Tutti i ragni 7 – Ragni come simboli
di Vanni Santoni
Essere stato morso da un ragno velenoso ribalta la mia prospettiva. L’evento, per essere tollerato, chiede di venire ricacciato nel territorio dell’immaginazione, di diventare uno di quei ricordi che non si sa bene se sono reali o sognati. Quel mignolo blandamente mutilato può ben diventare nella memoria il risultato di una piccola operazione o di un incidente domestico, e separarsi così dal ragno, dai ragni, che possono così a loro volta avviarsi a diventare qualcos’altro.
Può capitare di rientrare in c
asa dopo una furiosa litigata con la propria ragazza e trovarne uno sulla parete dell’ingresso, minacciosa acuminata raggiera di zampe sul bianco, e rifarsela con lui, schiacciandolo con una scopa sulla quale si è messo un panno.
Può capitare di andare in campeggio e ricevere la visita di un ragno in tenda, a suggello di una bella litigata in quei due metri cubi.
Può capitare di rientrare dopo le vacanze, più stressati di prima poiché i giorni liberi sono serviti solo ad accumulare impegni da evadere, il tempo della vita che pare essersi improvvisamente accelerato, e la terra insensata che è il nostro futuro, ci appare nella forma di un ragno dalle zampe sottili intrappolato nella vasca da bagno, e allora ci vendichiamo con l’acqua, apriamo la doccia e lo spazziamo via, lo facciamo risucchiare da un gorgo e ancora spruzziamo acqua, apriamo anche il rubinetto e immaginiamo la corsa rotolante inarrestabile di quel ragno travolto, attraverso tubi e snodi e mondi sotterranei.
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Ma può capitare di avere ora una diversa ragazza, che vive in terre fredde e lontane dove di ragni se ne vedono pochi, e un giorno che ne vediamo uno, è un ragnetto solitario, piccolo, sul soffitto. Mi chiedo se possa mai cadere giù, se possa capitare di ritrovarselo sul letto, ma lui è sempre ben visibile su quell’intonaco bianco, tra pareti e imposte e mobili bianchi, colpito da luce bianca anche alle una di notte. I traffici di quel ragno – ma cosa fa? Perché oggi si è spostato laggiù? Perché ora va in là? Secondo te dorme di giorno o di notte? – e la sua caccia a prede invisibili, diventano per noi, stesi o abbracciati a giornate su quell’amplissimo letto bianco, un intrattenimento prima inevitabile, poi addirittura gradito. Il ragno prende le funzioni di un gatto: quel ragno nordico, dalla strana morfologia, le due zampe davanti più lunghe di tutte le altre, l’addome filante, il colore nero, di smalto, si fa domestico e dà sostanza alla nostra relazione, ne rimarca l’esistenza. Il nostro ragno. Io te e il ragno. Sono rimasto a casa col ragno. Dov’è il ragno? Ah, là nell’angolo.
Questo finché lei una mattina se lo trova in mezzo ai trucchi e lo schiaccia con un pezzo di carta igienica. Quando me lo comunica io me la prendo moltissimo, lei mi dice ma dai, chissà quanti ne avrai uccisi di ragni in vita tua. Magari ne hai pure torturati, insiste. Dico che non c’entra niente. Lei dice che finché stava sul soffitto era ok, ma quello non era il suo posto. La sua freddezza mi sgomenta. Purtroppo, aggiunge vedendo che non mi sono calmato, non è che puoi dargli uno scapaccione come a un cane, l’unica punizione possibile per un ragno è la morte. Le chiedo dove sia il corpo, lei mi guarda strano, poi indica il water.
[VII – continua]