as a symbiotic team when we do rituals… We become fused as an androgynus being, or as we call it, a Pandrogynous being; P for Power, Potency, and also for the Positive aspects of being male- female. And also because it then makes it Pan, and Pan it also a good concept. Pandrogyne is one of my on- going investigations, and other one is the idea that we’re not an occult group, we’re an occulture.” (G.P-O.)

 

. Rit-u-AL

“Eventually Gen does not exist, only a body, its senses and ego kept occupied and engaged imprisoned and suspended, so that thee nameless spirit is set free to wander and travel.” (G.P-O.)

Nel metodo del Cut-Up, P-Orridge aveva trovato il mezzo magico-sovversivo per frantumare la realtà e riplasmarla sulle linee di un intima cosmografia. Fenomeni ultra-linguistici del tutto accidentali scaturivano da collisioni testuali sotto l’azione della forbice, urtando il linguaggio comune con effetti prodigiosi. Da questi impatti poetici nascevano segni, toni e colori inconcepibili, da usare come chiavi d’accesso a dimensioni alternative. Il focus energetico cresceva grazie all’incessante ripetizione degli esperimenti: l’arte si faceva rito.
L’abuso odierno del termine ‘sperimentale’ ci rende difficile capire esattamente cosa significa, in ambito artistico, mescolare casualmente elementi senza preoccuparsi di ciò che ne uscirà, costatando piuttosto che durante l’operazione un ‘cervello alieno’ è intervenuto a suggerire eventi futuri o a produrne altri del tutto inaspettati. Testi e immagini provenienti dalle zone più antiche o presenti della storia possono essere combinati per compiere viaggi spazio-tempo, esplorare gli angoli più nascosti della memoria e registrare le informazioni reperite nel film presente inesistente e inconsistente. Perfino quella trappola genetica chiamata DNA potrà essere smembrata e ricomposta per definire le infinite sorti evolutive del genere oltre- umano.

“Rimuovi le cose ordinarie dal loro senso ordinario” per reimmetterle nelle cosmologie personali dell’immaginario. Le Allucinazioni sono paesaggi mentali, morbidi laboratori di riscrittura, magazzini archetipici dove tornare bambini, eternamente sedotti da ogni cosa: “Change the way to perceive and change all memory”. Incontrerai animali, esseri anormali cantare cambiamenti infiniti, suggerimenti preziosi per trascendere il conflitto della Mente oltre i limiti dei valori conosciuti. I Diritti umani non esistono. L’unico diritto dell’uomo è quello di dis-umanizzarsi: “The best trip is the bad trip”.

 

 

Questo carattere profondamente psichedelico sarà una elemento determinante nelle opere di P-Orridge che, dagli anni Sessanta ad oggi, sono sempre apparse come intraducibili caleidoscopi partoriti da logiche deviate, alterate, neurotiche. In questo senso risulta difficile parlare di opera d’arte, piuttosto che, in senso quasi anti-artistico, di artefatto. Come nell’arte primitiva, si tratta di ricerca pura, senza fine e senza un fine al di là di quello magico, processo puramente ludico e ritualistico.

Dopo i Surrealisti l’opera di P-Orridge rinnova ulteriormente l’idea di Arte Magica, un tempo rivolta esclusivamente al passato, a definire oggetti totemici realizzati in Africa o in generale fuori dall’occidente. I suoi lavori sono schegge di presente contemporaneo ma sempre tutti sull’orlo di strabordare nel futuro, specie nel momento occasionale in cui vengono realizzati. Un futuro ancestrale in cui elementi tribali si fondono con le nuove tecnologie, ritagli di giornale sono pervasi da liquidi biologici e antichi feticci convivono con Polaroid espanse.

 

 

Le forbici servono a tagliare le parole, i coltelli servono a tagliare la carne.
Genesis vede nella cultura di massa una percezione altamente diluita delle cose, e identifica nelle offese sessuali e nel crimine patologico gli oggetti di studio per svelare la natura umana nella sua (im)pura essenza. Scopre così che attraverso azioni estreme di sado-masochismo e auto-mutilazione eseguite in stati ipnotici, era possibile innescare un processo di ‘patologizzazione’ in cui costruire fabbriche di sofferenza, ed ‘evocare’ all’interno di queste, situazioni di neurosi controllata. Questo complesso metodo di pensiero creativo non ha nulla a che fare col ‘diventare patologici’, al contrario, consiste nello sperimentare quadri morbosi sul proprio corpo per esplorare il terreno immaginario della Mente e le sue strutture archetipiche. Performance di body art venivano eseguite pubblicamente all’interno di paesaggi concettuali, geografie numerico-simboliche dove ogni oggetto/segno veniva posizionato secondo logiche completamente intuitive. Genesis stava cercando di scoprire se il corpo esiste davvero e, se si, quali sono i suoi limiti: autoipnosi, assunzione di droghe, pratiche sessuali estreme, erano i mezzi di deprivazione sensoriale che venivano sperimentati all’interno di questi teatri di seduzione, templi di disordine altamente regolato come la perversione stessa ama esser definita. L’intento, rispetto a chi osservava, non era di abbattere i tabù ma di revitalizzarli attraverso atti di altissima devozione erotica.

In questa dimensione il taglio e la ferita assumono un valore altamente simbolico e il processo magico si intensifica verso forme più complesse.

 

. Magick-AL

“From a very young age I worked with stones to make simbols, circles, to make shapes, make tunnels and hidden chambers. And as soon as I knew how to masturbate I would use my sperm and I would eat it. Sex magick came completely naturally to me. It was like various flags were set there for me to find […]
It was like a biological imprint.” (G.P-O)

In un ricordo di Genesis P-Orridge risalente al 1957, Neil Magson, all’età di sette anni, stava camminando in una via del sobborgo di Gatley (Cheshire), quando un vecchio uomo lo raggiunse ed iniziò a parlargli; nello stesso istante le strade cominciarono a cambiare e le case apparirono come fatte di pane. Una volta cresciuto, leggendo “Magick in Theory in Practice”, Genesis s’imbattè nella foto di Aleister Crowley, provando la schiacciante sensazione di averlo incontrato e di averci parlato da bambino.

Proprio come Nietzsche con il suo “Also sprach Zarathustra”, anche Crowley, circa quarant’anni dopo, dichiarerà il suo capolavoro “Magick” essere un libro per tutti (e per nessuno). In effetti i due testi hanno molto in comune, in modo speciale il reggersi principalmente sul concetto di volontà dell’individuo contro ogni dovere, dogma, valore imposto o precostituito. Al secondo dei due, in particolare, va riconosciuto il merito di aver rinnovato in maniera radicale le basi dell’occultismo moderno. Questo carattere integrante di un’opera scritta “per aiutare il Banchiere, il Pugile, il Biologo, il Poeta, il Marinaio […] a realizzarsi perfettamente, ognuno nella funzione che gli è propria” è qualcosa di completamente nuovo nella storia del sapere occulto, tradizionalmente detenuto da iniziati di dottrine esoteriche entro sistemi chiusi e inaccessibili. In “Magick” vengono forniti gli stimoli e le chiavi per esercitare la “Scienza e l’Arte di causare cambiamenti in conformità con la volontà”, e l’unica vera conclusione che possiamo trarre da questo testo, è che la chiave è differente per ognuno di noi, che le chiavi sono infinite come i piani costituenti dell’essere multi-dimensionale: la chiave sei tu, e tu sei ciò che vuoi.

Quell’enorme Gesamtkunstwerk che può essere considerata la vita e l’arte di Genesis P-Orridge, è l’espressione concreta di questo enunciato e, nella personale (ri)definizione che questo incredibile personaggio darà di “HumanE Being”, la “E” starà per “Enlightment, Evolution, Energy, Ecstasy, Ecolibrium, Etc…!” a descrivere un’idea di individuo capace di svilupparsi oltre i parametri imposti dall’ambiente sociale.

L’affinità estrema che lega il concetto Crowleyano di Magia con il processo artistico di P-Orridge basterebbe da sola a conferire al secondo dei due il titolo di ‘Arte Magica’.
Il primo punto d’incontro riguarda tutta l’opera di Genesis e risiede nell’intento primo che lo accompagna fin dall’inizio del suo percorso, ovvero quello di livellamento tra arte contemporanea e cultura popolare; l’esempio più rappresentativo sta nell’idea di musica industriale, intesa originariamente come la nuova musica pop dell’era tecnologica, ma generalmente questo carattere anti-elitario è caratteristico di ogni aspetto delle sue opere: dai materiali usati (oggetti di recupero, comuni giornali, fotografie, tampax usati, animali morti, secrezioni corporee) ai rimandi culturali mai eccessivamente colti, perché specchio di un immaginario completamente personale o profondamente rimodellato partendo da tematiche storiche/artistiche/scientifiche.

Il secondo aspetto che accomuna la Magia Crowleyana all’arte di P-Orridge è la natura shamanica delle due. Le tecniche rituali concepite dal grande Magus erano volte a stabilire contatti con entità extraterrestri, spiriti e forze elementari per estendere la coscienza ed espandere gli orizzonti vitali fino a proporzioni cosmiche. Allo stesso modo, P-Orridge non è mai solo nella realizzazione delle sue opere che sempre documentano il passaggio di qualcun altro da sé, l’incursione di qualcosa che, dall’altrove, viene a palesarsi. L’altro carattere accomunante è quello performativo. La terza parte dell’opera Crowleyana, scritta durante la permanenza nell’Abbazia di Thelema (Cefalù), è senza dubbio la più importante del grande trattato in quanto contenente il vero sistema di occultismo pratico sviluppato personalmente da Crowley. In esso vengono insegnati nuovi e moderni cerimoniali che, attingendo dal tantrismo e dall’alchimia, sfruttano l’energia sessuale dei corpi per trasmutarla in elisir di potenza magica. In quest’ottica, i fluidi vitali diventano sostanza sacrificale indispensabile ad ogni rito magico-sessuale. Simbolicamente, lo sperma (che genera vita ma viene espulso come scarto e deiezione allo stesso modo dell’urina) rappresenterà la coincidentia oppositorum, concetto caro a Crowley come a surrealisti e patafisici, abbracciato a pieno dallo stessa P-Orridge che nelle sue cartoline mescolava foto della famiglia reale con sudati amplessi pornografici. Il sangue, che nella magia tradizionale andava gelosamente conservato, viene ora sacrificato e disperso per produrre effetti re-vitalizzanti.

 

 

-“The release of blood allows thee release of thee ‘wolf’. It also leads thee ‘wolf’ back to thee HOST body when all journeys and hunting are over.” (G.P-O.)

 

La pratica del ‘taglio’ viene sperimentata da Genesis durante le prime performance pubbliche dei Coum Transmissions, per poi essere altamente ritualizzata in privato, nel corso di una ricerca quotidiana che non ha mai avuto termine. Chiave simbolica, gesto iniziatico da compiere al principio di ogni rito, tagliare la propria carne significa incidere uno Yoni, nuovo orifizio, varco sanguinante sul proprio corpo.

Inducendo periodicamente il sangue a fuoriuscire come nella naturale routine imposta alla donna dal ciclo mestruale, si attiva un processo di regolare femminizzazione iniziato nel periodo giovanile con i primi travestimenti e coronato negli anni Novanta con concreti interventi di modificazione del corpo. Arrivati a questo punto, non sarà troppo difficile vedere nella chirurgia plastica un rito magico e, in Genesis P-Orridge un occultista contemporaneo.

Dall’inizio degli anni Ottanta la magia sessuale insieme a particolari metodi di sigillazione saranno una componente imprescindibile nella ricerca occulturale dell’artista ed ogni frammento della sua arte ne sarà pregno. Parole e immagini si estenderanno fino a diventare corpi e gli alfabeti letterari-iconografici confluiranno in un unico ‘Alfabeto del Desiderio’.

 

 

Le foto scattate durante rituali privati vengono continuamente incorporate in questi lavori, innescando un processo di mitologizzazione dello spazio che ospita la performance, quanto di quello mentale creatosi durante l’esperienza una volta indossato il tradizionale ‘cappuccio’ (qualsiasi cosa possa essere indossato per occultare la vista e proiettarsi altrove).

Così facendo, P-Orridge imprime il tempo della performance nel Sigillo, creando una dislocazione temporale in cui un momento di attività magica viene fissato nell’opera entro un altro momento, quello artistico di attività creativa. Genesis diventa geneticamente legato ai suoi Sigilli, estensioni corporee, frammenti psichici che non conoscono possibilità di lettura, se non nella dimensione intima da cui provengono.
Considerando il passato come oggettivo, il presente come soggettivo e il futuro come qualcosa di indeterminato, possiamo vedere in questi collage, solitamente eseguiti nello stato di trans prolungato che segue la fine del rituale, delle simboliche rappresentazioni d’intento in cui un messaggio viene a prodursi nel presente per essere spedito alla mente inconscia e, come un talismano, agire sull’universo conscio determinando il futuro: l’ARTE diventa AGENTE.

Fuori dall’ordinaria comprensione, il personale universo di Genesis P.Orridge è un enorme mosaico in movimento, composto da vibranti tasselli di tempo presente, costantemente riattivati in una rete di variabili infinite. In questa arena multiversale costruita dall’artista fuori dal mondo oggettivo, come nello svolgersi di ogni singola azione volta ad incrementare le possibilità del corpo processuale, è importante ricordare che la realtà non è fatta di sostanza ma di eventi o attività; che il vissuto non è il risultato di concatenamenti fisici e casuali, quanto piuttosto di manipolazioni contestuali e invocazioni immaginative.

 

 

“I lay in the desert, on my back, staring up at the stars. I could feel millions of rays of light entering my body, one from each star, infinite numbers, my cell walls broke down, my sense of bodily existence ended, i was illumination, a 3D projection of cosmic light, i could see the ancient shamans building sacred sites to fix their relationship with the stars, to solidify their connections and effects. I remembered the thousands of Holy Teachers, the idea of the Divine ‘spark’, the descriptions of white light, the myths and legends of our descent from the stars, i was not corporeal, i was a mirage, sealed within an inherited, apparently solid body by the weight of Thistory, by the weight of Fear and Guilt. I shimmered like a ghost, ectoplasm, illusion, and all the puzzles i had heard, and all the limited descriptions of limitless trascendent experiences made sense. I knew i had to find a way to G.O., to leave this sealed coffin that is my body, to find an accelerator to project my brain, bypassing the tedium of mechanistic evolution, into deepest omniversal space, into immortality, into the very fabric of myth and heaven. I was everyone, everything, and everything was here to G.O.” (G.P-O.)

Il motivo per cui è stato scritto questo testo, ammesso che ne esista almeno uno, non è certo quello di far conoscere Genesis Breyer P-Orridge, personaggio che non conosceremo mai per le ragioni già elencate, quanto invece quello di spiegare come egli/ella abbia liberato l’arte dalla dimensione sociale in cui era (s)caduta, per restituirla alla dimensione rituale da cui fu generata.

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3 Commenti

  1. Ringrazio Andrea Balietti per il suo pezzo molto “partecipato” e Giorgiomaria Cornelio per aver dato spazio a questo omaggio a Genesis P.Orridge, personaggio che io ho amato moltissimo in veste di membro dei Throbbing Gristle, straordinario gruppo di musica industriale. Questo pezzo è importante (ed è bello che sia apparso anche su NI) perché mostra che l’estremo P. Orridge, un vero extraterrestre della musica e dell’arte, non è stato dimenticato, anzi è riscoperto, amato e probabilmente conosciuto approfonditamente dalle generazioni più giovani. E pochi sono stati più underground, più anti-sistema di lui. Poi questo pezzo verte sull’artista Genesis P. Orridge e sulla genealogia della sua personalità davvero fuori dal comune. Io lo seguii poco come artista, ma mi ha sempre affascinato nelle sue interviste la sua lucidità e persuasività, anche quando parlava dei suoi progetti più eccentrici come la Pandroginia.
    In conclusione, la forza estrema dei Throbbing Gristle, sia a livello di performance dal vivo sia a livello strettamente sonoro, deriva da questa specie di incontro esplosivo tra sciamanesimo, musica elettronica e psichedelia. Car* Genesis P. Orridge ci mancherà la tua sobria follia.

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Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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