Terzine – inedito

di Daniele Ventre

[C’è senso nel recedere dei corpi]

c’è senso nel recedere dei corpi
di là dall’orizzonte della nebbia
c’è senso lungo il passo degli storpi
c’è senso nella mente che si annebbia
nel sonno senza sogni della pietra
c’è senso nella spiga e nella trebbia
e nella corda lenta della cetra
e nel ricordo e al calo della vista
nel gelo della brina che si invetra
nel fumo d’erba o al tiro della pista
dell’illusione che corrode i sensi
e le narici e in lacrime si incista
per allucinazioni di scompensi
per immaginazioni senza sogni
per norme di ragioni che non pensi
c’è senso nell’oblio per cui ti sogni
e ti deformi d’incubo e di nube
e ti dissolvi al segno dei bisogni
sedimentati di pietà di pube
e ti conformi alle misure informi
c’è senso alla chiusura delle tube
ovariche al contratto non conformi
per figli non voluti nell’azienda
c’è senso nelle greggi e negli stormi
nella favela o dentro la fazenda
c’è senso nella via dell’ignoranza
nel faccendiere e in ogni sua faccenda
c’è senso nella ruota della danza
e nel derviscio in rotazione eterna
c’è senso nella fragile incostanza
per la monotonia che la squaderna
per la stereotipia degli atti imposti
per la schizofrenia per l’eco interna
di voci e di pensieri esterni opposti
e per l’estraneità l’ambivalenza
dei sentimenti un senso c’è nei costi
che forza la ricchezza o la violenza
o la scaltrezza fatua dei regnanti
un senso c’è bisogna farne senza
lasciare il senso unico ai passanti
agli ossequenti agli insolventi ai servi
al cedere continuo degli istanti
per vortice d’inverno ai vuoti impervi
bisogna farne senza o farne senso
che muti in forma nuova e non conservi
il vecchio corpo al gioco del consenso

* * *

[il dio che tu credevi da bambino]

il dio che tu credevi da bambino
bambino un po’ crudele un po’ feroce
il dio che tu credevi da assassino
il demone che poi ti rende atroce
il dio di vuoto che ti cuoci a crudo
nel buio del tuo cuore senza voce
e senza luce il dio del nuovo ludo
da chiesa da moschea per banca e soldo
il dio dei tuoi che va per mète nudo
per pessimo infinito il manigoldo
che regna nel tuo cielo senza sole
il dio che per due mitra e un libro assoldo
il dio del tuo petrolio che ti vuole
il dio che tu non preghi e che ti chiama
il dio che ti calpesta con le aiuole
il dio che atterra e suscita e non ama
il dio che non consola ma tortura
il dio di quel romanzo senza trama
che inizia male il dio controfigura
natura snaturante e snaturata
il dio della ragione senza cura
e della tua parola sragionata
il dio del sole vecchio al giorno nuovo
il dio della tua fede smisurata
il dio che covi al chiuso del tuo covo
nell’incommensurabile rancore
che spine ti incendiava sul tuo rovo
il dio che non è gioia né colore
per l’assoluto dell’anaffettivo
il dio dello schizoide il malfattore
da Sinai a deserto il dio corrivo
al sangue al sesso al fuoco al ferro al fumo
delle città distrutte il dio mal vivo
della discordia il dio del tuo profumo
di vittima del boia che ti frulla
il dio dell’ateismo che presumo
il dio perverso della morte in bulla
di questa civiltà senza criteri
il dio del vuoto il dio che non sa nulla
il dio dei brogli il dio dei ministeri
il dio di fatuità che riconosci
per tuo sadismo negli inconsci neri
il dio che al sacrificio disconosci
per la menzogna che ti nutre in seno
il dio serpente in cui non ti conosci
che per le gocce effuse al tuo veleno
il dio del portafogli che ti riempi
nel privilegio adesso che sei pieno
per la misericordia dei tuoi scempi
nel tuo ragionamento senza forza
ceduto con la forza ai controesempi
per la tua sciocca forma senza scorza
il dio che per creare il quadro è in posa
sotto l’acetilene che si smorza
il dio che sfoglia la sua bianca rosa
ti ama non ti ama per le leggi ligie
e ti amministra il coso nella cosa
il dio che flirta con le galle bigie
eunuchi maschi o femmine è lo stesso
il dio che non ammette volto o effigie
il dio contratto il dio ribelle ossesso
presente e assente nella parusia
il dio che non comprendi il dio si è espresso
per l’abbandono della tua abulia
per la filosofia dell’abbandono
per debolezza di lealtà e sofia
il dio che avaro si riprende il dono
e per misericordia te lo rende
il dio che credi d’essere e non sono
che scarsa al mondo verità risplende
il dio che senza gloria il fango smuove
e terra poco del suo giorno prende
che il fango nel frattempo non si muove
e non ti lascia indietro che l’incuria
e il suo programma di tristezze nuove
e la sua legge di ragione spuria
e il bell’inferno chiuso nel sacrario
che per confine ha solo incendio e furia
e stupri in posizione al missionario
e il senso della sciabola e del libro
e l’oro accumulato nel divario
che troppo in servitù di rabbie vibro
il dio delle escissioni e dei fucili
il dio che in società non equilibro
la bestia che ci fa già troppo vili
il dio di cui sei scimmia poco buona
il dio che si incatrama nei barili
il dio che la realtà non ci condona

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8 Commenti

  1. signor ventre come motiva quest’assenza totale di punteggiatura cioè dico questa disattenzione voluta al segno mancante (mancato) che a questo punto io leverei anche gli accenti e gli apostrofi parentesi finanche ogni li..

        • il dio dell’apostrofo e dell’accento,
          il dio imbalsamato e senza cuore,
          il dio del freddo marmo sparso al vento

          è quel dio perfetto che nen risuona,
          il dio che uccìde lettera e natura,
          il dio muto, morto, che non perdona

          chi del respiro fa letteratura
          e per questo crea, innova e dona
          un po’ di seme nuovo alla cultura

          del punto e della virgola, sul fronte
          e sulla sirma, in rimalmezzo e in chiusa,
          destando in vita Monti e Pindemente,

          che volentieri cambierebber sorte,
          vivaddio, per quel soffio di vita
          che trae dal passato oblìo e mòrte.

          • Il divino a-dire

            Sai tu disdire il dire,
            che in fondo vivere vuol dire
            trovar l’ardire d’adire il Dire?
            (Puoi tu, il divino a-dire?)

          • Errata corrige:

            il dio dell’apostrofo e dell’accento
            il dio imbalsamato e senza cuore
            il dio del freddo marmo sparso al vento

            è quel perfetto dio che non risuona
            iddio che uccìde lettera e natura
            il dio muto morto che non perdona

            chi del respiro fa letteratura
            e già per questo crea innova e dona
            un po’ di seme nuovo alla cultura

            del punto e della virgola sul fronte
            e sulla sirma in rimalmezzo e in chiusa
            destando in vita Monti e Pindemonte

            che volentieri cambierebber sorte
            oh vivaddio per quel soffio di vita
            che trae dal passato oblìo e morte.

            Amen.

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daniele ventre
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Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).
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