Una stanza tutta per Flush
Flush è il nome del cane di Elizabeth Barrett Browning, poetessa, nata nel 1801 a Durham.
Se Elizabeth Barrett Browning, poetessa, fosse nata cinquanta anni più tardi, se dunque il giovane cane le fosse giunto invece che nel 1842, nel 1886, anno in cui la Beaufort Works di Chelsea, Londra, aveva brevettato il primo bagno dotato di scarico automatico appellandolo Flush toilet forse, forse ma i poeti si sa soffrono di ossessioni, la scelta sarebbe caduta sui più comuni Catilina, Folly o Nerone. In effetti non doveva essere piacevole sentire echeggiare per le strade la propria voce che reclamava l’attenzione del giovane Flush ma che suonava alle orecchie dei vicini come Scarico a cuccia, Scarico lecca qui, Scarico ma che hai fatto?, Scarico, Scaricooooooo… con le ooooooooooo a prolungarsi fino a diventare eco o u Scaricooooooooo uuuuuuuuu
Fortunatamente Elizabeth, morta a Firenze nel 1861, non ha avuto occasione di dolersi per la leggerezza di battesimo.
Nel 1906 William Elvis Sloan aveva messo a punto un felice e ancora attuale scarico ad acqua pressurizzata chiamandolo, con la sobrietà che distingue i sudditi britannici, The Royal Flush-ometer. Così quando nel 1933 Virginia Woolf decide di raccontare la vita di Elizabeth Barrett Browning attraverso quella di Flush si affretta a intitolare lo scritto Flush. A biography.
In modo che solo i bontemponi possano illudersi sul soggetto trattato.
Ovviamente qualcuno sosterrà che il motivo della specifica è differente, che ci sono altre due opere di Virginia Woolf sottotitolate con A biography. Orlando, che è la biografia romanzata di Vita Sackville-West e Roger Fry, che è la biografia romanzata di Roger Fry.
Qualcuno sosterrà che imbellettare un titolo con A biography è una maniera civettuola di pretendere esattezza e infatti il 16 agosto 1931 scrive È una buona idea scrivere biografie, nelle biografie utilizzo le mie facoltà di rappresentazione della realtà, mentre nei romanzi esprimo il generale, il poetico.
Qualche freudiano della prima ora argomenterà che destrutturare il genere biografico è il modo di Virginia Woolf per ridimensionare l’immanente figura paterna, ché Leslie Stephen è il celebre compilatore dell’agile Dictionary of National Biography.
Qualche altro sosterrà che Lytton Strachey, autore della collezione di biografie Vittoriani Eminenti [1918], amico e fedele compagno di giochi letterari di Virginia, prescrive Se è saggio [il biografo] adotterà una strategia più sottile, attaccherà il suo soggetto in punti inattesi, gli piomberà sul fianco o sul retro; volgerà improvvisamente un fascio di luce rivelatrice su oscuri recessi, non prima esplorati.
In effetti il cane è un punto abbastanza inatteso, esterno addirittura, sta al fianco e volge un fascio di luce rivelatrice su recessi oscuri, non prima esplorati. E piuttosto pelosi.
I pettegoli ritardatari sussurreranno poi che Flush è come un Hermes, è un portalettere ben messo e un po’ cicisbeo.
Il 26 luglio 1926 Vita Sackville-West regala a Virginia Pinker, un cane come Flush. Virginia scrive Per favore, Vita cara, non dimenticare le tue creaturine, Pinker e Virginia. Siamo qui sedute vicino alla stufa a gas, da sole. Ogni mattina lei salta sul mio letto e mi bacia, e mi dico: questo è da Vita.
Il 31 luglio 1932, un anno dopo la morte di Lytton Virginia confessa Non ha più senso scrivere [Flush], perché era un gioco con Lytton, una frecciata diretta a lui. I pettegoli, quantunque ben informati, dimenticano però che la letteratura trasforma in letteratura tutto quello che tocca, anche un cane, un portalettere cicisbeo, un mittente e due destinatari.
Tuttavia occorre qualche specifica.
Flush non è solo un cane, è uno spaniel.
Flush è lo spaniel di Elizabeth Barrett Browning, poetessa, nata a Durham nel 1801 e morta a Firenze nel 1861.
Ludovica Koch scrive Se [la biografia] fosse un personaggio nel romanzone della letteratura sarebbe del tipo del Bastardo. Virginia Woolf risponde (…) seguendo il corso della storia d’Inghilterra, veniamo a contezza di ben sette illustri famiglie di spaniel – i Clumber, i Sussex, i Norfolk, i Black Field, i Cocker, gli Irish Water e gli English Water.
Del tipo del bastardo? A biography?
E ancora Il suo pelo aveva quella particolare sfumatura di marrone che al sole brilla tutto quanto d’oro. I suoi occhi erano timorosi occhi di dolcissimo nocciola. Le sue orecchie parevano due nappine, le snelle zampe erano guarnite di frange e la coda era larga. (…) Non poniamo quindi in dubbio che Flush fosse un cocker di razza purissima, della varietà rossa, fornito di tutte le caratteristiche prerogative della sua specie.
Di Flush sappiamo tuttavia che (…) era degno di Madamigella Barrett; Madamigella Barrett era degna di Flush che (…) apparteneva al raro ordine di oggetti che non si possono in alcun modo associare col denaro che (…) era molto più sbalordito di quanto odorava che non da quanto vedeva. Che in lui c’era qualche elemento di snobismo e che somigliava a Madamigella Barrett Entrambi rimasero sorpresi. Grevi riccioli pendevano lungo il volto di Madamigella Barrett, da ambo le parti; grandi occhi brillavano vivaci; una bocca larga sorrideva. Pesanti orecchie cadevano ai lati del muso di Flush; anche i suoi occhi erano grandi e vivaci; larga la sua bocca. Quei due si rassomigliavano.
Prima di incontrare Elizabeth Barrett la vita di Flush è luminosa, aerea, bucolica, corre per i prati, sgambetta, insegue fagiani, e gli impeti sono dovuti per metà alla comprensione della gioia, alla condivisione con l’essere umano di turno. Flush è generoso, vivace di carattere, Virginia scrive (…) godeva di tutte le gioie e di gran parte delle licenze naturali legate alla sua gioventù e al suo sesso. L’amore gli agitò la sua fiaccola dinanzi agli occhi. Flush udì la fanfara di Venere. Ancora cucciolo Flush era padre. In un uomo tale condotta, nell’anno 1842, avrebbe suscitato qualche scusa da parte del suo biografo; in una donna, nessuna scusa sarebbe passata per buona; e il di lei nome avrebbe dovuto ignominiosamente cancellato dalla pagina.
Una cagna insomma.
Nella poesia Flush or Faunus [1855] Elizabeth scrive Vedi il cane. Era ieri soltanto/ Che, immemore di lui, qui meditavo/ Finché, di tra i guanciali ove posavo,/ Via coi pensieri mi si sciolse il pianto/ (…) Mi guardaron due occhi – io li guardavo./ Due molli orecchie le mie guance asciugando./ Come un’Arcade in primo io sobbalzai/ Sorpresa all’alba dal Dio-capra; e infine/ Flush ravvisai nella folta figura/ Che il pianto mi tergeva, e superai/ Pena e sorpresa, ringraziando Pan/ Che ispira amore ad umil creatura.
Dalla quale si deduce che la poetessa parla da sola (Vedi il cane?), ha un carattere umbratile, uggioso e uggiolante (Via coi pensieri mi si sciolse il pianto), sorbisce tè molto forti e incensi di provenienza più che coloniale (Sorpresa all’alba dal Dio-capra), vive reclusa nella semioscurità o è miope (e infine Flush ravvisai nella folta figura).
E in effetti la vita di Flush dopo l’incontro con Madamigella Barrett (e prima che ella diventi Barrett Browning) è un rito di passaggio dall’aria aperta all’aria stantia, dalle brughiere al palazzo. Nelle lettere Elizabeth gongola Il mio piccolo Flush è il mio amico- il mio compagno- e vuol più bene a me che al sole che splende fuori. Virginia Woolf glossa però Ma Flush sapeva, lui sentiva; e furori alterni di lussuria e avidità lo dilaniavano.
Virginia glossa perché deve mostrare che così come Elizabeth Barrett non è in grado di capire cosa gli odori procuravano in Flush, Flush non sa come scodinzolare o se, di fronte a certe emozioni di Madamigella Barrett Ma quale voce, quale odore c’era dunque nella stanza, da far piangere Madamigella Barrett? E poi ecco che a un tratto, sempre agitando quel suo bastoncino nero, scoppiava a ridere. (…) Che cosa c’era poi da ridere in quello scarabocchio nero che metteva sotto il naso a Flush? Il quale non fiutava o vedeva nulla che ne valesse la spesa. Erano soli nella stanza. Il fatto è che essi non potevano comunicare per mezzo della parole, ed era questo un fatto che indubbiamente dava luogo ad alquanti malintesi.
E ancora Oppure altre volte se lo faceva stare vicino davanti allo specchio, e gli domandava perché abbaiasse e tremasse. Non era lui, quel cane bruno che vedeva là? Ma che cosa è “lui”? è quello che la gente vede? O è quello che uno è? Così Flush meditava anche su quel dilemma, e, incapace a risolvere il problema della realtà, si stringeva dappresso a Madamigella Barrett e la baciava “espressivamente”. Questa, comunque, era una realtà.
Flush è in vita e in narrativa un mistero buffo, anzi non c’è differenza tra vita e narrativa perché dopo poche pagine si impara che (…) è alla poesia che dobbiamo prestare fede per la più dettagliata descrizione che possediamo di Flush nel fiore della giovinezza. Dove per poesia Virginia Woolf intende qualsiasi frase uscita dalla penna di Elisabeth Barrett e di Robert Brownig. I poemi in senso proprio e la corrispondenza privata. Del perché due innamorati, seppur poeti, potessero intrattenersi a parlar del cane (che pronunciato così ci trasporta immediatamente nel romanzo di Jerome K. Jerome Tre uomini in barca (to say nothing of the dog)[1889]) è questione che potrebbe essere declinata come Del perché due innamorati si mettano a discettare di margherite o di capi firmati o della mozzarella sulla pizza o delle notti bianche a venire o di chissà cos’altro.
Fatto sta che Elizabeth e Robert ne parlano perché Flush è geloso. Virginia scrive Mai prima d’allora Flush aveva udito quell’accento nella voce di Madamigella Barrett – quella forza, quell’emozione. Le sue guance erano colorite come Flush non le aveva viste mai; i grandi occhi splendevano come non li aveva visti splendere mai. (…) Madamigella Barrett non ricordava neppure che al mondo esistesse un Flush. Beh se fosse stato il 1886 avrebbe saputo benissimo cos’era un Flush e non sarebbe stato un bel momento… Browning scrive “oh povero Flush, credete ch’io non lo ami e rispetti per la gelosa sorveglianza che esercita su di voi, per la sua riluttanza a voler far conoscenza con altri, una volta che ha conosciuto voi?”, Virginia pungola con Era facile abbastanza per il signor Browning dimostrarsi magnanimo, ma quella magnanimità era forse la spina più acuta che pungesse il fianco di Flush e continua con Due volte Flush aveva fatto il possibile per uccidere il suo nemico, due volte aveva fallito. E perché mai aveva fallito? Si domandava ora. Perché amava madamigella Barrett. Guardandola di sotto in su, sdraiata, severa e taciturna sull’ottomana, seppe allora che l’avrebbe amata per sempre. Certe cose non sono semplici, ma complesse. Mordendo il signor Browning, Flush mordeva anche lei. L’odio non è odio soltanto, l’odio è anche amore.
Com’è profondo Flush, com’è profondo il mare.
Virginia glossa ancora per captatio benevolentiae per democrazia, per rispetto a qualsiasi vita, a due o quattro zampe, perché se nessuno può entrare nella testa di un uomo, nessuno può entrare neppure nella testa di un cane A questo punto al biografo si impone una pausa. Laddove due o tremila parole non bastano a esprimere ciò che vediamo (…) non esistono più di due parole e mezza per esprimere ciò che odoriamo. Praticamente il naso umano non esiste. I più grandi poeti di questa terra non hanno odorato che rose da una parte e letame dall’altra. Nessun cenno delle innumerevoli gradazioni che si stendono nel frammezzo. Ebbene, era nel mondo degli odori che si svolgeva la più gran parte della vita di Flush. Per lui l’amore era essenzialmente odore; musica e architettura, leggi, politica e scienza erano altrettanti odori. Anche la religione era odore per Flush. Descrivere la più semplice esperienza sua con la costoletta o il biscotto di tutti i giorni, è cosa che non è in nostro potere. Neppure uno Swinburne avrebbe saputo dire che cosa fosse per Flush l’odore di Wimpole street in un caldo pomeriggio di giugno. Quanto al descrivere l’odore di una spaniel misto all’aroma di torce, lauri, incenso, vessilli, ceri e una ghirlanda di foglie di rosa schiacciata da una pianella di raso che sia stata serbata nella canfora, forse Shakespeare, se avesse sostato a mezzo di Antonio e Cleopatra. Ma Shakespeare non sostò.
E quando Elizabeth Barrett, definitivamente felicemente Barrett Browning, cede alla moda tutta vittoriana degli spiriti (e a tal proposito è assai divertito L’angelo coniugale di Antonia S. Byatt in Angeli e insetti che ha al centro la sorella di Tennyson) è il naso di Flush, ancora snob nonostante l’età, o sempre di più, e non è che si migliori con gli anni, a insorgere Ma peggio, oh peggio di tutti gli odori, peggio di qualsiasi buffonata era per Flush l’espressione che assumeva il volto della signora Browning quando fissava fuori dalla finestra come se vedesse qualcosa di meraviglioso là dove non c’era proprio nulla da vedere.
In una lettera a Ethel Smyth Virginia Woolf scrive (…) dirai che sono sentimentale, forse – ma un cane in un certo senso rappresenta il lato privato della vita – il lato giocoso.
A latere
La traduzione di Alessandra Scalero echeggia di Jane Austen (è universalmente riconosciuto che…) e Dante (qual torre che non crolla).
In Orlando si legge Ogni cosa è sempre qualcos’altro e in Flush Ogni cosa era anche qualcos’altro che con l’andar delle pagine diventa però Ogni cosa era quel che era, e non un’altra cosa. Che suona comunque come una salvazione o almeno come un esercizio di realtà.
*Tutte le citazioni sono tratte dalla versione di Flush tradotta da Alessandra Scalero e annotata da Nadia Fusini contenuta ne I Meridiani (Mondadori)
I commenti a questo post sono chiusi
che bello questo cucciolo Helena!
grazie per questa poesia che dall’immagine si riflette sulle parole,
a volte basta l’istino a creare un’intesa,
un’odore, uno scodinzolìo…
la presenza.
Un bel pezzo. Complimenti
p.s….
volevo scrivere l’istinto!:-)
Buona domenica
Domenica, 15 gennaio 1933
Ah, ma *Flush* è stato a poco a poco estromesso, come da un cuculo nato nel nido, dai *Pargiters*
Giovedì, 19 gennaio
Bisogna confessare che i *Pargiters* sono come cuculi nel mio nido – che dovrebbe essere *Flush*.
Sabato, 21 gennaio
Bene, *Flush* è ancora in ballo e non riesco a sbrazzarmene. Questa è la triste verità. Trovo sempre qualcosa che si può condensare di più o precisare meglio. Non si può scherzare le parole – non si può farlo – quando si vuole che durino “in eterno” Così tengo a freno il mio *Pargiters*, diciamo fino a mercoledì; non oltre, lo giuro. Ed ora comincio a dubitare della validità di quei personaggi. Ho paura del didattico[…]
Giovedì, 26 gennaio
Bene *Flush* lo giuro, è tolto di mezzo.
VIRGINIA WOOLF, Diario di una scrittrice.
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Di fronte all’epigrafe che ricorda Elizabeth Barrett Browing, a Firenze,
all’altro lato della strada, ci sta la facciata laterale della chiesa di S. Felice, che ha un suo parrocco. La facciata della chiesa guarda invece al Museo della Specola. Che fu la sede accademica e di lavoro di una delle grande menti italiane del secolo scorso: Leo Pardi. Escogitò il più felice esperimento che mi sia dato di conoscere, con cui svelò un mistero della natura, tanto che questa dovette essere riguardata in altro modo.
Ora quella chiesa, per merito del suo parrocco, non ha più, o non dovrebbe più, guardare senza vergogna la facciata che gli sta di fronte.
Primo perchè il suo parrocco ha offeso la, per quanto modesta, bellezza di quella chiesa con opere di “artisti credenti” che gridano vendetta al cielo.
Poi perchè, anni fa, durante una discussione che io ebbi con lui, e dopo che ebbi dato dell'”imbecille” a papa Giovanni Paolo II, lui, invece, mi
vomitò addosso che ” tua moglie è puttana”. E invece non lo è.
Cosa dovrei rispondere io, oggi, se lui avesse detto che Weltroni è un baciapile. Dal momento che già, in quegli anni, andava, con la figliola sulle spalle, in piazza san Pietro alla benedizione del papa? –
Cosa avrei dovuto rispondergli – quando io ho perfino fatto propaganda elettorale, per Weltroni, pur non essendo del PD – che papa Benedetto XVI è un ex-nazista e un protettore di pedofili pentito?
Grazie Helena,
Nel destino si incontrano Virginia Woolf e Elisabeth Barret Bronwning.
Due donne straordinarie.
L’articolo ha une vera eleganza, ritratto luminoso di Flush, che vedo come compagno della scrittura, uno slancio di vita e di freschezza.
Grazie per il movimento, la vità che viene nella lettura: mi ha fatto bene all’anima.
Browning ovviamente.
beh, sono lietissima che Flush vi sia saltato addosso. in effetti forse il tono è appena irriverente… come d’altronde deve essere un cucciolo, o una biografia inventata o tutto il resto. bau.
chi
un pezzo su un libro che è la biografia di un cane di una poetessa…
E’ ufficiale: “Più Chiara Valerio per tutti!”
*
“Sei sicuro di non essere un uomo?” domandò lui ansioso e lei gli fece eco. “E’ mai possibile che tu non sia una donna?” Dopo di che dovettero fornirne dimostrazione senza darsene ulteriormente pensiero. Giacché ciascuno dei due era stupito dalla subitanea simpatia nell’altro, e per ciascuno era un’autentica rivelazione il fatto che una donna potesse essere schietta e indulgente come un uomo, e un uomo bizzarro e astuto come una donna.
*
‘Orlando’ dà voce altresì alle perplessità di Vita (e di altri) sul modo di definire un matrimonio come il loro. […]
Vita aveva un cervello pragmatico. Virginia Woolf peraltro – era lei stessa
ad affermarlo – non sempre aveva “un proposito ben definito” quando faceva uso di quelle che ad occhi altrui potevano configurarsi come immagini simboliche. D’altra parte, l’oca in questione compare nel libro in precedenza, quando rotea nel cielo mentre Orlando fa ritorno alla grande casa.
Non la fama, non l’amore, ma il genio, la grandezza – la vera arte di esprimersi e la sensazione che questa fosse sempre al di fuori della sua portata – era il fattore che a giudizio di Virginia mancava agli scritti di Vita. In ‘Orlando’, con ironia e con indiscriminato affetto, Virginia volle che a Vita venisse accordato proprio tutto.
VICTORIA GLENDINNING, Il mondo di Vita Sackville-West. Feltrinelli, 1984, pagg. 242, 243.
Vorrei intervenire anch’io, in questa discussione che promette di essere interessante. Ma, dal momento che sono incapace di scrivere per così dire “in diretta”, lo farò a modo mio, scusandomi con gli eventuali lettori e con i redattori di N.I., in particolare con chi è responsabile del pezzo. Bellissimo.
Lo farò con due estratti da mie cose: una da “Turritani” che N.I. ha avuto la bontà di accogliere – anche lì un piccolo pezzo – poco tempo fa, e una poesia, se la si può chiamare così, da un mio piccolo “canzoniere” inedito.
*Anche se poco, nelle donne di Turritania, di valchirie, che in perfetta sintonia con accreditate teorie psicologiche che si interessavano già da allora del profondo, mai si poteva dire venissero invase dall’animus, usando contro il caso una tempestiva quanto razionale dispersione degli effluvi malefici di questo, con l’investire, all’occasione, i propri figli e d’altri con imprecazioni le piú leggere delle quali auguravano, ai loro corpi vivi, destino non dissimile da quello di corpi morti sottoposti a cremazione, in un desustanziarsi ed espandersi di ceneri e condensarsi di fumi non molto lontani, in verità, da un preciso e subitaneo, letale annullamento.
Che poi quest’animus, fosse il corrispettivo dell’anima maschile, tutti ne erano convinti in Turritania, facendone, per quanto forzosamente, prova il fatto che nella loro lingua l’organo femminile avesse desinenza in u, mentre quello piú propriamente maschile l’aveva in a, in fiera e netta contrapposizione con tutto ciò che dell’altro veniva normalmente detto.
Ma questo solo sino a quando la civilizzazione, piombando in forma alluvionale, non arrivò anche lí, abolendo quell’apparentemente insignificante disparità del sesso rispetto alle altre cose, per far calare il tutto nella piú appiccicosa, omogeneizzante, perniciosa, storicizzante e moderna contrapposizione muro a muro tra generi quale quel mondo aveva mai conosciuto.
*
Sono un vampiro dell’aria
: passo le mie giornate in apnea.
Respiro soltanto la notte: le notti
, amore mio
quando, sotto le coperte
posso respirare te.
Succhiando come un’ape
l’ambrosia
dalla tua fonte di vita.
Leccando come un cane
il tuo cazzetto bucato.
Chiara questo tuo scritto è bellissimo e molto divertente.
Grazie!!!
Riguardo al nome si sa che i cani di nome ne hanno solo uno ed è quello, e, per quanto umiliante sia, loro rispondono ad esso con una sollecitudine encomiabile, ed assai umana. Davvero commovente.
Per i gatti, al contrario, a quello ufficiale fanno orecchie da mercante, forse talvolta rispondono svogliatamente e con studiata lentezza al secondo, che di solito è un imbarazzante vezzeggiativo onomatopeico, se lo scopri di sicuro si degnerebbero al terzo, ma è assai difficle scoprire il terzo nome di un gatto:
Comunque gira e rigira manca ancora un nome:
quello che non potete nemmeno indovinare,
né la ricerca umana è in grado di scovare;
ma il GATTO LO CONOSCE, anche se mai lo confessa.
Quando vedete un gatto in profonda meditazione
la ragione, credetemi, è sempre la stessa:
ha la mente perduta in rapimento ed in contemplazione
del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
del suo ineffabile effabile
effineffabile
profondo inscrutabile ed unico NOME.
T.S. Eliot, Il libro dei gatti tuttofare
Ed altrettanto i cani umanamente amano di amore umano i loro padroni.
Due volte Flush aveva fatto il possibile per uccidere il suo nemico, due volte aveva fallito. E perché mai aveva fallito? Si domandava ora. Perché amava madamigella Barrett. Guardandola di sotto in su, sdraiata, severa e taciturna sull’ottomana, seppe allora che l’avrebbe amata per sempre. Certe cose non sono semplici, ma complesse. Mordendo il signor Browning, Flush mordeva anche lei. L’odio non è odio soltanto, l’odio è anche amore.
Strategia sbagliatissima e perdente.
Se ripensi alla sottile e strategica gatta Saha di “la Chatte” di Colette che alla fine fa scappare la rivale umana Camilla, superando indenne anche il, molto alla Flush, lancio da un balcone.
@ gianni
graaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaazie :-). ma le persone quanto possono avvitarsi su un concetto? quante scatole cinesi possono aprire?
@ orsola
non conoscevo il libro dei gatti tuttofare. mentre saha sì. e penso che sia vero che i gatti fanno orecchie da mercante e i cani invece fanno orecchie da merce. aspettano e rispondono. c’è pure un pezzo assai solenne di yourcenar su uno dei suoi ultimi cani ma non è dovertente come flush.
grazie a te di aver integrato!!!
chi
be’, la passione per i gatti di Eliot è rinomatissima nel mondo anglosassone (noi che siamo tromboni, se non si parla di vette aeree e precipizi non ci si dilunga), tanto che ha ispirato pure un musical: cats!
@ monom
io credo che orlando sia la lettura che quai mi ha tenuto più compagnia. e divertito e che mi porto appresso. a parte l’incipit straordinario “egli poiché non v’era dubbio sul suo sesso” e poi quando incontra sasha e dunque ogni amore “tu sei mia perché io ti adoro”.
beh. e questo.
@ gianni
non sapevo da dove venisse cats. mi sentirò scazonte per un bel po’. ehm.
chi
Brava chiara, bellissimo pezzo, complimenti.
Mi hai invogliato a leggere Virginia Woolf che conosco pochissimo.
Sottoscrivo l’appello “più Chiara Valerio per tutti”.
su NI ormai si scrive di tutto. é proprio vero, qui dentro Ognuno sta solo.
allora nazione indiana deve essere proprio Il cuor della terra.