Storia con crocefissione
di Andrea Inglese
Prima molta penombra, e un movimento di telecamera esitante, come a tastoni, tra sagome più nere e chiarori. Poi la lenta panoramica sul quadro illuminato da luce naturale –una delle crocefissioni di Bellini, la più nuda e atroce – perché è un documentario d’avventura, ma anche protestatario, e quindi la telecamera si muove ora secondo l’asse decumano con cautela, mentre la voce off procede nella concitata spiegazione, usando questi esatti termini: “È questo che vogliono, tenermi sotto, tenermi dentro a tutti i costi, con le elezioni, sparano enormi e lunghe campagne elettorali da ogni luogo, soprattutto dagli Stati Uniti, ma ci sono poi le commissioni europee, e molte campagne referendarie, nazionali e locali, queste vengono introdotte a dosi variabili, ma con rifornimenti costanti sulla lunga durata, poi le guerre, quelle di devastazione civile, ne preparano sempre di nuove, e le sparano dal Medio Oriente, come minimo, e poi ci sono le offerte giornaliere, perché da noi offrono quasi tutto, ma amicalmente stavolta, dal quartiere, dal lattaio, e soprattutto mi tengono dentro con le connessioni, che ogni giorno sono più facili e numerose, e vanno accudite, perché più le connessioni sono capillari, ma salde come gomene navali, più l’indignazione e l’allegria possono circolare, più la nausea e lo scherzetto vanno e vengono, esattamente come accade a tanta materia molecolare, che se ne va e se ne viene, e noi siamo tenuti a dirlo, quanto il mondo è sporco, o quanto un cespuglio è bello, siamo tutti responsabili, nel groviglio delle connessioni, nel fronteggiare il nuovo presidente statunitense, o il nuovo scandalo vaticano, o la nuova moda sessuale dei ceti medi, fronteggiamo responsabili, con indignazione o sorriso, e tutto deve andare dentro, nelle terminazioni confessionali, connettive, ogni cosa che sale o scende, nel nostro organismo, siamo in quest’amplificazione frastornante, sotto una valanga di elezioni, di democrazia da risanare, dentro una complicazione di umori, positivi e negativi, nell’arco di pochi secondi, e sono registrati, registrabili, duplicati, partiti per tornare, ce li ritroviamo addosso, ma io metto la testa fuori, per davvero, io metto la testa fuori grazie a Giovanni Bellini, ho anche le mie armi, faccio il mio terrorismo, se mi tenete sotto, alzo la testa a colpi di legno dipinto, fottetevi per bene, perché sarò io a fottervi stavolta, la testa completamente fuori, nel silenzio più assoluto e desolato, niente misticherie, solo un pezzo di legno con sopra il colore, siete patetici, con le vostre connessioni pulseggianti, ho il mio scudo, una crocefissione, usate la legislazione d’emergenza se ci riuscite.” Alla fine, quando il monologo si spegne, sembra una crocefissione lunare. Proprio nel momento del più completo e mortale silenzio, con appena percepibile un ronzio di vecchia bobina, la crocefissione non ha più niente di terrestre, come fosse ambientata non sul Golgota ma sui monti Leibniz, presso il polo sud della Luna, in una glaciale, polverosa, desolazione extraterrestre.
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[Questo racconto è uscito nell’ultimo numero di “Sud”]