Considerazioni soggettive sulle prove oggettive

di Giorgio Mascitelli

La pubblicazione dei risultati delle prove INVALSI per gli esami di stato di terza media e in particolare quelli di italiano, che evidenziano un 35% di candidati sotto il livello di accettabilità della prova ( quelli che sul Giornale  sono stati chiamati gli ‘analfabeti’) ha prodotto una prevedibile salva di opinioni autorevoli. Di solito la maggior parte dei commenti a dati del genere è riconducibile a due tipologie: la prima, che si può battezzare nostalgica, considera l’attuale scuola come il prodotto di una decadenza continua, perlopiù cominciata con il ’68 e delle quali le riforme recenti non sono che un tardivo e irrilevante epifenomeno e i cattivi risultati un’inequivocabile conferma dello stato di cose. Abbastanza indifferente a quisquilie come il fatto che la scuola vagheggiata si reggeva sull’esclusione dall’istruzione media e superiore di circa tre quarti degli alunni, esclusi pertanto dalla possibilità di conoscere con sicurezza l’italiano, questo tipo di argomentazione risulta di piacevole lettura perché si avvale di un apparato retorico dimostrativo risalente, con i dovuti aggiornamenti, perlomeno al dibattito sulla crisi dell’eloquenza nella cultura romana del I secolo d.c..

L’altra tipologia, che per comodità definirò tecnocratica, abitualmente considera in forma implicita o esplicita responsabili dei cattivi risultati, perché va da sé che i risultati possono solo essere cattivi,  gli insegnanti e i loro metodi didattici proponendo come correttivo tipici obiettivi di politica scolastica main stream ( eliminazione o ridimensionamento delle materie umanistiche, massiccia introduzione nella didattica delle tecnologie informatiche, stretta subordinazione dell’attività scolastica a spesso imprecisate esigenze produttiviste, competitività eletta a principio guida della scuola) che nulla c’entrano o addirittura sono in palese contraddizione con i dati presi in esame. Si tratta anche in questo caso di un’argomentazione retorica, anche se di formazione più recente, che mira alla persuasione grazie a un effetto di scientificità conseguito sovente tramite un non avaro ricorso a tecnicismi anglosassoni e un continuo richiamo ai compiti inderogabili che il Futuro nella sua trasparenza impone alla scuola che ne voglia essere degna.

A mio avviso invece la prima cosa che andrebbe ricordata, quando si commentano i risultati delle prove INVALSI,  è che esse sono presentate come un modello oggettivo di misurazione delle abilità, quando nella comunità scientifica esiste una forte discussione sull’oggettività della misurazione in quanto  ‘Il sistema di valutazione dell’INVALSI è realizzato seguendo il modello di Rasch , un modello di psicometria per il quale, necessariamente, 1/3 delle prove è sotto un valore “soglia”’ ( cfr. https://www.roars.it/online/la-valutazione-della-scuola-e-luso-distorto-del-test-invalsi/). Per chi avesse voglia di una discussione di questo metodo probabilistico più puntuale può leggere https://www.roars.it/online/il-modello-di-rasch/. A queste considerazioni si potrebbe aggiungere che il metodo del test standardizzato non è forse il metodo migliore di verificare il grado di padronanza di una lingua rispetto ad altre forme usate nelle scuole, i cui esiti si prestano meno facilmente a una riduzione numerica adatta a una misurazione.

Lo scarto tra oggettività percepita e oggettività effettiva dei test è in realtà uno dei problemi principali da tenere in considerazione perché le prove INVALSI non si presentano semplicemente come uno strumento d’indagine, cosa che in sé potrebbe essere utile, ma come un sistema scientifico e oggettivo di valutazione dell’efficienza della scuola tramite la misurazione dei risultati degli studenti. In altri termini le prove INVALSI si pongono come un sistema alternativo rispetto al sistema degli esami di stato di fine ciclo che viene contestato come non abbastanza oggettivo, anche se le abilità testate in un esame di stato sono molto più numerose e più significative. Prova ne sia che nell’attestato dell’esame di stato delle scuole superiori di quest’anno accanto al punteggio conseguito nello stesso verrà riportata la valutazione ottenuta nelle prove INVALSI.

A sua volta questo passaggio non è neutrale, ma funzionale a un preciso modello di istruzione in cui i singoli istituti sono in concorrenza tra di loro per attrarre i migliori studenti esaltando le differenze tra scuola e scuola invece di provare a ridurle. In questo sistema l’idea stessa di scuola pubblica sarebbe sorpassata perché anche gli istituti pubblici sarebbero incentivati a comportarsi come soggetti privati. E di una cosa sono sicuro e cioè che in un sistema del genere la padronanza della lingua italiana per la maggioranza degli studenti peggiorerebbe.

 

 

Print Friendly, PDF & Email

2 Commenti

  1. Tempo fa avevo letto una prova Invalsi sulla base di un testo di Baricco e ho avuto l’impressione che fosse come allontanare una ragazza, un ragazzo a calci in culo dall’intelligenza. E il senso chiaro di dover combattere quella cosa come il male.

    La parola “psicometria” ugualmente mi fa pensare che devo andare in garage per recuperare quell’elmetto da guerra comprato a un mercatino. L’item “Ti piacciono i fiori” è l’icona della violenza spacciata per scienza e per salute.

    L’elmetto è verde, forse dell’esercito americano. Ho anche dei guantoni da boxe, una maschera da scherma, una stecca da biliardo, venderò cara la pelle.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Di tutte le domande

di Enrica Fei
Quando zia Sara mi chiama dalla sinagoga – ogni volta è lì, nei pressi, che mia madre decide di farlo, di buttarsi sotto una macchina o di fingere uno svenimento nel cortile dei Càroli e sbattere la testa contro il nano da giardino, quello che fa da guardia – esco di casa, compro le sigarette, e mi incammino verso l’ospedale.

La penna

di Enrico Di Coste
Scrivere è come un imbuto: divieni così avvezzo alla pratica che non ti accorgi più di quale liquido passi all’interno. Maurizio scriveva per inerzia.

Quasi come un’egloga ( beh più o meno, insomma a voler essere precisi si poteva far di meglio, ma tant’è)

di Giorgio Mascitelli
Noi si è tutta brava e allegra gente di bosco e dove ci dicono di tagliare, noi si taglia; noi si porta sempre una simpatica ( e allegra) camicia a quadrettoni, che ci si slaccia allorché nella radura comincia a penetrare la luce del sole, dopo che qualche tronco è rovinato al suolo, e il clima si fa un po’ più caliente.

Un inizio

di Edoardo d'Amore
È una storia piccola, troppo minuta e fragile perché se ne sia parlato. Si può non credere a queste parole e andarla a cercare tra mondi virtuali e mondi reali, ma si scoprirà solo quanto già detto

Una facile profezia. La storica analisi di Hirsch jr. sulla scuola

di Giovanni Carosotti
Hirsch jr. denuncia la «refrattarietà dei pedagogisti a sottoporre le loro teorie a una libera discussione pubblica», consapevoli che quanto sostengono non reggerebbe a un adeguato confronto intellettuale.

Il pop deve ancora venire

di Alessio Barettini
Un esordio convincente, Il pop deve ancora venire, dove la forza della scrittura e la precisione del lessico appaiono in primo piano, con la padronanza di Anna Chiara Bassan e l'abilità nell'uso delle parole «instabili, precarie e mutevoli anche da sole.»
Giorgio Mascitelli
Giorgio Mascitelli
Giorgio Mascitelli ha pubblicato due romanzi Nel silenzio delle merci (1996) e L’arte della capriola (1999), e le raccolte di racconti Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo ( 2017) oltre a numerosi articoli e racconti su varie riviste letterarie e culturali. Un racconto è apparso su volume autonomo con il titolo Piove sempre sul bagnato (2008). Nel 2006 ha vinto al Napoli Comicon il premio Micheluzzi per la migliore sceneggiatura per il libro a fumetti Una lacrima sul viso con disegni di Lorenzo Sartori. E’ stato redattore di alfapiù, supplemento in rete di Alfabeta2, e attualmente del blog letterario nazioneindiana.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: