Il freddo

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di Marco Lodoli

Gelate le pozzanghere al mattino
Quando insieme all’amico andavo a scuola
La sigaretta sua tra le mie labbra e il fumo
Del freddo e del tabacco a dare un corpo
Ai discorsi immensi della vita.
Il freddo ci rendeva più superbi,
parlavamo di cosa il mondo non era
di cosa non eravamo noi, del nostro futuro
e del ghiaccio appeso ai cornicioni.
I bambini erano cappotti e sciarpe
Neve da aspettare erano i giorni
Le mani folli uccelli migratori.
Tutto cercava una forma, tutto era chiaro
Sotto lo zero delle sette e mezza del mattino.
Anche un adolescente può accettare la bellezza
E il dolore di un mondo appeso a un filo
Di un giorno che sembra solo gelo e cielo.
L’endecasillabo rotto delle undici
E a mezzogiorno un colpo di cannone
E il pomeriggio un tempo eterno da sognare
Addosso a un calorifero spento, in una stanza piccola.
Anche l’orologio pareva congelato
Dal soffitto pendevano le ore, gocciolavano i minuti
Freddi come i visi delle persone amate.
Una nazione pura e bianca come il silenzio
S’apriva nella mente, si ritirava più a nord
Dove le impronte sono la prima strada.
Dimmi che tremi e ti dirò chi sei
Dimmi quanti maglioni hai addosso
Quanta consolazione cerchi nei libri e in una penna
Dimmi se speri in un abbraccio che ti riscaldi un poco
In una voce che aliti sui brividi, senza appannarli.
Sono passati gli anni, tutto è passato
E tutto è ancora qui, come una casa,
ma c’è un tepore che ci rende più stanchi.
Febbraio è pieno di fiori stupefatti
E lo scirocco piega ogni stelo, ogni impresa.
Il sud avanza come la carovana nel deserto
Presto sarà per sempre qui, dalle mani sudate
Scivola il tempo, se ne vanno i giorni
E tu mi dici amore mio ti amo ancora
E io ti dico quanti soldi ancora ci restano
E stiamo fermi come le pale ferme
Di questo rosso ventilatore appeso al cielo.
Di là i bambini stanno stesi sui letti
Sembrano dormire e non dormono mai.

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16 Commenti

  1. Della poesia, in generale, amo la sua più intima essenza dialogica. ovvero incapacità di rivolgersi al “lettore” come a un lettore qualunque, astratto. Ecco perchè non si dirà mai di una poesia, come per un romanzo, che ha 20, 100, 10000 lettori. La poesia ha sempre e per lo più un lettore, che è la persona a cui si rivolge. L’ospite – non voyeur- che si invita a fare un giro in un mondo, ovvero in una poesia. Amo poesie come queste in cui smessi i panni del lettore indosso quelli dell’ospite.
    effeffe

  2. “eio: è una mia manipolazione fatta con photoshop di una foto che avevo trovato su internet.”

    Biondillo, Biondillo, sei lo stesso che ha appena scritto un post sul “citare le fonti” da internet?

  3. Vista sottosopra, la foto manipolata del bosco sembra la macro di un prato appena falciato.
    Piace la poesia perchè intima e semplice, delicata ed evocativa.

  4. E’ une poesia che ha creato un incanto in me.
    Bellissima il tempo gelato nel bianco della natura e il cammino di due amici, all’alba della vita, al momento dove il dolore e la felicità fanno una musica strappante.
    Il verso: un adolescente puo accettare la bellezza e il dolore di un mondo appeso a un filo
    Mi sembra che la poesia sia il filo, lo strappo.

  5. Grazie a Gianni Biondillo, leggere un poesia così bella (ma poteva essere diversamente conoscendo Marco Lodoli?) è un’occasione rara

  6. caro marco
    la poesia è molto bella.
    è sempre un piacere leggerti.

    non mi pare di avere ancora la tua mail.
    ti lascio la mia mail e il mio telefono.
    volevo chiederti una cosa.

    farminio@libero.it
    0827 89259

  7. Marco lodoli è un grande, lo so da almeno vent’anni.
    Quando lo incontro, cosa che non capita molto spesso per la verità, anzi è fatto raro, colgo subito questa sua grandezza riparata sotto l’arruffamento dei capelli, dissimulata dietro l’altezza e l’imponenza fisica, acquattata, quasi tenuta nascosta al riparo di una freschezza e una franchezza piene di passione scarmigliata, diretta. Un uomo simpatico. Uno scrittore grande.

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gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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