Poesie inedite

di Diego Caiazzo

* * *

Penso spesso al destino dei miei libri,
dopo; vorrei fare come i faraoni,
portarli con me nella mia piramide:
solo che io non avrò una piramide,
probabilmente; ed è vero,
molti li compro sapendo
che non li leggerò,
almeno in questa vita;
ma mi piace vederli lì, tra gli scaffali,
in agguato come indiani,
avvertirne l’odore forte della stampa;
e rimandarli ad una vita futura
in cui, quando entro in una libreria,
immediatamente confido.

* * *

Danza notturna

Una notte straniera
di sabbie e di ricordi

una delle mie notti senza fondo
in cui invito a ballare con me
la rumba dell’insonnia
chi con dolcezza o violenza
mi ha attraversato la vita

sono qui come un legionario
in cerca di fortuna e di oblio
in un deserto lontano.

* * *

Con la malattia si impara a convivere,
come con una orribile concubina,
eppure non si passa il tempo a odiarla,
ma a porle ogni giorno una domanda:
perché hai scelto me?
È la domanda dell’amore,
che non prevede risposta.

* * *

Le vite di coloro che amiamo
si staccano pesantemente
dai loro corpi suscitando
il nostro sgomento

vani i tentativi di opporci
a noi non resta
che osservarle cadere al suolo
come oggetti celesti

ognuna di esse lascia
un cratere in cui precipitare
coi ricordi come in un Averno.

* * *

Vedo gli occhiali di mio padre
e quelli di mia madre
riposare insieme
nello stesso cassetto;
per una innominabile inerzia
so che si guardano, si cercano,
incuranti della morte;
pare siano rimasti qui
ad assicurarmi sui loro sguardi,
il loro modo di rendere
l’amore immortale.

* * *

Una volta scritta una poesia
la lascio decantare sul foglio
aspetto che si sedimentino
i corpuscoli ad essa estranei

ogni tanto ne controllo la purezza
osservandone la trasparenza
possono passare anni
o pochi minuti

quando il processo naturale
è finito l’assaggio
come fosse un vino
distillato dal pensiero

cercando di evitare l’ubriachezza
divento sommelier di me stesso
implacabile coi retrogusti.

* * *

Agosto interrompe le trame
e recide i disegni,
che andavano rivelando una forma.
Questo mese sabbatico,
come ogni anno,
s’insinua
o si presenta di colpo,
purga le anime,
ferma la mano all’assassino.

* * *

La vita a volte
solleva tedio
come polvere
e s’illumina
di luce oscura.
Rimane sospesa,
come un amore
inespresso.

* * *

L’amore parla per enigmi
e il tempo degli amanti
passa incerto nel tentativo
di scioglierli. Ogni sguardo,
anche se mancato, è una sciarada,
un rebus, una sillaba posposta,
come da un dio geloso
di un disumano segreto;
ogni appuntamento
può essere un inganno,
un’assenza rivelare l’ignoto.
Anch’io cerco invano
di interpretarne i segni,
la loro apparente poligamia,
il loro a tutto legarsi
per confondere,
e resto annichilito
nel risolverli in un volto.

* * *

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6 Commenti

  1. Asciutte e ben tornite, per nulla decorative o inessenziali, bilanciate nell’uso sapiente del verso libero nonché nel tono, prive di qualsiasi orpello barocco o concettuale, spoglie di mala retorica, valide dal punto di vista formale e contenutistico. Complimenti.

  2. Grazie Eclaro. Hai in poche essenziali parole esposto la mia poetica, almeno quella cui tendo. E grazie a Franz Krauspenhaar, amico, poeta, che mi ha sempre sostenuto. Con l’occasione ricordo che l’ultima poesia delle nove pubblicate, “L’amore parla per enigmi”, è già apparsa su Lolitaca, il sito di Maria Rosa Irrera, che altresì ringrazio, http://lolitaca.it/lamore-parla-per-enigmi.

  3. Grazie, Giovanni. Tu sai quanto la musica sia importante per me. Come dici, cerco di “cogliere la musicalità implicita dell’esistere”. Riuscirci è lo scopo principale del mio scrivere.

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Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).
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