Terremoto

di Franco Arminio

Dalle mie parti siamo tutti esperti di terremoto, almeno quelli che quando venne la scossa erano adulti: ventitré novembre 1980, le sette e mezza della sera, la terra fa tremare tutto l’Appennino meridionale, l’epicentro è tra le province di Avellino, Salerno e Potenza, una decina di paesi completamente distrutti (Conza, Laviano, San Mango, Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, solo per ricordarne alcuni) altre centinaia danneggiati più o meno gravemente, tremila persone morte, schiacciate dal peso delle case rotte, adesso penso al fatto che non tutte sono morte subito, c’è chi sarà rimasto in agonia per qualche ora, chi avrà sentito i soccorritori che stavano per raggiungerlo e non ce l’hanno fatta a prendergli le mani, il terremoto dal punto di vista dei morti è una cosa fatta di travi sulla pancia, di buio, di gambe rotte, è un trovarsi nella spina della vita all’improvviso,

sei con la bocca davanti alla maniglia della tua stanza, guardi un televisore spento, stavi vedendo la partita, tua moglie era in cucina che preparava la cena, giocavano la Iuventus e l’Inter, ma non sai com’è andata a finire, sai che sta finendo la tua vita e ti fa rabbia che continua quella degli altri, ombre che staranno lì a spartirsi questo curioso bottino che è il tempo che passa, tu sei stato appena riportato tra loro, non puoi sapere che stanno polemizzando sui soccorsi che non sono arrivati, è arrivato il presidente della Repubblica e ha fatto una scenata alla classe politica, quella che ignorava che il cemento della tua casa era disarmato, quella che non si è preoccupata che la casa in cui è morta tua madre era fatiscente nonostante tu vivessi nel mondo che si dice progredito, il mondo che anche nel tuo paese aveva voltato le spalle alla civiltà contadina per sistemarsi nella modernità incivile, è in nome di questa modernità che cominciarono a ricostruire la tua casa e quella degli altri, pensarono perfino che non bastavano le case, ci volevano anche le industrie, ora molte di quelle case sono chiuse come la tua cassa da morto e lo stesso è avvenuto per quelle industrie, non sai che questo fatto a un certo punto è stato utilizzato per combattere quelli che comandavano in queste zone, non sai che le persone del nord Italia che vennero qui ad aiutare furono assai deluse dal sapere di tanti sprechi (si parla di una spesa di sessantamila miliardi di lire, ma i conteggi cambiano a seconda di chi li fa) e diedero credito a un partito che nasceva per dire basta con questa storia del sud, il problema siamo noi, i soldi che facciamo col nostro lavoro non ce li deve togliere nessuno, e infatti nessuno glieli ha tolti, come nessun scandalo a noi ci ha tolto quelli che comandavano e che comandano ancora e che adesso fanno coi fondi europei quello che fecero col terremoto, pure questa è una faccenda scandalosa, ma per ora non fa notizia, manca il detonatore della tragedia, intanto pure l’ingegnere che ha costruito la tua casa caduta non è andato in galera e neppure chi l’ha ricostruita in maniera piuttosto orrenda, il terremoto per te è finito con la fine della scossa, ma per gli altri è continuato molti anni ed è stato una corsa a fare soldi, in questa corsa non c’era tempo per pensare alla bellezza dei paesi, il problema era solo allargali, allungarli e l’opera è stata compiuta con genio e vi hanno partecipato un poco tutti, dal parlamentare che ha fatto la legge per cui si potevano aggiustare anche case che non si erano rotte, all’architetto che ha disegnato con la matita della venalità, al cittadino che si è messo in fila ad attendere quello che gli spettava e se possibile anche qualcosa di più, ora tutti si lamentano, tutti a dire che si stava meglio prima del terremoto, tutti a rimpiangere un tempo in cui si era più uniti e più buoni, a me pare di averla vista questa bontà e questa unione solo fino a quando è durata la paura, fino a quando la gente ha dormito nelle macchine, fino a quando abbiamo cercato di salvarti, poi è andata un po’ come ti ho detto.

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39 Commenti

  1. Venni in Irpinia volontario. Scesi da un nord vivo e attento. Ora il nord è mortissimo. La questione settentrionale è una questione cimiteriale.

  2. Un pezzo che illustra l’ingustizia che colpisce il Sud. E’ una terra di passione, fatta di instabilità, di luce vacillante. Tutto puo rovesciare, frattura il paesaggio, la vita di ciascuno nucleo.
    E’ una terra in pericolo, fragile e violente.
    Grazie per questo articolo che parla di un paese magnifico, caro nel mio cuore.

  3. Al nord ci vorrebbe un terremoto!
    Altro che le rapine nelle ville!!
    Ci vorrebbe che la terra si aprisse a inghiottire le ville!!!

  4. Almeno a quei tempi ancora non c’era
    CANALE 5 e la rai non era una succursale
    del
    grantruffatorgradasso

  5. grazie a Franco per (il ricordo del)la voce di chi non ha avuto nessuna voce, di chi non ne ha né prima né dopo i crolli.

  6. aLLAa telVSIOnes
    e sui GIORNalastri si parlA SOLO di cose piccole. provano a INGRANDIRLE, MA NON ci riescono.
    la televisione e i giornali sono ferocissimi nemici della letteratura.
    un pezzo del genere est incomprensibile per il giornalistume orripiloso che sgoverna e incaverna l’italioma

  7. La scossa si è sentita, quella notte, a centinaia di chimoletri di distanza. Anche io sono scesa come volontaria e ho visto cose.. Sono passati moltissimi anni , ma ricordo perfettamente una serie di palazzoni alti, avrei detto nuovi, senza più le scale. Mi chiedo se oggi vedrei cose diverse. Temo di no. il Paese non è certo migliorato.

  8. è un casino.
    Non ci si leva le gambe tranne che con un terremoto.
    Poi però, siccome l’occasione fa l’uomo ladro, anche un terremoto va bene, anzi.
    L’unica domanda è: ma dio, non li potrebbe mandare un po’ più mirati ‘sti terremoti? Non capisco perché non punisca solo i cattivi.
    non sarà mica dalla loro parte?
    nel qual caso…
    è un casino.

  9. Il pezzo di arminio fa parte di un catalogo di una mostra sugli anni settanta ( molto bella) che si tiene nello stesso luogo dove sono stati festeggiati i 20 annnnnnnnnnni di striscia la notizia.
    Nessuno negli anni settanta avrebbe immaginato questa Italia nel 2007

  10. c’ero e quello che mi ricordo di più è lo stipite di burro; lo stipite della porta della cucina al quale ero aggrappata era di burro; poi mi ricordo che il giorno dopo il resto del mondo funzionava normalmente e io, che non avevo dormito tutta la notte dal terrore, ero troppo giovane per capire come fosse possibile; adesso credo di averlo un po’ capito…

  11. Avevo 21 anni e non sentì la prima scossa, quella più forte. Era domenica pomeriggio e, come tutti i giovanissimi di quell’età, ero impegnato in attività ondulatorie di natura non sismica. Ebbi la fortuna di accompagnare il movimento del suolo con altro movimento personale. Non scherzo, andò proprio così. Tornando a casa, la mia ragazza e io, notammo gente in pigiamo per strada. Prima una decina, poi un centinaio, poi un mare di gente pallida in volto, disorientata, terrorizzata. Furono giorni incredibili, mi ricordarono i racconti di guerra di mio padre.
    Eppure non sono d’accordo con i catastrofisti. Il terremoto fu uno spartiacque fra una Napoli che stava per morire di suo e una città che, invece, reagì con una forza che nessuno si aspettava. In due o tre anni si ripararono i danni più evidenti e la macchina della volontà del fare non si fermò lì. E quando si parla dei famosi 60mila miliardi sprecati se ne parla a vanvera. Sono stati spesi per ricostruire. Male, lentamente, con molti sprechi, ma nei containers e nelle villette del lungomare la gente non ci ha abitato troppo a lungo. Il problema è che quando si parla di sud non si riesce mai a farlo con serietà, cifre alla mano. Perchè le cifre sono noiose, meglio parlare di sprechi e privilegi, che pure ci furono ma fecero parte dell’italica propensione alla mazzetta. E se è vero che il disegno architettonico dei villaggi irpini non è stato il migliore possibile è anche vero che ora in quelle zone il rischio di crollo causa scossa di terremoto si è quasi azzerato. Difficile conciliare funzionalità con bellezza. Non impossibile ma difficile. E, comunque, non mi risulta che altrove la ricostruzione abbia preservato l’architettura originale dei luoghi. No, il movimento leghista prese solo come alibi i fondi stanziati per le aree terremotate. Ricordo benissimo i vari Bossi, Prosperini, Speroni che parlavano di terroni già diversi anni prima del sisma. E non parlavano di tasse ma di razze diverse, tout court. Proprio come fanno ora con gli extracomunitari.

  12. Senza il terremoto non sarebbe nata la lega e senza la lega non sarebbe nato berlsuconi e senza berlusconi avremmo solo veltroni.
    Arminio va sempre alla radice.

  13. Quel terremoto ha colpito la mia terra mentre ero qui a Nord, i miei ne hanno sofferto, io sono venuta a Sud con un camper di soccorso, con me viaggiavano i politici della regione Lombardia venuti a cavalcare gemellaggi e a spartire glorie ed eroismi di carta. Ricordo l’amarezza e lo sdegno di fronte alle recite di rito, i sindaci del Nord di stampo pre-leghista che sapevano appena mettere insieme due parole, ed i politici del Sud che sprecavano orazioni di raffinatezza bizantina. In mezzo, un popolo spaventato e rassegnato…Sono tornata al Nord, mi sono rassegnata anch’io ad integrarmi come emigrante di lusso: A Nord e Sud, abbiamo avuto i politici che ci siamo meritati. e il terremoto ha solo scoperchiato, per poco tempo, i pentoloni di sempre… E dopo, siamo caduti ancora più in basso.

  14. “…sai che sta finendo la tua vita e ti fa rabbia che continua quella degli altri, ombre che staranno lì a spartirsi questo curioso bottino che è il tempo che passa…”

  15. più che ventisette anni sembra siano passati ventisette giorni.
    per anni qui abbiamo vissuto con questa parola in bocca. si parlava di terremoto come se fosse una persona di cui si poteva dire bene o male, a seconda dei casi. ora questa persona non interessa più a nessuno.
    qui non circola più nessuna parola. i paesi hanno perso l’audio e le mie parole e quelle degli altri non le sente nessuno.

  16. NEGLI ANNI SESSANTA UNO COME ARMINIO SAREBBE STATO IMPORTANTE NEL DIBATTITO CIVILE DELLA NAZIONE. ADESSO CONTANO QUELLI DI STRISCIA LA NOTIZIA. E SE LO FAI NOTARE SEMBRI ANTICO.

  17. I nordici di nazione indiana del terremoto irpino non sanno nulla.
    e poi le tragedie in Italia interessano solo quando accadono.
    Arminio è struggente, ma qui nessuno ha voglia di struggersi.

  18. grazie
    tash
    sei sempre presente.
    sembrerà incredibile ma io sono uno dei pochissimi irpini che ancora non ha visto ricostruita la sua casa. ventisette anni dopo la dichiarazione di inagibilità.

  19. #
    bianca bianca
    Posted 23 Novembre 2007 at 10:52 | Permalink

    Al nord ci vorrebbe un terremoto!
    Altro che le rapine nelle ville!!
    Ci vorrebbe che la terra si aprisse a inghiottire le ville!!!

    Congratulazioni vivissime da parte di tutti quelli di Gemona.

  20. Però quoto anche:

    “anna
    Posted 25 Novembre 2007 at 10:26 | Permalink

    I nordici di nazione indiana del terremoto irpino non sanno nulla.”

    che ovviamente sa tutto del Vajont e del Polesine, oltre che naturalmente del terremoto del Friuli.

    Uno viene qui, legge certi commenti e si chiede da che paese arrivino i commentatri, dal Canada? dall’Australia?

  21. “Uno viene qui, legge certi commenti e si chiede da che paese arrivino i commentatri, dal Canada? dall’Australia?”

    Dall’Arminia, nobile patria di tutti i comment-atri.

    p.s.

    Mai refuso fu più felice per indicare questa categoria socio-antropologica che si credeva estinta. Purtroppo non lo è.

  22. Questo pezzo è fatto con un sola frase. Non è facile fare una frase tanto lunga. E leggendo acquisti fiato piuttosto che perderlo.

  23. “…sai che sta finendo la tua vita e ti fa rabbia che continua quella degli altri, ombre che staranno lì a spartirsi questo curioso bottino che è il tempo che passa…”

    a me non fa rabbia, a me fa pietà e se penso ai miei cari, fa dolore.
    un bacio a farminio
    la fu

  24. Nessuno in Italia lo sa scrivere un pezzo così. Perché nessuno sta dentro un luogo come Arminio sta nella sua Irpinia e poi c’è la poesia che in lui c’è sempre, anche quando non la cerca.

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