Il tempo congelato della politica israeliana
Otto anni fa scrissi su NI questo pezzo. Riguardava la politica di “rappresaglia” scelta da Israele in Libano contro Hezbollah. Basterebbe cambiare alcuni nomi e alcune date, per rendere queste riflessioni sinistramente attuali. Hamas al posto di Hezbollah, Gaza al posto di Libano, 2014 (o 2009) al posto di 2006.Come se nulla fosse accaduto. Tempo congelato. Coazione a ripetere. Due cose solo modificherei. La prima riguarda il principio della rappresaglia che Israele applica ai palestinesi. Le proporzioni sono più macabre oggi rispetto al momento in cui scrivevo. Si va verso i 30 palestinesi uccisi (in maggioranza civili) per ogni israeliano ucciso (in maggioranza soldati). La seconda riguarda l’antisemitismo. L’antisemitismo esiste, è esistito prima che esistesse Israele e la sua politica. Oggi può prendere come alibi anche l’occupazione israeliana delle terre palestinesi. Ma l’antisemitismo non può diventare, a sua volta, un’alibi per legittimare una politica d’occupazione e il massacro delle popolazioni civili che ad essa si oppongono, né tanto meno per creare una “diplomatica” equivalenza tra chi subisce l’occupazione e chi quell’occupazione continua perpetrarla. a. i.
Un dogma culturale (sulla critica alla politica israeliana)
di Andrea Inglese
Di fronte ai commenti che l’attacco di Israele al Libano ha suscitato nei nostri canali d’informazione l’impressione è quella di concorrere al rafforzamento di un dogma culturale che è tanto ottuso quanto nocivo. Un simile dogma culturale è già emerso negli ultimi anni a proposito della politica del governo statunitense. CONTINUA QUI
Una sola preghiera:che la guerra finisca.
Chi avrà in Europa il coraggio-tra i politichi- di venire tra Israël e il Hamas per cambiare tutto, fare tacere l’accanimento dei due campi?
Fermare questa follia che distrugge e si auto distrugge?
Quello che accade distrugge chi lavora e scrive sulla pace, chi come donna o uomo sogno un dialogo.
Oggi non dobbiamo vedere tutto come spettatori di un mondo in fuoco nel cuore del Mediterraneo.
Dobbiamo avvicinare i cuori, le lingue.
Dobbiamo creare la speranza.
Dobbiamo pensare libertà e democrazia.
Allontanare guerra, terrorismo, odio nei due campi.
Perché è la populazione che muore!
La populazione palestinese .
Scrivo :le due campi- perché le Hamas nasconde arme nelle scuole e tra le case dove abitano bambini e donne. Non è innocente nel conflitto.
Oggi e come molti abbiamo il cuore triste.
In Francia abbiamo visto l’odio contro gli ebrei tornare in margine di manifestazione.
Ho saputo la notizia questa mattina.
E’accaduto una violenza antisemita che non conosce l’Italia.
E ogni vetro spezzato,ogni insulto è una ferita.
Tra i vetri e la stella strappata è il nostro cuore di donna o di uomo che soffre.
Oggi penso che la forza della poesia è diventata irrisoria. Che nessuna parola poetica puo salvare una bambina sotto le pietre, che nessuna parola puo fermare il fuoco.
Eppure se ascoltiamo la bellezza…
Chi governa, chi continua in una lotta di un campo o di un altro ha dimenticato che prima fu un bambino.
Che prima ha immaginato un mondo senza guerra.
Che prima aveva senso le parole.
Perché siamo costretti a vedere un mondo che si richiude?
Forse perché dorme in noi la parola umanismo.
Questo conflitto è un dolore per noi figli del Mediterraneo.
Mentre camminiamo sulla spiaggia, la riva, in quest’estate, non conosciamo gioia, ma pena immensa per la riva vicina.
I
Un miracolo, ci vorrebbe un miracolo. Alla barbara uccisione di 3 giovani ebrei si spargono ora fiumi di sangue innocente tra i palestinesi. Il pugno di ferro di Netanyau è ingiustificato o quanto meno sproporzionato e in definitiva orribile. Le morti e distruzioni purtroppo ricadranno su chi le commette e chi le commette è erede (spurio)dei superstiti dell’olocausto. Un altro grande paradosso della storia dell’umanità.
Le carneficine di Isaele si ripetono cronicamente, è vero, ma perché hanno successo come tattica per raggiungere l’obiettivo prefissato, quindi il tempo non è congelato: al contrario, sta avvicinandosi al punto di non ritorno. Che significa che ormai è impossibile la soluzione due popoli due stati: i palestinesi non hanno più terra. Le colonie proseguono inesorabilmente, e con esse la pulizia etnica, che prevede massacri periodici al fine di procurare esodi di massa. L’ideologia colonialista è ormai egemone in Israele e nel mondo: nessuno a livello politico-istituzionale nel mondo ha ricordato che i tre ragazzi uccisi erano coloni, e che i palestinesi hanno il diritto a resistere all’appropriazione illegale della loro terra. Nessuno condanna né tanto meno fa qualcosa per combattere la colonizzazione di quel che resta della Palestina.
In questo quadro, non c’entra nulla l’antisemitismo, che oggi non esiste più (se si eccettuano certi gruppuscoli neonazisti), se lo si vuole paragonare all’antisemitismo storico. Oggi esiste solo l’antisionismo, inteso come opposizione radicale alla politica coloniale israeliana, o la critica a certe azioni di Israele. E questi due atteggiamenti vengono fatti passare per antisemitismo perché in Israele, e in quasi tutte le comunità ebraiche della diaspora è ormai egemone l’ideologia dei coloni, che è una ideologia razzista, che non riconosce i palestinesi come popolo e nemmeno i “territori occupati” come tali, considerandoli parti della Samaria e della Giudea. (Poi ci sono le solite lodevoli eccezioni di spicco, per esempio in Italia Moni Ovadia e Gad Lerner: e non è un caso che siano usciti dalla comunità ebraica di Milano, dopo anni di insulti e financo minacce. In Israele invece Gideon Levy dopo i suoi articoli su Haaretz da qualche giorno è sotto scorta per minacce di morte).
Cito solo due esempi di questa ideologia colonialista e razzista. In Italia, oltre alla pagina dell’UCEI, le più importanti personalità ebraiche scrivono su Informazionecorretta, Focus su Israele e Amici di Israele.
Ecco cosa si leggeva su Informzionecorreta quando si sono ritrovati i tre coloni morti, a firma Deborah Faith:
“…Ascolta Israele.Ascolta. Tre tuoi figli, tre ragazzini innocenti, sono stati ammazzati dalle belve islamiche. Non avevano fatto niente, erano solo tre ragazzini ebrei, cari alle loro famiglie, studiavano, suonavano la chitarra, uno faceva buonissime torte, erano ragazzi con la vita davanti, tutta la vita, la speranza, i giochi con gli amici e i fratelli. Gli hanno tolto tutto e hanno lasciato orfani le loro mamme, i loro papa’, i loro fratelli. Le belve islamiche palestinesi si sono saziate del loro sangue, belve, jene, bastardi maledetti e adesso festeggiano insieme ai loro simili italiani che vivono a Gaza o a Ramallah….Vorrei che gli assassini e le loro famiglie e tutti quelli coinvolti rimpiangessero il giorno in cui sono nati.Vorrei vendetta, si vendetta perchè la giustizia non può dire niente adesso. Taccia la giustizia!
Io voglio vendetta. Voglio che li prendano subito e li mettano in galera con 5 milioni di ergastoli, uno per ogni ebreo di Israele. Ma assassini non sono solo quelli che li hanno uccisi, assassini sono i milioni di palestinesi che nelle case, nei bar, nelle strade fanno festa.Il Signore vendichi il loro sangue, dice la Tora’ e questo dobbiamo fare…. Guai a a dare a questi bastardi la Giudea Samaria e Gerusalemme! Guai! Basta con il teatrino dei colloqui di pace, basta con due popoli, due Stati. Quali due popoli ! Uno dei due non è altro che un enorme gruppo di assassini, terroristi e bastardi. La vendetta sarà giusta soltanto se Giudea e Samaria torneranno a far parte di Israele e del Popolo di Israele e chi non vuole ha 22 paesi arabi dove andare. Non qui, non a casa nostra, non a casa del Popolo di Israele. FUORI!”.
Nessuno ha parlato di questo articolo. Eppure a scriverlo è una rappresentante ebraica importante, su un sito importante, non una blogger anonima. Cosa sarebbe successo se “belve [ebraiche], jene, bastardi, assassini terroristi” lo avesse scritto un palestinese riferendosi a tutti gli ebrei? E sul sito Informazionecorretta scrivono anche gli ebrei italiani che si occupano dell’Indagine conoscitiva sull’antisemistmo [sic!]
Ecco invece l’invito al genocidio dell’intero popolo palestinese che scriveva il 1 luglio la deputata israeliana di destra Ayeled Shaked sulla sua pagina facebook in ebraico, con 5 000 mi piace e 1000 condivisioni (e nessuno di fb lo ha tolto) tradotto in inglese:
“…This is a war between two people. Who is the enemy? The Palestinian people. Why? Ask them, they started. What’s so horrifying about understanding that the entire Palestinian people is the enemy? Every war is between two peoples, and in every war the people who started the war, that whole people, is the enemy. A declaration of war is not a war crime. Responding with war certainly is not. Nor is the use of the word “war”, nor a clear definition who the enemy is. Au contraire: the morality of war (yes, there is such a thing) is founded on the assumption that there are wars in this world, and that war is not the normal state of things, and that in wars the enemy is usually an entire people, including its elderly and its women, its cities and its villages, its property and its infrastructure…And in our war this is sevenfold more correct, because the enemy soldiers hide out among the population, and it is only through its support that they can fight. Behind every terrorist stand dozens of men and women, without whom he could not engage in terrorism. Actors in the war are those who incite in mosques, who write the murderous curricula for schools, who give shelter, who provide vehicles, and all those who honor and give them their moral support. They are all enemy combatants, and their blood shall be on all their heads. Now this also includes the mothers of the martyrs, who send them to hell with flowers and kisses. They should follow their sons, nothing would be more just. They should go, as should the physical homes in which they raised the snakes. Otherwise, more little snakes will be raised there.”
Israele è convinta di condurre una guerra estremamente morale a Gaza, come già per il Libano nel 2006, quando Grossman Oz e Yehoshua scrissero che era una guerra legittima ed eticamente giusta. Israele può farlo, può dirlo, perché l’ideologia coloniale e razzista dei settlers è diventata egemone, e quell’ideologia vede nei palestinesi una banda di arabi, di jene (o snakes, serpenti, se si preferisce), le cui donne allevano i figli al martirio, e i cui uomini non vedono l’ora di morire e diventare martiri. Loro in fondo, gli israeliani, non fanno altro che accontentarli mentre cercano di buttarli fuori dalla Samarie e Giudea.
Ho letto l’articolo ma non i commenti del 2006; immagino che qualcuno avrà fatto già allora una considerazione simile. Il fulcro, condivisibile, riguarda la “stupidità”/inutilità di schierarsi. E, aggiungo, è ancor peggio farlo con pretesa oggettività, contrapponendo (col soppesarli in pro dell’area di riferimento) i torti -comunque gravissimi- delle parti.
Negli anni intercorsi il quadro internazionale risulta peggiorato. L’Europa è ancora più debole, l’America ha perso autorità e forse anche interesse rispetto alla questione. Credo che le flebili speranze di miglioria (non oso sperare in una soluzione) poggino ora sugli stati dell’area. Prese di posizione chiare di Egitto, Turchia, Giordania potrebbero ottenere risultati.
a virginialess
“Il fulcro, condivisibile, riguarda la “stupidità”/inutilità di schierarsi. E, aggiungo, è ancor peggio farlo con pretesa oggettività, contrapponendo (col soppesarli in pro dell’area di riferimento) i torti -comunque gravissimi- delle parti.”
Questa considerazione è molto eloquente di come sia penetrata e ben radicata la propaganda pro-israeliana. Sarebbe innanzitutto interessante applicare questa idea della “stupidità di schierarsi” ad ogni grande conflitto che insanguina il mondo. Verrebbe forse fuori che poiché non esistono popoli senza “torti”, ogni ideale di giustizia internazionale perderebbe di senso. Ma con la giurisprudenza sparirebbe anche la politica. La politica, in una situazione di conflitto violento, serve per trovare una via d’uscita. In questo caso, invece, appena ci fossero morti innocenti da una parte e dall’altra, qualsiasi tentativo di intervento politico, di pressione, di attività diplomatica, di regolamentazione internazionale, non avrebbe più senso, perché implicherebbe inevitabilmente una valutazione delle diverse responsabilità.
Più in generale, l’idea di un’equivalenza all’insegna dei torti equamente ripartiti tra Israele e i Palestinesi, serve semplicemente a cancellare la STORIA del conflitto tra lo Stato israeliano e la popolazione palestinese, la realtà dell’occupazione territoriale, e il rifiuto israeliano e statunitense della nascita di uno Stato palestinese.
Da anni ormai, come tanti testimoni del conflitto ripetono, non esiste alcun progetto-tentativo di pace. Esiste una politica di occupazione e una resistenza a questa occupazione. E la chiave del conflitto è l’impossibilità del popolo palestinese di avere uno Stato. Il conflitto con Israele esiste per questa ragione. Per questo muoiono anche degli israeliani, in mezzo al massacro di tanti palestinesi. Tutto ciò non è opinione di singoli, di qualche partito politico, né dei soli palestinesi, ma del massimo organo internazionale, l’Assemblea delle Nazioni Unite, di cui Israele viola dal 1967 tutta una serie di Risoluzioni…
Per chi volesse un promemoria, si potrebbe partire da qui:
Risoluzione ONU 242
Dizionario di Storia (2011)
risoluzione ONU 242 Risoluzione adottata all’unanimità dall’Assemblea generale delle NU (22 nov. 1967), dopo la fine della terza guerra arabo-israeliana (➔ arabo-israeliane, guerre), con la quale si stabilivano i due principi fondamentali di risoluzione del conflitto israelo-palestinese: «terra in cambio di pace», ossia ritiro di Israele dai territori occupati (➔) in cambio del riconoscimento da parte degli Stati arabi; «giusta soluzione del problema dei profughi», interpretabile come diritto al ritorno dei profughi palestinesi o come compensazione politica ed economica. Entrambi i principi generarono, immediatamente e nel seguito, interpretazioni contrastanti, e non sono stati finora attuati.
(Ho preso una delle fonti più “neutrali”: non il forum della palestina, ma l’Enciclopedia Treccani.)
“ l’idea di un’equivalenza all’insegna dei torti equamente ripartiti tra Israele e i Palestinesi, serve semplicemente a cancellare la STORIA del conflitto”
Il termine “torti”è mal scelto, mi scuso, intendevo “atti o azioni”, né proponevo una suddivisione “equa”, criticando anzi chi la sottintende.
Il diritto e la politica internazionale consentono con opportuna regolamentazione agli stati di schierarsi -in vario modo – mentre un conflitto è in corso e ne perseguono la conclusione.
Non valutano le responsabilità, certo. Ciò compete al giudizio storico, di norma formulabile solo in seguito, che dev’essere chiaro quanto articolato.
Hic et nunc, cioè a proposito di questa guerra e dei soggetti che prendono posizione, mi consento di pensare che il farlo “conteggiando” le altrui nefandezze a favore della propria parte risulta fuorviante, irrigidisce i contendenti e forse allontana la comunque difficile soluzione. E ripeto che le ragioni di Israele non sarebbero più forti se avesse più vittime. Il dato, pur terribile, va posto in relazione con molti altri nel futuro giudizio.
“Entrambi i principi generarono, immediatamente e nel seguito, interpretazioni contrastanti, e non sono stati finora attuati.” Infatti…
@dm “Una “analisi non pregiudiziale”, in quanto tale, ha un esito. Che consente quindi di prendere posizione.”
Non sempre, gli elementi di valutazione possono risultare ambigui o insufficienti. Rispetto a una situazione, assegnandosi un certo tempo ecc. Non quale metodica.
“ Inoltre, è bene non considerare la guerra in atto come fosse una discussione. Cioè le “ragioni” non possono essere separate dai fatti. “
Non la confondo con il gioco degli scacchi…I morti sono persone, mi sento coinvolta come tanti. Ma, pur addolorati, è opportuno ragionare come al solito. O almeno provarci.
So benissimo che queste discussioni non servono a nulla. Io pubblico post simili solo perché voglio sfruttare occasioni pubbliche per mostrare che non tutti i cervelli sono stati lavati a dovere. Senza essere palestinese, senza essere israeliano, senza essere uno specialista di geopolitica, un dottore che torna da Gaza, ecc., reputo di avere sufficienti strumenti per comprendere che tipo di guerra è in atto da anni tra lo Stato di Israele e il popolo palestinese senza stato.E non credo di essere un genio. L’unica difficoltà sta nel fatto che quello che io penso non corrisponde a quanto viene percepito come “la cosa giusta da dire sul conflitto israelo-palestinese”. Anch’io percepisco bene che quanto dico “non è quello che pubblicamente si dovrebbe dire”. Forse per questo, come parecchie altre persone, mi ostino a dirlo almeno in qualche occasione pubblica, come su questo blog.
Qualche convincimento naturalmente l’ho tratto anch’io da letture e riflessioni. Ma concordo sull’inutilità della discussione.
Nelle occasioni pubbliche quale “cosa giusta” viene detta in quanto percepita come tale? Di solito (sarò capitata male) ho assistito a contrapposte dichiarazioni di “militanza” per nulla illuminata.
Che significa ch’è stupido, inutile schierarsi? Ma questa è una battuta? E quanto ai “torti -comunque gravissimi- delle parti”, forse è bene considerare i macellai fattivi e non i potenziali macellai, nella conta degli innocenti falciati dalle armi di ciascuna parte.
In generale e senza alcun riferimento qui, sono ogni giorno più convinto che la viltà sta nel mezzo.
Far proprie le ragioni di una parte non le legittima di necessità come tali. E ritenere “vile” chi trova deboli le ragioni di entrambe mi sembra un tentativo di sottrarsi all’obbligo dell’analisi non pregiudiziale. Israele non avrebbe più “ragione” se venisse ucciso un maggior numero di suoi cittadini!
virginialess:
Far proprie le ragioni di una parte non le legittima di necessità come tali.
E credere d’essere Napoleone Bonaparte non è sufficiente ad essere Napoleone; sono utili alla discussione queste due affermazioni?
ritenere “vile” chi trova deboli le ragioni di entrambe mi sembra un tentativo di sottrarsi all’obbligo dell’analisi non pregiudiziale.
Non vedo come l’invito a prendere posizione possa configurarsi come un tentativo di sottrarsi all’obbligo etc. Una “analisi non pregiudiziale”, in quanto tale, ha un esito. Che consente quindi di prendere posizione.
Inoltre, è bene non considerare la guerra in atto come fosse una discussione. Cioè le “ragioni” non possono essere separate dai fatti. E i fatti ci dicono di un popolo alla fame, sotto embargo e due volte oppresso, le cui case sono ora sotto le bombe. Più di seicento persone uccise, per la maggior parte civili. Non dovrebbe essere difficile prendere una posizione, a questo riguardo.
Obama era intervenuto giorni fa:…’Israele ha il diritto di difendersi…’Certo che Hamas è una spina nel fianco ma è anche evidente che Netanyau e tutta la destra sionista cooperano scientemente a mantenere vivo l’orribile conflitto. Ci vorrebbe un miracolo…Salam e Shalom le due formule di saluto la dicono lunga sulla comune origine dei due popoli. La religione come identità e affratellamento è ora, volenti o nolenti, alla radice della scontro insanabile.Un tragico paradosso che mostra ancora una volta quanto sia necessario il superamento oggi della religione come identità….
Nessuna guerra di occupazione si è mai risolta attraverso miracoli. Si è risolta attraverso scelte politiche: concessione di territori, di diritti. E’ quello che Israele scientemente, con l’appoggio degli Stati Uniti, non vuole fare. Non ha voluto scendere a compromessi con l’OLP che era laico, ha fatto in modo di distruggere l’OLP favorendo l’ascesa di Hamas. Dopo le libere elezioni palestinesi del 2006, ha punito la democrazia palestinese, promuovendo il blocco di Gaza che dura fino ad oggi. Dopo che avrà distrutta anche Hamas, gli unici interlocutori a bombe e proclami deliranti saranno delle organizzazioni per la Jihad islamica. E sarà allora davvero impossibile realizzare un accordo politico, come volevasi dimostrare.
Non sostengo il governo di Netanyahu
Ma vorrei tornare su commenti che ho letti.
L’antisemistismo esiste: sono francese. Sono accaduti atti gravissimi domenica contro ebrei che vivono tranquilli da anni a Sarcelles e a Parigi.
E’una vergogna.
Si respira un clima detestabile.
Il governo francese ha saputo parlare con intelligenza e fermezza.
Altro punto: l’esercito israeliano ha fatto scempio che fa orrore a tutti.
Nessuno puo contestarlo.
Ma
che dire della posizione del Hamas?
Niente?
La populazione palestinese si è trovata intrappolata tra due fuochi.
E’un po’facile di passare sotto silenzio la responsabilitâ du Hamas.
E’una grande tristezza di vedere un paese separato, una populazione vittime di due follie .
La nostra responsabilità è di non avvelenare il conflitto. Avere il coraggio di dire:
Israël deve fare un gesto in favore della pace . Rispettare les territoires occupés. Fare tacere le arme. Dare occasione alla Palestina di trovare la democratia. Riconoscere la Palestina.
Le Hamas deve fermare i razzi, riconoscere lo stato d’Israël, non minacciare, lavorare per la democrazia.
La nostra responsabilità è di appagare, di non considerare le cose da un lato, di scrivere in favore della pace, di organizzare dialogo tra Palestinesi e Israeliani, di inventare progetto commune (poesia, cinema, architettura).
Incontrare per condividere felicità e non lutto.
Perché non immaginare un testo in commune per inventare un futuro?
La nostra riva mediterranea conosce ora guerra, perché ci sono altri conflitti come in Siria.
Si dovrebbe ritrovare cultura condivisa e piacere di vivere insieme.
Quando le donne al potere per ricondurre alla ragione gli uomini?
Non ti viene il sospetto che forse su una questione del genere, essere un po’ critici di quanto si legge sui giornali, approfondire l’argomento, considerare fonti diverse, costruirsi una visuale minimamente storica, invece che ripetere formule stereotipate, non sarebbe meglio?
Per avere una visione giusta e sincera leggere l’intervista di Nathan Englander (La Repubblica 22 luglio 2014)
E per Andrea Inglese poesie di Tal Nitzan.
Andrea,
Quello che è accaduto in Francia, non si puo contestare.
Leggo Le Monde, Libération e La Repubblica. E mi sembra che gli articoli sono scritti con ricerca della verità.
Non trovo giusto di passare sotto il silenzio l’accanimento du Hamas.
Non ho l’abitudine di ripetere formule stereotipe.
Le Hamas non ha voluntà di pace-per il momento- non si fa la pace con razzi. Ha nascondito armi dentro una scuola, case dove abitano donne e bambini. Non ha responsabilità?
Vorrei che sia la pace tra i due paesi come tutti. E siamo totalmente impotenti. E ‘ quello che fa male. Non potere agire e dire :fermare la guerra.
Perché non scrivere un testo per la pace che sarebbe letto nelle piazze?
Perché non unire poesie dei due paesi? Perché solo parlare da un solo campo? Perché sempre separare?
Scrivo dalla Francie. La questione è delicata, lo sai. L’Italia non vive questa tensione.
Uno sguardo dall’interno:
di Chiara Cruciati – il Manifesto
Gerusalemme, 23 luglio 2014, Nena News – I sondaggi sull’offensiva in corso sono impietosi: il 93% della popolazione israeliana si dice soddisfatta dell’operazione militare “Barriera Protettiva”, il 71% approva l’attacco via terra e il 77% non vuole un cessate il fuoco (il sondaggio è stato realizzato il 20 luglio da New Wave Research e dal quotidiano Israel Hayom). Se non bastassero i numeri, basta fare un giro nei social network, sintonizzarsi su una tv israeliana o sfogliare un quotidiano: la campagna anti-araba iniziata con la morte dei tre coloni trova linfa vitale nell’attacco contro la popolazione gazawi e, ancora una volta, cementa il sentimento nazionalista israeliano.
Poche le voci di dissenso, ma non per questo meno significative: cresce il fronte antisionista e antimilitarista israeliano, attira un numero maggiore di attivisti e lavora per fornire un’informazione alternativa. Lunedì sera sono scesi in piazza a Jaffa, nel martoriato quartiere di Al Ajami, circa 800 persone organizzate dal movimento islamico, al cui appello hanno aderito singoli attivisti, mentre in altre comunità si sono ritrovate organizzazioni pacifiste, partiti anti-sionisti di estrema sinistra e la sinistra moderata sionista (i partiti Meretz e Hadash). «Gruppi fascisti si sono organizzati per aggredire la manifestazione di Jaffa – spiega al manifesto l’attivista israeliana Tamar Aviyah – Sono sempre più strutturati, si organizzano nei social network. La polizia ha cercato di dividerci chiudendo le strade. Sembrava ci fosse il coprifuoco».
Il fronte si sta però allargando, grazie anche all’informazione alternativa fornita su Facebook e Twitter dagli attivisti e da siti come +972mag, fonte indispensabile di immagini, analisi e notizie che i media mainstream tacciono: «Non seguo molto la stampa israeliana, ma posso dirvi che giornali e tv si focalizzano quasi esclusivamente sulla solidarietà all’esercito, nel tentativo di rafforzare il sentimento anti-arabo. Nessuno parla delle legittime richieste di Hamas, nessuno mostra immagini del massacro in corso. Le vittime gazawi? Le chiamano ‘danni collaterali’. La terminologia è molto sterile, machista, esclusivamente volta a giustificare le violenze».
Una pratica che si rispecchia nei comportamenti e i discorsi della maggioranza del popolo israeliano. Ma quello che preoccupa, ci spiega un altro attivista che chiede di restare anonimo, è la crescita repentina dei gruppi fascisti e di estrema destra, oltre al controllo capillare da parte dei servizi segreti interni delle attività dei gruppi anti-sionisti e di sinistra. Per questo, alcuni attivisti si stanno organizzando per monitorare le attività dell’estrema destra, seguendone i movimenti nei social network e le azioni in programma. Alcuni hanno messo in piedi forze di difesa che operano durante le manifestazioni per evitare aggressioni.
«Siamo in parte soddisfatti – continua Tamar – perché il movimento di base israeliano anti-sionista è in crescita. Numeri come quelli di questi giorni – 800 persone a Jaffa, oltre mille a Tel Aviv – non erano mai stati raggiunti. A questo si aggiungono le azioni del BDS, la campagna di boicottaggio dello Stato di Israele, e quelle degli Ebrei contro il Genocidio [movimento di ebrei israeliani e stranieri contro il genocidio del popolo palestinese, ndr]: oltre a lanciare petizioni che hanno portato a vittorie a livello internazionale, in questi giorni hanno fatto parlare di sé con azioni di fronte all’ambasciata Usa e al Museo dell’Olocausto a Gerusalemme, dove hanno posto una piramide di bambole a rappresentare le vittime di Gaza. Le hanno ricoperte di vernice rossa, il sangue versato, e poi gli hanno dato fuoco».
Di nuovo sotto il sole del minoritario attivismo israeliano c’è una nuova unità tra le varie forze, di solito politicamente divise: «Oggi l’obiettivo è unico, tentiamo di mettere da parte le differenze e inviare un messaggio comune, no al massacro – ci spiega l’attivista di BDS from Within, Ronnie Barkan – Un blocco unico è necessario sia per far girare più informazioni possibile che per reagire agli attacchi delle squadracce fasciste e naziste. Voglio essere chiaro: la società israeliana è tendenzialmente fascista, non c’è nulla di nuovo nei discorsi pubblici. Ciò che è cambiato è l’escalation di violenza, che da verbale è diventata pratica a causa dell’eccitamento provocato dalle dichiarazioni di parlamentari e politici che invocano il genocidio dei palestinesi. Semplicemente oggi non si vergognano più: razzismo e fascismo oggi sono più visibili, ma sono sempre esistiti, dal 1948, da Ben Gurion».
«È sempre più pericoloso dichiararsi antisionisti o anche solo di sinistra – conclude Ronnie – Anche un partito sionista e moderato come Meretz è chiamato traditore, eppure non mossero un dito contro l’operazione Piombo Fuso». Alla fine, niente di nuovo sotto il sole israeliano. Nena News
– See more at: http://nena-news.it/il-fronte-antisionista-e-antimilitarista-disraele/#sthash.OpdY2fVH.dpuf
VAL LA PENA SAPERE LE CONDIZIONI DI HAMAS PER UN TREGUA, DATO CHE NON LE DICE NESSUNO:
Di Gideon Levy, Haaretz, 20 o 21 luglio
Dopo che abbiamo detto tutto ciò che c’è da dire sul conto di Hamas – che è integralista, che è crudele, che non riconosce Israele, che spara sui civili, che nasconde munizioni dentro le scuole e gli ospedali, che non ha fatto niente per proteggere la popolazione di Gaza – dopo che è stato detto tutto questo, e a ragione, dovremmo fermarci un attimo e ascoltare Hamas. Potrebbe perfino esserci consentito metterci nei suoi panni e forse addirittura apprezzare l’audacia e la capacità di resistenza di questo nostro acerrimo nemico, in circostanze durissime.
Invece Israele preferisce tapparsi le orecchie davanti alle richieste della controparte, anche quando queste richieste sono giuste e corrispondono agli interessi sul lungo periodo di Israele stesso. Israele preferisce colpire Hamas senza pietà e senza alcun altro scopo che la vendetta. Stavolta è particolarmente chiaro: Israele dice di non voler rovesciare Hamas (perfino Israele capisce che se lo fa si ritroverà sulla porta di casa la Somalia, altro che Hamas), ma non è disponibile ad ascoltare le sue richieste. Quelli di Hamas sono tutti “bestie”? Ammettiamo pure che sia vero, ma tanto lì stanno e lì restano, e lo pensa anche Israele. Quindi, perché non ascoltarli?
La settimana scorsa sono state pubblicate, a nome di Hamas e della Jihad islamica, dieci condizioni per un cessate il fuoco che sarebbe durato dieci anni. Possiamo anche dubitare che le richieste arrivassero davvero da quelle due organizzazioni, ma comunque erano una buona base per un accordo. Tra di esse non ce n’era neanche una che fosse priva di fondamento.
Hamas e la Jihad islamica chiedono libertà per Gaza. C’è forse una richiesta più comprensibile e lecita? Senza accettarla non c’è modo di mettere fine all’attuale ciclo di uccisioni e di evitarne un altro nel giro di pochi mesi. Nessuna operazione militare – aerea, terrestre o marittima che sia – fornirà una soluzione. Solo cambiando radicalmente atteggiamento nei confronti di Gaza si potrà garantire ciò che tutti vogliono, cioè la tranquillità.
Leggete l’elenco delle richieste e giudicate onestamente se tra di loro ce ne sia anche una sola ingiusta: ritiro dell’esercito israeliano e autorizzazione dei coltivatori a lavorare le loro terre fino al muro di sicurezza; scarcerazione di tutti i prigionieri rilasciati in cambio della liberazione di Gilad Shalit e poi arrestati; fine dell’assedio e apertura dei valichi; apertura di un porto e di un aeroporto sotto gestione Onu; ampliamento della zona di pesca; supervisione internazionale del valico di Rafah; impegno da parte di Israele a mantenere un cessate il fuoco decennale e chiusura dello spazio aereo di Gaza ai velivoli israeliani; concessione ai residenti di Gaza di permessi per visitare Gerusalemme e pregare nella moschea Al Aqsa; impegno da parte di Israele a non interferire con le decisioni politiche interne dei palestinesi, vedi la creazione di un governo di unità nazionale; infine, apertura della zona industriale di Gaza.
Queste sono condizioni civili, i mezzi per realizzarle sono militari, violenti e criminali. Ma la verità (amara) è che tutti se ne fregano di Gaza quando non spara missili contro Israele. Guardate la sorte toccata a quel dirigente palestinese che ne aveva abbastanza delle violenze, Abu Mazen: Israele ha fatto tutto quanto in suo potere per distruggerlo. E qual è la triste conclusione? “Funziona solo la forza”.
La guerra in atto è una guerra per scelta e la scelta l’abbiamo fatta noi israeliani. È vero, quando Hamas ha cominciato a sparare missili Israele non poteva non reagire. Ma contrariamente a ciò che tenta di spacciare la propaganda israeliana, i missili non sono mica piovuti dal cielo senza motivo. Basta tornare indietro di qualche mese: rottura delle trattative da parte di Israele; guerra contro Hamas in Cisgiordania in seguito all’assassinio dei tre studenti di un seminario rabbinico – è dubbio che lo abbia pianificato Hamas – e arresto di 500 suoi attivisti con false accuse; blocco dei pagamenti degli stipendi ai lavoratori di Hamas a Gaza e opposizione di Israele al governo di unità nazionale, che forse avrebbe potuto ricondurre Hamas entro l’agone politico. Chiunque pensi che Hamas avrebbe potuto incassare senza batter ciglio, probabilmente soffre di arroganza, autocompiacimento e cecità.
A Gaza – e in minor misura anche in Israele – si sta versando una quantità terrificante di sangue. Questo sangue è versato invano. Hamas è martellato da Israele e umiliato dall’Egitto. L’unica possibile soluzione sta nella direzione esattamente opposta a quella dove sta andando Israele. Un porto a Gaza, così che possa esportare le sue ottime fragole? Agli israeliani suona come un’eresia. Qui, ancora una volta, si preferisce il sangue (palestinese) alle fragole (palestinesi).
(Traduzione di Marina Astrologo)
E non disturba l’unione del Hamas e della Jihad? Non inquietudine?
Per le condizioni niente da contestare.
Ma è fare prova di ipocresia o di candore credere che le Hamas e la Jihad si accontenteranno del rispetto delle condizioni.
La Jihad: una minaccia per la libertà di tutti.
Perché in nomine della Jihad islamica?
Quest’articolo mostra una cosa: c’è voce democratica in Israël. E’il caso nei paesi governati da fanatici che spaventano le bambine, le ragazze, le donne?
Lo sai, Lorenzo,che in Francia i Jihadistes preparano attentati? Ancora questa settimana una coppia fermata a Albi.
E’importante che voci diverse si esprimano: è il principio del dialogo aperto.
Ma si deve ascoltare anche chi non condivide tutto di un articolo o di un commento.
Véronique, non posso fare niente contro la tua fobia del jihadismo islamico.
La jihad non è una minaccia per la libertà di tutti, è una reazione alla minaccia reale che hanno gli arabi e i musulmani dall’Occidente, che li bombarda come e quando vuole. L’esportazione del terrorismo deriva dal fatto che gli islamisti non possono combattere ad armi pari sul campo, a casa loro.
Se tu fossi un politico, per paura di Hamas faresti quindi come gli israeliani anziché accordarti con Hamas? La paura crea dei mostri. Tu avresti paura di loro, che son tanto crudeli, e quindi li distruggeresti, e con loro le famiglie dei palestinesi. Chi è il mostro, tu che li distruggi o loro?
Perché non pensi alla paura anzi al terrore che hanno tutti i palestinesi ogni giorno, dato che vivono circondati da militari e carri armati israeliani, e senza preavviso, in ogni momento corrono il rischio di essere bombardati e di perdere la vita o la casa?
Chi è la vittima? Gli ebrei israeliani o i palestinesi?
Lascio rispondere Moni Ovadia:
http://cevengur.wordpress.com/2014/07/21/moni-ovadia-sulla-carneficina-di-gaza/
Lorenzo, non si puo difendere la Jihad.
Forse ho una visione occidentale, di donne. Sono nata in un paese democratico che accoglie culture diverse.
Non ho fobia. Solo vedo una minaccia fanatica che è pronta da accendere fuochi nel mondo.
Non è possibile capire il terrorismo.
La Jihad odia la libertà e fa già il dolore della sua propia populazione.
La Jihad vuole annientare chi non ha la stessa opinione ( religiosa, politica), opprime le donne.
Lorenzo, volere sostenere un campo conducce a parole irragionevoli.
Per i bambini palestinesi posso immaginare la paura e il dolore.
Immagini rimangono.
Sono donna: il dolore di un bambino fa un buco nel cuore.
E’la ragione per la quale i politici hanno la responsabilità di lavorare per la pace e di proteggere la democrazia, di appagare il conflitto.
Per me la situazione in Medio Oriente non si puo risolvere con qualche riga.
Neanche con una visione parziale.
Per finire -sono sola nei commenti da avere questo punto di vista: criticare le Hamas.
Vivo in un paese del Mediterraneo: il mio sogno è che tutti vivono insieme in pace rispettando la fragilità della vita, la diversità delle culture, la bellezza delle civilizzazioni, delle lingue ( latine, ebraïca, araba).
Non si puo fare senza la democrazia.
E senza le donne…
Véronique, dici che non hai fobia ma che vedi una minaccia fanatica pronta ad accendere fuochi cioè guerre, suppongo, nel mondo. Quindi hai una fobia degli arabi jihadisti.
Purtroppo non sai metterti nei panni degli altri, o meglio dei musulmani.
Non pensi, per esempio, che tu, francese, sei una minaccia per le donne arabe.
Perché la Francia, che governi un governo di destra o sinistra non cambia niente, la Francia sostiene Israele, con soldi, armi, politica, permette ad Israele di fare carneficina dei palestinesi, di rendere le donne vedove e di veder morire i loro figli.
Le donne palestinesi si sentono protette da Hamas, dai jihadisti, dai loro politici, che loro hanno democraticamente eletto. Si sentono invece minacciate da Israele, dall’Europa, dall’America. L’Europa dà soldi anche ai palestinesi, ma di quei soldi non sanno che farsene dato che è Israele a regolare la loro vita, a dare loro acqua, elettricità, materiali per costruzioni solo quando vuole (Israele).
Le donne arabe si sentono discriminate e minacciate anche in Francia (e in Europa), non si sentono protette come quelle cristiane o ebree.
In Italia, a Roma, un mese fa, un gruppo di ragazzi ebrei con spranghe ha aggredito dei palestinesi. E’ la terza volta in 5 anni che a Roma, quando ci sono manifestazioni per la Palestina, i manifestanti sono aggrediti da questa squadra fascista di ebrei del ghetto. Ma tu ti preoccupi solo degli ebrei francesi. Gli ebrei francesi sono a volte aggrediti non perché ci sono chissà quali gruppi antisemiti, ma perché Israele fa quello che vuole, fa carneficine di palestinesi, e gli ebrei francesi (ed europei) lo difendono (a parte poche eccezioni). Gli arabi, essendo impotenti contro Israele, che fa stragi di arabi mentre il mondo sta a guardare, si sfogano con gli ebrei dove possono: fuori da Israele.
I palestinesi, gli arabi, sono le vittime, in Palestina, e sono i più discriminati in Europa. Il razzismo verso di loro è molto maggiore di quello contro gli ebrei. In Italia, tutto il centrodestra è anti-musulmano, si oppone alle moschee. Non si oppone nessuno invece alle sinagoghe. Gli arabi non sono ancora inseriti in Europa, non hanno grandi posti di potere, a livello economico, finanziario, mediatico, politico.
Loro, i musulmani, sono le nostre vittime. Tu sei una minaccia per loro in quanto francese. E io pure in quanto italiano. Più si sentono minacciati, più muoiono in Palestina, più si affideranno a dei politici pronti a combattere e donare la vita. Io non ho detto che sostengo i loro politici, Hamas o la Jihad, questo è affare loro, non siamo tu o io a dire a chi si devono affidare, se sei democratica devi rispettare i politici che loro si scelgono. Loro sono costretti a rispettare i nostri politici, e quelli israeliani, mentre Israele uccide i loro politici, quando vuole. E poi in questa guerra non si decide se sarà Israele o la jihad islamica a governare Israele, l’Europa, il mondo. Israele sarà governato da Israele, cioè da ebrei, l’Europa dagli europei cioè da cristiani o ebrei o atei, e i palestinesi… i palestinesi ancora non possono essere governati dai palestinesi, perché non hanno una terra, uno stato, e vivono su pezzi di terra circondati dai coloni e dall’esercito israeliano, che decidono la loro vita o morte. Un saluto.
In ogni caso, la ji
Gli arabi francesi sono francesi e in quanto tali moderati (e democratici). No possono approvare la violenza sionista nè quella di Hamas. Ora come ora le cose si sono messe malissimo. Non dimentichiamo il povero Arrigoni a Gaza, difendeva i palestinesi e fu ucciso da dei fanatici (arabi). Eppure un giorno i 2 popoli dovranno riconoscersi nella matrice comune. Chi ha fomentato il dissidio sia la destra sionista sia Hamas sarà spazzato via. Ma la strada è ancora lunga. Veronique ha ragione…..
Grazie Carlo.
Non confondo francesi di origine maghrebina-sono nella grande parte moderati e democratici –
con i Jihadistes.
I Jihadistes sono una minoranza in Francia. Ma rappresentano una minaccia.
Gaza: dopo gli ospedali e le ambulanze di Medici senza frontier, Israele bombarda anche le scuole ONU per i rifugiati.
Israele, che si vanta di mandare avvertimenti prima di bombardare una casa (di solito lascia pochi minuti ai proprietari per andarsene, bontà sua), ha bombardato anche una scuola ONU per i rifugiati.
Le scuole dell’UNRWA raccolgono, già sovraffollate, quei palestinesi che riescono a fare in tempo a fuggire prima che la loro casa sia distrutta.
La scuola dell’Onu a Beit Hanoun, ieri, dopo il bombardamento, ha registrato almeno 17 morti e 200 feriti.
E’ la quarta volta in due giorni che le forze israeliane bombardano scuole dell’UNRWA.
Chiedo scusa.
Carlo Carlucci dice:
“Un miracolo, ci vorrebbe un miracolo” il 21 luglio, “Ci vorrebbe un miracolo…” il 23 luglio, “Chi ha fomentato il dissidio sia la destra sionista sia Hamas sarà spazzato via” il 24.
Véronique Vergé dice: “Una sola preghiera:che la guerra finisca.”, il 21. E “il mio sogno è che tutti vivono insieme in pace rispettando la fragilità della vita, la diversità delle culture, la bellezza delle civilizzazioni, delle lingue ( latine, ebraïca, araba).”, il 24.
Non capisco chi ha una simile posizione in che modo e soprattutto con quali mezzi strategie ecc – tolti il sogno e la preghiera – desidererebbe venisse agevolata la pace. Perché a me pare che situarsi nel mezzo in questi termini sia come accettare il ruolo dello spettatore. Me lo chiedo spesso guardando il telegiornale.
Se fossi editrice riunirei le più grande voci della litteratura del medio oriente per scrivere una raccolta sulla pace.
Mi colpisce il silenzio degli scrittori in un mondo che va male. Questo silenzio sul Medio Oriente.
Per ritrovare pace nei cuori fare incontrare chi non si conosce.
Le fotografie sul muro che separa Israele e la Palestina avvicinava volti israeliani e palestinesi.
Era una bella iniziativa.
Per il momento non si puo. La guerra continua.
Non siamo lì.
Non manifesterò, perché non voglio mescolare la mia voce con voci piene di odio verso gli Ebrei o gli Israeliani.
La nostra responsabilità è di vivere insieme.
Forse invitare alla cena amici ebraici e mulsumani, a casa.
Parlare, scambiare.
Per esempio sono fiera del progetto che ho realisato con una classe.
Tutti hanno cercato testi su paesi del Mediterraneo.
Hanno lavorato su alfabeti: ebraico, arabo, greco.
Hanno scritto favole. Hanno tirato a sorte un paese. Mi ricordo che Ryan, Aimen, di origine maghrebina, hanno ricevuto Israele come paese.
Hanno fatto ricerca con passione sulla cultura, hanno messo tutto il cuore per trovare foto del paese, hanno scritto una favola bellissima.
Abbiamo visitato il MUCEM un museo che mostra la diversità delle culture e insegna la tolleranza.
E ‘ tutto che posso fare. Insegnare la mia passione per la letteratura, la libertà e la tolleranza.
Niente di grande. Non ho potere per cambiare il mondo.
Non dobbiamo essere semplici spettatori, squallidi spettatori che prendono posizione. Ovvero ci sono momenti (nazi-fascismo) che esigono, per chi ha coraggio (pochi) una scelta di campo. Ma qui….Hamas oggi ha scelto la tregua, se fosse sincero bene, ma Israele dice no (male…). E domani? In qualche modo cercare di essere parte, da lontano, riaffermare certe cose…e sempre prendere parte, senza partito preso…E’ forse il massimo che ci compete. Come cerca di fare Veronique. E allora il cum patio, l’empatia…sono come piccole onde di amore che giungono in quella terra martoriata. Niente di fideistico.
Sono d’accordo.
Io avevo in mente, ad esempio, di sottoporre una petizione ai miei animali domestici. Certo, non è molto, però è già qualcosa.
“ci sono momenti (nazi-fascismo) che esigono, per chi ha coraggio (pochi) una scelta di campo”, bene, sono d’accordo; in questo caso non ci si può sbagliare: quando le forze in campo hanno le proporzioni che hanno e di conseguenza il bilancio delle vittime è di 30 a 1 non c’è storia. Israele è lo stato terrorista, come terroristi sono gli Stati Uniti: essi usano solo le armi della violenza militare, il resto non conta.
Le Hamas non ha rispettato la tregua e fa la sofferenza della sua propia populazione.
Per la disproporzione della forza, hai ragione.
Ma se Le Hamas avesse il mezzo di distruggere Israël, lo farebbe.
Ha scavato tunnel sotto le case. Perché?
Ha mescolato armi e populazione.
Perché?
Perché non rispetta la tregua?
Dalla sua nascita, Israël ha subito attacchi contro la sua terra.
Vero o no?
Non ha mai attaccato il primo.
Bisogna ricordare perché lo stato d’Israël è stato creato?
Riconosco anche che l’attuale governo israeliano non lavora per la pace, che non fa un passo per risolvere la situazione dei Palestinesi, che cade in una follia guerriera.
Ma Sparz, credi che Le Hamas non ha anche una grande responsabilità?
Credi che un paese deve ricevere razzi senza reagire?
La situazione è tragica, terribile. Un’estate di tristezza infinita con poca speranza all’orizzonte.
Mi colpisce anche il silenzio sulla Siria: li,non bambini massacrati?
Silenzio su Mossoul.
Chi ha manifestato per la pace in Siria.
Chi manifesta per le donne che vivono un inferno nel loro corpo e anima nei paesi dove fanatici islamici sono al potere? NESSUNO.
Chi ha scritto qui un articolo su queste donne?
E’ una situazione tragica in paesi che erano la culla di civilisazioni bellissime.
Una situazione tragica, perché le voci moderate non si fanno abbastanza sentire. Le più belle che ho sentito in questi giorni:
Nathan Englander, Marek Halter, Meir Shalev -cito scrittori che hanno espresso la loro opinione nel giornale La Repubblica.
Non commenterò più l’articolo di Andrea Inglese. Ho già espresso la mia opinione. Ho letto tutti i commenti e ho risposto. Forse non siamo d’accordo, ma per me, non provo risentimento.
Scrivere qui non risolve la situazione.Solo serve da delineare un campo.
“…ha subito attacchi contro la sua terra…”
sic!
“…ha subito attacchi contro la sua terra…”
sic!
leggi qua, Véronique, leggi: http://ilmanifesto.info/attacco-preordinato/ .
Un esempio di “viltà che sta nel mezzo”.
“L’invito che vorrei fare, a tutti noi in quest’aula e all’opinione pubblica italiana è di non farci intrappolare anche noi in quella bolla di odio, di non cedere alla logica della partigianeria, all’idea che ci si debba dividere tra ‘amici di Israele’ e ‘amici della Palestina’, che si debba scegliere da che parte stare, nel conflitto tra due disperazioni e tra due esasperazioni”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Federica Mogherini riferendo sulla crisi a Gaza in aula alla Camera. (ANSA).
È la posizione dei soggetti politici che stanno a guardare.
(E guardano anche i soldi e gli armamenti che dal proprio Stato ingrassano la guerra…)
Non ho potuto seguire la discussione come avrei voluto. Sono senza connessione fissa. Mi piacerebbe portare elementi di riflessioni che ho letto in questi giorni in modo particolare sulla stampa francese.
Rimango convinto di due cose. L’equivalenza tra Hamas e il governo israeliano può valere in un’ottica morale, ma non politica. Perché questo fa dimenticare la realtà storica dell’occupazione e del più recente blocco di Gaza. In quest’ottica parlare di pace è ingenuo e futile. E’ come quando si parla di “crescita” e si invoca la crescita economica. Sarebbe meglio analizzare la guerra. E la guerra israeliano-palestinese esiste anche quando non ci sono bombardamenti di civili a gaza o lancio di missili su Israele. Il blocco di Gaza è un atto di guerra. La guerra c’è stata ininterrottamente in questi anni.
Poi penso si possono fare mille critiche, anche politiche a Hamas, ma rimane il fatto che l’idea che i governanti di israele sbandierano, di poter sradicare Hamas è o illusoria o criminale. Hamas è il corpo politico e militare di un popolo sotto occupazione.
L’altra cosa che vorrei ribadire è che non si può ignorare la questione dell’antisemitismo, in questa faccenda. La situazione francese, su questo ha ragione Veronique, è diversa da quella italiana. E non solo a causa di episodi antisemiti esplosi ai margini dei cortei pro-palestinesi. La realtà dell’antisemitismo, che non è la stessa cosa della minaccia di “sparizione” che incomberebbe su Israele, ebbene questa realtà esiste. Esiste al di fuorid i Israele, anche in Europa. E gioca un ruolo di “disturbo” forte. E’ un cosa di cui vale la pena di discutere, o di cercare di discutere con ebrei europei e israeliani. Io credo che l’antisemitismo reale, per marginale che possa sembrare, incide in modo pesante sul consenso degli israeliani alla guerra che questo governo di destra sta portando avanti contri i palestinesi.
Ultima riflessione. Molto in fretta. Un peso molto importante mi sembra avere la destra e l’estrema destra israeliana, che grazie a questo stato di guerra permanente, prospera in termini elettorali e di controllo dell’opinione pubblica. In tempi di guerra, le destre prosperano quasi sempre. Ed è nell’interesse di quella parte della classe politica israeliana non giungere a una soluzione di pace.
Andrea,
Condivido il tuo commento, perché si sente probità intellettuale.
Ma continuo a pensare che tutta manifestazione per la pace è un passo verso il futuro.
Che le donne devono fare sentire la loro voce per allontanare la foglia degli uomini.
Inglese, ma di cosa parli? “E non solo a causa di episodi antisemiti esplosi ai margini dei cortei pro-palestinesi.”?
Per i tuoi lettori e le tue lettrici (perché per te non ho parole): Michèle Sibony, féministe très connue et membre de la UNION JUIVE FRANÇAISE DE LA PAIX, raconte l’attaque de la part Ligue de Défense Juive(organisation paramilitaire interdite aux USA et en israel)envers les manifestants pacifiques…par contre, silenzio assoluto da parte tua sulla sospensione senza precedenti del diritto di manifestare a Parigi sotto esplicita richiesta del CRIF. Buona serata e vergognati de temps en temps. http://www.youtube.com/watch?v=gyHQUZhsgmU
France 3, noto canale islamista:
http://www.islametinfo.fr/2014/07/23/france-3-manipulation-de-la-ldj-permettant-manifestation-gaza/
sul discourso propagandistico noto anche ai non specialisti come “chantage à l’antisémitisme”, un articolo del 2003 (è vero per la connerie fa un tempo da cani in freezer)di Sonia Herzbrun, anche lei femminista molto nota, cattedratica etc…e neppure antisionista…vedi un po’ quanto sei messo male…(e ora saluto davvero): http://www.monde-diplomatique.fr/2003/06/DAYAN/10319
Valéria,
Certaines manifestations sont interdites, parce qu’elles sont susceptibles de dégénérer;
Cela a été le cas. A plusieurs reprises.
Il est inadmissible d’entendre crier à travers les rues parisiennes ” Mort aux juifs.”
Cela indigne. Cela blesse.
Comme le fait de s’en prendre à des juifs, citoyens de la France.
Le gouvernement a le devoir de les protéger contre tout antisémitisme.
Et il l’a fait en rappelant certaines choses pour ceux qui ont la mémoire courte.
Le CRIF a eu raison d’inciter à interdire ces manifestations;
si c’est le cas…
En effet certains ont tendance à imaginer que les juifs ont la possibilité d’influencer la politique.
Ce que je ne crois pas.
Beaucoup de juifs ont à subir de l’hostilité sous le faux prétexte de l’attitude du gouvernement israëlien.
Les interventions d’écrivains connus pour leur humanisme témoignent de la volonté de paix. Il est un peu facile d’associer les Juifs au gouvernemet israëlien.
Le problème est qu’un climat de tension est perceptible en France.
Cela m’attriste et m’inquiète.
Je signale que certains membres de la Ligue défense juive ont été appréhendés, mais suite à une erreur dans la verbalisation, ils n’ont pas pu être condamnés : voir le journal Libération d’aujourd’hui.
Au cours de cette manifestations des manifestants (une minorité) se sont dirigés vers la rue des Rosiers avec du white spirit. Il faut aussi le préciser.
Nous entendons trop les voix extrémistes et pas assez celles qui ont envie de créer un monde de paix.
Des voix modérées.
J’en ai vraiment assez.
Basta!
J’ai écrit en français puisque Valeria connaît ma langue.
Je m’en excuse auprès de ceux qui
ne la connaissent pas.
Preciso che le manifestazioni vietate -e con ragione – aveva come direzione Sarcelles dove vive gli ebrei di origine sefarada.
Rappresentava un pericolo reale e non immaginario. Non “un chantage”dalla parte du Crif.
Hanno gridato :”morte agli ebrei.”
Sinagogue hanno dovuto essere protette.
Sono francese e non voglio vedere il mio paese sposare l’odio.
Gli Ebrei non sono il capro espiatorio di una situazione di guerra in medio oriente.
Chi a un discorso estremista fa correre un pericolo reale.
Mi dispiace, Valeria, ma l’antisemitismo,
come l’islamofobia esiste in Francia.
Non è un’invenzione.
Tutte le manifestazioni in Francia non erano vietate.
Véronique, non vorrei aggiungere altro; ma “mort aux juifs” nessuna delle organizazzioni ebraiche in solidarità alla Palestina l’ha sentito; io e altri estremisti sordi neppure. Sarà per questo motivo non vi è un solo video o una sola testimonianza seria degli atti antisemiti di cui parli. Tutte le testimonainze e i documenti danno ragione a Michèle Sibony et l’UJFP. Perché non ti informi? Il Crif è un’organizzazione sionista molto attiva che, secondo Dominique Vidal et Michel Wiviorka, noti estremisti di non so che visto non sono neanche antisionisti, ma ben cieci e sordi, “incita all’antisemitismo” (non mi invento i termini), la LDJ è un’organizzazione fascista paramilitare considerata terrorista anche negli usa e in israele, che a Parigi si “allena” in spazi protetti dalla polizia e attacca sopratutto pacifisti, fra cui ebrei noti, propalestinesi e publica i video delle agressioni sul suo sito web. http://www.peacelink.it/pace/a/36681.html
Un po di numeri, contro l’impero dell’opinione da analfabeti mentali/ Rapport sur la lutte contre le racisme, l’antisémitisme et la
xénophobie de la CNCDH, nota organizzazione governativa republicana estremista (probabilmente sotto l’influenza du Hamas: e chi puo dirlo):
Antisémitisme : -16,5% entre 2010 et 2011
• Actes antisémites : 129 en 2011 (131 en 2010 -1,5%)
• Menaces antisémites : 260 en 2011 (335 en 2010 -22%)
• Pas d’influence notable du conflit israélo-palestinien sur le niveau d’antisémitisme cette année
• Régions les plus touchées par l’antisémitisme = Ile-de-France, PACA, Rhône-Alpes
La seconda manifestazione è stata vietata a Parigi, Véronique, non ne sei al corrente? Si è tenuta in segno di disobbedienza sociale in tutta la città, i manifestanti si sono comportati in modo impeccabile, sotto lacrimogenici in presenza di anziani e bambini cui ad un certo punto è stato impedito d’andarv via, in seguito ad “assalti” della polizia, ci sono stati arresti arbitrari di militanti che sono stati assistiti da associazioni di difesa dei diritti umani e da avvocati volontari. Linko Domique Vidal del Monde Diplomatique sull'”incitazione all’antisemitismo del Crif”, ma la letteratura in materia è vastissima e autorevole. Davvero basta con la vostra disinformazione, il vostro cinismo, la vostra isteria, cioè con la vostra “diversion”.
* disobbedienza civile
i dati statistici sull’antisemitismo in Francia, nell’intervento precedente, si riferiscono al periodo immediatamente successivo all’operazione “piombo fuso” su Gaza (2009), periodo Sharon. E’ sempre bene ricordare, per meglio precisare.
L’antisemitismo è solo una scusa che viene usata per coprire le responsabilità di Israele, ormai evidenti a tutti, persino agli Stati Uniti, loro alleato storico. L’ONU, riferendosi a Israele, parla apertamente di «grave violazione del diritto internazionale» e di «crimini contro l’umanità». In questa storia c’è un solo estremista e un solo terrorista: Israele.
Per gli amici francesi e i loro amici italiani a Parigi al di fuori di ogni realtà sociale e di ogni decente analisi politica (quando il nemico è più onesto intellettualmente dell’amico, significa troppo)…statut fb de Liberté pour nos détenus arrêtés lors des manifs pour Gaza
Très beau témoignage,
“Ce que je retiens de mon arrestation : le privilège blanc.
Le samedi 26 Juillet, je suis interpellée bien avant l’heure du début de la manif, aux abords du métro Filles du Calvaire, à bord d’un véhicule transportant du matériel (pancartes, mégaphones, drapeaux).
Suite à mon interpellation, les faits reprochés ont été les suivants : « organisation de manifestation interdite ». J’ai fait alors 24 heures de garde à vue et j’ai été convoquée pour une deuxième audition le lendemain de ma libération.
Le témoignage que j’apporte tient à mettre en lumière un enjeu important de la lutte que nous menons : la lutte contre le pouvoir colonial.
Durant toute la procédure judiciaire aussi injuste qu’elle puisse être, j’ai été bien traitée. Et cette manière-là dont j’ai été traitée s’explique par le fait que je suis blanche et de catégorie socioprofessionnelle « respectable » aux yeux du pouvoir : je suis professeur de français.
Ces deux caractéristiques font de moi une privilégiée dans un système politique néo-coloniale tel que celui de la France.
Je n’ai jamais connu de violences policières. Je n’ai jamais connu de contrôles d’identité.
Outre le fait que je sois blanche et prof, un troisième élément joue en ma faveur : je suis une militante. J’évolue dans un milieu qui sait appréhender la répression d’Etat.
Je suis une militante donc je prends le risque de subir la répression d’Etat quand je me range du côté de mes frères et sœurs oppressés, mais je ne peux pas dire que je subis la répression de la même manière. Je ne peux pas dire qu’elle est aussi violente que celle qui s’acharne contre les arabes et les noirs particulièrement quand ces arabes et ces noirs affirment une identité musulmane.
J’ai fait deux auditions devant un officier de police judiciaire.
Lors de la deuxième audition, j’ai été convoquée pour « participation à une manif interdite », ce qui était absurde puisque je n’avais pas pu assister à cette manif quand bien même je l’aurais voulu puisque j’étais en garde à vue durant tout le rassemblement.
J’étais beaucoup plus confiante que lors de la première audition. Je me suis défendue avec bien plus de convictions et si le policier cherchait à me déstabiliser, il savait qu’il ne réussirait pas à me manipuler.
Je détenais le pouvoir des mots. Je lui ai bien rappelé la différence principale qui résidait entre « organisation » d’une manif interdite et « participation » à une manif interdite.
Il m’a reproché de jouer avec les mots mais je lui rappelais sans cesse que les mots étaient importants. Durant toute ma déposition, je lui disais de bien inscrire les mots que je choisissais et par autre chose. À la fin de mon audition, lorsque j’ai dû relire ma déposition, il m’a demandé de ne pas la lire comme si je corrigeais une copie car il devait y avoir des fautes qu’il corrigerait rapidement avec le correcteur automatique.
Cette scène paraît banale mais elle révèle quelque chose de très important. Ce flic me traitait comme une personne qui a un capital culturel suffisant pour être respecté et qui pourrait le défier ou qui pourrait du moins ne pas se laisser avoir.
Le policier qui m’a interrogée est noir. Mais il est du côté du pouvoir blanc, colonial, qui opprime les noirs, les arabes et musulmans. Il est un noir « intégré » comme le dirait les blancs qui détiennent le pouvoir. Il est le noir parfaitement intégré au système colonial.
Moi, je suis blanche et je suis du côté des opprimés. Mais ça ne me retire pas mon privilège.
Je ne dis pas qu’un blanc lorsqu’il milite ne subit pas de répression mais elle ne sera jamais aussi violente et elle sera beaucoup moins passée sous silence que les innombrables injustices que des arabes et des noirs subissent.
Jamais je ne subirai ce qu’a vécu Mohamed S, ce jeune homme de 24 ans, condamné à 4 mois ferme de prison après avoir subi un contrôle d’identité au faciès et violences policières.
Jamais je ne subirai un racisme aussi violent que lui l’a vécu lorsqu’il s’est trouvé devant un juge qui l’a méprisé.
Jamais je ne subirai les violences policières que celles-ci soient verbales ou physiques que peuvent vivre des détenus arabes et noirs lorsqu’ils sont en garde à vue.
Quand on est blanc, il faut le reconnaître. Il faut reconnaître ces privilèges que le pouvoir blanc entretient, que nous le voulions ou non.
Et quand on le reconnaît, il faut se battre, aux côtés de ceux et celles qui n’ont pas ces privilèges, pour qu’ils disparaissent, pour qu’aucun d’entre nous n’en est.
Ici, en France, il ne s’agit pas seulement d’un combat pour la libération de la Palestine.
A travers le combat pour la Palestine, il s’agit d’un combat pour la libération de tous les arabes, noir-e-s, musulman-e-s qui subissent racisme colonial, discriminations et lois d’exception, ici même en France.”
Valeria,
Dunque tutta la stampa francese racconta menzogne?
La prima mabifestazione ha scattato odio inammissible verso Ebrei.
Non hanno da subire l’orrore perpetrato a Gaza.
Non è giusto.
Le Crif ( Conseil représentatif des institutions juives de France) ha per missione di lottare contro l’antisemitismo e di fare conoscere la cultura ebraïca.
E’ conosciuto per il suo umanismo.
Ci sono a Marsiglia molte associazioni che hanno per solo passione: dare uno spazio alla cultura ebraïca. Contribuire “au vivre ensemble”.
Non sostengo La Ligue de défense juive. Ma approvo il lavoro del Crif.
Aggiungo che il Crif non approve La ligue de défense juive.
Vivo in un paese dove mi piace potere andare dentro una sinagoga, gustare dolci orientali, parlare con amici di tutta origina, leggere una litteratura ricca di mille voci.
Marsiglia è un bellissimo esempio di incontri tra le culture che fanno la Francia.
Con amore. Senza odio.
(era una parentesi)
Per ricordare:
L’antisemitismo riguarda tutto atto contro ebrei perché sono ebrei.
Tutto atto che mette in pericolo ebrei in nomine di falso pretesto.
Atti gravissimi sono accaduto per una manifestazione.
-Preciso che la maggiorenza delle manifestazioni erano tranquille.-
Approvo iniziative in favore della pace: “arabi e israeliani non sono nemici”.
Per il resto concordiamo: il governo israeliano corre al disastro. La situazione è insopportabile per donne e bambini, e per chi lavora per la pace.
Ma una domanda: è vero o no che la Hamas nasconde razzi nelle scuole?
Su France Inter si parlava a un momento di questa informazione stamattina .
Non siamo lì.
In questo caos voci contradittorie si fanno sentire.
Difficile di avvicinare la verità.
In ogni modo niente giustifica la morte di innocenti. Senza armi.
Il rischio politico è un aumento della zona d’influenza jihadiste. Allora sarebbe una minaccia terribile per tutti, in particolare per le donne.
Abbiamo la voglia di gridare:
“fermate tutto. Fate un passo. In nomine della pace e del rispetto della vita umana. Basta. ”
Siamo molti a pensarlo.
La maggiorenza, credo.
E’la ragione per la quale questo conflitto mette tenebra in nostri cuori.
Hamas nasconde razzi nelle scuole, Israele le bombarda. Chi è il terrorista?
Hamas è un’organizzazione palestinese, fatta da persone palestinesi, Gaza è Palestina. Israele entra con i carriarmati in terra palestinese. Chi è l’intruso?
Hamas reagisce all’intrusione. Tu cosa avresti fatto?
La propaganda israeliana è fondata su menzogne. Perché non lo dici?
Valeria,
Non vedo il vincolo tra la liberazione della Palestina, attegiamento della polizia francese “contrôle au faciès”
e Ebrei.
Che c’entra gli ebrei ?
Il razzismo non è il fatto degli ebrei che subiscono razzismo da una minorità araba e del Fronte Nazionale.
Il razzismo anti musulmani viene da una populazione di estrema destra.
Non dagli ebrei.
Questo ragionamento che mescola tutto conduce a l’orrore di Tolosa.
E’ grave di scrivere un commento di questo genere.
(Non la testimonianza del professore di francese.)
Non posso più commentare e continuare il dialogo.
C’è troppo febbre. Di passione.
Dobbiamo riflettere con calma e non seguire idee che partono in tutte direzioni.
Véronique, non esagerare. Perché davvero basta. Le Monde Diplomatique, France 3 etc sono media mainstream pure. Gli intelletuali citati sono pure sionisti…cosa si puo aggiungere…Mi astengo sul Crif, leggiti Vidal e Wiviorka, Herzbrun, Sibony o Boniface… (che ne so, vedi tu, mi sono stancata) sionisti seri, non alnalfabeti mentali, oramai siamo arrivati pure ad apprezzare non dico l’onestà intelletuale del nemico ma l’intelletualità tout court in questo deserto infame, la barbarie che scrive, che parla col niente. La malvagità del banale.
Su quanto succede in Francia, ecco cosa dice l’attivista israeliano di origine francesce Michel Warschawski:
By banning French protests last Saturday against Israeli war crimes in Gaza, Hollande and Valls disgraced themselves. The French people, however, who ignored the ban and turned out en masse in various cities throughout France to express solidarity with Gaza, can be proud.
Two years ago, on behalf of the Alternative Information Centre (AIC), I received the 2012 Prix des Droits de l’Homme de la République Française from French Justice Minister Christiane Taubira for our fight against Israeli impunity. This week, while reading the news, I thought a moment about returning this prize to the French authorities in response to the ban by Francois Hollande and Manuel Valls’ government of a protest in Paris last Saturday against the crimes committed by the Israeli army in Gaza. Last week we again protested in Tel Aviv with the same slogans as those of the banned protest in France. Hollande is more Zionist than Netanyahu and Manuel Valls is less democratic than Aharonovitch (Israel’s interior minister from the ultra-right-wing Yisrael Beiteinu party)!
Later on, I saw that thousands of protestors had ignored this unjust order of their politicians, assembling en masse in Saint Etienne, Lille, Strasbourg, and in a dozen other French cities. I told myself that the prize AIC had received in honour of the struggle against injustice was actually given by France, not by the prime minister. France should be proud. It was Valls and Hollande who brought shame upon themselves; the French people held mass protests against the impunity afforded by its leaders to the state of Israel.
One of the arguments used – which one might say is stale and overworked – by Valls and friends is that they don’t want to ‘import the conflict into France.’ I have never understood what ‘importing a conflict’ means. Since when is solidarity with victims of aggression called ‘importing a conflict’? This argument, however, is inapplicable when they talk about their friends at the Conseil Représentatif des Institutions juives de France (CRIF), the organisation which has become the primary ambassador of Israel in Europe and which has tried to hold European Jewry hostage in unconditionally supporting the war crimes committed by the Jewish state.
France’s honour is also shown by the late Stéphane Hessel and his partner Christiane, who worked tirelessly to express their support for the people of Gaza. They visited Gaza on several occasions to declare loud and clear their solidarity with the martyred population.
By supporting the Israeli aggressor and forbidding protestors to march in support of the people of Gaza in several French cities, most notably in Paris which to the world represents the capital of human rights, Manuel Valls and Francois Hollande have disgraced themselves. Not the French people, however, a majority of whom knew which camp to choose: indignation in the face of war crimes and solidarity with the massacred children of Gaza. These protestors, in disobeying the government’s edict, have made eminently clear their refusal to see these massacres continue.
Da qui: http://www.alternativenews.org/english/index.php/blogs/michael-warschawski/8329-the-shame-of-france
dove si può vedere anche un video su un corteo.
Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma
propone IL NOBEL PER LA PACE ALL’ESERCITO ISRAELIANO
https://www.youtube.com/watch?v=Gqgps7ioYpE
Poi magari si parlerà (a sproposito, tanto per cambiare) di antisemitismo quando qualcuno a Roma scriverà altre scritte contro gli ebrei.
Quand’é che si parlerà del razzismo degli esponenti delle comunità ebraiche?
Lorenzo,
Sei d’accordo del fatto accaduto a Marsiglia: la degradazione di una stele per bambini ebrei deportati e assassinati? E ‘la seconda volta in Francia questa settimana.
Non è antisemitismo?
Mi sembra che non ho mai approvato tutto atto che “puzza”(scusare la parola) l’odio.
Triste il conto dei fatti.
E’quello che temevo: l’accecamento da una parte e dall’altra.
Ho letto qui qualche commento che mi hanno sbalordita.
Mi fermo qui Lorenzo.
Siamo arrivati a una partita dove si contano punti.
Punti che sottolineano l’odio di un campo o di un altro.
In ogni modo la situazione è abbastanza tragica per non continuare con le parole un’escalazione che va verso niente.
Niente
Eccetto il sentimento di non avere essere stato capito/capita.
Ciascuno ritrova finalmente la sua solitudine e un po di tristezza in sé.
Ho parlato dal mio sentimento che non si vuole essere possessore della verità. Eccettobi fatti raccontati.
La verità si fa tra voci diversi.
Ho condannato l’azione militare dello stato d’Israël, ma non ho scusato le Hamas. Ho parlato dei atti antisemiti in Francia. Non si giustificano.
Non ho parlato della situazione italiana, perché non vivo in Italia.
Per il resto il mio commento non ha nessuna influenza, neanche il tuo. Si perdono nell’oceano del web.
I governi in conflitto non ascoltano la populazione. Non ascoltano i gridi delle madri e dei bambini.
Sono sordi.
Triste spettacolo per la giovinezza.
E’la sola questione: quale esempio vogliamo dare alla giovinezza?
Quale futuro? Continuare a vivere insieme o dividere?
L’operazione “Margine protettivo” dell’IDF contro Hamas, ormai al termine, lascia quasi duemila morti palestinesi, in maggioranza civili, in una Striscia di Gaza ridotta ad un cumulo di macerie.
Lo stesso esercito israeliano, probabilmente quello piu’ operativo e tecnologicamente piu’ dotato al Mondo, paga il numero più alto di perdite dalla guerra contro Hezbollah nel 2006 in Libano,
e, forse, e’ proprio lo stato della stella di Davide, a fare i conti con le macerie peggiori, quelle provocate da un uso della forza eccessivo, rabbioso, e da una evidente mancanza di visione strategica e politica, il primo come conseguenza del secondo.
Macerie morali ed etiche, come ha scritto in un intervento sul quotidiano Haaretz, la scrittrice Amira Hass, con cui la societa’ israeliana fara’ i conti, non appena l’eco dei colpi, sparati dai droni, dalla marina, e dalle artiglierie israeliane, cessera’.
Meno probabile, che siano i fondamentalisti di Hamas, a cessare la costruzione dei cunicoli ed il lancio di razzi verso le cittadine del Sud Di Israele, prese di mira ininterrottamente dal 2005 , e cioe’ dall’anno in cui, unilateralmente, gli israeliani si sono disimpegnati dalla striscia di Gaza, ad oggi.
Perche’, se e’ vero che in Israele, il dibattito culturale, etico e morale, sulla pace, sulla guerra, sul diritto a difendersi, e sul cammino su cui si vorrebbe indirizzare, rimane sempre aperto,
pare altrettanto vero che a Gaza, almeno fin quando sara’ governata dai fondamentalisti di Hamas, nessun dibattito potra’ mai scaturire.
Perche’, se e’ vero che Israele, con questa operazione militare (l’ennesima a Gaza), non sconfiggera’ il fanatismo islamista, e non accrescera’ di un millimetro la sua sicurezza,
e’ altrettanto vero che il dibattito politico, ed un’impegno strategico che riguardi tutta l’area mediorientale, non pare sia in agenda della diplomazia internazionale.
Una diplomazia sempre piu’ confusa e poliedrica, dove gli Stati Uniti di Obama, piu’ o meno costretti ad abbandonare l’unilateralismo interventista delle precedenti amministrazioni americane, appaiono sempre piu’ in ritirata.
Un disimpegno sul campo, a smentire le piu’ rosee previsioni degli analisti della Casa Bianca, secondo cui sarebbe bastato l’impegno “mordi e fuggi” dei droni per stabilizzare il Medio Oriente (e non solo), insieme ad una ritirata diplomatica, che stanno provocando macerie in buona parte di medio oriente e di Africa, sempre piu’ prede dei fondamentalismi sunniti (Isis,Al Shabab, Boko Haram,) ispirati e finanziati dalle petromonarchie del Golfo (sauditi e Qatar in testa).
E’ plausibile che una delle chiavi di lettura, su quest’ultimo intervento israeliano, si trovi proprio qui: e cioe’ nel tentativo dell’unico vero avamposto occidentale in quell’area, di rompere l’isolamento, e l’assediamento dal fondamentalismo islamista, allargatosi a dismisura, grazie al vuoto d’iniziativa e d’interventismo americano (l’ assenza europea e’ scontata), dando una lezione ai terroristi di Hamas (esigenza giustificata), anche se in realta’ la vera lezione e’ stata data al popolo di Gaza.
Se cosi’ fosse, dovremmo ammettere che la prima linea su cui combatte israele, in realta’, sia una linea molto piu’ vicina, specie per noi europei, di quanto vorremmo illuderci.
Rimane, infine, avvilente il dibattito che quest’ultimo episodio dell’infinita guerra israelo-palestinese, ha scaturito: un dibattito sterile, parziale, ideologico,
relegato a modelli da vecchia “cortina di ferro”, e di cio’ ne e’ responsabile una certa politica, soprattutto a sinistra.
Il paradigma per provare a farsi un’idea “minima” del mondo, dovrebbe essere quello della “complessita’”, slogan, tifoserie, semplificazioni e posizioni ideologiche, non aiutano la comprensione, specie di un conflitto che dura da 60 anni.