Diumenge – Gabriel Ferrater i Soler
trad. isometra di Daniele Ventre
Els ocells de la llum se’n van a jóc
i ens deixen a les branques un subtil
tremolor de petites veritats.
Cal perdre l’ànima d’arbust. Un altre
sentiment transitori s’ha gastat.
Ens aixequem, i amb por de no saber
retrobar a temps qui som i què volem,
anem tornant ben poc a poc. La tarda,
la brasa imatge nostra, nerviosa
però abnegada mare de la cendra,
s’apaga, i es respira la pudor
del tabac refredat. Hem estat sols,
però ara ens estrenyem als colls d’embut
(colzes amb colzes, passos que es fan nosa)
per vessar dins el poble l’imprecís
record d’uns camps trencats, al.luvials
deixes de camions, d’uns camins curts
com un alè cansat, i uns arbres vius
que ja se n’ha fet llenya. Ens confonem
amb els que s’han quedat, i que ara surten
dels balls i de les coves de penombra
gelatinosa, i tots trepitgem besos
que la tarda ha endurit, i ara es parteixen
en dues valves, com un musclo, i cauen.
Un nen que se li ha rebentat el globus
llança un plor viperí. Tots ens mirem
i riem satisfets. Cap de nosaltres
no és gaire amunt en l’escala dels éssers.
Domenica
Gli uccelli della luce vanno al nido
e sui rami ci lasciano un sottile
tremito di minute verità.
Va persa l’anima d’arbusto. È guasto
un altro sentimento transitorio.
Ci alziamo e trepidi del non saperci
trovare in tempo che siamo e vogliamo
torniamo indietro poco a poco. A sera
la brace nostra immagine, nervosa
ma ben devota madre della cenere,
si estingue e un puzzo di tabacco freddo
si respira. Noi siamo stati soli
ma adesso i colli d’imbuto ingorghiamo
(gomito a gomito, i passi a incepparci)
per versare nel popolo l’incerto
ricordo di spezzati campi, resti
di camion da alluvione e scorciatoie
come un rantolo stanco, alberi vivi
già trasformati in legna. Ci mischiamo
con quanti sono rimasti e ormai escono
dai balli e dai covili di penombra
gelatinosa e tutti calpestiamo
i baci che indurì la sera e si aprono
ora in due valve di mollusco e cadono.
Scoppia in un pianto viperino il bimbo
cui scoppiò il palloncino. Noi a guardarlo
placati e a ridere. Fra noi nessuno
si vede in alto in questa scala d’esseri.
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Molto bello il testo italiano, molto bella la traduzione in provenzale (?) che riporta la nostra lingua alle antiche, incaccelabili origini. Sedimentato il tutto in quel di Napoli, ovvero in un’antica, perduta Magna Grecia. Tante misteriose interconnessioni. Una prova possibile e forse probabile? Pantofola, dal greco ‘tutta leggera’ esiste nelle principali lingue europee. L’origine, il canale di diffusione (nelle principali lingue europee) ancora una volta mi pare la Napoli greca, o la Grecia che via Napoli si irradiava…Il tutto da un testo molto bello di Daniele ‘trans ductus’ in provenzale….
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Rettifico, autore/traduttore sono all’inverso
Català :)
Ma hanno isoglosse parzialmente affini.